Capitolo 3
Capitolo 3
Camminavano
in formazione, armature pesanti a coprirgli il petto e i fianchi che
scintillavano
come carapaci di scarabei sotto i fari potenti. Le
loro labbra gonfie, simili a quelli dei pesci, erano lasciate socchiuse
facendo intravedere denti aguzzi, ma non un suono ne usciva.
Osservavano insistentemente il paesaggio attorno a loro, alla ricerca
dei nemici. I segni di devastazione erano evidenti, ma non riuscivano a
trovarne i perpetratori.
- È arrivata la cavalleria. - disse freddamente Endive,
stringendo i pugni.
Toma, al suo fianco, non riusciva a smettere di guardare i quindici
alieni in piedi a poche decine di metri da loro. Se non fosse stata per
la fulminea intuizione della Ricognitrice, che aveva dato l'ordine di
nascondersi dopo aver intravisto un movimento sospetto, sarebbero stati
presi di sorpresa. I Mentemal non avevano una buona vista, ma captavano
molto bene i movimenti. Pertanto, rimanersene immobili, nascosti, era
la cosa migliore da fare fino a quando non avessero sviluppato un piano
di contrattacco.
- Bardack è sotto l'edificio crollato. - Seripa, a voce
contenuta, comunicò la notizia al resto del team, osservando
rabbiosa ed impotente il segnale dello Scouter del capitano, fermo e
indebolito dallo spesso strato di macerie. Toma contrasse le
sopracciglia in un'espressione di
preoccupazione, inumidendosi le labbra nervoso, girando
lentamente lo sguardo verso la Ricognitrice.
- Dobbiamo andare a recuperarlo. - la donna non si mosse, continuando
ad osservare i nemici concentrata.
- Seripa, ho bisogno che tu ci dica il livello combattivo del plotone
appena arrivato.
- Subito. - La sentì digitare furiosamente sulla tastiera,
attimi di silenzio nei quali sentiva il cuore andare al ritmo di
digitazione della Saiyan. Era essenziale mantenere la mente lucida, e
l'ansia che sentiva salire insieme al sangue alla testa le permise di
osservare con maggiore attenzione la situazione. Era stata in
situazioni peggiori nella sua breve carriera da Ricognitrice, e ne era
sempre uscita vittoriosa. Continuò a ripeterselo mentre
studiava
l'area attorno a loro, osservando il gruppo di guerrieri muoversi
compatto nella direzione del recente crollo. Ignorò
il secondo richiamo di Toma, che si stava innervosendo per il
prolungato silenzio da parte dell'amico. Lo sentì chiamarlo
al
microfono, e diventare irrequieto ogni qual volta non riceveva
risposta. Lei, d'altro canto, non sembrava per nulla toccata dalla
faccenda; ci voleva ben altro per mettere fuori combattimento uno come
Bardack, ed era fiduciosa dei suoi calcoli.
-
Livello: settemila e duecento a testa. - Chiuse le palpebre,
trattenendo un pesante sospiro. Quando riaprì gli occhi, si
girò verso il compagno.
- Sono troppo fuori dalla nostra portata. - soffiò Toma, una
gocciolina
di sudore che si fece strada lungo la sua fronte. Perfino Toteppo e
Panbukin si erano fermati nel sentire quelle parole.
- Cosa facciamo ora? - chiese quest'ultimo gracchiando nel microfono. -
Soltanto Bardack è forte abbastanza da...
- Combattiamo. - le parole, dette con tono freddo dalla Ricognitrice
zittirono tutti i presenti. - Non possiamo perdere questa base.
Attaccateli.
- Sei impazzita? - disse retoricamente Toma, osservando inquietato quel
plotone di Mentemal che, silenziosi, ancora non davano segno di voler
iniziare ad esplorare il sito. Endive lo guardò seria, le
sopracciglia sottili
aggrottate sopra gli occhi.
- Non contestare. Se non li attacchiamo ora, rischiamo di compromettere
la missione.
- Non seguiamo i tuoi ordini. Il nostro capitano è sotto le
macerie e non da segni di vita.
- Per questo preciso motivo il comando ora passa a te. Se non ordini di
attaccare perderemo la base. - il tono della Ricognitrice si era fatto
vagamente minaccioso, ma il vice non ne voleva sapere nulla.
- Non siamo la tua carne da macello, e non farò morire la
squadra
per la missione. Toteppo, Panbukin, copritemi mentre recupero Bardack,
ci ritiriamo! - Senza dire altro, Toma si lanciò verso le
macerie, uscendo dal suo nascondiglio. Immediatamente, un urlo
agghiacciante gli fece accapponare la
pelle. I Mentemal partirono all'attacco, ed erano estremamente veloci.
Toma si spinse al limite, volando a tutta velocità verso le
macerie. Non avrebbe avuto troppi problemi a trovarlo,
gli serviva soltanto di trovare la sua precisa localizzazione.
- Seripa, mandami la posizione esatta di Bardack, ci ritiriamo!
- Subito, To... Capitano! - Capitano.
Quella parola fu sufficiente a
formare un groppo in gola all'uomo. Il suo migliore amico era forte,
più forte di qualunque altro Saiyan, non poteva essere - Endive non poteva avere
ragione. Non... non...
Il
turbinio dei suoi pensieri venne interrotto bruscamente quando, con la
coda
dell'occhio, vide un fascio di luce diretto verso di lui.
Imprecò a denti stretti, rotolando sul fianco
destro, alzandosi in volo per allontanarsi dai fari. Vide chiaramente
un disco di luce schiantarsi contro un muro, tranciandolo di netto.
- Manovre evasive! Manovre evasive! - Gridò mentre altri
dieci
di quei dischi si schiantarono attorno a lui. Si coprì
istintivamente la testa con le braccia, avvertendo un bruciore intenso
sull'avambraccio sinistro. Quelle dannate lame volanti avevano appena
lasciato un grosso taglio sulla sua pelle, ed era stato appena
sfiorato. Come diamine aveva fatto Bardack a sopravvivere ad uno di
quei cosi lanciato in pieno petto? Si girò sulla schiena,
lasciandosi cadere a peso morto verso l'edificio crollato, le braccia
stese verso i nemici, e iniziò a lanciare raffiche di
ki-blast.
I soldati evitavano con scioltezza i suoi colpi, con movimenti bruschi
e scattosi, quasi robotici. Toma fece leva sugli addominali, compiendo
una capriola, atterrando pesantemente al suolo. Il suo Scouter
segnalava con acuti suoni la posizione di Bardack, e senza attendere
oltre si mise a scavare affannosamente, sollevando massi.
Alzò
per pochi istanti lo sguardo, osservando Toteppo e Panbukin scagliare
continui raggi energetici, facendo esplodere i dischi energetici a
mezz'aria. In poco tempo, la luce dei fari rese la cortina di fumo
impenetrabile, densa alla vista. La gola di Toma si era riempita di
polvere, e la tosse lo scuoteva, ma questo non lo fermò,
continuando a scavare a mani nude. Sentì un urlo provenire
dal
suo auricolare.
- Toteppo e Panbukin sono a terra! Ripeto, sono a terra! - Toma
osservò impietrito i corpi dei suoi due amici cadere,
trascinandosi con loro alcuni stralci di fumo avvolti come corde
attorno alle loro gambe. Sentì chiaramente il cuore fermarsi
nel
momento in cui sentì il tonfo di quando finirono a terra, e
fu soltanto quando questi imprecarono ad alta voce, tentando di
rialzarsi che il vice
tirò un sospiro di sollievo. Sollievo che durò
poco.
La sua visuale venne interamente occupata da una corazza dal colore
cangiante, all'altezza del suo viso. Deglutì silenzioso,
alzando
gli occhi e piantandoli in quelli enormi del Mentemal. Non ne voleva
sapere di morire trascinandosi su delle macerie come un verme; non ne
voleva sapere di morire in modo così indegno, ad appena
sette
ore dall'inizio della missione. Gridò, caricandosi con
quell'urlo di guerra, e si avventò contro il nemico. Il suo
pugno non
lo sfiorò nemmeno, in compenso ricevette una poderosa
ginocchiata sull'addome, che lo fece piegare in due. Morse la polvere,
che gli impastò la bocca e si mischiò al sapore
acido di
un rigurgito, mentre il torace veniva scosso da una tosse persistente
che gli grattava la gola. Avvertì chiaramente la presenza
del
nemico, che si era leggermente chinato verso di lui. Rotolò
sul
fianco, il polso destro stretto nella mano sinistra, e
scagliò
un potente ki-blast. Il Mentemal emise un verso agghiacciante,
portandosi una mano all'occhio, sangue bluastro che gli
schizzò
sul viso; lo vide arretrare di qualche passo, mentre i compagni lo
osservarono parlando ad alta voce in un dialetto sconosciuto. Qualcosa
di duro lo colpì al viso, spaccandogli il naso, ma
ciò
non fu sufficiente a fermare la risata sprezzante che proruppe dal
profondo del suo petto, premuto presto sotto il pesante stivale del
Mentemal ferito.
- Almeno sono riuscito a ciecare uno di voi stronzi - disse mentre un
sorriso strafottente si faceva largo sul volto impolverato, mentre
osservava in alto. Il cielo era ormai nero, e i potenti fari
illuminavano le silhouette dei suoi futuri assassini. Non era affatto
un bel modo di andarsene, con Seripa che strillava nel microfono, ma
oh, al diavolo. Vide il ferito alzare un braccio, mentre un ki-blast ne
illuminava le dita palmate. Strinse i pugni, il cuore che palpitava
impazzito nel petto, batté le palpebre.
Quando le riaprì, vide soltanto rosso.
Rosso...?
Il drappo danzava, stretto alla sua vita, seguendone i movimenti
sinuosi. Strinse fra pollice, medio e anulare il gomito teso del
Mentemal ferito, premendo con forza sulla giuntura. Non appena il suo
braccio cedette, il raggio energetico gli morì in mano,
spegnendosi, e ne approfittò per costringerlo a piegare il
braccio dietro la testa, senza lasciare la presa sul gomito. Senza
attendere oltre, con la mano libera chiusa a pugno, lo colpì
dritto sull'ascella, centrando tutta la forza sulla nocca del dito
medio che sporgeva, centrando in pieno un nodo nervoso. Il nemico
urlò orribilmente, accasciandosi a terra contorto dal
dolore.
Bastò una spinta con il piede sinistro per eseguire una
torsione
a mezz'aria, la gamba destra piegata sotto il corpo, atterrando con il
ginocchio così piegato sul volto del nemico. Il suono del
cranio
che si spaccava inesorabilmente sotto il ginocchio della guerriera, che
aveva eseguito tutto nell'arco di una manciata di secondi, fu il
fattore
scatenante di una reazione disorganizzata e impacciata. Innumerevoli
dischi si schiantarono contro l'aggressore, i cui numerosi gioielli
scintillarono nel momento in cui si girò, profondi occhi
castani
che indagarono in assoluta tranquillità la scena che si
stava
svolgendo, prima di sparire dietro la nube alzata dalle esplosioni.
Quando il fumo si diradò, della donna non c'era traccia,
così come del guerriero Saiyan che poco prima giaceva al
centro
del gruppo. Rimasero immobili, confusi; iniziarono a guardarsi intorno,
scandagliando ogni centimetro del terreno accarezzato dai fasci di
luce. Dove diavolo era finita? Un improvviso fruscio li fece saltare
sul posto, e si girarono osservando un secondo guerriero accasciarsi
lentamente a terra, la testa che penzolava su spalle e petto, il collo
inesorabilmente andato.
- Dove sei? - urlò un guerriero Mentemal, rivolto alla
scimmia
che aveva appena fatto fuori due dei suoi compagni in tutta scioltezza.
Non poté finire la frase, poiché un preciso
ki-blast gli
trapassò il cranio, uccidendolo sul colpo. Agli anfibi
bastò seguire la direzione del raggio per trovare la donna
in
aria, le braccia incrociate, intenta ad osservarli in modo
indecifrabile attraverso il vetro verde di uno scouter, la lunga coda
pelosa che si muoveva tracciando numerose
onde, parlando fra se e se a voce bassa. Li stava prendendo in giro. I
guerrieri sopravvissuti lanciarono i loro gracchianti urli di guerra,
alzandosi in volo, i dischi energetici già pronti per essere
lanciati. Uno di loro, tuttavia, non riuscì a spiccare il
volo.
Abbassò lo sguardo, osservando prima accigliato, poi
sorpreso,
la mano sbucciata che sbucava dalle macerie e che l'aveva afferrato per
la caviglia. Emise una debole esclamazione di sorpresa mentre veniva
trascinato sotto i massi, avvertendo le ossa rompersi al contatto con
le macerie, un braccio possente gli si strinse
attorno alla gola, soffocandolo. Nel mentre, Endive rimase immobile,
senza curarsi troppo degli undici nemici che le si stavano scagliando
contro. Lentamente, il suo corpo venne come avvolto da una strana
patina iridescente, prima di sparire come inghiottita
dall'oscurità della notte. I Mentemal si bloccarono, gli
occhi
strabuzzati.
Un tentennamento che gli costò caro. I fari sotto
di loro esplosero con un suono secco, facendo volare tutto attorno i
frammenti dei vetri. I loro occhi ci misero tanto, troppo ad abituarsi
all'improvvisa scarsità di luce, facendoli fermare per
lunghi
secondi a mezz'aria, rendendoli bersagli fin troppo facili. Due di loro
avvertirono un calore bruciante sulla schiena, dapprima un leggero
fastidio, seguito in breve tempo da un dolore atroce. Il raggio che li
colpì fu talmente potente da quasi carbonizzarli, donandogli
una
morte impietosa e orribile. Alle loro urla si sovrapposero le grida di
sorpresa dei soldati nel momento in cui un fulmine verde e rosso
piombò su li loro con violenza.
Bardack era ricoperto di polvere e sangue, ma combatteva come una
belva. Aveva dei lividi su braccia e spalle, e una grossa macchia di
sangue gli decorava il lato destro del volto, eppure tutto
ciò
non sembrava averlo minimamente scosso. Afferrò un anfibio,
e
con la mancina gli prese la mascella, arpionando le dita contro il
pavimento della sua bocca, ignorando i denti aguzzi che pungolavano la
sua pelle callosa; con la mano destra, invece, premette sul palato,
usando i pollici per meglio far presa sul volto dell'alieno, e
tirò con decisione in direzione opposta. La gola e la testa
del
Mentemal si lacerarono mentre questo emetteva un suono gorgogliante,
mentre
i polmoni e la trachea venivano esposti. Il comandante
lasciò
cadere il corpo agonizzante, gettandosi sul nemico più
vicino.
Ogni colpo era una vendetta per ciò che avevano inflitto a
quegli idioti dei suoi compagni; l'unico che aveva il diritto di
pestarli in quel modo era lui e lui soltanto. Ma questa furia cieca lo
rese
disattento, troppo fiducioso nella sua forza, prono a commettere
errori. Si sentì afferrare per le spalliere dell'armatura, e
trascinato con forza verso sinistra. Quando alzò lo sguardo
per
incontrare il suo nemico, incontrò una matassa di capelli
castani, e una pettiera lucida sormontata da troppe collane per essere
considerata comoda. Vide con la coda dell'occhio il suo nemico venir
tranciato in
due dal disco di un suo compagno, indirizzato a lui, e immediatamente
l'istinto di
sopravvivenza ebbe la meglio sulla necessità di trucidare
senza
pietà quei maiali. La Ricognitrice non perse tempo,
afferrando
Bardack per l'avambraccio, appoggiandogli entrambi i piedi contro il
torace: stava chiedendo di essere lanciata, e lui
l'accontentò,
ruotando su se stesso in un gesto automatico, e facendo leva sui
muscoli addominali tirò indietro il braccio, spedendola poi
a tutta
velocità verso tre Mentemal. I restanti sei se li sarebbe
presi
lui. Endive combatteva con tecniche che finora non aveva mai visto;
aveva agganciato un soldato con le caviglie incrociate all'altezza
della gola, e aveva iniziato a ruotare, trascinando il nemico inerme
con sé. Nel momento in cui piegò le ginocchia,
ruotando
velocemente su se stessa e aprendo le caviglie, lanciandolo lontano, si
poté sentire chiaramente lo schiocco dell'osso del collo che
si
spezzava. Non era potente, ma era veloce, e non esitava a colpire i
punti deboli dei nemici. Si ritrovò a pensare a quanto
potesse
essere subdola, con quel suo sguardo impassibile anche in un momento
simile, mentre con un gesto sciolto spezzava la carotide del secondo
guerriero.
La luce dell'alba rischiarava già da una mezz'ora la base. I
raggi filtravano attraverso le finestre rotte, gettavano ombre sulle
macerie, e facevano scintillare la torre di controllo come un prezioso
gioiello in mezzo a così tanta distruzione.
Seripa stava finendo di disinfettare il naso di Toma, deviato e rotto,
riprendendolo ogni qual volta un lamento sfuggiva alle labbra del
ragazzo. Toteppo e Panbukin ronfavano beatamente sulle brande prima
appartenute ai Mentemal, ricoperti di ferite e bende. Bardack era
seduto sulla finestra ormai andata, le gambe a penzoloni nel vuoto,
mentre osservava la figura silenziosa di Endive che girava in cerchio
da almeno mezz'ora. L'aveva vista andare alla torre di controllo,
tornare indietro, accendersi una sigaretta, buttarla, tornare alla
torre, e infine piantarsi lì, una seconda sigaretta fra le
labbra, mentre osservava il sole nascente. La Ricognitrice poteva
nascondere bene il suo stato d'animo dietro un volto di pietra e
movenze sinuose, ma l'odore di ormoni che aveva sentito immediatamente
dopo la battaglia - un odore che non sapeva di adrenalina, troppo acre
e bruciato - gli aveva fatto intuire come la donna fosse altamente
incazzata. E a giudicare da quanto forte quell'odore fosse, al punto da
riuscire a superare i fumi del sangue e del fango, dedusse che non
fosse mai stata
così alterata in vita sua. Eppure, a guardarla in quel
momento,
con il bel viso pulito da ogni sporcizia e una sigaretta mezza
consumata fra le labbra, non avrebbe mai immaginato uno stato d'animo
tanto in subbuglio.
- Ehi, notizie da Vegeta? - Gridò mettendo le mani a coppa
attorno alla bocca, lasciandole poi cadere sulle ginocchia. La
Ricognitrice rimase immobile, ma poté giurare di vederla
chiudere gli occhi e contare fino a dieci. Si girò,
osservando
Bardack e la grossa garza tinta di rosso che aveva incollata alla
fronte. Se avesse potuto sparare laser dagli occhi, a quest'ora il
Saiyan sarebbe bello che stecchito. Si diresse verso una delle
navicelle che aveva portato lì alla fine della battaglia,
prendendo un piccolo zaino e caricandoselo su una spalla, dirigendosi
poi verso l'edificio attualmente utilizzato come infermeria. Comparve
poco dopo alla porta, la mascella serrata in un'espressione severa,
mentre con il suo passo altezzoso si faceva largo fra i muri crollati e
le brande ribaltate. Arrivò di fronte ad un tavolino, e vi
posò lo zaino, aprendolo.
- Arriveranno presto i rifornimenti di cibo, e ho richiesto anche una
nave medica per le vasche di rigenerazione. - Disse utilizzando il suo
solito tono di voce melodioso, senza far trasparire in minima parte la
rabbia che Bardack le aveva visto manifestare poco prima. - Possiamo
utilizzare questa centrale
come base. Seripa è riuscita a caricare l'override del
sistema,
e abbiamo il pieno controllo della torre. Le comunicazioni
interspaziali sono state ripristinate correttamente, e forse riusciremo
anche a connetterci ai sistemi centrali dei Mentemal. - Il silenzio
calò nella stanza, sostituito dal suono delle boccette di
medicinali che lei stava meticolosamente sistemando in file da tre.
Bardack si era girato, appoggiando la schiena all'infisso della
finestra, una gamba che ancora dondolava nel vuoto, l'altra piegata e
usata come appoggio per il braccio bendato, osservando le spalle dritte
della donna.
- Hai già fatto rapporto?
Endive osservò attentamente l'etichetta su di un porta
pillole, senza smettere di sistemare i farmaci.
- Ovviamente. - disse posando il contenitore, chiudendo lo zaino e
girandosi verso il Saiyan, appoggiandosi con il sedere al basso
tavolino, le mani arpionate al bordo.
- E cosa hai riferito? Non è anche mio compito approvare i
rapporti prima di inviarli?
- Ho soltanto mandato files riguardanti la mia giurisdizione
come Ricognitrice.
Non appena avrò rimesso in funzione il computer della sala
di
comando potrò connetterti direttamente a Vegeta,
così che
si possa inviare...
- Hai mandato un report sulle prestazioni della mia squadra. - Il tono
del capitano si era improvvisamente fatto più grave, facendo
girare di scatto sia Toma che Seripa. Perfino Toteppo, avvertendo
l'improvvisa elettricità nell'aria, aveva aperto un occhio,
osservando il suo capitano. Endive non allargò un sorriso
come era solita fare,
rimanendo con le labbra chiuse e il volto di pietra, ma
incrociò
le braccia al petto.
- Era mio dovere farlo. I report possono essere utili per le future
valutazioni e le missioni...
- Cos'hai detto sulla mia squadra? - La donna rimase ferma, senza farsi
infastidire dal fatto che fosse stata interrotta sgarbatamente per ben
due volte di fila. L'uomo si alzò in piedi, dirigendosi
verso di lei. Arrivò a meno di un metro, osservandola dai
dieci centimetri d'altezza che li differenziavano.
- Ho detto che grazie alle vostre abilità, è
stato possibile ottenere il controllo di un punto di immensa importanza
strategica, ma che la collaborazione sta incontrando degli ostacoli.
Cosa più che normale agli inizi di una missione.
- Hai scritto davvero soltanto questo?
- Puoi consultare il file inviato, o richiederne una copia al centro di
comando. Hai il diritto di farlo. - Bardack serrò la
mascella.
Quei dannati Sorci avevano un potere immenso. Conosceva persone la cui
carriera era stata stroncata da una brutta valutazione da parte di
questi Ricognitori, e aveva visto con i suoi stessi occhi la derisione
e la nera povertà che si abbattevano su di loro. Nessuno voleva
assumere una squadra che non sapesse fare il suo lavoro, e in
troppi finivano a dover lasciare il pianeta con la famiglia,
trasferendosi altrove e cercando fortuna come mercenario,
inevitabilmente rovinati per il resto della vita. Bardack
sapeva perfettamente che erano stati commessi degli sbagli, ma doveva
proteggere la sua squadra.
- Mi fido. Ma la missione da te tanto ben pianificata è
stata affrettata, e il piano era traballante. Non puoi dare tutta la
colpa ai miei uomini.
- Se i tuoi uomini avessero eseguito gli ordini, a quest'ora la
missione sarebbe stata un successo di gran lunga maggiore. Ma
l'importante è che la missione si sia conclusa.
- Sai bene che una tua parola sarebbe in grado di rovinarli. Di
rovinarci. Non voglio che accada.
- Se lo desiderate così ardentemente, la prossima volta vi consiglio di eseguire gli ordini invece di agire di testa
vostra. - Lo sguardo di Endive si era assottigliato, facendo salire il
nervoso a Bardack.
- Toma ha fatto ciò che doveva: ha messo la vita dei suoi
uomini prima della missione. Io ero fuori combattimento, e lui ha preso il comando.
Non mi risulta che dobbiamo rispettare i tuoi ordini.
- Sono una Ricognitrice, do per scontato che ascoltiate
ciò che dico. I tuoi uomini hanno abbandonato le loro
postazioni, rischiando di compromettere la missione. Devono aver fiducia in
me, o questo disastro si ripeterà. - ribattè prontamente la donna, abbandonando la sua posa
rilassata e puntando un indice accusatore verso il volto del capitano, il volto ancora disteso ma tinto da uno sguardo severo.
Questo lo fece imbestialire ancora di più.
- Non basta qualche piroetta per aria per ottenerla! Lavoriamo
insieme da cinque anni, e si fidano ciecamente del mio giudizio, dei miei ordini.
- Se non fosse stato per il mio intervento...
- Non hai capito, donna. Tu per noi non
sei nessuno.
Non si aspettava di certo il pugno che, preciso e travolgente, lo
colpì sullo zigomo sinistro, facendolo volare verso il muro,
sfondandolo. Si coprì il volto con le braccia, il sole che
filtrava dritto negli occhi. Un'ombra improvvisa oscurò il
sole, e lui sentì chiaramente un improvviso tepore sul
petto. Abbassò le braccia, osservando Endive salirgli sopra,
ancora in volo, stringendo le cosce ai lati della sua gabbia toracica,
le gambe ripiegate e una mano già sul suo collo, frammenti di muro che gli sfioravano il corpo. In
qualunque altra occasione, avrebbe sputato una battutaccia su quanto quella
situazione fosse eccitante in ogni senso, ma era abbastanza
imbestialito da passare sopra le buone maniere. Tirò
indietro il braccio per caricare un gancio destro, quando la sua
schiena colpì il terreno. Il peso di Endive per un attimo
gli mozzò il fiato, ma non bastò a fermarlo.
Afferrò per un braccio la donna, portandola sotto di
sé dopo essersi girato con un colpo di reni.
Tentò di colpirla al volto, ma lei fu veloce a piegare il
collo, evitando il colpo. Bardack avvertì un improvviso
formicolio sul braccio destro, e istintivamente si allontanò
con un salto. La Ricognitrice si rialzò,
osservandolo di sottecchi, pronta a rispondere ad un suo eventuale
attacco. Il Capitano fece per caricare, quando una scarica di dolore al
braccio destro fece vertere la sua vista al bianco. Rimase fermo,
osservando le vene stranamente gonfie su tutta la lunghezza dell'arto.
- La mia tecnica di combattimento ruota attorno all'utilizzo di colpi
sui nodi nervosi. È un modo efficace per averla vinta su un avversario ostico.
- Ma tu chi cazzo sei? Se sei così forte, in missione perché non ci vai da sola? - brontolò lui
massaggiandosi il braccio. La donna sospirò, portandosi una
ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- Ti deluderebbe sapere che non sono affatto tua pari. Il mio livello
di forza è di solo ottomila e settecento. In uno scontro
prolungato, tu avresti la meglio senza alcun dubbio. - Endive si
avvicinò, ignorando lo sguardo sospettoso del capitano.
- Ehi, stai lontana da Bardack! - Toma, affacciato alla finestra, era
in procinto di saltare giù in soccorso dell'amico. Bardack
osservò lo sguardo tranquillo della Ricognitrice,
soffermandosi a lungo in quegli occhi, cercando di capirne le
intenzioni.
- Va tutto bene Toma. Torna a giocare al dottore. - Gridò
sbrigativamente di rimando, senza mai perdere di vista la donna. Lei
era ormai vicinissima, a poche decine di centimetri da lui. Con
delicatezza avvolse le mani attorno al suo braccio, attirandolo verso
di sé. Lui si ribellò, certo che ne avrebbe approfittato
per spazzargli definitivamente il braccio, ma dopo qualche
attimo di tentennamento, fiutando l'aria in cerca di un pericolo che
non avvertiva, decise di lasciarla fare. Anche perché non
sentiva più l'arto.
- Devo chiederti una cosa. - sussurrò lei a voce bassa,
mentre con i pollici percorreva l'avambraccio, premendo ripetutamente
su alcuni punti. L'uomo sentì immediatamente il dolore
alleviarsi, ma il formicolio continuava a persistere. - I tuoi uomini
non ne hanno voluto sapere di ascoltare le mie indicazioni. Ma tu... -
Premette sull'attaccatura del braccio, e immediatamente le vene si
sgonfiarono, mentre il sangue riprendeva a scorrere nelle dita
intorpidite. Lei allontanò i capelli che le erano scivolati
sul volto con uno scatto della testa, rialzando lo sguardo verso il
comandante. - Quando ti ho ordinato di rimanere fermo sotto le macerie,
attendendo il mio via libera per attaccare, mi hai ubbidito. Non hai
fatto domande, né hai protestato. Dici che ci vuole ben
altro per guadagnarsi la fiducia dei tuoi uomini, perché
allora ti sei fidato di me?
Bardack rimase in silenzio, mentre la donna premeva sull'ultimo punto.
Finalmente, il braccio era nuovamente funzionante. Anzi, non sentiva
nemmeno più il dolore sordo dei lividi e dei graffi.
Osservò la mano aprirsi e chiudersi, e si batté
contento la mano sinistra sul bicipite muscoloso.
- Istinto.
- Istinto?
- Ho sentito tutto quello che accadeva nello scouter. Ho sentito Toma
disobbedirti, e il resto della squadra seguirlo. Ammetto che sono stato
fottutamente fiero del fatto che se ne fosse infischiato dei ruoli per
salvare i suoi compagni. Ma ha commesso un errore, e ne ha pagato le
conseguenze. Tu eri l'unica ad avere una visione distaccata della
situazione, a non essere emotivamente coinvolta. Eri del parere che
bisognasse combattere, e ho dovuto fidarmi di ciò che
dicevi. Questa è la spiegazione logica, visto che tanto ti
piace. - Endive rimase ferma, le braccia stese lungo i fianchi, mentre
osservava l'uomo; era quasi possibile vedere il suo cervello lavorare
alacremente ad una risposta, come gli ingranaggi di un misterioso ed intricato marchingegno.
- Ti ho attaccato pensando che, in quanto Saiyan, mi avresti rispettata per la mia forza.
- Ad essere forte sei forte. Ma non siamo dei fottuti animali, serve
anche altro. Non basta staccarmi un braccio per dire "ehi, sono meglio
di voi ascoltatemi". - Gli occhi castani scivolarono via dalla presa
dei gemelli d'onice, denudando per la prima volta un tentennamento
nella risposta della donna. Quella situazione sembrava metterla in
difficoltà.
- Senza ombra di dubbio, voi non siete così. Non vi importa dei
canoni della nostra razza. Per questo, sto pensando di cambiare la mia
condotta. - Rimase in silenzio, prima di riportare lo sguardo sul
Saiyan. La sua espressione era ancora inintelligibile, il linguaggio
del suo corpo continuava a seguire una rigida etichetta che ne impediva
la lettura, eppure Endive sembrava davvero volersi esporre. O forse,
era soltanto molto brava a farglielo credere.
- Quando sono apparsa sulla parete rocciosa non è stato soltanto
in virtù del mio amore per la teatralità.
Psicologicamente, farmi vedere in posizione sopraelevata porta il
soggetto ad essere in soggezione al mio cospetto. Ho continuamente
ricordato la superiorità del mio status e del mio intelletto per
portarvi a vedermi come una figura di riferimento, e per...
- Frena. - disse lui portando le mani avanti, bloccando il monologo
della Ricognitrice. - Primo: non ho capito un emerito cazzo di quello
che hai appena detto. Usa parole più semplici, che non devi fare
colpo su nessuno. Secondo: non ho capito cosa stai cercando di dirmi. E
non dico le parole, ma perché mi stai rivelando le tue tattiche.
Non sono, tipo, segreti da Sorcio? - Dopo qualche attimo di teso
silenzio, vide per la prima volta Endive fare un gesto umano,
confutando la sua teoria secondo la quale lei fosse in realtà
una cyborg: la vide torturarsi brevemente le mani. Si stava davvero
sforzando di comunicargli qualcosa allora.
- Tu sei il capitano della squadra, pertanto ritengo opportuno chiedere il tuo parere. È
la prima volta che i miei collaboratori non obbediscono ad un mio
ordine, e questo mi fa pensare che sia doveroso cambiare il mio
atteggiamento per il bene della missione. Comportarmi in modo
più... spontaneo, meno formale.
-
Certo che a te frega soltanto di portare a casa il lavoro, eh? -
borbottò lui piegando la testa di lato, incrociando le braccia.
- Vabbè. Vedila così. A parte Toma, siamo tutti scemi in
culo. Se non me l'avessi detto, non avrei mai capito che stavi cercando
di manipolarci. Ma sono sicuro che quel figlio di puttana se n'è
accorto, e che a breve me lo comunicherà. Come puoi immaginare,
dopo che lo dirà, gli altri tre preferirebbero tirarsi una
martellata sui genitali piuttosto che fidarsi di una come te. Se vuoi
davvero lavorare con noi, lascia subito stare la psicologia. Rilassati,
dì qualche stronzata, scopati qualcuno se serve, ma non provare
a fregarci. Quello non ci piace per niente. - Il tono burbero con cui
aveva parlato sarebbe stato in grado di far scoppiare a piangere anche
Freezer, o almeno così gli veniva sempre detto, eppure la donna
non sembrò minimamente turbata da tutto quello. Endive
soppesò le sue parole, annuendo debolmente con la testa,
processando la quantità di informazioni appena ricevute.
- Capisco. Ti ringrazio per il tuo tempo, cercherò di seguire i
tuoi consigli. - Si inchinò leggermente, portando le mani giunte
di fronte al petto, per poi avviarsi verso la sala di comando, le mani
infilate nelle tasche ampie dei pantaloni.
- Ehi. - chiamò il capitano, facendola fermare. - È Toma il consulente della squadra, e sono sicuro che sai perfettamente che queste cose vanno affrontate con lui. Perché hai voluto parlarne con me?
Endive alzò lentamente lo sguardo, continuando a dare le spalle al comandante, osservando la torre troneggiare
sopra di loro, ammaccata da numerosi colpi. Il sole era ormai sorto, e
i raggi caldi accarezzavano le lamine contorte, creando inquietanti
disegni di ombre.
- Istinto.
Toma osservò la matassa di corpi in fondo al capannone.
Vi era cibo e acqua in abbondanza accanto a loro, ma per quanto
malnutriti e assetati, nessuno di loro sembrò voler nemmeno
sfiorare tutto quel ben di Dio.
- Stanno così da varie ore. - Disse Seripa sgraziatamente
seduta su di un mucchio di macerie, indicando con il mento il gruppo di
alieni sopravvissuti. Si erano lavati e avevano accettato le vesti
pulite un tempo appartenenti ai Mentemaliani, ma non ne avevano voluto
sapere di fare altro. Si erano accucciati in un angolo, le lunghe
orecchie che sbucavano fuori dalla capigliatura bionda e i grandi occhi
verdi puntati al suolo.
- E come se non bastasse, il traduttore non riconosce la loro lingua. -
gracchiò Panbukin mentre si rovistava con un indice
nell'orecchio, seduto a gambe larghe accanto a Seripa.
- Pan, o ti metti un paio di pantaloni o chiudi le gambe. Ho
già di mio lo stomaco rigirato senza che ti ci metta anche
tu.
- Se guardi è perché ti piace. -
ribattè prontamente lui spolverando il gonnellino che
indossava, suscitando un sospiro sconsolato nel suo compagno. Toma
distolse lo sguardo dal raccapricciante amico, osservando la
Ricognitrice in piedi al suo fianco, le braccia incrociate come al suo
solito.
- Allora?
- Nulla. I Mentemal non avevano alcun file sulla lingua dei Kelittiani.
E non so quanto tempo mi ci vorrà per imparare la loro
lingua partendo dalle poche frasi che conosco. Hai notizie di Bardack e Toteppo?
- L'ultimo report è di trenta secondi fa. Non ci sono altri sopravvissuti sotto le macerie. Questi sono tutti i
Kelitt rimasti. - La donna scandagliò attentamente i corpi
emaciati. Molti dei sopravvissuti, impossibile definirne il sesso,
avevano evidenti tumori e cancrene su tutto il corpo. Endive si era
offerta di curarli cercando di farsi capire con i gesti, ma si erano ritirati, timorosi, rifiutando perfino
il contatto visivo. Le ossa erano deformate a seguito della lunga
permanenza nelle gabbie, e a causa delle pessime condizioni igieniche,
molti di loro avevano piaghe da decubito talmente infette da richiedere
l'asportazione della carne. Che diavolo avevano passato quelle
persone...?
- Borò na kanokati giasa? - Chiese Endive rivolta agli
orecchie a punta, sfruttando quelle pochissime parole che conosceva
grazie ai suoi studi, chiedendogli se potesse fare qualcosa per loro in un ultimo tentativo di instaurare un dialogo.
Le risposero con il silenzio. La Ricognitrice sospirò e fece
per andarsene, quando una di loro, dagli occhi ciechi, parlò.
- Erchon ai. - Endive socchiuse la bocca, girandosi verso di lei.
L'osservò confusa.
- Cosa ha detto? - chiese Toma.
- Ha detto "stanno arrivando", se non sbaglio. Ma chi sta arrivando...?
- Un improvviso segnale acustico provenne dal suo scouter. Premette sul
pulsante, osservando il vetrino. Sbarrò gli occhi. Almeno
cinquecento forme di vita rilevate, dirette verso di loro dal fianco della montagna. Trattenne a
stento un'imprecazione, girandosi e correndo verso l'entrata della
centrale. Sapeva che il loro attacco non doveva essere passato
inosservato, ma era possibile che i rinforzi fossero già
arrivati? Spiccò il volo, cercando con gli occhi Bardack.
Era in piedi, sulla cima della torre, e osservava tranquillamente la
massa di
persone che si avvicinava. Il suo rilevatore segnava livelli sopra i
tremila, alcuni cinquemila, addirittura un paio di settemila. Un vento
leggero gli scompigliava i capelli ribelli, accarezzando le ferite
ancora aperte, lo scouter sembrava impazzito. Stanco di quei continui
bip, lo staccò dall'orecchio, spegnendolo. Con una leggera
spinta
delle gambe balzò giù, atterrando di fronte al
portone. Premette le mani sulle ante, aprendolo con un gesto sciolto.
Fece qualche passo in avanti, venendo investito dai raggi del sole
freddo di quel pianeta. I suoi occhi neri si scontrarono con quelli
verdi di un giovane, più basso di lui ma con una buona
muscolatura, fermo a una cinquantina di metri da lui. Bardack
osservò per qualche secondo la massa di
uomini e donne dietro al ragazzo, quasi tutti identici, per poi
riportare lo sguardo su quello che, a suo parere, doveva essere il
capo. Un sorriso eccitato si allargò sul suo volto.
- Benvenuti.
Angolo autrice:
Prima di ogni cosa, QUI
ho caricato qualche disegno di Endive che ho fatto invece di studiare
per gli esami. Sono cambiate poche cose nel suo design ma non ho lo
sbatti di ridisegnare tutto. Rimane una gnoccona.
Secondo, ragà, una domanda.
I Saiyan e tutti gli altri alieni nell'universo sconfinato parlano
giapponese? Che lingua parlano? Per arrivare sulla Terra, in Giappone,
e parlare un giapponese più che fluente, devono per forza
saperlo parlare, no? I Namecciani allora ce li hanno gli onigiri? Ve lo
dico,
questa questione linguistica mi ha causato un'emicrania, e non scherzo.
Il mio ragionamento
deduttivo.exe ha smesso di funzionare e mi sono
dovuta riavviare un paio di volte.
Personalmente, la questione può essere risolta in due modi:
primo modo, esiste una lingua
universale. Una sorta di inglese spaziale che quasi tutti parlano,
più varie lingue minori. Non ho potuto fare a meno di
pensare a
questo quando ho visto la Saga di Namecc, dal momento che i Namecciani
parlano una lingua comune, comprensibile sia a Freezer e i suoi
scagnozzi, sia la loro lingua natia che nessuno sembra conoscere.
Oppure, i Saiyan e gli alieni in generale devono essere equipaggiati
con una sorta di traduttore che gli permette di capire in tempo reale
cosa stia dicendo l'interlocutore, permettendogli di rispondere nella
stessa lingua in automatico. Se avete giocato a Mass Effect
probabilmente il concetto sarà più chiaro, io
sono una
sega con le spiegazioni. Si tratta essenzialmente di un chip che viene
impiantato sotto pelle, e permette di capire e parlare un numero
potenzialmente infinito di lingue. Tuttavia, il chip ha una sua
capacità limitata, ovvero il numero di lingue a disposizione
è limitato a quelle conosciute dal programmatore nel momento
dell'inserimento. Quando si entra in contatto con
una popolazione la cui lingua non è stata ancora tradotta,
bisogna imparare da se la lingua
poiché il chip non offre traduzioni. Questa seconda
alternativa
mi sembra la più ovvia e la più sensata, ed
è
quindi quella che ho adottato.
Altre e due parole sui ruoli nelle squadre.
Se prendete una qualunque squadra militare, vedrete che ogni soldato
ricopre ruoli precisi. Basta vedersi un qualunque film per capirlo.
C'è il capitano, l'addetto alle comunicazioni, il medico, il
pilota, il mitragliere... Mi sembra logico applicare la stessa
formazione anche alle squadre Saiyan.
Bardack è il capitano, la figura di riferimento, il condottiero in battaglia.
Toma è il secondo in comando, si occupa della burocrazia e dei
rapporti all'interno della squadra - diciamo una sorta di consulente
delle risorse umane.
Seripa è il meccanico, in una realtà così tecnologica come quella dei Saiyan serve un esperto in materia.
Toteppo è la retroguardia; con un fisico come il suo, mi viene
naturale considerarlo molto resistente. Pertanto, esattamente come lo
ha sfruttato Toma, ha il compito di coprire le spalle ai suoi alleati.
Panbukin è come il ragazzo nel lavoro di gruppo al liceo che non
fa un cazzo ma si prende comunque il merito. Non gli ho dato alcuna
abilità tranne la cafonaggine, ma in battaglia come Toteppo
copre le spalle agli amici.
Endive in questo caso compensa perfettamente la mancanza di una figura
strategica in grado di occuparsi non solo dell'organizzazione generale,
ma anche dell'andamento del combattimento. Avere un comandante che
rimane defilato anzichè stare sul campo è oggettivamente
un enorme vantaggio strategico; per questo si è alterata quando
è dovuta entrare in azione, perché esula da ogni logica.
Dovete pensare ad Endive come ad una calcolatrice vagante per dirla
semplice.
Detto questo, ho finalmente cacciato fuori la seconda parte del
capitolo. Molti dei quesiti sollevati in questo capitolo verranno
risolti nel prossimo, non vi preoccupate, so che ho lasciato molte cose
in sospeso ma ho dovuto.
Siccome sono una con delle pessime maniere, mi sono dimenticata nello
scorso capitolo di ringraziare tutti coloro che stanno ancora leggendo
questa mia storia. In particolare, ringrazio
Enchalott
Fandoms_Are_Life
M0nica
Sapphir Dream
Shadow Eyes
Tone
Per aver messo nelle seguite,
linx91
namy86
Per aver messo nelle Preferite
E i miei adorati recensori
Felinala
Enchalott
Tone
Shadow Eyes
Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno recensito la mia
Bruises (QUI
il link), spero che anche la mia raccolta Valzer 500 ( QUI
il link) vi sia di altrettanto gradimento!
Al prossimo capitolo giovani!
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