Aveva iniziato a notare che
non importava la data, il mese o l’inclinazione del sole,
ogni riunione condominiale si era sempre tenuta di martedì.
Non era un giorno che considerava particolarmente di auspicio.
Di martedì
il hard disc del suo pc aveva deciso di esplodere, costringendolo a
ricopiare a mano pile di documenti – da lì in poi
aveva imparato a fare i back up con una certa regolarità
–. Sempre di martedì era finita la sua relazione
universitaria, giusto una settimana dopo la sua laurea. Per non parlare
che Gilbert era partito per il suo Erasmus in Russia di
martedì, ed era anche tornato sei mesi dopo nella stessa
giornata della settimana, per poi ammettere due settimane dopo
– sempre di martedì – di non ricordarsi
niente della sua esperienza semestrale da quelle parti.
Simile sventura
sembrava essersi riversata tutta su quel giorno e concentratasi nelle
riunioni condominiali dove si urlava, gente si picchiava e non si
risolveva mai niente. Non era certo un caso che lasciassero a lui la
parte organizzativa della faccenda – il suo proprietario di
casa gli aveva lasciato piena potestà di agire come suo
rappresentante in simile sede –. Anche quella volta aveva
tentato di scegliere un altro giorno, ma dopo una breve consultazione
della propria agenda si era reso conto che quella settimana era
l’unica sera disponibile e che non poteva posticipare la
riunione alla settimana prossima.
Aveva quindi stampato
un bollettino con ora e data e l’aveva appeso
all’entrata in modo che tutti potessero vederlo.
Era già
certo che gli inquilini al primo piano non si sarebbero presentati.
Non gli rimaneva altro
che rifinire gli ultimi dettagli.
Era rimasto immerso nel
lavoro in quei giorni, chiudendosi su di esso e non lasciando niente e
nessuno interferire. Non aveva visto molto nemmeno Feliciano, ora che
ci pensava. Certo questo lo salutava quando lo vedeva, ma le loro
conversazioni si erano fatte brevi perché la sua mente era
altrove. Temeva di averlo offeso con un simile comportamento, ma non
poteva porci alcun rimedio. Aveva tanto lavoro a cui stare dietro e non
poteva permettersi di perdere il ritmo.
Alla fine era arrivata
la sera, e anche l’orario. Si scopre a sospirare,
raccogliendo i fogli su cui aveva preparato ogni argomento di
discussione per quella riunione consapevole che non sarebbero riusciti
ad arrivare nemmeno a metà.
« Non ci
voglio andare! » sente esclamare Lovino, una volta che apre
la porta di casa. « Vacci tu! »
I suoi vicini
sembravano star discutendo, ma non era sicuro di volerci mettere naso.
Non bisognava mai mettersi in mezzo alle discussioni, soprattutto tra
fratelli. Ludwig sospira, attraversando la soglia di casa. Prima
oltrepassava simile tempesta e prima sarebbe stato al sicuro.
« Buonasera.
» era stato Feliciano a salutarlo. Aveva un’aria
più domestica quella sera, era la prima volta che lo vedeva
in quella maniera, ma in realtà erano diversi giorni che non
riusciva a vederlo e probabilmente era la sua nostalgia a fargli
credere una cosa simile.
« Buonasera.
»
« Dove vai di
bello? » la voce di Feliciano gli appare diversa, un
po’ più stridula.
« Alla
riunione condominiale. » replica come se fosse la cosa
più scontata. « La organizzo sempre io. »
D’improvviso
Ludwig vede la mano di Feliciano allungarsi verso la porta della sua
casa, chiudendola di scatto e sente le imprecazioni di Lovino per un
simile gesto.
« Ci sto
andando anch’io! » esclama. Lui batte un paio di
volte le ciglia, confuso da ciò che aveva appena visto, ma
decide di lasciar ugualmente correre.
« Andiamo
insieme? » il viso dell’altro sembra illuminarsi
nel sentire quelle parole, e Feliciano prima si getta sulle sue spalle,
ridacchiando, per poi camminare sulle sue gambe fino alla piccola sala
al pian terreno.
La sua scelta era
ricaduta su quel posto perché probabilmente il
più neutrale. Incontrarsi a casa di qualcuno avrebbe
certamente fatto incorrere in ogni tipo di protesta da parte di altri e
lui aveva già i suoi grattacapi a riguardo.
C’era
già Basch, seduto sulla sua sedia a braccia incrociate e con
un fucile appoggiato allo schienale.
« Avevo detto
niente armi. »
«
È scarica. »
« Questo non
ti giustifica. » Basch alza le spalle, incurante della sua
critica, mentre Feliciano fa un giro particolarmente largo dal
portatore dell’arma.
« Non mi
piacciono molto. » sussurra poi quando gli è
abbastanza vicino, e Ludwig gli passa una sedia pieghevole che
Feliciano sistema non vicino a Basch. È il turno di Arthur
di arrivare, questa volta già litigando con Francis. Se
già litigavano prima di iniziare non aveva idea di come
sarebbe andata a finire. Alla fine pure loro si sistemano, Francis
accanto a Feliciano e Arthur nel raggio completamente opposto,
limitandosi a fissarlo in cagnesco.
« Allora come
sta andando, cherì? » chiede Francis, guardando
Feliciano che lo osserva confuso.
« Che cosa?
»
« Non fare il
finto tonto con me. » aggiunge l’altro uomo,
appoggiando il braccio sulla sua spalla con fare ammiccante. Ludwig
vorrebbe intervenire, anche a causa dell’aria di disagio che
aveva preso piede sul viso di Feliciano.
« Se te ne
rimorchi un altro come la prenderà il tuo clandestino?
»
« Ma fottiti
Arthur. »
«
Clandestino? » chiede allora Feliciano, guardando lui.
L’uomo prende la sua sedia, avvicinandola alla propria,
guardandolo come se fosse in cerca di informazioni.
«
È solo un soprannome. » replica, cercando di
apparire il più naturale possibile, ma Feliciano alza un
sopracciglio e gli fa capire di non averci creduto nemmeno per un
attimo. « Diciamo che Antonio non è proprio
regolare da queste parti. »
« Ricordati
di non farlo presente a Lovino che è capace di mandare in
galera tutta la palazzina. » risponde allora Feliciano,
assumendo un’aria più seria.
« State
già litigando? » non aveva fatto caso a Elizaveta,
che era già entrata dentro. « Cavolo, almeno
fatemi salire per prendere la padella. »
« Ti prego,
Elizaveta, siediti. » la donna mette le mani sui fianchi,
guardandolo torva, ma poi segue il suo consiglio e prende il suo posto.
Fa velocemente la sua conta, appurando che gli inquilini del primo
piano alla fine non sarebbero stati presenti come ogni volta che non si
parlava di finanza.
« Allora,
riassunto breve. » inizia, alzandosi in piedi e dando una
veloce occhiata ai presenti nella speranza di ottenere la loro
attenzione. « Siccome è la solita riunione
bimestrale non c’è molto da discutere. »
Feliciano alza una
mano, non era un buon segno. Con un cenno gli permette di parlare.
« È la prima volta che partecipo. » dice
lui, sorridendo. « Di cosa parlate di solito? »
« Ci
lamentiamo di Antonio. » dice Arthur.
« Ci
lamentiamo anche dei tuoi incontri del club di Harry Potter se per
questo. » replica subito Francis e Ludwig fulmina gli altri
due con lo sguardo, nella speranza che ciò serva a placarli.
« Di solito
esponiamo i problemi e approviamo risoluzioni se
c’è qualcosa da pagare. » dice, cercando
di dare un tono alla faccenda. Purtroppo ciò che avevano
esposto Arthur e Francis era quello più affine alla
verità. Non importava. Feliciano sembra accontentarsi delle
loro risposte, e torna a guardarlo. Ludwig si schiarisce la voce,
prendendo l’elenco che aveva preparato.
« Per primo,
la siepe vicino al cancello avrà bisogno di essere potata.
»
« Manderemo
Antonio come sempre. »
« Ma
è legale farlo lavorare? »
« Se non vuoi
pagare un centino per un altro, sì. » Arthur
storce la bocca, ma non commenta altro, mentre lui prende un altro
grosso respiro. Non ce la poteva fare. Elizaveta, dal canto suo, non
aveva aperto bocca. Sembrava concentrata a prendere appunti su un
piccolo taccuino e non sembrava disposta a creargli problemi. Aveva
notato quel comportamento da diverso tempo, ma finché non
gli avrebbe recato fastidio avrebbe lasciato la cosa come stava.
« Comunque
uno dei problemi della lista è il fatto che parli con
Antonio per la tromba delle scale, Francis. Ho ricevuto delle
lamentele. » l’uomo guarda in direzione di Arthur,
ovviamente piccato.
« Puoi dire a
loro di ficcarsi le loro lamentele nel- »
« Francis.
» lo avverte con voce bassa, costringendo l’uomo a
ritrattare le proprie dichiarazioni.
« Dico solo
che dovrebbero farmele di persona. »
« Tu non le
ascolti! » esclama Arthur. « Io non voglio stare a
sentire ogni mattina voi due che vi comportate come due sposine.
»
«
Cos’è, sei geloso? »
« Ma chi
cazzo vuoi che sia geloso? »
La situazione stava
sfuggendo di mano e non era nemmeno a un quarto della sua lista. Al suo
fianco, Feliciano aveva accettato un sacchetto di patatine che gli
aveva offerto Elizaveta, sgranocchiandolo divertito, mentre questa
continuava a prendere nuovi appunti con una velocità
impressionante. Aveva paura di darci un’occhiata poi.
« Se volete
sfidarvi a duello ho due pistole d’epoca che fanno al caso
vostro. » dice allora Basch, attirando l’attenzione
di tutti. I due uomini si guardano, improvvisamente più
quieti, e si siedono nuovamente. Lui si schiarisce la voce, grato che
la proposta di Basch avesse il potere di calmare i bollenti spiriti.
« Gli
parlerò. »
« Lo dici a
ogni riunione. » commenta piatto lui, incappando nella sua
occhiataccia. « Personalmente non è un mio
fastidio, ma come responsabile devo tenere conto di tutte le lamentele.
»
«
Vedrò cosa posso farci. » risponde allora Francis,
e questa volta sembra convincerlo un po’ di più.
Non credeva sarebbe stato semplice riformare Antonio, ma almeno lui
aveva fatto il suo dovere. Sentiva lo sguardo di Feliciano su di
sé durante tutto il processo, ma non riusciva a ricambiarlo.
Forse si stava annoiando, oppure si era pentito di essere venuto.
« Sempre se si possa fare qualcosa per quello che quando
è ubriaco si spara a tutto volume
“you’ll never walk alone”. Speranza vana
ma tant’è. »
« E chi ti ha
detto che sono io? »
« Io non ho
fatto nomi. » Francis fa un sorrisetto, lieto di averlo colto
il fallo. A quel punto anche a lui non rimaneva niente da aggiungere,
se non sedersi e aspettare che avessero terminato. Arthur allora scatta
in piedi, pronto ad avventarsi fisicamente sull’altro.
«
È sempre così? » chiede allora
Feliciano, al suo orecchio. Si ritrova ad annuire. Ogni volta lavorava
allo sfinimento per proporre un programma serio che non veniva mai
rispettato. Avrebbe dovuto lasciar perdere, certo, ma il suo senso del
dovere glielo impediva. « È più
divertente delle riunioni dove abitavo prima. »
Non sapeva molto della
vita di Feliciano, e un simile dettaglio rimarcava la sua ignoranza in
merito. « Non so come tu possa considerare divertente due
uomini più vicini ai quaranta che ai trenta che si saltano
alla gola. »
« Ha un suo
fascino. » replica allora Feliciano, che gli allunga il
sacchetto di patatine che lui, alla fine, accetta. Non gli rimaneva
altro che attendere con pazienza la fine.
« E poi se
sai che passa il postino che ti costa ritirare i pacchi? »
« Non sono il
portiere! »
« Ma se ti
comporti come tale! » quello era decisamente un classico. Una
volta che Francis rinfacciava ad Arthur simile cosa spesso Basch
scattava in piedi, cosa che vede succedere.
« Ha ragione!
» esclama, e ormai Francis non si stupisce di avere
l’appoggio dello svizzero su quel punto, tanto che sorride
soddisfatto e vittorioso.
« Visto?
» dice, indicandolo.
« Ma sta
zitto. » replica Basch. « Non lo sto dicendo per
farti un favore. »
« Allora
perché parli? » scatta Arthur, avvicinandosi
all’altro e incrociando le braccia al petto. « Se
non hai intenzione di discutere seriamente, tanto vale stare zitti.
»
« Ecco,
diglielo! » non era nemmeno una novità che poi si
sarebbero alleati contro chiunque cercasse di intromettersi nelle loro
discussioni. Gilbert aveva definito quell’evento come
preliminari. Lui aveva alzato un sopracciglio e aveva finto di non aver
sentito simile commento. Stava di fatto che doveva ammettere che quei
due lavoravano bene quando erano insieme, peccato che farli collaborare
era un vero incubo.
Basch comunque stava
passando in svantaggio, contro due avversari come quei due era
difficile spuntarla da soli.
« Se queste
sono le discussioni provvederò a mettere un coprifuoco
sonoro. »
« Non ci
provare! Roderich ultimamente suona il pianoforte dopo la mezzanotte,
se non glielo permetti tanto vale aiutarlo a buttarsi giù
dal balcone! » esclama Elizaveta, taccuino abbandonato sulle
ginocchia.
«
D’accordo, accantoniamo questa idea. » mormora,
tracciando una linea sulla proposta. Almeno una delle cose era riuscito
a determinarla.
« Certo mica
possiamo avere un regime da caserma, a letto alle nove. »
brontola Francis, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio.
« Beh tu
inizi a lavorare da quell’orario in poi. » commenta
Arthur, a braccia sempre incrociate.
« Mi stai
dando della puttana, Arthur? »
« Chi, io?
Certo che no. Non è certo l’unico mestiere che si
può fare a quell’ora. »
« Stammi a
sentire, tu, piccolo- »
« Davvero, ho
delle ottime pistole per un duello, dovreste considerare
l’idea. »
« No Basch.
» si intromette allora lui, cercando di placare la situazione.
« E poi,
insomma, dove la vorrebbe organizzare, nel cortile interno? »
aggiunge Elizaveta, ma il sorriso sparisce sia dal suo volto sia da
quello dei due litiganti. Sapeva a grandi linee quale fosse
l’evento al quale avevano pensato gli altri tre, una sera il
signor Romolo aveva accennato allo studente americano che Arthur aveva
ospitato durante il suo dottorato in Italia. Non era finita bene,
almeno non per Antonio che era stato inseguito da un simile soggetto,
armato, per tutto il cortile interno. Inizialmente non ci aveva voluto
credere, ma più viveva lì e più
trovava le conferme sul fatto che le storie raccontate
dall’uomo erano per lo più vere.
Per qualche momento si
sente solo Feliciano che continua a sgranocchiare sereno, e poi
entrambi gli uomini scoppiano in una risata nervosa.
« No, ma ti
pare? »
« Un duello
mi sembra un po’ troppo. » aggiunge Francis, e
finalmente entrambi tornano a sedersi ai loro posti. Ora finalmente
è di nuovo il suo turno di parlare. In verità
qualsiasi cosa della sua lista avrebbe provocato una lite, ne era
sicuro. Basch, ora, sembrava essere sul punto di provocare lui stesso
un duello.
« Io avrei
una domanda. » dice Feliciano, cogliendolo di sorpresa.
« Io ancora non ho ricevuto le chiavi della cantina, e
nemmeno quelle del terrazzo. A chi devo rivolgermi? » Ludwig
non sa come essergli grato per una simile domanda, finalmente una
richiesta normale.
« Dovresti
inoltrare una richiesta all’amministratore, ma se vuoi posso
farti una copia delle mie. » in genere avrebbe incoraggiato
chiunque a seguire le regole, ma con Feliciano non era così
immediato. Questo gli sorride, contento, e torna a mangiare felice.
« Sembrate
andare d’accordo. » dice allora Francis,
assottigliando lo sguardo.
« Infatti
fanno spesso le scale insieme. » aggiunge Arthur, quasi
dandogli nuovamente man forte.
« La tua
abilità a non farti i cazzi tuoi mi sorprende, Arthur.
» dice Francis, rovinando la sua nuova alleanza.
« Che cosa
hai detto? »
« Non dirmi
che te la sei presa. Lo sanno tutti, non servo certo io per farlo
sapere. » le guance dell’inglese si arrossano,
probabilmente è tanto infastidito da un simile commento.
« Scusa tanto
se la mia vita non è così frizzante come la tua!
» esclama, alzandosi nuovamente in piedi. Era
l’inizio di un’altra discussione. La tregua era
durata meno del previsto. « Io sono una persona seria.
»
« Abbastanza
seria da sapere tutto di tutti. » incalza Francis, ancora
seduto e probabilmente divertito da un simile risvolto di eventi. Non
sembrava essere conscio della valanga di rabbia che probabilmente
l’avrebbe travolto, ma non era affare suo.
È un attimo
prima che Arthur gli salti letteralmente alla gola, prendendolo per la
collottola e strattonandolo più volte. « Dimmelo
ancora, stronzo! » strilla, rosso in viso, mentre Francis si
aggrappa alle sue mani nel tentativo di allentare la presa.
« Mi hai
capito! » urla, e quello era il momento di intervenire. Si
alza con uno scatto dalla sedia, dirigendosi verso i due uomini che
avevano preso a strillare nelle rispettive lingue. Con uno strattone
allontana Arthur, sorpreso dall’intrusione, mentre Elizaveta
di mette di fronte a Francis per arginare un eventuale contrattacco.
« Concludiamo
la riunione qui. »
« Io non ho
finito! »
« Allora
significa che finirai davanti alla polizia. » era la sua
ultima minaccia, e funzionava sempre. L’astio tra i due
sembra appianarsi, tanto che finalmente può lasciare Arthur
andare. Questo senza un commento lascia la stanza, e ben presto sentono
la sua porta di casa sbattere. È solo allora che Elizaveta
si scosta ad Francis, permettendogli di passare. Anche questo non dice
niente, prendendo a salire le scale.
« Prima o poi
si sfideranno a duello. » è il commento di Basch,
prima che raccolga il suo fucile e esca.
« Spero di
no. » dice Elizaveta. « Tu stai bene? »
« Questa
volta non mi ha tirato una testata. » risponde, facendo
sorridere sollevata la donna.
« Posso
lasciare a voi due il resto? » c’era Feliciano
accanto a lui. Era rimasto al suo fianco per tutto il tempo, anche se
per lo più come un silente spettatore.
« Si, certo.
» replica lui, e la donna sorride di rimando, lasciandoli
soli. Insieme risistemano le sedie, e una volta che chiudono la porta
dello stanzino, i tre fratelli del primo piano fanno finalmente la loro
apparizione. In realtà Ludwig poteva dire di conoscere Laura
e Tim, che abitavano l’appartamento, mentre Sebastiaan era lo
sfuggente fratello in giro per l’Europa ma che pagava ogni
loro spesa condominiale. I tre sembravano piuttosto divertiti dalla
serata trascorsa, ignari della tragedia che si era consumata pochi
minuti prima. Il terzetto li saluta entrambi, e loro li fanno passare
prima prendere la strada verso il terzo piano.
«
È stato… movimentato. » dice Feliciano,
dietro di lui.
« Faresti
bene ad abituarti, è così ogni volta. »
« Davvero?
»
« Questa
volta mi è andata bene, a volte Arthur è pure
più incazzato. » Feliciano non risponde,
facendogli credere che il loro discorso fosse finito, ma poi sente la
mano di Feliciano sulla sua spalla. Gli appare preoccupato. «
Ma non è mai successo niente di grave, le schermaglie di
Elizaveta con mio fratello, sono quelle che mandano sempre qualcuno
all’ospedale. » Feliciano non appare sollevato, ma
lo guarda respirare e togliere la mano. Non trovava qualcosa da dire.
Feliciano continuava a
camminargli dietro, ma il silenzio tra di loro aveva assunto
un’aria soffocante. Con le sue azioni lo aveva fatto
preoccupare. Non voleva di certo farlo ma era ciò che era
successo.
Una volta raggiunto il
loro piano sa che devono separarsi, ma non ha voglia di concludere la
serata in quella maniera.
« Senti,
Feliciano. »
«
Sì? »
« Mi
chiedevo, non so se ti ricordi. » lo guarda negli occhi,
cercando di non vacillare più di tanto. « Ti va di
andare a berci qualcosa insieme questo sabato? »
Feliciano rimane in
silenzio. Probabilmente se ne era già dimenticato.
Si sentiva un
po’ un idiota, e stava decidendo come ritrattare la frase
nella maniera più dignitosa possibile quando vede Feliciano
battere il palmo della mano contro la porta, sorridendo. Era un gesto
simile a quello che lo aveva visto fare anche prima, e poi il suo
orecchio coglie delle imprecazioni al di là della porta.
« Mi farebbe
piacere. » gli sorride, togliendo il contatto con la
superficie di legno e avvicinandosi. « Hai qualche idea di
dove andare? »
In realtà
no, preso come era dall’organizzare l’ennesima
riunione andata in fumo non aveva considerato nessuna opzione
passabile. Quando usciva a bere con i suoi colleghi si ripiegava spesso
su locali di stampo tedesco, rendendolo ignorante riguardo alla vita
notturna in stile italiano. « In realtà non sono
molto pratico di locali da queste parti. » Feliciano piega la
testa di lato, sorridendo.
« Io ne
conosco qualcuno carino. » dice, lanciandogli
un’occhiata. « Lascia fare a me. »
Era imbarazzante che
lasciasse organizzare la serata a lui nonostante fosse stato invitato,
ma per una volta doveva cedere terreno ad una persona con molta
più esperienza di lui. Stranamente non si sentiva in ansia
come avrebbe dovuto, ma per tutta la sua vita l’alternativa
era lasciar organizzare le cose a Gilbert e in quel caso davvero non
poteva rimanere sereno. Feliciano gli sembrava più
affidabile sotto quell’aspetto.
« Allora poi
ci sentiamo per i dettagli. » gli dice, recitando una simile
frase quasi in automatico. « Aspetta, credo di non avere il
tuo numero. »
« Nemmeno io.
» Ludwig arrossisce per la cosa, prendendo fuori il cellulare
e registrando quindi il numero dell’altro, dandogli poi un
veloce squillo. Feliciano tiene tra le mani il proprio telefono,
osservando lo schermo. « Così sarà
più facile parlare. » aggiunge, rimettendo
l’apparecchio in tasca. « Buonanotte Ludwig.
»
« Buonanotte.
» lo guarda scomparire dietro la porta, e poi si volta verso
la sua. Si sentiva piuttosto contento. Erano anni che non aveva un
appuntamento. Scuote la testa. No, non era un appuntamento.
Cioè, sì, lo era, ma era un appuntamento come
amici. Non c’era nessun sottinteso né da parte sua
né da quella di Feliciano.
Ci stava perdendo la
testa. In realtà l’idea che fosse un appuntamento
vero lo riempiva di vago entusiasmo.
Il suo telefono vibra,
e sulla schermata appare il nome di Feliciano.
Sorride.
Appuntamento o meno il
loro rapporto era progredito e di quello era contento. Non gli rimaneva
altro da fare se non di tentare di non mandarlo a monte come i
precedenti.
Il resto della
settimana stava trascorrendo senza problemi. Continuava a non vedere
Feliciano troppo spesso, ma ora che aveva il suo numero
l’altro compensava la comunicazione con notizie che trovava
interessanti e meme. La sua galleria si era riempita di quelli, e non
aveva cuore di cancellarli perché Feliciano lì
creava.
Si sentiva un
po’ sciocco a tenere in alta considerazione una cosa simile,
ma la sua memoria continuava a riempirsi e lui non sapeva cosa farci.
Una volta che la loro
comunicazione si era spostata sul digitale, comunque, aveva
l’impressione che fosse più sciolta. Aveva tutto
il tempo per riflettere sulla risposta da dare, e la conversazione
così sembrava proseguire liscia e senza alcun intoppo. Ne
era piuttosto grato.
Il suo telefono vibra,
e Ludwig prende il telefono, aspettandosi di trovarci un messaggio di
Feliciano, ma trovando invece quello di Gilbert che gli chiedeva di
chiamarlo quando avrebbe potuto. Non era un buon segno, e con una scusa
si defila dall’ufficio, infilandosi in corridoio e digitando
il numero del fratello. Questi risponde subito.
« Ehi, West.
»
«
È successo qualcosa? Non dirmi che ti sei dimenticato di
nuovo di pagare una bolletta e sono venuti- »
«
È morto Axel. » le parole di Gilbert erano
lapidarie. « Certo non se lo aspettava nessuno, era
già condannato quando lo abbiamo preso, ma se
n’è andato nel sonno questa notte. »
« Lo hai
portato dal veterinario? »
«
Sì, pensavo di seppellirlo in giardino. »
« Vuoi che
venga? » c’è una pausa
dall’altro capo del telefono.
« No, so che
sei impegnato. E dubito che ti lascerebbero andare per la morte di un
cane. » Ludwig sospira, continuando a chiedere domande quasi
in automatico a cui Gilbert risponde in maniera altrettanto meccanica.
Una volta chiusa la chiamata Ludwig si appoggia al muro, senza
realmente vedere davanti a sé.
Axel era il primo cane
che lui e Gilbert avevano adottato, considerato già
spacciato e nonostante questo aveva vissuto una decade insieme a loro.
Ora non c’era più. Era come se l’ultima
parte della sua infanzia si fosse infranta. Non si sentiva troppo bene,
ma era consapevole di dover tornare a lavorare.
Ora non era certo di
come si sarebbe presentato quel sabato.
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