_ * _
“Tu non mi stai
ascoltando.”
“È perché non stai dicendo
niente!”
“Questo non è vero! Possibile che
una cosa tanto fine e chiara come la ferocia del mio silenzio sprezzante continui a sfuggirti?”
“Di quale estremamente
palese silenzio sprezzante staresti parlando?”
“Di quello che riservo appositamente per te dal primo momento in cui ti ho
incontrato!”
“… tu non sei normale.”
“Hai ragione! È
così, è proprio così. Ma questo non mi rende il
bersaglio della tua compassione, dico bene?”
“Bersaglio di compassione?”
“Stai almeno facendo uno sforzo?
Concentrati, concentrati.”
“Ci sto provando, Sirius. Se solo ti riuscisse di articolare
qualche periodo intelligibile, ogni tanto.”
“No, no, così non funziona! Siamo
come due donnicciole che vanno avanti all’infinito
senza ascoltarsi a vicenda, lo capisci?”
“E di
chi è verosimilmente la colpa?”
“Non puoi ridurre tutto questo a una questione di colpa, e non puoi neppure – quante
negazioni mi hai costretto ad usare, eh? Te ne sei almeno accorto?! Questo è nuovo per me, voglio dire, io non sono il
tipo che si nega a qualcosa o a qualcuno, o alle cose o alle persone, in
generale, ti risulta?”
“Ho perso il filo del discorso.”
“Non c’è un filo da perdere, Moony! Come vuoi perdere qualcosa che non c’è?! È proprio questo lo stramaledettissimo problema!”
“Aiuto, soccorso, chiunque…”
“Solo perché parlo tanto questo
non vuol dire che io straparli. E se anche
straparlassi, beh, quelle non sarebbero necessariamente sciocchezze. Non tutto
ciò che mi esce di bocca merita di finire nel cesso solo perché esce dalla mia
bocca, ci hai mai pensato? Non c’è un filo da seguire, quindi non provare a
tirar fuori la faccenda del filo, e no, mi rifiuto di sentirmi in colpa perché
tu non riesci a trovare un filo e non riesci neppure a perderlo. Tutto questo
non mi compete.”
“Tutto questo mi ucciderà.
Ascolta, c’è davvero qualcosa che stai, sai, cercando effettivamente
di dire, fra i tuoi seppur affascinanti giochi di parole, oppure stai dando
fiato alla bocca solo per il piacere immenso che provi nel sentir vibrare le
corde vocali?”
“Apri bene le orecchie e tenta di
darmi una risposta. Se ci fosse effettivamente
qualcosa di sensato che stessi, ipoteticamente, cercando di esternare – posto
che un ottuso come te non avrebbe una speranza su un milione di riuscire a
comprenderlo – pensi che questo mio ipotetico e sensato qualcosa ti, sai, riguarderebbe?”
“… che
razza di domanda sarebbe? Non puoi chiedermi di speculare su qualcosa che
neanche c’è.”
“Lo vedi? Lo stai facendo di
nuovo! Continui ad attaccarti alle parole e ti rifiuti di agire! E, per inciso, speculare non vuol dire un bel niente.
Non sono neanche sicuro sia una parola.”
“Speculare è una parola,
ma aspettarmi che tu potessi conoscerla è stato un
imperdonabile errore, per mia parte. Vorrai scusarmi.”
“Ora non puoi negarlo. Non stai
andando da nessuna parte, mentre io…”
“Non lo stai facendo, non ci
provare! Tu non stai andando da nessuna parte, non ci stai neppure arrivando,
esattamente come me qui, okay, solo che io almeno non sto cercando di fartelo
pesare. E non sono neanche sicuro, a dir il vero, di aver innescato
personalmente il motore e aver dato il mio consenso a questa gara o marcia o
parata o quello che diavolo tu credi che sia.”
“Quindi
tu non credi che dovremo andare da qualche parte, è così?”
“Perché ho l’impressione che
qualunque cosa risponderò verrà usata impunemente
contro di me?!”
“Perché
è proprio così, Messer Lupin. E
ora rispondi.”
“Io sto bene qui. Non capisco
cosa stai dicendo, non credo di poterlo capire e, in tutta franchezza, ho i
miei dubbi sul fatto che tu stesso lo stia capendo. Ma sto bene qui, o almeno
ci stavo prima che questa delirante conversazione, se è così che possiamo
chiamare questo avvilente urlarsi contro a vicenda, avesse disgraziatamente
inizio.”
“Va bene. Ci hai provato. Non te ne si può fare realmente una colpa. Evidentemente non
avverti la stessa esigenza di muoverti, e anche nel caso, forse il qualcosa cui
vorresti arrivare sarebbe diverso dal qualcosa cui
vorrei arrivare io comunque, e allora è molto meglio risparmiarci questa
discussione con tutti i piccoli segretucci scandalosi
che potrebbe portare a galla e nessuno di noi arde dalla voglia di scoprire.”
“Proviamo a
mettere questo in termini più umani, ti va? Mi stai dicendo che vuoi
qualcosa di più dalla nostra relazione? Che così com’è
ti lascia insoddisfatto?”
“Beh, no. Sì. Non si tratta di questo, non in sé. Non è
come poni tu la questione, capisci? Tu hai tutto il
tuo modo lineare ed estremo e umano per vedere le cose, e te lo giuro, non è che io faccia apposta a complicarle – non la maggior
parte del tempo. Però davvero sento che così non
funziona. Con le tue parole non, loro… loro non funzionano per i miei concetti.
Non funzionano per questo qui, almeno.”
“… le mie parole si sentono
veramente stupite, e anche un bel po’ oltraggiate.”
“Di’ loro di
non prendersela a male, vuoi? Provvederò a
scusarmi con l’ausilio di un barboso vocabolario o qualunque cosa usino le
parole degli altri come calumet della pace. Quello che sto cercando di dire io
adesso, qui, con le mie parole, suppongo, suonerebbe un po’ troppo
semplicistico, dopo tutti i giri che gli abbiamo
tracciato intorno. Lo hanno svuotato un po’ di senso, ugh.”
“Quello era un verso?”
“Un gemito. Forse. Ugh.”
“Lo hai fatto di nuovo. Non è
strettamente piacevole. Ti fa arricciare la faccia.”
“Possiamo lasciar fuori la mia
meravigliosa faccia arricciata da questa storia, per favore? Pensavo che almeno
su una cosa fossimo d’accordo, che è già abbastanza difficile così.”
“Non volevo complicarlo. Scusa
tanto.”
“Non ti scusare, Moony, non voglio che finisca in questo modo. Finisce
sempre tutto molto in fretta, quando tu ti scusi, lo hai notato?”
“Non mi sembra di scusarmi poi
così spesso, e noi litighiamo di continuo.”
“Non è quante volte lo fai, ma la risolutezza che ci metti. Mi spiazza,
mi toglie energia. È come se lo facessi maledettamente apposta perché sai,
ci scommetto, sai che mi lascia senza la forza
di continuare a prendermela con te. O a inveire tra
me, che poi è lo stesso, in fondo.”
“Quindi parlare con me è uguale a
parlare da soli?! Grazie tante!”
“Prendertela per una travisazione tanto meschina è proprio tipico del tuo
bel modo umano di dire, e fare, e guardare le cose, lo sai?”
“Travisazione
non è una parola. Vorrei proprio sapere perché la grammatica finisce a farla da
padrona in ogni benedetta discussione che abbiamo.”
“È perché tu non riesci a
smettere di prestare attenzione alle parole, e si sa che io parlo tanto. Ma
quando si arriva alle azioni, fattelo dire, sei veramente scarso.”
“Allora illuminami, prima che
chissà quale altra orribile travisazione mi
allontani dalla retta via del comprendonio, che ne dici?”
“Vedo il tuo sarcasmo da due
soldi e rilancio con un ah-ah pieno di tronfia soddisfazione. Te lo farò
vedere, oh sì, ci puoi giurare.”
“… non me lo stai facendo
vedere.”
“Tu dammi tempo. Ti ho detto che
sarebbe suonato semplicistico, adesso, ma mica ho parlato di facile.”
“…”
“E ora
che fai?”
“Non lo so. Io… provo a darti il
tuo tempo?”
“…”
“È una di quelle cose che
dovresti apprezzare, sai.”
“Oh, giusto. Sì, suppongo. Lo
apprezzo, no, davvero. Seriamente.”
“Ti dispiace dirmi esattamente cosa
è tanto semplicistico, prima che si deteriori al punto da perdere fino alla
minima sfumatura di senso – cosa che temo abbia già fatto?”
“Ah. Quel qualcosa dove io volevo
arrivare, dove volevo che noi arrivassimo, hai
presente? Quando ti ho chiesto se credevi ti avrebbe riguardato.”
“Sì.”
“Cosa,
sì?”
“Sì, me lo ricordo. Va’ avanti.”
“Eh. Ecco, il punto è che
qualunque cosa che abbia un minimo di senso ed esce
dalla mia bocca, beh, ho capito che ti riguarda. E se non ti riguarda già,
allora voglio che ti riguardi.”
“Vorresti che mi riguardasse.”
“Oh. Già, esatto. È così. Benedetti
tempi verbali.”
“Ma
questo non ha senso. Insomma, stiamo facendo progressi, organizzazione
logistica e tutto il resto, però il significato…”
“E c’è
dell’altro. Ho capito che, ovunque arriveremo, ovunque mi piacerebbe fossimo in grado di arrivare, ecco, io avrei proprio bisogno
di farlo insieme. Vorrei che fosse un posto pronto per noi due. Per accoglierci
entrambi. Vorrei che fosse un posto di tuo gradimento, cosicché accetteresti di
dividerlo con me.”
“D’accordo. Io… sono molto
perplesso, ma forse stiamo iniziando a venirci incontro.”
“Non parlarne come se fossimo
l’uno di fronte all’altro, noi non siamo… contrapposti. Io non voglio
controbilanciarti, come se fossimo in una qualche stupida altalena senza perno.”
“A dir il vero, io credo che un
perno ce l’avrebbe.”
“Quale?”
“Beh, ripensandoci non ne sono
poi così sicuro. Forse sarebbe qualcosa che abbiamo in comune, o qualcosa che
amiamo entrambi allo stesso modo.”
“Io amo stare a
letto con te, la sera.”
“…”
“No, no, aspetta, non fare quella
faccia. Non intendevo…”
“Anche a me piace stare a letto con te.”
“La sera?”
“In qualunque parte del giorno, a
dir il vero.”
“Wow. Sì. Questo… sta diventando
piuttosto strano, mh?”
“Lo è stato sin
dal principio, temo. E il peggio è che non abbiamo ancora concluso un accidente.”
“Non essere così categorico,
adesso. Lo hai detto tu che qualche progresso è stato fatto.”
“… è vero. Qualche progresso è
stato fatto.”
“E
allora accontentiamoci di questo per, ugh, diciamo, oggi,
va bene?”
“Facciamo, per questa settimana.”
“Non vuoi parlare con me per
tutto il resto della settimana?!”
“Potendo sceglierei eviterei di
parlare con te per tutto il resto della vita, Padfoot,
ma incontrerei un paio di difficoltà.”
“Tu non dici sul serio!”
“Eh, ehi, calmati ora. Ovviamente
non dico sul serio.”
“Meglio per te. E per me. Tu non lo diresti – lo diresti? – ma io ho tanto bisogno di questo. Sono piuttosto, ugh, sai, fragile.”
“Ammettilo, lo stai trascinando anche se la conversazione è esaurita da un pezzo
perché non sopporti di stare zitto per sette giorni.”
“Già, infatti. Se
lo sai allora perché devi…?”
“Perché
meriti di essere torturato per avermi costretto ad un dialogo del genere.
Arrivederci.”
“Non c’è proprio verso che io
riesca a intenerirti al punto da ridurre la condanna,
vero?”
“No, non c’è. Arrivederci.”
“Proprio nessuno? Nessunissimo verso? Potrei farti delle cose, ugh, sessuali. Dovrebbero piacerti. Insomma, so che
ti piacciono. Lo so per certo. E non pensare che per
me non sarebbe una punizione, perché saresti veramente molto, molto lontano
dalla verità, intesi? Veramente molto molto.”
“…”
“Aspetta un
attimo, aspetta un attimo! Gaah! Avevo ragione
sin dal principio! Tu non mi stai ascoltando!”
“…”
“…”
“È perché non stai dicendo
niente, maledizione!”
“Ah-ah!
Tronfia soddisfazione, ricordi?!”
“… tu non sei normale.”
“Hai ragione! È
così, è proprio così. Ma questo non mi rende il
bersaglio della tua…”
“Tu non mi costringerai a
ricominciare questo daccapo. È la mia ultima parola.”
“Non ti stai sforzando, Moony! Concentrati, concentrati!”
“…”
“… va bene. Una settimana,
giusto? Arrivederci.”