«Molti di noi
cercano di dare un senso alla propria vita, ma la nostra vita ha senso
solo se siamo capaci di raggiungere questi tre traguardi: amare, essere
amati e saper perdonare. Il resto è soltanto tempo
perso»
(Joel Dicker)
Quando Minaho e Manabe uscirono di casa il sole incominciava a
tramontare, tingendo di arancione le strade della città. La
gente rincasava dal lavoro riempiendo le strade, mentre i locali
iniziavano ad aprire i battenti in previsione di una serata di certo
fruttuosa, visto il clima tutto sommato mite e l’assenza di
vento.
Attraversando il parco l’arancione non poté non
notare la luce negli occhi del suo migliore amico. Mettere nella stessa
frase suo zio e il concetto di sorpresa lo aveva fatto illuminare.
Minaho lo trovava tenerissimo, ed era raro che il suo amico, sempre
maturo e posato, si lasciasse tornare un po’ bambino.
Arrivati davanti a casa dello zio del lilla vennero fatti entrare e,
per la seconda volta nello stesso giorno, accomodare in salotto. Ora la
luce era però diversa. Quella bianca del mattino aveva
lasciato il posto ai colori tenui del tardo pomeriggio.
Come sempre lo zio del lilla li fece aspettare qualche minuto. A quanto
pare aveva una visita in corso… infatti dieci minuti dopo
entrò dalla porta, gettando a terra la valigetta e
togliendosi la giacca. Indossava un completo nero elegante ma
professionale.
-Ehila ragazzi! Ci rivediamo! Ho una sorpresa che forse vi
farà piacere… ma che ne dite se ne parliamo a
tavola? Questa sera siete miei ospiti!
Il lilla si illuminò. -Grazie zio! Non… non
vorremmo disturbare però…
-Ma quale disturbo? Stasera non lavoro. Dai… andiamo in
sala. Il tempo di lavarsi le mani e si mangia! Spero che per voi non
sia troppo presto… io sono abituato a cenare alle sette
perché in genere dopo cena studio…
Minaho sorrise. L’idea che lo zio del lilla studiasse come
loro era strana. -Ma certo! Anche noi ceniamo presto… sai,
dopo cena Manabe entra in fase digestiva, e si piazza sul divano come
un panda a guardare la TV…
Manabe arrossì come un peperone. -Ehi! Guarda che anche tu
ci sei, su quel divano!
Lo zio del lilla scoppiò a ridere di gusto.
-Bene… sono felice di vedere che la vostra vita insieme
è piena di momenti eccitanti! Ora venute… e
preparate l’appetito!
La cena era veramente qualcosa di esagerato.
Quando Manabe e Minaho avevano visto arrivare un cameriere con un
enorme vassoio di antipasti, avevano pensato ad una sorta di cena
fredda… qualcosa di simile ad un buffet. Ovviamente erano
stati smentiti! Al vassoio aveva fatto seguito un bis di primi di pesce
ed un arrosto enorme, il tutto seguito da una gigantesca torta panna e
fragole. Arrivati alla fine della cena, erano pienissimi! Fu lo zio del
lilla a decidersi a parlare per primo.
-Ok ragazzi… ora ditemi. Quante avventure avete avuto fuori
città, da quando vi conoscete?
Minaho e Manabe si guardarono perplessi. -Avventure? Fuori
città?
-Beh… -Il lilla prese la parola, confuso. -In
realtà, pensandoci bene, da quando io e Min ci conosciamo
siamo stati così pieni di avventure e battaglie in
città, che non siamo mai andati a fare nemmeno una
gita…
Lo zio di Manabe sorrise con sguardo sornione. -Lo
immaginavo… e qui arriva la mia offerta. Sapete…
ogni anno, l’associazione giapponese dei medici offre ad
alcuni membri che si sono distinti per pubblicazioni e ricerche un
viaggio per due persone in varie parti del mondo… ecco, io
lo vinco da tre anni, ma… ecco… da quando non
c’è più mia… mia moglie, non
ne ho più voluto sapere. Dio… sono già
vedovo. Comunque non è questo il punto! -Il giovane riprese
a sorridere.
Minaho era sconvolto, Manabe senza parole. -Cosa… cosa
vuoi… cosa vuoi dire…
Il giovane sorrise. -Voglio dire che andate una settimana a Miami.
Ok, adesso Minaho e Manabe erano proprio senza parole.
-Co…cosa??? -Il lilla spalancò gli occhi. -Ma non
è possibile!!
-Manabe ha ragione! -Minaho era ancora più sbalordito. -Non
possiamo accettare assolutamente!!
Il medico ridacchiò. -Ehm… e se io avessi
già fatto i biglietti a vostro nome, confermando albergo e
volo?
-Ma… ma… ma… -Il lilla era nel pallone
più totale, e con lui l’arancione.
-Ragazzi… pensate! La settimana prossima le scuole
sono chiuse tre giorni per il compleanno del principe
ereditario… potete perdere un paio di giorni di scuola, no?
Con i vostri rendimenti… avreste il volo lunedì
mattina presto, e il ritorno la domenica successiva dopo pranzo.
Eddai… vi immaginate andare al mare e vedere gli Stati
Uniti? Sarà bellissimo! Tutto pagato… potreste
stare insieme una settimana senza pensare ai problemi, e magari al
vostro ritorno potrei anche avere sistemato il problemino
dell’articolo di Manabe!
-Zio… io non… non ho parole. Non so
cosa… cosa dire…
Manabe era davvero commosso. Anche Minaho faticava a trovare le parole.
Il medico scosse la testa ridendo.
-Vi dico io cosa dire. Una parola sola. Accetto.
Tornando a casa Manabe e Minaho erano ancora sulle nuvole.
-Man… non… non riesco a crederci!
-Nemmeno io Min! Una settimana insieme… mare, sole e gite
nella foresta… sembra un sogno… forse
è un sogno e adesso ci svegliamo in salotto, davanti alla
TV!!
L’arancione fece una mezza piroetta. -Dobbiamo comprare un
regalo a tuo zio… è fantastico! Dammi un
pizzicotto… ti prego!
Manabe scoppiò a ridere. -Io ci ho già
provato… è tutti vero! E sai che significa? Che
domani… andiamo al centro commerciale a comprare pinne e
costumi!
Minaho e Manabe erano appena entrati nel vialetto di casa,
ridacchiando, quando squillò il telefono di Minaho.
-Man… è Kirino! Oddio… che
sarà successo?
-Ma niente Min… ci vorrà invitare al cinema
sabato sera con i ragazzi…
L’arancione sospirò. Aveva un brutto
presentimento. Passò l’indice sullo schermo
accettando la chiamata. -Pronto? Ehi Kirino…che succede?
La voce del rosa era rotta dal pianto. -M…Min…
io… io non volevo disturbarti ma… ma tu sei
così forte e… e difendi sempre tutti
e… io… io ho fatto un casino tremendo. Potete
venire da me? Vi prego…
Il lilla era preoccupato. Aveva capito dallo sguardo di Minaho che
qualcosa non andava. Minaho rispose subito... in genere era Kirino
quello che faceva a pugni per difendere gli altri!
-Kirino! Arriviamo di corsa! Dove sei?
Il rosa singhiozzò. -Davanti… davanti a casa di
Shindou. Scusate… perdonatemi. Vi… vi aspetto.
Minaho e Manabe si precipitarono davanti a casa di Shindou. Al loro
arrivo il sole era ormai definitivamente tramontato, e le ultime luci
lasciavano il posto alla luna quasi piena e alle luci dei locali e dei
lampioni. Casa di Shindou era in un quartiere tradizionale, molto
movimentato la sera.
Kirino era seduto sul marciapiede, in lacrime e completamente
sconvolto. Immediatamente l’arancione, a cui subito era
scattato lo spirito protettivo, si precipitò al suo fianco.
-Ehi Ran… che succede? Cosa ti hanno fatto?
Kirino era distrutto e confuso. -Io…sono… sono
stato io… è… è colpa
mia… Shindou non… non vuole
più… più parlarmi…
Manabe si inginocchiò e prese le mani del rosa.
-Ehi… va tutto bene. Che cosa è successo?
Il rosa si morse violentemente il labbro inferiore. -Ho…
ho… non so perché!! Non so perché,
maledizione! Ho… ho baciato…. Kariya.
Il lilla rimase per un attimo come paralizzato. -Che… che
cosa…
Fu Minaho a riguadagnare per primo la parola. -Ma… Ma
perché? Perché lo hai fatto? Shindou
lo… lo ha saputo?
Il rosa scoppiò in un pianto disperato. -Io… io
non so perché! Eravamo al cinema… Shindou era
andato a prendere da bere... è stato
più forte di me! Kariya.. Kariya non c’entra! Lui
non… non… sono stato io solo a farlo!
Mi… mi ha sorriso e… e… e
io… Shindou stava entrando proprio in quel momento
e… e… -Singhiozzò più forte.
Minaho e Manabe si guardarono sconsolati. E ora che potevano fare?
-Ok… -Minaho prese di nuovo la parola, cercando di sembrare
tranquillo e parlare con voce allegra. -Vedrai che adesso sistemiamo
tutto. Hai parlato con Shindou?
Kirino smise per un attimo di piangere, tirando su col naso.
-Io… io ci ho provato… l’ho…
l’ho inseguito fino a casa dopo che… dopo che
è corso via ma… ma mi ha cacciato in malo modo
e… e ora sono due ore che sto qui seduto per… per
terra! Non… non mi risponde nemmeno al cellulare! -Riprese a
piangere.
-Tranquillo Ran. -Manabe sorrise dolcemente. -Vado a parlarci io, ok?
Il rosa si asciugò le lacrime con la manica della felpa.
-D…davvero? Non… non dovete se non…
non so nemmeno perché vi… vi ho disturbato
così… io…
Minaho, stupito dal coraggio del suo migliore amico, mise le mani sulle
spalle del ragazzo. -Ehi… guardami. Quando Manabe si mette
in testa qualcosa, credimi… puoi stare certo che
sarà un successo. Aspettaci qui, ok?
Manabe, mentre saliva le scale verso camera del castano, non si sentiva
più così sicuro di sé.
Certo… Shindou li aveva fatti entrare, e questo significava
che non li avrebbe lanciati dalla finestra senza una buona
ragione… almeno sperava. La faccia contrita della cameriera
che aveva aperto loro la porta però non prometteva nulla di
buono.
-Ehi…Shin? Possiamo entrare?
I ragazzi bussarono delicatamente alla porta della camera del loro
compagno. Da dentro nessun suono.
Si fecero coraggio ed aprirono lentamente la porta. Shindou era seduto
al pianoforte. Manabe si stupì…
un’altra pianoforte? A coda pure quello, per di
più! La stanza era enorme… grande quanto il loro
salotto e dotata di un grande terrazzo. Il castano stava immobile
davanti alla tastiera, le mani sui tasti, ma non suonava.
-Cosa volete?
La voce era dura, senza speranza. Niente a che vedere con la solita di
Shindou, scura, sì, posata, ma piena di pazienza e
disponibilità.
Manabe si fece aventi. -Ecco… noi… noi volevamo
sapere se… se possiamo fare qualcosa per… per
aiutare…
-Man ha ragione. Vorremmo che tutto andasse a posto… -Minaho
era ancora più imbarazzato del lilla.
Shindou si alzò di scatto, le mani strette al coperchio del
pianoforte, tremando.
-Vi… vi ha mandato lui! Si azzarda pure a fare questo,
adesso! Dopo quello che mi ha fatto… io mi fidato di lui! Mi
fidavo!!! Perché a me una cosa del genere? Con Kariya poi!!
Io… io non…
Il tono di voce su era alzato sempre più. Ora il castano
urlava a tutti gli effetti, rivolto verso il pianoforte. Quando si
voltò Minaho e Manabe videro che aveva gli occhi rossi e
lucidi.
-Sia ben chiaro che non lo voglio più vedere! E anche voi,
fuori di qui!! Fuori!!
Manabe, spaventato, provó ad avvicinarsi al castano.
-Ehi… Shin, lo so che è doloroso
però… però sono certo che…
-Che non voleva farlo? Che non è colpa sua? Ma certo!!
Portate queste balle fuori da casa mia immediatamente!! Fuori!
-Shin… sei così arrabbiato perché tu
lo ami… lo ami e lo sai…
-Basta!!! Non voglio sentire una parola di più,
oppure… oppure…
Il lilla tremava, ma si sentiva più risoluto che mai.
-Oppure? Ascoltami bene. Qualunque cosa sia successa, voi…
Fu un istante. Con uno scatto, il castano aveva afferrato pesante
sgabello del pianoforte e lo aveva scagliato contro il lilla. Il
ragazzo fu colpito in pieno al braccio sinistro e buttato a terra.
-Man!! -Minaho si era lanciato a coprire con il suo corpo
l’amico. -Razza di… ma cosa ti salta in mente? Gli
hai spezzato un braccio! Ehi Man… Man!
Manabe era a terra, stordito. Il tappeto aveva attutito la caduta, ma
il braccio faceva malissimo. Sentì le lacrime salire agli
occhi ma le ricacciò indietro in un moto
d’orgoglio. Il dolore gli sfuocava la vista.
Shindou era rimasto come instupidito. Si fissava le mani, quindi lo
sgabello a terra, quindi Manabe che sembrava gravemente ferito. Cadde
in ginocchio guardando fisso nel vuoto, senza parlare.
-Shindou… -Minaho si era alzato in piedi palesemente
furibondo, ma sforzandosi di sembrare normale. -Posso avere del
ghiaccio? Almeno questo… sai, probabilmente gli hai rotto un
braccio, e sarebbe carino da parte tua.
Nessuna risposta. Shindou fissava il vuoto. Minaho era senza parole.
-Min… Min aspetta! Sto… sto bene… -Con
una fatica tremenda il lilla mosse il braccio e la mano. -Visto? Niente
di rotto. Andiamo… andiamo a casa.
Uscendo di casa, Manabe sorretto da Minaho dalla parte del braccio non
dolorante, si ricordarono di colpo di Kirino. Il lilla era ancora sul
marciapiede, e quando li vide sembrò andare nel panico.
-Oddio… oddio cosa ti ha fatto! È tutta colpa
mia!! Tutta colpa mia!!
Il lilla si sforzò di sorridere, gemendo di dolore.
-Non… non è niente. Senti… ora non
è il momento giusto di parlare con lui, ma la mia promessa
è sempre valida. Ho giurato che vi avrei fatto fare pace, e
lo farò. Ora vai a casa e cerca di rilassarti…
penserò io a tutto. Domani a scuola ne parleremo
bene… fidati di me, ok?
Il rosa fissò lo sguardo negli occhi sofferenti di Manabe.
Sentì un nodo salirgli in gola.
-Io… io…
-Tranquillo. Non devi dire nulla.
Minaho sospirò.
-La vedo brutta… speriamo bene!
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