LA
CHIAVE DEL TEMPO
Capitolo
Primo
Casa Lupin
Teddy si
guardò attorno sollevato: la Materializzazione non aveva
avuto testimoni inopportuni. Quella piccola radura si era rivelata
un'ottima scelta. I suoi genitori sapevano decisamente il fatto loro.
Inspirando
a pieni polmoni l'aria profumata di pino e di salmastro
sbirciò nervoso l'orologio: bene, era ancora presto, poteva
preparare tutto con calma.
Si
strinse nel giubbetto di jeans e si avviò sul viottolo di
terra battuta, lasciandosi guidare dal ritmico rumore del mare.
Sì,
avevano trovato un posto davvero perfetto i suoi genitori,
approvò Teddy, ammirando la piccola casa a due piani
apparsagli improvvisamente davanti agli occhi.
Avevano
dovuto optare per una zona abitata esclusivamente da Babbani. Nessun
mago avrebbe accettato un licantropo come vicino di casa, a quei tempi,
pensò il ragazzo scalciando rabbioso un grosso sasso. Oh,
ora le cose andavano meglio. Kingsley aveva fatto molto per abbattere
simili assurde prevenzioni e i licantropi potevano sperare in una vita
normale. In teoria. Perché i pregiudizi erano duri a morire
e c'erano ancora moltissimi maghi che non avrebbero gradito un
licantropo nell'appartamento accanto: Kyle Addams, Serpeverde da
generazioni, nonché indiscusso ispiratore del C.A.L.D.O., ne era
la prova vivente.
Quella
casetta isolata, però, circondata dai boschi e protetta
dall'alta scogliera, era perfetta per gli stravaganti
pleniluni di suo padre.
«Bella
casetta non trovi, giovanotto? Sarebbe davvero ora che qualcuno ci
tornasse ad abitare».
Teddy
si voltò di scatto, sorpreso.
Un
uomo anziano, basso e rotondetto, lo guardava sorridente, mentre un
grasso cagnetto di razza indefinita cercava di strangolarsi col
guinzaglio, nell'infruttuoso tentativo di approfondire la conoscenza
con un riccio alquanto riottoso.
Teddy
sorrise allo sconosciuto e benedì il buon senso che lo aveva
spinto a indossare abiti Babbani.
«Eh,
sono vent'anni che non ci vive nessuno, sai?»
proseguì dispiaciuto il vecchio. «Era di una
simpatica coppietta. Due ragazzi davvero deliziosi, gentili,
disponibili. Avevano anche avuto un bambino. Ma una sera se ne sono
andati in tutta fretta... e non sono più tornati».
L'omino
si tolse il berretto scozzese, grattandosi pensoso il cranio pelato.
«Qualche giorno più tardi venne una donna molto
bella e molto triste, accompagnata da un uomo di colore. Portarono via
alcune cose... e poi più nulla. Ormai solo io e Bilberry
passiamo ogni tanto di qua, vero, vecchio mio?» chiese
sorridendo al cagnetto, Bilberry, che scodinzolò entusiasta
prima di lanciarsi in un intrepido assalto a un cespuglio rigoglioso.
Il
vecchio si rimise il berretto e si sfregò meditabondo il
particolarissimo naso a patata. «E' un vero miracolo che si
sia conservata così bene, però».
Teddy
annuì cauto, non poteva certo svelare all'ometto che quel
miracoloso stato di conservazione era dovuto ai potenti incantesimi di
Andromeda Black!
«Oh,
io sono Adam Peabody, da più di sessant'anni pasticciere del
paese» si presentò gioviale il vecchio, indicando
una manciata di luci che punteggiava la parte bassa della scogliera.
«Specializzato in torte alla cannella. La ragazza che abitava
qui le adorava. Veniva a trovarmi spessissimo... o ci spediva il
consorte che, generalmente, sedotto dalle torte al cioccolato ignorava
quelle alla cannella. E io gli reggevo il gioco, assicurando che no,
quel giorno non c'erano torte alla cannella. Non avrei dovuto, lo so,
ma quel ragazzo era così magro... non poteva che fargli bene
una bella torta al cioccolato».
Allentò
un po' il guinzaglio del cagnetto e scrutò Teddy con sguardo
esperto.
«Era
magro come te, in effetti. Passa a trovarmi, giovanotto, potrebbero
piacerti le mie rinomate torte alla cannella».
«Ne
sono certo, signor Peabody. Ma sarei... sedotto... anche da quelle al
cioccolato, penso» rispose Teddy gentilmente, cercando di
auto-convincersi che no, non gli dava affatto fastidio che persino
Peabody il pasticciere conoscesse i suoi genitori meglio di lui.
Guardò
la stramba coppia allontanarsi lungo la scogliera e si
avvicinò al cancelletto di ferro battuto. Estrasse la
bacchetta magica e cominciò a rimuovere gli incantesimi
protettivi messi dalla nonna, poi attraversò il minuscolo
giardino e, con un Alohomora
ben assestato, aprì il portone di legno laccato.
Entrò
nel soggiorno, mormorò un Lumos e si
guardò attorno incuriosito.
Sì,
gli piaceva lo stile di quella stanza. Era così diverso dal
ricercato soggiorno di casa Tonks! I mobili erano moderni, essenziali,
di semplice legno chiaro. Un divano dall'aria sorprendentemente comoda
fronteggiava un invitante camino.
La
parete opposta era interamente occupata da una libreria
malinconicamente vuota: tutti i libri di suo padre si trovavano infatti
nella biblioteca di casa Tonks.
Macchie
di colore irrompevano qua e là... e non si scorgeva nessun
assurdo – per quanto raffinato
- portaombrelli di ceramica decorato con puttini e ghirlande di frutta.
Teddy
fu assalito da un curioso miscuglio di sensazioni. Non se lo aspettava.
Non pensava che vedere la casa dei suoi genitori potesse essere
così dolce e così amaro allo stesso tempo.
Sospirando
salì la scala che portava al piano superiore. Avrebbe anche
potuto fermarsi in soggiorno, in realtà, ma doveva salire.
Doveva vedere quella
stanza.
Aprì
la porta con mano un po' tremante ed entrò, osservando
affascinato la sua vecchia cameretta.
Un
lettino di legno dipinto di turchese; una cassettiera bianca sormontata
da un grosso specchio; una sedia a dondolo di vimini posta accanto a
una finestra schermata da tende ricamate con minuscoli boccini d'oro;
era tutto come nei ricordi della nonna solo... molto più
spoglio.
Ma
eccolo! Il ragazzo sorrise notando il dipinto incantato che
fronteggiava il lettino: una ninfa sbarazzina inseguiva un elegante
lupo d'argento in una radura illuminata da una placida luna. Teddy si
avvicinò, sfiorando con dolcezza i capelli rosa della ninfa
che si voltò, sorrise gioiosa e riprese l'inseguimento. Il
ragazzo la fissò deliziato, non sapeva neppure
più quante volte aveva chiesto alla nonna di raccontargli
quella storia. In un caldo pomeriggio di luglio l'aveva persino
trascinata nello studio di Harry, costringendola a mostrargli quel
ricordo nel Pensatoio. Lo aveva ancora stampato in mente. Sua madre
che, sfoggiando fiera un vistoso pancione, dipingeva canticchiando
assorta quella scenetta; la nonna che decantava orgogliosa le doti
artistiche della figlia, ereditate da una talentuosa prozia di Ted; suo
padre che osservava scettico la scena, assottigliando contrariato gli
occhi davanti a una luna tonda e piena e, con un furtivo colpo di
bacchetta, la trasformava in una appena calante, affermando sdegnato
che si rifiutava categoricamente di trovarsi davanti il proprio
Molliccio ogni volta che metteva piede nella stanza del figlio. Poi,
improvvisa, la risata di sua madre. Quella risata allegra che tutti gli
avevano sempre descritto come irresistibile, ma che Teddy non
conosceva. E l'abbraccio affettuoso che ne era seguito, e il
meraviglioso stupore che aveva riempito gli occhi di suo padre quando
lui si era energicamente mosso nel pancione della mamma.
Da
qualche parte una pendola suonò le ore.
Teddy
si riscosse, accorgendosi con sorpresa di avere gli occhi umidi.
Guardò l'orologio e se lo tolse a malincuore. Era molto
affezionato a quell'oggetto. Harry glielo aveva donato il giorno del
suo diciassettesimo compleanno. Non era granché, se ne
rendeva conto. Era un semplice orologio d'acciaio; sul quadrante blu
notte spiccavano i numeri argentati e le fasi lunari perfettamente
sincronizzate. Ma per Teddy non esisteva al mondo orologio
più bello. Non poteva tenerlo al polso, però: era
l'orologio di suo padre... quella
notte lo avrebbe indossato lui.
Si
avvicinò alla cassettiera bianca, fissando allibito lo
sconosciuto bruno che lo osservava dallo specchio. Poi si
ricordò della vecchia foto di Hermione e sorrise. Era
strano, per lui. Non cambiava mai il suo aspetto. Ora.
Perché c'era stato un tempo in cui lo aveva cambiato eccome,
invece, nel tentativo disperato di conquistare Victoire Weasley. E solo
per scoprire che lei trovava irresistibile il suo aspetto originale.
Ah,
Victoire... Teddy appoggiò la fronte alla superficie fresca
e liscia dello specchio, venendo riafferrato dall'ormai abituale senso
di colpa. Era davvero giusto andare a salvare i suoi genitori? Solo i
suoi genitori? E tutti gli altri? E Fred? Sarebbe ancora riuscito a
guardare Molly negli occhi?
Victoire
diceva di sì. Sosteneva che due vite salvate valevano
moltissimo e che nonna Molly avrebbe capito. Di più, ne
sarebbe stata felice.
Teddy
si fidava di Victoire e quella era la sua ultima
possibilità. Vent'anni. La Chiave del Tempo non poteva
portarlo indietro più di vent'anni.
Raddrizzò
la schiena con decisione e si passò una mano tra i capelli,
sorpreso dall'inusuale sensazione datagli dalle ciocche cortissime;
quel ragazzo forse si trovava a Hogwarts a combattere, non poteva
mantenere quell'aspetto.
Socchiuse
gli occhi e i suoi capelli virarono a una calda tonalità
ramata, mentre il naso assunse la forma particolare di quello del
pasticciere Peabody. Riaprì gli occhi e si studiò
scettico, rese più paffute le guance e cambiò
leggermente il taglio degli occhi. Purtroppo per il colore non
poté fare nulla: non era mai riuscito a cambiarlo.
Sospirò, scrutando quelle iridi ambrate; fossero state
almeno di un colore più comune... Oh, ma chi si sarebbe
soffermato a osservargli gli occhi nel bel mezzo di una battaglia, in
fondo!
La
pendola batté nuovamente le ore.
Teddy
respirò profondamente, estrasse la Chiave del Tempo dalla
tasca del giubbetto e, colpendola con la bacchetta,
pronunciò il complesso incantesimo rivelato dalla pergamena.
Il
corpo scuro e sinuoso del serpente si sollevò e la fenice
cominciò a pulsare ritmicamente. Veloce, Teddy
ruotò il serpente in senso antiorario per venti volte, una per
ogni anno che voleva attraversare e sfiorò la fenice. Subito
sentì un violento strappo, come se qualcosa lo stesse
risucchiando. Lampi policromi cominciarono a danzare psichedelici
davanti ai suoi occhi e un inconfondibile odore di ozono gli invase le
narici mentre un fastidioso ronzio si amplificava tutto attorno. Poi,
improvvisamente, la calma.
Teddy
si trovò disteso su un lucido pavimento di legno. Sotto di
lui, racchiusa in un cerchio, l'immagine di una grossa fenice color
corallo.
Il
ragazzo si mise carponi, ancora piuttosto scosso dall'esperienza e
alzò lo sguardo: la ninfa dai capelli rosa gli sorrideva
radiosa dal muro, stringendo il povero lupo che pareva sul punto di
morire soffocato. Sempre ammesso che un lupo dipinto potesse soffocare,
ovviamente, pensò confuso Teddy alzandosi in piedi.
Per
un istante ebbe la terribile sensazione che la Chiave del Tempo non
avesse funzionato: era ancora nella sua cameretta. Ma poi si rese conto
che le cose erano diverse. Sopra alla cassettiera bianca troneggiava
una grossa fenice di peluche, nel lettino una trapunta gialla ricamata
con puffole pigmee era aggrovigliata alle lenzuola, come se qualcuno
avesse afferrato il bimbo che vi dormiva per andarsene in tutta fretta.
Un carillon con allegri gufi che si rincorrevano era appeso sopra al
lettino e suonava una dolce ninnananna. Teddy si avvicinò e
lo spense - conosceva quel carillon, lo aveva costruito nonno Ted e la
nonna lo conservava ancora - poi si riscosse e, guardando la Chiave,
notò che la fenice sul coperchio era scomparsa; Teddy sapeva
che era fondamentale tornare lì prima che, scomparendo dal
pavimento, la fenice ricomparisse sulla Chiave chiudendo il Portale per
sempre.
Aveva
solo sette ore a disposizione, ma gli sarebbero bastate: ai suoi
genitori ne restavano di meno.
Si
mise l'oggetto al collo e si Smaterializzò.
O
meglio, tentò di Smaterializzarsi senza successo, prima di
realizzare che i genitori avevano di certo protetto la casa
con un incantesimo Anti-Materializzazione.
Si
precipitò in corridoio, notando un letto matrimoniale
intatto oltre la porta spalancata che fronteggiava quella della sua
cameretta ed evitando per un soffio di travolgere una panciuta lampada
di ceramica. Scese di corsa le scale e si fiondò in
soggiorno. La libreria era stracolma di libri, ora, infilati in tutti
gli spazi disponibili. Una coperta di un rosa acceso giaceva
abbandonata sul divano, accanto a un grosso tomo aperto, mentre su un
basso tavolino di bambù c'erano due tazze di cioccolata
semipiene e un lavoro a maglia, qualcosa di indecifrabile, minuscolo e
azzurro: evidentemente sua madre non era brava come Molly con la lana e
i ferri.
Teddy
osservò commosso quelle tracce della vita quotidiana della
sua famiglia, ogni senso di colpa dimenticato. Avrebbe riportato
lì quei due, a bersi la loro cioccolata. Suo padre avrebbe
finito quel libro e sua madre il suo... be' qualunque cosa fosse. E lui
lo avrebbe indossato con orgoglio. Forse.
Corse
all'esterno e, dopo un breve tentennamento, rimosse l'incantesimo
Anti-Materializzazione: ai Mangiamorte non interessava più
violare quella casetta - erano tutti diretti a Hogwarts, ormai - ma a
lui sarebbe stato molto utile potersi Materializzare direttamente in
camera sua.
Scoccò
un'ultima occhiata alla casa dei genitori - alla sua casa - e si
Smaterializzò.
Ed ecco il primo
capitolo.
Scritto a mio uso e consumo, devo ammettere: mi serviva per conoscere
un po' meglio il mio protagonista, prima di tutto; e poi desideravo
ardentemente dare una sbirciatina alla "vita quotidiana"
della famiglia Lupin. La Rowling ci ha detto talmente poco, in
proposito...
Parlando di capitoli, la volta scorsa - travolta
dall'emozione della mia prima volta su un sito di ff - ho dimenticato
allegramente di avvisare che la mia storia è già
completa (devo solo ricontrollarla) ed è composta da: un
Prologo, cinque capitoli (i primi due piuttosto brevi, gli altri
lunghetti anziché no) e da un Epilogo. Sette capitoli in
tutto. Evocativo, vero?
Desidererei poi assicurare a tutti i fortunati possessori di raffinati portaombrelli
di ceramica decorati con puttini e ghirlande di frutta che,
personalmente, non ho particolari idiosincrasie nei confronti di detti
simpatici oggetti. Pare che Teddy sia piuttosto prevenuto nei loro
confronti, però...
Ora una cosa un po' strana per me. Non so bene come farlo, in
effetti... ma credo che ringraziare coloro che mi hanno recensita
sia un piacevolissimo dovere, soprattutto perché mi
hanno colta alla sprovvista! Davvero, non me lo aspettavo
essendo nuova e sconosciuta in questi lidi... quindi:
FunnyPink:
Grazie per avermi donato la mia prima recensione in assoluto! Sono
lusingata di avere - parole tue - "scatenato
la tua curiosità", be', eccoti l'inizio della
storia. Una cosa, ho adorato descrivere il fare paterno di Harry con
Ted, perché sono convinta che il loro rapporto sia davvero
speciale. Harry, in fondo, può rivedere se stesso nel
figlioccio, quindi lo comprenderà come nessun altro.
Perché lui sa perfettamente cosa può provare
Teddy. Lui lo sa.
Piccola Vero:
Grazie anche a te! Credi sia l'inizio di un'ottima fan fiction, dici?
Speriamo! Mi auguro solo che questo breve capitolo non ti abbia
già fatto ricredere, però... ^^
Kamen:
Grazie per la fiducia! Mi fa piacere che tu abbia apprezzato il modo in
cui ho trattato i personaggi di J.K. Sono stata attenta ad evitare le
insidie dell'OOC, ma sai com'è, a volte si scivola
ugualmente, ahimé. E sì, il mio intento
è proprio quello di cercare di mantenere vivi Remus e Tonks
partendo dal Canon. Sono lusingata che l'idea ti piaccia, e sono ancora
più lusingata dal fatto che, secondo te, la trovata della
Chiave del Tempo regga. Spero tu abbia gradito anche il modo in cui
funziona.
Trick:
Be', cosa dire... che sono rimasta ammaliata
dalla tua recensione? Davvero, mi ha fatto molto piacere sapere che il
"mio" Teddy ti è piaciuto; il mio timore era proprio che
risultasse troppo diverso da quello normalmente presentato dalle fan
fiction... ma, purtroppo, io non riesco a vedermelo con i capelli
turchesi (se non in alcune sporadiche e motivate occasioni) donnaiolo
(forse perché lo vedo innamorato) e, soprattutto, buffone
(secondo me Teddy, per la sua particolare storia, è proprio
quello meno credibile come buffone) credo, insomma, di immaginarlo
proprio come un "modesto
ragazzo con il talento del padre". Oh, e soprattutto,
nessuno aveva mai definito i miei dialoghi disinvolti prima di
te, davvero... e la cosa mi piace moltissimo!
Kloe2004:
Grazie! Addirittura favolosa? Be', sai che ti dico? Non siamo le uniche
due a pensarla così: pare che anche Teddy sia rimasto
piuttosto deluso dal fatto di non avere potuto conoscere e vivere con i
suoi genitori... ;)
E grazie anche a
tutti quelli che hanno inserito la storia tra le seguite e,
incoscientemente, tra le preferite... e, perché no, grazie
anche ai membri del mio personale E.S.
(vale a dire Esercito
dei Silenti).
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