Capitolo
Quarantuno
«Quei
tuoi nøkken hanno complicato non di poco un problema
già piuttosto
gravoso» soppesa Pitch, pacato, osservando da lontano lo
scorcio di
paesaggio nei pressi del laghetto.
Liùsaidh~dorcha
storce le
labbra in una smorfia insofferente. «Avrebbero fatto meglio a
rimanere nei loro boschi, com’è sempre
stato» sibila contrariato.
Pitch annuisce
piano.
«Probabilmente sì. Tuttavia la presenza del tuo
piccolo esercito
era una preoccupazione che non poteva essere ignorata così
facilmente».
«È
comunque colpa mia,
dunque» borbotta Liùsaidh~dorcha. Pitch lo
soqquadra, limitandosi a
riservargli un’espressione di ovvietà.
«Beh, mi rincresce»
sbotta nervoso, «ma per quanto io possa dispiacermi, non
è che ci
sia seriamente qualcosa che sia in mio potere fare».
«Lo
so» concorda Pitch, «ma
questo non risolve il problema. Temo sarebbe per te opportuno evitare
di mostrarti, ora; potrebbe facilmente risultarne un pericolo, sia
per loro che per te» precisa con garbo.
Liùsaidh~dorcha
annuisce, suo
malgrado. «Sì, probabilmente hai
ragione» soffia, sollevando
mestamente lo sguardo al cielo ancora livido. Sospira. «Mi
troverò
un posticino riparato che non infastidisca altri» promette
titubante.
Pitch offre un
piccolo
sorriso. «Un’ottima idea. Ma ricorda che mi devi
ancora una
conclusione degna a quel racconto che mi avevi promesso. Non sperare
che me ne dimentichi; di rado mi succede di lasciar cadere i ricordi
nell’oblio».
Liùsaidh~dorcha
solleva
nuovamente gli occhi al cielo, stavolta con esasperazione.
«Vuoi
anche il mio sangue, spirito?» borbotta stremato.
Uno sbuffo di
risata e Pitch
nega paziente. «No, quello te lo puoi tranquillamente
tenere»
concede magnanimo.
«Dèi,
quale bontà d’animo!»
ringhia stizzito, sbuffando un momento dopo affranto e rassegnato.
«D’accordo, suppongo quindi che avremo modo di
rincontrarci»
soppesa pensieroso.
«Ci puoi
scommettere»
conferma Pitch, scostandosi poi di qualche passo e osservando il
demone sollevarsi in aria e infine allontanarsi silenzioso, svanendo
presto nel grigiore dell’orizzonte, tallonato
d’appresso da
Alioth.
*
Mille pensieri
affollano la
sua mente sovraccarica mentre si avvicina con passi lenti al piccolo
rifugio che si sono conquistati i due fratelli. Cosa deve dire agli
altri? Tutto quanto è escluso, nel modo più
assoluto; le
probabilità che comprendano sono tanto esigue da rasentare
il nulla.
E a lei? A lei cosa rivelare? Dovrà per forza di cose
ammettere il
proprio voltafaccia, o per lo meno ciò che tale
apparirà agli occhi
dei più. Sospira e spera, con forza, che almeno Aileliath
rimanga
ancora una volta al suo fianco. Non che non possa, allo stato attuale
dei fatti, permettersi di fronteggiare tutti quanti,
foss’anche in
un’unica volta, e tuttavia proprio non se la sente di farlo,
non lo
auspica, non lo desidera affatto.
Solleva lo sguardo,
giungendo
a destinazione, e si impegna a far frusciare in modo sufficientemente
rumoroso la sua veste, così che Ba’al, allertato,
possa avvertire
per tempo il suo arrivo. Nota con un pizzico di dispiacere i suoi
occhi farsi enormi e allarmati, scorgendolo, ma rimane in silenzio
fingendo di non aver visto il lampo di paura nel suo sguardo,
né
sentito il suo panico scorrergli addosso turbolento. La sorpresa
passa comunque velocemente, sostituita dal più prevedibile
astio e,
al suo avanzare apparentemente indisturbato, da sospetto. Sposta
l’attenzione su Mot, il cui aspetto ricorda da vicino quello
di una
bambola di pezza reduce da un’esistenza lunga e tormentata e
troppi
lavaggi sbagliati; in sostanza si presenta di un grigio dominante e
talmente smorto che Pitch si chiede se, durante la sua assenza, non
sia passato da custode dell’oltretomba a ospite fisso del
regno dei
morti. Ma a un esame più accurato individua lievi e faticosi
movimenti che confermano il fatto che sia tuttora in vita (per quanto
ancora, non saprebbe dirlo). Un paio di passi ancora e ode
Ba’al
brontolare e far stridere i denti. Sembra indeciso se tentare
un’impossibile fuga o un ancor più improbabile
attacco.
Saggiamente sembra invece optare per una momentanea resa, seppur
guardinga, permettendogli di accostarsi infine senza mai perderlo di
vista un solo istante.
Pitch si accoscia
accanto a
Mot e le dita di Ba’al stringono le spalle del fratello fino
a
sbiancare. L’Uomo Nero solleva gli occhi e posa il suo
sguardo in
quello del signore delle tempeste, attendendo una qualche reazione
che non arriva. Piano, con estrema cautela, infila una mano in tasca
e ne estrae uno dei suoi bottini della giornata. Gli occhi di
Ba’al
si sgranano, trattiene il respiro, un piccolo brivido lo percorre da
capo a piedi, deglutisce ansioso ma rimane fermo in silenzio,
attendendo la successiva mossa dello spirito oscuro.
Il campo protettivo
apposto da
Pitch svanisce e le sue dita lasciano scivolare con garbo
ciò che
trattenevano, consentendo che trovi da sé la strada per
ricongiungersi al suo proprietario.
Sia Ba’al
che Pitch, con il
fiato sospeso per l’anticipazione, restano a guardare le
spire
argentate che sinuose vengono riassorbite dal corpo di Mot. Questi
emette un flebile mugolio e socchiude le labbra in un piccolo
sospiro; le sue sopracciglia si aggrottano leggermente e la medesima
cosa fanno quelle di Pitch, il quale dopo un veloce sguardo a
Ba’al
per conferma allunga una mano e posa la punta delle dita sulla fronte
di Mot, trovandola piuttosto simile a quella di una statua di marmo.
Assottiglia le labbra, contrariato dall’esito di quel piccolo
esame, e scuote appena il capo.
«Non una
mossa, intesi?» si
accerta rivolgendosi a Ba’al che, per quanto seccato,
annuisce per
conferma.
Velocemente Pitch
scandaglia
dentro di sé, scegliendo con cura la sorgente adatta, poi
lascia che
una parte di essa gli scorra dolcemente attraverso fino a raggiungere
Mot. Il custode dell’oltretomba, a
quell’operazione, mugola
tendendosi per un breve istante, poi torna tranquillo mentre il suo
respiro diviene finalmente regolare e, nota con compiacimento Pitch,
un colorito più vitale riempie la sua figura poco prima
smorta e
spettrale.
Annuisce
soddisfatto, si
risolleva e, mentre si dispone ad allontanarsi, Ba’al sembra
riprendersi dal suo momento di incredulità, stringe con
forza a sé
il corpo ancora immoto del fratello e solleva gli occhi sullo spirito
oscuro che già ha preso il sentiero in direzione del resto
del
gruppo.
«Tu non
mi piaci» esordisce
con voce rauca.
Pitch interrompe i
suoi passi
e volta un poco il capo verso Ba’al. «Lo stesso
vale per me»
assicura.
Ba’al
cruccia leggermente la
fronte, poi trae un lento respiro. «Terrò bene a
mente ciò che hai
fatto oggi. Sono… Siamo in debito con te» ammette,
evidentemente
di malavoglia, senza smettere di scrutare lo spirito oscuro con
sospetto.
Inaspettatamente le
labbra di
Pitch si arricciano in un sogghigno divertito. «Mi auguro che
lo
ricorderai se mai, in futuro, cercassi qualche povera vittima da
importunare e avessimo l’infausta occasione di incrociare
nuovamente le nostre strade».
Ba’al
strabuzza gli occhi,
incredulo, poi ridacchia. «Sei un maledetto
bastardo».
«Lieto tu
l’abbia
finalmente compreso» concorda pacatamente Pitch, riprendendo
la
propria strada senza ulteriori indugi.
*
«Come
sarebbe a dire che era
qui?» sbraita Nyx, lanciando occhiate truci al povero
Aileliath.
«Quello
che ho detto» tenta
invano, zittendosi all’ennesimo ringhio rabbioso della dea
della
notte.
«Perché
mai io non ne sapevo
nulla? E dove mai si trova, quindi? Ha lasciato i suoi tirapiedi di
ronda ed è scomparso di nuovo!» sbotta
spazientita, guadagnandosi
sguardi risentiti da ogni singolo incubo presente, i quali tuttavia
non sembrano sufficienti a scalfire per nulla tutta la sua vena
polemica ormai liberata. «Insomma, si può sapere
dove diamine si è
cacciato adesso?!» strilla a pieni polmoni, prendendosela con
il
leone poiché non ha ancora ottenuto una parvenza di
spiegazione.
Aileliath borbotta
infastidito
«E io che cosa ne posso sapere? Sono forse la sua
segretaria?»
sollevando il muso con stizza e voltandole le spalle stanco di tante
inutili parole.
«Ehi, tu,
dove vai? Non ti ho
detto che potevi andartene!» protesta vivacemente Nyx.
«Non ho
bisogno del tuo
permesso per camminare, né per decidere che ne ho abbastanza
di
stare ad ascoltare le tue lagne».
Dall’alto
ramo di un albero
non molto distante le labbra dell’Uomo Nero si arricciano in
un
sorrisetto divertito. Silenzioso scivola fra le ombre e si accosta
non visto al leone.
Aileliath, ancora
concentrato
nel ritrovare una parvenza di calma, sobbalza appena avvertendo un
leggero tocco lungo il suo fianco, ma decide comunque di proseguire
nel suo cammino e socchiude gli occhi, inspirando a fondo. Quando
crede di trovarsi a una distanza sufficiente, senza fermarsi mormora
con cautela «Pitch? Sei di nuovo qui?».
«Pare
proprio di sì»
bisbiglia di rimando lo spirito, seguendo il leone.
«Perché
non riesco a
vederti?» indaga crucciato. Poi scuote il capo.
«Stai bene?»
preferisce invece accertarsi innanzitutto.
«Discretamente»
tentenna
Pitch. «A momenti mi sento molto poco me stesso, per il resto
direi
non poi così male» commenta perplesso.
«Cos’è
capitato? Come mai
sei stato lontano per così tanto tempo?» insiste
Aileliath,
impensierito.
Non ha la
possibilità di
scorgerlo, al momento, ma Pitch ha appena aggrottato le sopracciglia,
interdetto. «Tanto quanto, esattamente?».
«Direi
per lo meno dieci ore,
forse di più» risponde di buon grado. Non
avvertendo più il tocco
dello spirito, rallenta il passo e lo chiama a bassa voce.
Pitch si
è fermato e sta
ripensando agli ultimi eventi, chiedendosi come abbia fatto a non
rendersi conto del trascorrere di tutte quelle ore; non ne ha
avvertite nemmeno la metà e, durante il loro trascorrere,
senza
neppure avvedersene né conservarne la consapevolezza, ha
perfino
tenuto in piedi la sua fitta barriera di nuvole e il legame con i
suoi incubi. Scuote la testa e si chiede se anche quello sia un
effetto collaterale del rito. Se così fosse, stanno
diventando
davvero eccessivi e decisamente imprevedibili.
«Pitch»
borbotta con
attenzione Aileliath, sempre più preoccupato per il lungo
silenzio
dello spirito.
«Succedono
fatti
inspiegabili» commenta finalmente Pitch con tono grave.
«Ho
bisogno di vederti.
Troviamo un posto lontano da sguardi non richiesti, vieni»
propone
il leone, e Pitch lo segue di buon grado.
*
Aileliath sgrana
gli occhi,
poi li assottiglia. «Sei proprio certo di sentirti bene? Hai
un
pessimo aspetto; abbastanza spaventoso, in realtà»
è la prima cosa
che gli fa notare dopo aver finalmente avuto la possibilità
di
vederlo.
«Mh…
Gentile da parte tua
rimarcare la mia scarsa avvenenza» borbotta Pitch, un filo
offeso.
Aileliath rotea gli
occhi e
scuote il capo. «Sai che non intendevo quello. Hai delle
occhiaie
spaventose». Ghigna, in un fugace balenio di zanne.
«Ora sì
faresti una gran paura a quei poveri bambini. Anzi, scommetto
riusciresti a far venire gli incubi perfino ai loro genitori»
commenta divertito.
«Non
scherzare!» ringhia
Pitch contrariato, masticando risentimento. «Vorrei proprio
vedere
te, al mio posto, trattare con quel dannato demone».
Il leone torna
cupamente serio
e inizia a passeggiare nervosamente avanti e indietro. «Lo
hai
trovato, quindi. Com’è andata? Ti ha creato
problemi?» domanda
impensierito.
«Qualcuno,
in effetti»
tentenna l’Uomo Nero. Infine decide di parlargli e spiegargli
come
stanno le cose, perché ha proprio bisogno di un buon
ascoltatore con
cui confidarsi e lui è attualmente il solo adatto a quel
compito.
Così,
mentre riprendono a
camminare dato che sembra che nessuno dei due sia in grado di
rimanere fermo troppo a lungo, Pitch raccoglie i pensieri e le
sensazioni accumulate nelle ultime ore e prova a renderne partecipe
Aileliath.
*
Sospira e rimpiange
amaramente
di non disporre di dita adatte a massaggiarsi le tempie, visto il mal
di testa che avverte in aumento. Certo, qualche sprazzo di
verità
già l’aveva subodorata in precedenza, dopo aver
incontrato Phanês
e averci parlato, e anche dopo il rito e l’apparentemente
inspiegabile comportamento tenuto dallo spirito oscuro. Ma chi
avrebbe mai potuto immaginare una conclusione simile? Fraintendimenti
di tali proporzioni non erano minimamente stati presi in
considerazione. Eppure ora tutto sembra tornare in modo talmente
preciso da far spavento.
«Sei…
uhm… adirato?»
mormora Pitch con prudenza.
Aileliath solleva
lo sguardo
sullo spirito e nota solo in quel momento il nervosismo impresso sul
suo volto. Prova un sorriso un po’ tremolante e un lieve
diniego.
«No, non lo sono. Ti ho ascoltato, e capisco. Inoltre le tue
parole
mi hanno chiarito molti dubbi sorti ultimamente» assicura
pacato.
Pitch si permette
un piccolo
sospiro e rilassa le spalle, strofinando i polpastrelli sulle
palpebre chiuse.
«Sei
stanco?» chiede
Aileliath in tono gentile.
«Orribilmente»
ammette
Pitch.
Annuisce.
«Ti accompagno a
casa» propone.
Una piccola risata
inattesa
sfugge dalle labbra dello spirito. «Sarebbe bello. Ma non lo
sarebbe
altrettanto ritrovarsi sulla soglia una dea della notte che strilla
infuriata facendo sbiancare i miei incubi e anche i miei
capelli»
pondera, parte divertito e parte spaventato.
«Non
essere sciocco. Dovrebbe
prima scoprirlo» fa notare il leone.
Pitch lo fissa un
momento,
scuote il capo e si lascia scivolare a terra. «Lo farebbe, e
ben
prima di quanto sia auspicabile. Così verrei svegliato tanto
bruscamente che con tutta probabilità non riuscirei a
riprendere
sonno per i successivi dieci anni» commenta con fatalismo.
«Ma lei
non…» prova
inutilmente Aileliath. Infine annuisce gravemente, suo malgrado
d’accordo con le fosche previsioni dello spirito.
«Bene, ma io
sarò lì a garanzia che non cerchi di
strangolarti… o peggio»
offre coraggiosamente.
Pitch solleva un
angolo delle
labbra e si limita ad annuire.
*
«Oh!
Ehilà, Pitch!» esclama
allegro Jack, agitando freneticamente una mano all’indirizzo
dell’Uomo Nero e del leone.
Pitch lancia
un’occhiata di
sbieco ad Aileliath e solleva lievemente le spalle. «E addio
effetto
sorpresa» mormora, non eccessivamente contrariato,
considerando
l’attuale situazione.
Nel momento in cui
ogni
singolo paio d’occhi si posa su di loro Aileliath deglutisce
nervoso e borbotta «Sono ancora in tempo per lasciarti alle
luci
della ribalta e dileguarmi?».
Pitch, pur conscio
dei
possibili rischi, dà le spalle alla piccola folla in attesa
e fissa
lo sguardo in quello imbarazzato del leone, distende la fronte e
sospira. «Non ho intenzione di trattenerti, se è
tua volontà
allontanarti da qui».
Il naso di
Aileliath freme e i
suoi occhi dardeggiano velocemente dallo spirito oscuro ai guardiani
e alle altre creature presenti, tornando infine in quelli chiari
dell’Uomo Nero, il quale sembra attendere con pazienza una
sua
parola.
«Niente
da fare. Preferisco
di gran lunga essere presente e perfettamente cosciente del momento
della fine» fa drammaticamente presente.
Pitch inarca un
sopracciglio e
ghigna piano. «Contento tu» commenta soltanto,
riavviandosi
lentamente incontro agli altri.
La sua schiena
torna a
irrigidirsi di propria iniziativa, scorgendo Nyx farsi largo fra la
piccola calca con la palese intenzione di raggiungerlo per prima.
Assottiglia lo sguardo e fra scricchiolare i denti, ma non rallenta
la propria andatura e, quando lei è ormai a pochi passi,
solleva
rigidamente il mento e la soqquadra duramente, facendo sfumare un
poco dello slancio della donna, la quale si arresta poco prima di
arrivare fino a lui.
«Dunque
è vero: sei qui»
soffia Nyx, indecisa.
«Così
pare» conferma Pitch,
asciutto, evitando di concederle più del necessario.
«Perché
sei sparito in quel
modo?» insiste Nyx, in parte sollevata di ritrovarlo tutto
intero,
ma anche insicura su come comportarsi a quel punto. «Avremmo
potuto
esserti d’aiuto» tenta titubante.
Pitch scuote il
capo e
sospira. «Perseverare nel raccontarti menzogne non ti
servirà a
cambiare la realtà dei fatti. Mi stupisce che
l’esperienza che ti
porti dietro non ti abbia ancora insegnato a evitare questo
errore».
«Pitch,
sai che non ho mai
voluto danneggiarti» prova ancora.
«Lo so?
Sul serio? Mi inganno
o non eri forse stata tu a esserti offerta di persuadermi ad
accettare la ragionevole
proposta di tuo padre?» le ricorda in tono vagamente
canzonatorio.
«Non
è mai stata mia
intenzione…».
«No?»
la interrompe. «Che
cosa ti ho appena consigliato? Non vuoi dunque ascoltare? Non vuoi
conoscere la verità? Neppure se è qualcun altro a
mostrartela?»
sibila.
Nyx lo scruta con
evidente
diffidenza, le sue labbra strette fremono, forse di indignazione,
forse di timore. «Di quale verità stai parlando? E
chi dovrebbe
detenerla, tu forse?».
«Non io.
Io sono solo ombra,
ricordi? Come potrei mai fare luce sui tuoi dubbi?» mormora.
La rabbia
sotterranea sfuma e
nei suoi occhi resta solo dolore e paura mentre ancora lo guarda
sentendo la speranza dissiparsi inesorabilmente. «Desidero
capire,
voglio sapere, e accetterò di farlo anche dalle tue labbra,
se
sapranno darmene l’opportunità» offre
risoluta.
Sospira piano, il
cipiglio
affievolisce e muta in sguardo pacato. Annuisce e si appoggia contro
il fianco di Aileliath che ha caparbiamente assistito in silenzio
allo scambio fra i due. «Sia come desideri, dunque. Confido
che
vorrai comunque concedermi qualche momento per congedare degnamente
tutti coloro che tanto a lungo hanno atteso e, infine, anche i miei
incubi» mormora, e senza attendere replica si allontana da
lei,
deciso a offrire a tutti quanti la possibilità di tornare
alla loro
vita dopo aver saputo che, anche questa volta, la Terra
sopravvivrà
a sé stessa e alle creature che porta alla vita essa stessa.
*
Toothiana
dà l’impressione
di volerlo esaminare approfonditamente
per accertarsi delle sue effettive condizioni, ma l’occhiata
di
biasimo di Aster e, soprattutto, quella omicida di Pitch la
persuadono a non sfidare troppo la sorte.
«Quindi
abbiamo ancora una
demone in libertà, da qualche parte nel nostro
mondo» ricapitola
Nicholas.
«Certamente
più d’uno, in
effetti» lo corregge Pitch. «Ma sì,
Liùsaidh~dorcha è ancora a
piede libero e lo sarà fintanto che non
costituirà una seria
minaccia per questo pianeta».
«E pensi
che già non lo
sia?» domanda criticamente Aster.
«A ben
vedere, immagino non
lo sia mai veramente stato» afferma con una sicurezza fin
troppo
disarmante e ben poche spiegazioni che ne giustifichino
l’origine.
Aster infatti
arriccia il naso
e tamburella una zampa a terra. «Seriamente, dovremmo tenere
in
considerazione la tua teoria e confidare
nella tua parola?»
commenta con pesante sarcasmo.
Un sorriso
piuttosto sinistro
si spalanca sul volto dell’Uomo Nero. «In
effetti… No» commenta
leggero. Affonda una mano in una delle tasche della sua veste e ne
estrae uno specchio, quello
specchio, offrendolo loro. «Ecco, se lo desiderate potete
tenerlo e
provare a farlo uscire. Magari riuscireste perfino a farvi accennare
qualche interessante particolare del passato,
chissà». Scrolla le
spalle, apparentemente disinteressato. «A ben vedere, io ho
certamente altro da fare che non sia custodire una reliquia
dimenticata e il suo proprietario».
Accenna a porgerla
ai cinque
guardiani, ma stranamente
tutti fanno per lo meno un paio di passi indietro in sincronia
pressoché perfetta, e Jack ridacchia nervosamente
all’espressione
fintamente accigliata di Pitch.
«Sciocchezze!»
prorompe
Nicholas, facendo sobbalzare i colleghi. «Sono certo tu
meriti la
nostra piena fiducia» esclama con allegria inquietante,
ignorando
bellamente le occhiatacce che gli rivolgono Aster e Sanderson.
«E
noi, poi, non abbiamo proprio tempo per stare dietro a un portale
magico. C’è tanto da fare!» sbotta
nervoso.
Piano, Pitch ritira
la mano
tesa e lo specchio con lei, reclinando mollemente il capo di lato.
«Certo» strascica, «ovviamente»
si limita a commentare, lasciando loro il dubbio sulla
veridicità di
quella resa apparentemente indolore. «Bene, poiché
non sembra
esservene ulteriore necessità, credo sia tempo di congedare
i miei
incubi» prosegue con calma, sogguardando brevemente Epiales,
il
quale è rimasto lì accanto a studiare lo
svolgersi del colloquio e,
all’annuncio di Pitch, ha come l’impressione che un
enorme peso
gli sia infine scivolato via dalla schiena.
Così
l’Uomo Nero dà loro
le spalle e dopo un rapido gesto della sua mano tutti gli incubi
presenti sul campo scompaiono e il cielo lentamente torna sereno.
Dopo qualche ulteriore passo che lo allontana dagli altri, volta di
poco la testa e inarca un sopracciglio. «Spero, e vogliate
perdonarmi la schiettezza, non dovremo rincontrarci fino a che non
sarà trascorso molto, molto tempo» e un sorriso
divertito increspa
le sue labbra nello scorgere le espressioni attonite e oltraggiate
dei guardiani.
*
La sua espressione
soddisfatta
svanisce presto nel momento in cui scorge Nyx che lo fissa con
insistenza, in attesa che lui la raggiunga.
«C’è
da dire che non è
tipo da darsi per vinto facilmente» considera Aileliath in un
basso
borbottio.
Pitch annuisce
concorde, poi
si rinchiude in un silenzio cupo fino al momento in cui, dopo essersi
accomodato al fianco di lei e aver fissato a lungo il cielo ormai
buio, la sente inspirare nervosamente e nota il suo trattenersi a
stento dal sollecitargli una spiegazione.
«Conoscevi
le sue intenzioni,
dico bene?» esordisce con voce fredda.
Nyx trasale. Era
convinta di
essere preparata a sufficienza a quel confronto, ma deve proprio aver
fatto male i suoi calcoli.
«Non del
tutto. Avevo
compreso, in un secondo momento, quanto ne fosse spaventato. Tuttora
non ne conosco le ragioni» spiega.
«Le sue
preoccupazioni non
sono mai state rivolte a questo mondo. Temeva per sé stesso,
dopo
aver appurato quale fosse effettivamente il demone sfuggito alla
reclusione».
«Ci aveva
spiegato che il suo
piano avrebbe assicurato la salvezza della Terra» tituba Nyx.
«Solo
menzogne» la
interrompe bruscamente. «L’unica assicurazione che
desiderava era
per la sua esistenza. Quel demone… forse è vero
che non sarebbe
riuscito a sconfiggerlo; sosteneva che tuo padre sarebbe sempre stato
un passo davanti a lui, intoccabile. Credo si sbagliasse. Avrebbe
potuto eliminarlo, se solo ci avesse creduto fermamente, e lo sai
perché?».
Nyx scuote
lentamente il capo,
attonita e spaventata.
«Perché
Phanês, nella sua
smania di creare l’arma che gli potesse consentire di
eliminare per
sempre la minaccia, ha commesso un grossolano errore: ha permesso che
il rito prosciugasse una parte del suo potere, e poi si è
presentato
(con assurda incoscienza, a mio modesto parere) a
Liùsaidh~dorcha
senza rendersi conto di non essere più
all’altezza. Tuttavia non
perché, come sembrava pensare, il demone fosse divenuto
realmente
più potente di lui, quanto piuttosto perché
Phanês ha scioccamente
sprecato le proprie forze in un progetto destinato al
fallimento».
Pitch si lascia andare a un’amara risata. «Armare
uno spirito
oscuro contro una minaccia superiore: quale arrogante eresia».
Nyx solleva gli
occhi e lo
osserva attentamente. Socchiude le labbra, le avverte tremare.
«E
tu… lo sapevi?».
Pitch le riserva
un’occhiata
gelida. «Non sono un veggente. Come si suppone io possa
conoscere
fatti di cui non sono stato testimone né opportunamente
ragguagliato? Certo che non ne sapevo nulla. Ma, contrariamente a
quei sempliciotti dei guardiani, uso i miei occhi per osservare con
cura, e ho due orecchie perfettamente funzionanti che mi permettono
di ascoltare e comprendere ciò che odono.
Liùsaidh~dorcha avrebbe
potuto mandare il suo piccolo esercito a radere al suolo la fabbrica
di St. North già poche ore dopo essere fuggito, o
addirittura
presentarsi personalmente per reclamare la sua vendetta. Non ha fatto
nulla di tutto ciò. Certo, intendeva vendicarsi, ma era
anche
consapevole di essere in svantaggio dopo tanto tempo lontano dal suo
elemento: la luce. Si è dimostrato prudente, in un certo
senso;
aveva la necessità di riacquistare la propria forza e per
far ciò
ha preso tempo, contrariamente a quanto messo in atto da tuo
padre».
«Ma lui
voleva ucciderlo!»
protesta Nyx con veemenza.
Pitch storce le
labbra,
contrariato. «E con questo? Anche Phanês lo voleva
morto, se ben
rammento. Per nessun altro motivo ha fatto ciò che ha fatto
a me. Ma
Liùsaidh~dorcha aveva un ottimo incentivo per volerlo morto.
Ti sei
chiesta, invece, quale fosse lo sprone che spingeva
Phanês?».
«Lui…»
tenta Nyx,
interrompendosi incerta.
«Lui,
cosa? Non per la Terra, non per Ouranós, nemmeno per te, e
certamente non per noi spiriti. Nessuno di questi motivi lo ha spinto
alla sua decisione. Ebbene, non lo indovini?».
Nyx scuote
debolmente il capo,
confusa. «Non lo so. Ma tu… forse sì.
Dimmelo, dunque» prega.
Poggia
delicatamente la nuca
contro un masso alle sue spalle e sospira. «Oh, ma non
è ovvio, a
questo punto? Per paura. Lui aveva paura della propria fine; la
temeva come mai avrebbe temuto null’altro a questo mondo.
Dopo
tanto tempo, il pensiero di poter improvvisamente smettere di
esistere lo atterriva a tal punto da spingerlo a rischiare tutto nel
tentativo di salvare ciò a cui teneva maggiormente:
sé stesso».
«Solo
ipotesi!» sbotta Nyx,
incredula di fronte a quella possibilità.
«Ipotesi,
dici? Eppure
fondate su fatti concreti. Non si è forse presentato al
mondo, dopo
millenni di assenza, nel momento in cui ha subodorato problemi
riguardanti Liùsaidh~dorcha? Non si è forse
premurato di
raccogliere su quel demone indiscrezioni da chi gli è stato
molto
vicino negli ultimi tempi: Aileliath?» ricorda, indicando il
leone
poco distante da loro. «Non è forse stato lui
stesso ad avanzare la
proposta di fornire a uno spirito oscuro di dubbia origine e
moralità
il potere sufficiente a estinguere la vita stessa su questa Terra? E
non ha poi trascinato con sé volontari del tutto ignari
della reale
situazione, senza minimamente esitare nel sacrificarne
l’esistenza
pur di scongiurare la realizzazione dei piani di
Liùsaidh~dorcha?».
«Lo ha
fatto» ammette in un
lieve alito Nyx. «Ma…».
«No,
nessun ma,
non questa volta» la interrompe Pitch. «Sai quali
sono state le
conseguenze delle sue decisioni. Altri ne hanno pagato il prezzo.
Ebbene, ora avrà certamente molto tempo per comprendere i
propri
errori e, forse, pentirsene, per quanto non ci conterei
troppo».
Detto
ciò si rimette in
piedi, venendo presto affiancato da Aileliath, e mostra
l’intenzione
di voler partire.
«Pitch»
soffia Nyx,
allungando una mano con il proposito di fermarlo in qualche modo. La
ritira però con prudenza, dopo aver notato lo sguardo ancora
carico
di risentimento dello spirito.
«Non ho
più nulla da
aggiungere» conferma Pitch. «Ora, se vuoi scusarmi,
vorrei tornare
alla mia tana e ai miei doveri».
Serra le labbra con
forza e
rilascia un tremulo respiro. «Non
c’è… nulla che io possa dire
per… convincerti a restare, ancora per un po’?
Darmi… una
possibilità?» tenta.
Pitch increspa le
labbra in un
sorriso desolato. «Nessuna delle tue parole potrà
servirti,
fintanto che dalle tue labbra usciranno menzogne» sibila.
«Ho
bisogno di silenzio, ora; silenzio e pace» mormora quasi fra
sé.
Le dà le
spalle. Si allontana
con lenta decisione, seguito dal fruscio delle soffici zampe di
Aileliath. Infine svanisce nel buio della notte serena, in cerca di
un po’ di riposo, finalmente, e forse della pace tanto
agognata,
almeno fino alla prossima guerra.
FINE
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L’Angolino
Buio e Polveroso dell’Uomo Nero (e dell’autrice a
cui piace
maltrattarlo)
Non
sono esattamente una sostenitrice dei finali allegri e sdolcinati,
non so se l’avete notato? E Pitch non è certo un
personaggio che
si presta. Per questo, probabilmente, andiamo d’accordo.
Però non
volevo neppure essere troppo cattiva e infierire sulla desolazione
generale, quindi gli ho lasciato Aileliath, ho fatto in modo che
fosse carino
con i guardiani e ho evitato che prendesse a calci Nyx per aver
contribuito a cacciarlo nei guai fino al collo.
In
quest’ultimo capitolo è stato molto più
ciarliero del suo solito.
Aveva bisogno di levarsi qualche sassolino dalle scarpe, e non se la
sentiva di portare avanti questa necessità coi fatti,
perché non
riesce a rendersi ben conto di come poter usare la magia di cui si
è
ritrovato a disporre e non voleva finire con il far crollare tutto
sulle loro teste. Quindi ha usato le parole. Poteva andare peggio.
Spero
di aver contribuito, con questo racconto, a chiarire il punto di
vista di Pitch in quanto spirito oscuro, anche se non ne sono molto
sicura. Quello che diceva nel capitolo quindici lo pensava davvero, e
in effetti non mi sento di dargli torto, visto quello che riescono a
combinare certi soggetti “della luce”.
Mi
piacerebbe riuscire a mettere insieme qualche parola
in più su quanto accaduto tra quei due piantagrane di
Phanês e
Liùsaidh~dorcha, giusto per provare a chiarire la situazione
scatenante, il perché il demone sia finito a girarsi i
pollici in
una dimensione esterna. Magari potrei accennare anche qualcosa su lui
e lei,
ovvero l’Uomo Nero e la dea della notte, prima che i
guardiani si
mettessero di mezzo come al solito. Vedremo che si può fare.
Detto
questo, desidero ringraziare infinitamente i poveri lettori che hanno
seguito fin qui, in particolar modo Emma Wayne e _Anthos_ che si sono
perfino presi la briga di scrivermi e farmi conoscere un loro parere.
E
nulla, a presto, spero.
Roiben
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