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Autore: Ofeliet    29/10/2019    2 recensioni
Tutto sommato quando viene trasferito all'ambasciata di Roma Ludwig si scopre a non protestare in alcuna maniera, e dopo una settimana ha già il biglietto aereo in mano. Una nuova vita lontano da casa in un condominio forse un po' troppo fuori dalle righe, un ambiente completamente diverso, tutto stravolgeva i suoi piani.
Ma, nonostante tutto, si era innamorato.
{ GerIta | HumanAU }
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Aveva iniziato a notare che non importava la data, il mese o l’inclinazione del sole, ogni riunione condominiale si era sempre tenuta di martedì. Non era un giorno che considerava particolarmente di auspicio.
Di martedì il hard disc del suo pc aveva deciso di esplodere, costringendolo a ricopiare a mano pile di documenti – da lì in poi aveva imparato a fare i back up con una certa regolarità –. Sempre di martedì era finita la sua relazione universitaria, giusto una settimana dopo la sua laurea. Per non parlare che Gilbert era partito per il suo Erasmus in Russia di martedì, ed era anche tornato sei mesi dopo nella stessa giornata della settimana, per poi ammettere due settimane dopo – sempre di martedì – di non ricordarsi niente della sua esperienza semestrale da quelle parti.
Simile sventura sembrava essersi riversata tutta su quel giorno e concentratasi nelle riunioni condominiali dove si urlava, gente si picchiava e non si risolveva mai niente. Non era certo un caso che lasciassero a lui la parte organizzativa della faccenda – il suo proprietario di casa gli aveva lasciato piena potestà di agire come suo rappresentante in simile sede –. Anche quella volta aveva tentato di scegliere un altro giorno, ma dopo una breve consultazione della propria agenda si era reso conto che quella settimana era l’unica sera disponibile e che non poteva posticipare la riunione alla settimana prossima.
Aveva quindi stampato un bollettino con ora e data e l’aveva appeso all’entrata in modo che tutti potessero vederlo.
Era già certo che gli inquilini al primo piano non si sarebbero presentati.
Non gli rimaneva altro che rifinire gli ultimi dettagli.
Era rimasto immerso nel lavoro in quei giorni, chiudendosi su di esso e non lasciando niente e nessuno interferire. Non aveva visto molto nemmeno Feliciano, ora che ci pensava. Certo questo lo salutava quando lo vedeva, ma le loro conversazioni si erano fatte brevi perché la sua mente era altrove. Temeva di averlo offeso con un simile comportamento, ma non poteva porci alcun rimedio. Aveva tanto lavoro a cui stare dietro e non poteva permettersi di perdere il ritmo.
Alla fine era arrivata la sera, e anche l’orario. Si scopre a sospirare, raccogliendo i fogli su cui aveva preparato ogni argomento di discussione per quella riunione consapevole che non sarebbero riusciti ad arrivare nemmeno a metà.
« Non ci voglio andare! » sente esclamare Lovino, una volta che apre la porta di casa. « Vacci tu! »
I suoi vicini sembravano star discutendo, ma non era sicuro di volerci mettere naso. Non bisognava mai mettersi in mezzo alle discussioni, soprattutto tra fratelli. Ludwig sospira, attraversando la soglia di casa. Prima oltrepassava simile tempesta e prima sarebbe stato al sicuro.
« Buonasera. » era stato Feliciano a salutarlo. Aveva un’aria più domestica quella sera, era la prima volta che lo vedeva in quella maniera, ma in realtà erano diversi giorni che non riusciva a vederlo e probabilmente era la sua nostalgia a fargli credere una cosa simile.
« Buonasera. »
« Dove vai di bello? » la voce di Feliciano gli appare diversa, un po’ più stridula.
« Alla riunione condominiale. » replica come se fosse la cosa più scontata. « La organizzo sempre io. »
D’improvviso Ludwig vede la mano di Feliciano allungarsi verso la porta della sua casa, chiudendola di scatto e sente le imprecazioni di Lovino per un simile gesto.
« Ci sto andando anch’io! » esclama. Lui batte un paio di volte le ciglia, confuso da ciò che aveva appena visto, ma decide di lasciar ugualmente correre.
« Andiamo insieme? » il viso dell’altro sembra illuminarsi nel sentire quelle parole, e Feliciano prima si getta sulle sue spalle, ridacchiando, per poi camminare sulle sue gambe fino alla piccola sala al pian terreno.
La sua scelta era ricaduta su quel posto perché probabilmente il più neutrale. Incontrarsi a casa di qualcuno avrebbe certamente fatto incorrere in ogni tipo di protesta da parte di altri e lui aveva già i suoi grattacapi a riguardo.
C’era già Basch, seduto sulla sua sedia a braccia incrociate e con un fucile appoggiato allo schienale.
« Avevo detto niente armi. »
« È scarica. »
« Questo non ti giustifica. » Basch alza le spalle, incurante della sua critica, mentre Feliciano fa un giro particolarmente largo dal portatore dell’arma.
« Non mi piacciono molto. » sussurra poi quando gli è abbastanza vicino, e Ludwig gli passa una sedia pieghevole che Feliciano sistema non vicino a Basch. È il turno di Arthur di arrivare, questa volta già litigando con Francis. Se già litigavano prima di iniziare non aveva idea di come sarebbe andata a finire. Alla fine pure loro si sistemano, Francis accanto a Feliciano e Arthur nel raggio completamente opposto, limitandosi a fissarlo in cagnesco.
« Allora come sta andando, cherì? » chiede Francis, guardando Feliciano che lo osserva confuso.
« Che cosa? »
« Non fare il finto tonto con me. » aggiunge l’altro uomo, appoggiando il braccio sulla sua spalla con fare ammiccante. Ludwig vorrebbe intervenire, anche a causa dell’aria di disagio che aveva preso piede sul viso di Feliciano.
« Se te ne rimorchi un altro come la prenderà il tuo clandestino? »
« Ma fottiti Arthur. »
« Clandestino? » chiede allora Feliciano, guardando lui. L’uomo prende la sua sedia, avvicinandola alla propria, guardandolo come se fosse in cerca di informazioni.
« È solo un soprannome. » replica, cercando di apparire il più naturale possibile, ma Feliciano alza un sopracciglio e gli fa capire di non averci creduto nemmeno per un attimo. « Diciamo che Antonio non è proprio regolare da queste parti. »
« Ricordati di non farlo presente a Lovino che è capace di mandare in galera tutta la palazzina. » risponde allora Feliciano, assumendo un’aria più seria.
« State già litigando? » non aveva fatto caso a Elizaveta, che era già entrata dentro. « Cavolo, almeno fatemi salire per prendere la padella. »
« Ti prego, Elizaveta, siediti. » la donna mette le mani sui fianchi, guardandolo torva, ma poi segue il suo consiglio e prende il suo posto. Fa velocemente la sua conta, appurando che gli inquilini del primo piano alla fine non sarebbero stati presenti come ogni volta che non si parlava di finanza.
« Allora, riassunto breve. » inizia, alzandosi in piedi e dando una veloce occhiata ai presenti nella speranza di ottenere la loro attenzione. « Siccome è la solita riunione bimestrale non c’è molto da discutere. »
Feliciano alza una mano, non era un buon segno. Con un cenno gli permette di parlare. « È la prima volta che partecipo. » dice lui, sorridendo. « Di cosa parlate di solito? »
« Ci lamentiamo di Antonio. » dice Arthur.
« Ci lamentiamo anche dei tuoi incontri del club di Harry Potter se per questo. » replica subito Francis e Ludwig fulmina gli altri due con lo sguardo, nella speranza che ciò serva a placarli.
« Di solito esponiamo i problemi e approviamo risoluzioni se c’è qualcosa da pagare. » dice, cercando di dare un tono alla faccenda. Purtroppo ciò che avevano esposto Arthur e Francis era quello più affine alla verità. Non importava. Feliciano sembra accontentarsi delle loro risposte, e torna a guardarlo. Ludwig si schiarisce la voce, prendendo l’elenco che aveva preparato.
« Per primo, la siepe vicino al cancello avrà bisogno di essere potata. »
« Manderemo Antonio come sempre. »
« Ma è legale farlo lavorare? »
« Se non vuoi pagare un centino per un altro, sì. » Arthur storce la bocca, ma non commenta altro, mentre lui prende un altro grosso respiro. Non ce la poteva fare. Elizaveta, dal canto suo, non aveva aperto bocca. Sembrava concentrata a prendere appunti su un piccolo taccuino e non sembrava disposta a creargli problemi. Aveva notato quel comportamento da diverso tempo, ma finché non gli avrebbe recato fastidio avrebbe lasciato la cosa come stava.
« Comunque uno dei problemi della lista è il fatto che parli con Antonio per la tromba delle scale, Francis. Ho ricevuto delle lamentele. » l’uomo guarda in direzione di Arthur, ovviamente piccato.
« Puoi dire a loro di ficcarsi le loro lamentele nel- »
« Francis. » lo avverte con voce bassa, costringendo l’uomo a ritrattare le proprie dichiarazioni.
« Dico solo che dovrebbero farmele di persona. »
« Tu non le ascolti! » esclama Arthur. « Io non voglio stare a sentire ogni mattina voi due che vi comportate come due sposine. »
« Cos’è, sei geloso? »
« Ma chi cazzo vuoi che sia geloso? »
La situazione stava sfuggendo di mano e non era nemmeno a un quarto della sua lista. Al suo fianco, Feliciano aveva accettato un sacchetto di patatine che gli aveva offerto Elizaveta, sgranocchiandolo divertito, mentre questa continuava a prendere nuovi appunti con una velocità impressionante. Aveva paura di darci un’occhiata poi.
« Se volete sfidarvi a duello ho due pistole d’epoca che fanno al caso vostro. » dice allora Basch, attirando l’attenzione di tutti. I due uomini si guardano, improvvisamente più quieti, e si siedono nuovamente. Lui si schiarisce la voce, grato che la proposta di Basch avesse il potere di calmare i bollenti spiriti.
« Gli parlerò. »
« Lo dici a ogni riunione. » commenta piatto lui, incappando nella sua occhiataccia. « Personalmente non è un mio fastidio, ma come responsabile devo tenere conto di tutte le lamentele. »
« Vedrò cosa posso farci. » risponde allora Francis, e questa volta sembra convincerlo un po’ di più. Non credeva sarebbe stato semplice riformare Antonio, ma almeno lui aveva fatto il suo dovere. Sentiva lo sguardo di Feliciano su di sé durante tutto il processo, ma non riusciva a ricambiarlo. Forse si stava annoiando, oppure si era pentito di essere venuto. « Sempre se si possa fare qualcosa per quello che quando è ubriaco si spara a tutto volume “you’ll never walk alone”. Speranza vana ma tant’è. »
« E chi ti ha detto che sono io? »
« Io non ho fatto nomi. » Francis fa un sorrisetto, lieto di averlo colto il fallo. A quel punto anche a lui non rimaneva niente da aggiungere, se non sedersi e aspettare che avessero terminato. Arthur allora scatta in piedi, pronto ad avventarsi fisicamente sull’altro.
« È sempre così? » chiede allora Feliciano, al suo orecchio. Si ritrova ad annuire. Ogni volta lavorava allo sfinimento per proporre un programma serio che non veniva mai rispettato. Avrebbe dovuto lasciar perdere, certo, ma il suo senso del dovere glielo impediva. « È più divertente delle riunioni dove abitavo prima. »
Non sapeva molto della vita di Feliciano, e un simile dettaglio rimarcava la sua ignoranza in merito. « Non so come tu possa considerare divertente due uomini più vicini ai quaranta che ai trenta che si saltano alla gola. »
« Ha un suo fascino. » replica allora Feliciano, che gli allunga il sacchetto di patatine che lui, alla fine, accetta. Non gli rimaneva altro che attendere con pazienza la fine.
« E poi se sai che passa il postino che ti costa ritirare i pacchi? »
« Non sono il portiere! »
« Ma se ti comporti come tale! » quello era decisamente un classico. Una volta che Francis rinfacciava ad Arthur simile cosa spesso Basch scattava in piedi, cosa che vede succedere.
« Ha ragione! » esclama, e ormai Francis non si stupisce di avere l’appoggio dello svizzero su quel punto, tanto che sorride soddisfatto e vittorioso.
« Visto? » dice, indicandolo.
« Ma sta zitto. » replica Basch. « Non lo sto dicendo per farti un favore. »
« Allora perché parli? » scatta Arthur, avvicinandosi all’altro e incrociando le braccia al petto. « Se non hai intenzione di discutere seriamente, tanto vale stare zitti. »
« Ecco, diglielo! » non era nemmeno una novità che poi si sarebbero alleati contro chiunque cercasse di intromettersi nelle loro discussioni. Gilbert aveva definito quell’evento come preliminari. Lui aveva alzato un sopracciglio e aveva finto di non aver sentito simile commento. Stava di fatto che doveva ammettere che quei due lavoravano bene quando erano insieme, peccato che farli collaborare era un vero incubo.
Basch comunque stava passando in svantaggio, contro due avversari come quei due era difficile spuntarla da soli.
« Se queste sono le discussioni provvederò a mettere un coprifuoco sonoro. »
« Non ci provare! Roderich ultimamente suona il pianoforte dopo la mezzanotte, se non glielo permetti tanto vale aiutarlo a buttarsi giù dal balcone! » esclama Elizaveta, taccuino abbandonato sulle ginocchia.
« D’accordo, accantoniamo questa idea. » mormora, tracciando una linea sulla proposta. Almeno una delle cose era riuscito a determinarla.
« Certo mica possiamo avere un regime da caserma, a letto alle nove. » brontola Francis, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio.
« Beh tu inizi a lavorare da quell’orario in poi. » commenta Arthur, a braccia sempre incrociate.
« Mi stai dando della puttana, Arthur? »
« Chi, io? Certo che no. Non è certo l’unico mestiere che si può fare a quell’ora. »
« Stammi a sentire, tu, piccolo- »
« Davvero, ho delle ottime pistole per un duello, dovreste considerare l’idea. »
« No Basch. » si intromette allora lui, cercando di placare la situazione.
« E poi, insomma, dove la vorrebbe organizzare, nel cortile interno? » aggiunge Elizaveta, ma il sorriso sparisce sia dal suo volto sia da quello dei due litiganti. Sapeva a grandi linee quale fosse l’evento al quale avevano pensato gli altri tre, una sera il signor Romolo aveva accennato allo studente americano che Arthur aveva ospitato durante il suo dottorato in Italia. Non era finita bene, almeno non per Antonio che era stato inseguito da un simile soggetto, armato, per tutto il cortile interno. Inizialmente non ci aveva voluto credere, ma più viveva lì e più trovava le conferme sul fatto che le storie raccontate dall’uomo erano per lo più vere.
Per qualche momento si sente solo Feliciano che continua a sgranocchiare sereno, e poi entrambi gli uomini scoppiano in una risata nervosa.
« No, ma ti pare? »
« Un duello mi sembra un po’ troppo. » aggiunge Francis, e finalmente entrambi tornano a sedersi ai loro posti. Ora finalmente è di nuovo il suo turno di parlare. In verità qualsiasi cosa della sua lista avrebbe provocato una lite, ne era sicuro. Basch, ora, sembrava essere sul punto di provocare lui stesso un duello.
« Io avrei una domanda. » dice Feliciano, cogliendolo di sorpresa. « Io ancora non ho ricevuto le chiavi della cantina, e nemmeno quelle del terrazzo. A chi devo rivolgermi? » Ludwig non sa come essergli grato per una simile domanda, finalmente una richiesta normale.
« Dovresti inoltrare una richiesta all’amministratore, ma se vuoi posso farti una copia delle mie. » in genere avrebbe incoraggiato chiunque a seguire le regole, ma con Feliciano non era così immediato. Questo gli sorride, contento, e torna a mangiare felice.
« Sembrate andare d’accordo. » dice allora Francis, assottigliando lo sguardo.
« Infatti fanno spesso le scale insieme. » aggiunge Arthur, quasi dandogli nuovamente man forte.
« La tua abilità a non farti i cazzi tuoi mi sorprende, Arthur. » dice Francis, rovinando la sua nuova alleanza.
« Che cosa hai detto? »
« Non dirmi che te la sei presa. Lo sanno tutti, non servo certo io per farlo sapere. » le guance dell’inglese si arrossano, probabilmente è tanto infastidito da un simile commento.
« Scusa tanto se la mia vita non è così frizzante come la tua! » esclama, alzandosi nuovamente in piedi. Era l’inizio di un’altra discussione. La tregua era durata meno del previsto. « Io sono una persona seria. »
« Abbastanza seria da sapere tutto di tutti. » incalza Francis, ancora seduto e probabilmente divertito da un simile risvolto di eventi. Non sembrava essere conscio della valanga di rabbia che probabilmente l’avrebbe travolto, ma non era affare suo.
È un attimo prima che Arthur gli salti letteralmente alla gola, prendendolo per la collottola e strattonandolo più volte. « Dimmelo ancora, stronzo! » strilla, rosso in viso, mentre Francis si aggrappa alle sue mani nel tentativo di allentare la presa.
« Mi hai capito! » urla, e quello era il momento di intervenire. Si alza con uno scatto dalla sedia, dirigendosi verso i due uomini che avevano preso a strillare nelle rispettive lingue. Con uno strattone allontana Arthur, sorpreso dall’intrusione, mentre Elizaveta di mette di fronte a Francis per arginare un eventuale contrattacco.
« Concludiamo la riunione qui. »
« Io non ho finito! »
« Allora significa che finirai davanti alla polizia. » era la sua ultima minaccia, e funzionava sempre. L’astio tra i due sembra appianarsi, tanto che finalmente può lasciare Arthur andare. Questo senza un commento lascia la stanza, e ben presto sentono la sua porta di casa sbattere. È solo allora che Elizaveta si scosta ad Francis, permettendogli di passare. Anche questo non dice niente, prendendo a salire le scale.
« Prima o poi si sfideranno a duello. » è il commento di Basch, prima che raccolga il suo fucile e esca.
« Spero di no. » dice Elizaveta. « Tu stai bene? »
« Questa volta non mi ha tirato una testata. » risponde, facendo sorridere sollevata la donna.
« Posso lasciare a voi due il resto? » c’era Feliciano accanto a lui. Era rimasto al suo fianco per tutto il tempo, anche se per lo più come un silente spettatore.
« Si, certo. » replica lui, e la donna sorride di rimando, lasciandoli soli. Insieme risistemano le sedie, e una volta che chiudono la porta dello stanzino, i tre fratelli del primo piano fanno finalmente la loro apparizione. In realtà Ludwig poteva dire di conoscere Laura e Tim, che abitavano l’appartamento, mentre Sebastiaan era lo sfuggente fratello in giro per l’Europa ma che pagava ogni loro spesa condominiale. I tre sembravano piuttosto divertiti dalla serata trascorsa, ignari della tragedia che si era consumata pochi minuti prima. Il terzetto li saluta entrambi, e loro li fanno passare prima prendere la strada verso il terzo piano.
« È stato… movimentato. » dice Feliciano, dietro di lui.
« Faresti bene ad abituarti, è così ogni volta. »
« Davvero? »
« Questa volta mi è andata bene, a volte Arthur è pure più incazzato. » Feliciano non risponde, facendogli credere che il loro discorso fosse finito, ma poi sente la mano di Feliciano sulla sua spalla. Gli appare preoccupato. « Ma non è mai successo niente di grave, le schermaglie di Elizaveta con mio fratello, sono quelle che mandano sempre qualcuno all’ospedale. » Feliciano non appare sollevato, ma lo guarda respirare e togliere la mano. Non trovava qualcosa da dire.
Feliciano continuava a camminargli dietro, ma il silenzio tra di loro aveva assunto un’aria soffocante. Con le sue azioni lo aveva fatto preoccupare. Non voleva di certo farlo ma era ciò che era successo.
Una volta raggiunto il loro piano sa che devono separarsi, ma non ha voglia di concludere la serata in quella maniera.
« Senti, Feliciano. »
« Sì? »
« Mi chiedevo, non so se ti ricordi. » lo guarda negli occhi, cercando di non vacillare più di tanto. « Ti va di andare a berci qualcosa insieme questo sabato? »
Feliciano rimane in silenzio. Probabilmente se ne era già dimenticato.
Si sentiva un po’ un idiota, e stava decidendo come ritrattare la frase nella maniera più dignitosa possibile quando vede Feliciano battere il palmo della mano contro la porta, sorridendo. Era un gesto simile a quello che lo aveva visto fare anche prima, e poi il suo orecchio coglie delle imprecazioni al di là della porta.
« Mi farebbe piacere. » gli sorride, togliendo il contatto con la superficie di legno e avvicinandosi. « Hai qualche idea di dove andare? »
In realtà no, preso come era dall’organizzare l’ennesima riunione andata in fumo non aveva considerato nessuna opzione passabile. Quando usciva a bere con i suoi colleghi si ripiegava spesso su locali di stampo tedesco, rendendolo ignorante riguardo alla vita notturna in stile italiano. « In realtà non sono molto pratico di locali da queste parti. » Feliciano piega la testa di lato, sorridendo.
« Io ne conosco qualcuno carino. » dice, lanciandogli un’occhiata. « Lascia fare a me. »
Era imbarazzante che lasciasse organizzare la serata a lui nonostante fosse stato invitato, ma per una volta doveva cedere terreno ad una persona con molta più esperienza di lui. Stranamente non si sentiva in ansia come avrebbe dovuto, ma per tutta la sua vita l’alternativa era lasciar organizzare le cose a Gilbert e in quel caso davvero non poteva rimanere sereno. Feliciano gli sembrava più affidabile sotto quell’aspetto.
« Allora poi ci sentiamo per i dettagli. » gli dice, recitando una simile frase quasi in automatico. « Aspetta, credo di non avere il tuo numero. »
« Nemmeno io. » Ludwig arrossisce per la cosa, prendendo fuori il cellulare e registrando quindi il numero dell’altro, dandogli poi un veloce squillo. Feliciano tiene tra le mani il proprio telefono, osservando lo schermo. « Così sarà più facile parlare. » aggiunge, rimettendo l’apparecchio in tasca. « Buonanotte Ludwig. »
« Buonanotte. » lo guarda scomparire dietro la porta, e poi si volta verso la sua. Si sentiva piuttosto contento. Erano anni che non aveva un appuntamento. Scuote la testa. No, non era un appuntamento. Cioè, sì, lo era, ma era un appuntamento come amici. Non c’era nessun sottinteso né da parte sua né da quella di Feliciano.
Ci stava perdendo la testa. In realtà l’idea che fosse un appuntamento vero lo riempiva di vago entusiasmo.
Il suo telefono vibra, e sulla schermata appare il nome di Feliciano.
Sorride.
Appuntamento o meno il loro rapporto era progredito e di quello era contento. Non gli rimaneva altro da fare se non di tentare di non mandarlo a monte come i precedenti.

Il resto della settimana stava trascorrendo senza problemi. Continuava a non vedere Feliciano troppo spesso, ma ora che aveva il suo numero l’altro compensava la comunicazione con notizie che trovava interessanti e meme. La sua galleria si era riempita di quelli, e non aveva cuore di cancellarli perché Feliciano lì creava.
Si sentiva un po’ sciocco a tenere in alta considerazione una cosa simile, ma la sua memoria continuava a riempirsi e lui non sapeva cosa farci.
Una volta che la loro comunicazione si era spostata sul digitale, comunque, aveva l’impressione che fosse più sciolta. Aveva tutto il tempo per riflettere sulla risposta da dare, e la conversazione così sembrava proseguire liscia e senza alcun intoppo. Ne era piuttosto grato.
Il suo telefono vibra, e Ludwig prende il telefono, aspettandosi di trovarci un messaggio di Feliciano, ma trovando invece quello di Gilbert che gli chiedeva di chiamarlo quando avrebbe potuto. Non era un buon segno, e con una scusa si defila dall’ufficio, infilandosi in corridoio e digitando il numero del fratello. Questi risponde subito.
« Ehi, West. »
« È successo qualcosa? Non dirmi che ti sei dimenticato di nuovo di pagare una bolletta e sono venuti- »
« È morto Axel. » le parole di Gilbert erano lapidarie. « Certo non se lo aspettava nessuno, era già condannato quando lo abbiamo preso, ma se n’è andato nel sonno questa notte. »
« Lo hai portato dal veterinario? »
« Sì, pensavo di seppellirlo in giardino. »
« Vuoi che venga? » c’è una pausa dall’altro capo del telefono.
« No, so che sei impegnato. E dubito che ti lascerebbero andare per la morte di un cane. » Ludwig sospira, continuando a chiedere domande quasi in automatico a cui Gilbert risponde in maniera altrettanto meccanica. Una volta chiusa la chiamata Ludwig si appoggia al muro, senza realmente vedere davanti a sé.
Axel era il primo cane che lui e Gilbert avevano adottato, considerato già spacciato e nonostante questo aveva vissuto una decade insieme a loro. Ora non c’era più. Era come se l’ultima parte della sua infanzia si fosse infranta. Non si sentiva troppo bene, ma era consapevole di dover tornare a lavorare.
Ora non era certo di come si sarebbe presentato quel sabato.

   
 
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