Tobiume (io non sono una spada)
Ah.
Un’altra
magnifica giornata in ufficio. Lei è lì che scartabella, mentre io me ne sto
appoggiata allo stipite della porta, inerme. Ho persino cercato di reclinarmi
un po’, per farle dispetto, ma non è servito a niente.
Noia.
Lei
scrive. Scrive, scrive, scrive. Legge. Scrive. Come se non fosse capace di fare
altro. Ah, beh, ma io l’avevo detto fin da subito, infatti. Solo che qui farsi
ascoltare è difficile, ed avere ragione è una colpa. Ma io non ho paura dei
rimproveri dei benpensanti di turno. Con lei ho instaurato un rapporto ancora
più meschino, che si fonda sulla delusione.
Reciproca.
So
perfettamente di non piacerle granché, ma tranquilli, non è niente rispetto a
quanto lei non piaccia a me. Cielo, le ho provate tutte per metterle un po’ di
forza d’animo nelle ossa, per farne al minimo una brutta copia di guerriero,
per dirle perlomeno di fare qualcosa per quella sua crocchietta di capelli da
bravo tesorino di papà. Qualcosa, qualunque cosa, povera me.
Che?
Polemica io? Anime dolci, vi sbagliate di grosso. Volete provarci voi, ad
essere la spada di qualcuno che non vuole usarvi? Che se potesse vi muterebbe
in un mazzolino di fiori di campo, per innaffiarvi di buoni sentimenti, e poi
distribuirvi in giro assieme a sorrisi e moine?
Ah,
come sono arrabbiata.
Non
faccio altro che vibrare per sentimenti che non mi appartengono. Sono un osso
rotto che duole prima che arrivi la pioggia, senza che gli interessi farlo,
semplicemente costretto dalle circostanze.
Ci
assomiglio pure, ad un osso rotto, guarda un po’.
Momo.
Momo,
tesoro, tesoro mio. Di preciso. Di preciso, tu che cosa ci fai qua? No, è una
domanda seria, la mia, tu che cosa ci fai nel Gotei? Assieme a tutta quella
gente che brandisce un’arma e combatte? Si chiamano guerrieri, angelo mio,
lascia che ti spieghi. Si chiamano guerrieri, e fanno la guerra. Altrimenti si
chiamerebbero gioiellieri, e farebbero gioielli; oppure tessitori, e
tesserebbero i tessuti. E invece – pensa un po’ – si chiamano guerrieri, e fanno
la guerra. E tu, che la guerra non la vuoi fare, con loro c’entri meno del
limone nel sakè.
Come?
Difendi le persone care dagli attacchi dei cattivoni? Ma non mi dire, che
fantasia. E servi fedelmente il Capitano Aizen, quell’anima nobile, illuminata
dalla bontà e dalla compassione? Awn, adorabile sei.
Momo,
dolce cucciolo di cerbiatto, adesso ti rivelerò un segreto: sono una spada, io,
una spada. Presente quelle lunghe lame affilate che servono a falciare i
nemici? No, non l’erba cresciuta nel prato, amore mio, i nemici. Ne-mi-ci, sai?
Che non sono per forza quelli grossi, brutti e neri che fanno tanta bua ai tuoi
Shiro-chan e ai tuoi Kira-kun.
I
nemici sono tante cose. Sono innanzitutto carne da macello.
Cibo.
I
nemici sono tutto ciò che tu vuoi che ti sia nemico. Certo, se soltanto tu
volessi farti nemico qualcosa.
-
Schiocca, Tobiume! –
Ti
sei mai chiesta, Hinamori Momo, perché la tua Zanpakuto non sia nemmeno una
spada?
ANGOLINO
Eccoci qui con il nuovo
capitolo. Un po’ in ritardo, lo so, ma i ritmi estivi mi hanno sballottata del
tutto, e come se non bastasse sto producendo una quantità imbarazzante di
shots, oltre che nuove long, giusto per tenermi impegnata un po’ di più, eh.
NOTA: vi devo delle spiegazioni, qui. Come sarebbe a dire
che Tobiume non è una spada? È una Zanpakuto, no? Naturalmente lo è, questo è
ovvio, ma la sua forma, oltre che il suo potere, più che una spada la fanno
assomigliare ad un grosso diapason. E il diapason che cosa fa, se non propagare
delle vibrazioni? Ecco che quindi quest’arma assume una doppia connotazione,
quella di amplificare un’energia, che è poi l’essenza del suo attacco, ma anche
quella di amplificare delle emozioni.
È un’arma, è chiaro, ma a lei
pare di non esserlo. Ed è questa la chiave di tutto.
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