Alur°°
la terza shot che ficco tra un capitolo e l'altro di itoshii...
L'ispirazione mi è arrivata mentre pensavo ai cavoli miei
parlando su emmesseminchia con mia moglie, nella mia testa era tutta in
un altro modo ma scrivendola è cambiata parecchio, specie il
finale che non doveva proprio essere così.
Un pò mi fa strano pubblicarla perchè la mia
lettrice preferita non l'ha letta in anteprima
ç^ç mi farò perdonare u.u
Detto questo, vi lascio all'ennesimo schifo che ho il coraggio di
pubblicare -mamiH me la paghi ò.ò-
>w< se recensite è meglio
xD
I
gazette non mi appartengono e questo mio scritto è frutto
solo della mia fantasia *malata*
Buona lettura^^
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Erano sdraiati su quel prato da ore.
L’uno
accanto all’altro, stesi su di un telo rosso che spiccava
prepotentemente in tutto quel verde.
Guardavano il cielo da
talmente tanto tempo che forse si erano persino dimenticati che
esisteva la terra sotto di loro.
Le nuvole che
correvano ora veloci, ora lente, trasportate dal leggero venticello che
sfiorava anche loro, come la carezza di un tenero amante, scompigliando
i capelli e portando con se i profumi dell’estate appena
iniziata.
Abbracciati, con
l’ombra di un albero che li proteggeva dai raggi di un sole
troppo caldo ma mai tanto bollente quanto i baci che si scambiavano,
piacevole ma non come le carezze languide e delicate che si regalavano
a vicenda; la sua luminosità non poteva eguagliare nemmeno
lontanamente quella dei loro sorrisi, radiosi e felici, che si
spegnevano appena il tempo di un fuggevole contatto tra le loro labbra,
per poi apparire più splendenti di prima.
Felici.
Ecco, il termine che
più si avvicinava al loro stato d’animo in quel
momento, felici come non lo erano mai stati o forse, felici come
riuscivano ad essere solo insieme, loro due da soli.
I resti del pranzo al
sacco consumato insieme giacevano poco lontano, accuratamente raccolti
in un sacchetto, perché lui
non voleva che si spargessero sull’erba.
Era tutto
semplicemente perfetto, solo gli animali spettatori dei loro momenti di
dolce passione, il cielo sopra di loro e la terra che li accoglieva
come un comodo letto.
Solo allora potevano
essere loro stessi e abbandonarsi a piccole e tenere attenzioni,
perdersi nel calore che si donavano a vicenda quando erano stretti
l‘uno all‘altro, col cuore che batteva forte per un
bacio troppo lungo e tanto desiderato da entrambe le parti
perché potesse terminare in così breve tempo.
L’ennesima
piccola nuvola che oscurava il sole per qualche secondo
segnò l’inizio.
Forse era stato un
bacio di troppo, forse quel piccolo morso innocente lasciato sulle sue
labbra o forse ancora quell’ansito caldo sulla pelle candida
del collo.
Probabilmente tutte
queste cose messe insieme, in aggiunta al fatto che si coccolavano da
ore, avevano scatenato una
certa voglia in entrambi.
I loro corpi si
mossero da soli, in una danza ripetuta talmente tante volte da essere
diventata perfetta e ineguagliabile, l’uno
sull’altro, le mani che si intrecciavano tra di loro, si
perdevano tra i capelli e correvano avide disegnando i contorni, i
profili e le forme con tocchi appena accennati e brucianti come il
fuoco, sensazioni conosciute ma ugualmente nuove che si ripetevano
intense sempre come la prima volta.
Perché
semplicemente si amavano.
“Ryo…
Ryo…” il suo nome, sussurrato tra un ansito e un
gemito provocato da un piccolo morso appena sotto l’orecchio.
“Lo so che
mi vuoi… Taka-chan…”
Labbra che si
sfiorano, si cercano e si trovano, freneticamente.
“No...
Ryo… aspett-… ah”
“che
c’è Taka…” un mugolio
infastidito, prima di far forza sulle braccia e alzarsi per osservare
la piccola figura sotto di lui, con le guance morbide spruzzate di un
tenerissimo rosso “andiamo non è… la
prima volta… che lo facciamo…
qui…”
“no
Ryo… è che… c’è
qualcosa…”
“cosa?”
“qualcosa…
che mi cammina sul braccio…”
Il biondino si
voltò e l’altro fece lo stesso, effettivamente una
piccola macchiolina scura si muoveva zigzagante e lenta sul braccio
disteso in mezzo ai verdi fili d‘erba, seguendo un percorso
strano e ricco di curve.
Quasi sentendosi
osservata da due paia di occhi color cioccolata, quella si
fermò a metà del suo percorso, proprio sulla
piega del gomito, e si mise ad osservare a sua volta.
“è
una coccinella…”
L’osservazione
fu bellamente ignorata, mentre Takanori in silenzio osservava
l’insetto immobile, quasi appostato… in attesa di
aggredirlo, forse?
Deglutì
rumorosamente a vuoto mentre quella riprendeva a zampettare
tranquillamente, una goccia di sudore scivolò lungo la
tempia, asciugandosi tra i capelli.
“R-ryo…”
“si dice che
portino fortuna…” continuò
l’altro, senza badare al flebile sussurro con cui il biondino
sotto di lui aveva chiamato il suo nome.
“Ryo…
ti prego… toglila…”
L’animaletto
continuò la sua pacifica passeggiata, avvicinandosi sempre
di più.
“Non vuoi
avere fortuna…?”
“ti mando in
bianco?”
“non
osare!”
“e allora
levala da lì, levala!”
“guarda che
la lascio dov’è…”
“facciamo
una settimana…?”
“facciamo
che la lascio dov’è così ti si infila
nel naso, oppure nelle orecchie, e ti mangia il cervello!”
Il biondo emise un
gridolino che doveva assomigliare ad un no, mentre la brutta
prospettiva di essere mangiato da un mostro abnorme si faceva largo tra
i suoi pensieri e i suoi occhioni marroni si riempivano di lacrime.
Pazientemente, Ryo
allungò l’indice verso la bestiolina con uno
sbuffo e quella, ignara di tutto lo scompiglio che aveva creato, ne
approfittò, prendendo a camminare dapprima lungo le dita,
poi su tutto il palmo e il dorso della sua mano, prima di essere
lasciata andare su di un filo d’erba poco lontano.
“hai visto
che non fa niente Taka… ehi, che fai piangi?”
“stronzo…”
un sussurro leggermente acuto, tipico di chi trattiene le lacrime.
“ma come
siamo rudi… ti faceva così tanta paura?”
“lo
sai!”
Ryo
sospirò, era il suo Taka, non cambiava mai.
Sapeva con certezza
che adesso non sarebbero riusciti più a concludere
nulla… almeno, non qui.
“torniamo a
casa, ti va…?”
“si…”
*-*-*-*-*-*
Stretto
nella sua giacca leggera cammina sfidando il vento caldo e forte che lo
spinge indietro, fa muovere e ondeggiare l’erba
più alta come fosse un piccolo scorcio di mare verde
smeraldo, punteggiato di fiorellini rossi e gialli.
Cammina
fino a trovare quello che sta cercando: un albero dal tronco inciso coi
loro nomi.
Lui
lo aveva sempre rimproverato per quel gesto e non aveva mai voluto
ammettere che in fondo gli aveva fatto tanto piacere.
Si
siede all’ombra dei rami e delle foglie, mentre un tiepido
sole primaverile accoglie gli uccelli che ritornano dai loro lunghi
viaggi.
Tutto
come prima, nulla è cambiato, non fosse che stavolta
è da solo.
Un
puntino scuro volteggia davanti a lui per qualche secondo, prima di
posarsi sulla manica della giacca grigio chiaro.
“una
coccinella…”
La
guarda con un sorriso amaro dipinto sulle labbra, avvicinandosi il
braccio al viso per osservarla meglio, poi ci soffia sopra spingendola
via, lontano.
Takanori
avrebbe urlato come una donnicciola, per quello.
Altro
sorriso triste, mentre si aggiusta la fascia che porta sul naso.
Non
sa com’è finita, nemmeno se lo ricorda…
gli ha fatto troppo male. Non conosce nemmeno il motivo per il quale
è tornato qui, dopo tanto tempo.
Sa
solo che dopo più di sei mesi da quando hanno rotto, la sua
vita non è più la stessa e sa anche che la colpa
è solo sua perché non è stato sincero
e soprattutto non è stato fedele.
Si
da del cretino ogni giorno per essersi lasciato andare,
perché vedere quel visino paffuto e dolce rigato dalle
lacrime era la cosa peggiore che potesse capitargli, e non aveva idea
di quanto potesse far male.
Sta
per alzarsi, maledicendosi in tutte le lingue del mondo per essere
tornato lì, quando una voce conosciuta lo fa sussultare.
Si
tira su velocemente e si sporge oltre il tronco e un sorriso sincero
gli compare sulle labbra quando vede una testolina bionda che tenta di
allontanare in tutti i modi un piccolo insetto rosso a pallini neri che
si è posato sul suo braccio, ma ha troppa paura di toccarlo
per riuscirci.
“io te
l’avevo detto che le coccinelle portano
fortuna…”
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