LA
CHIAVE DEL TEMPO
Capitolo
Quarto
Hogwarts: l'attesa
«Avete
combattuto valorosamente. Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. Ma
avete subito pesanti perdite. Se continuerete a resistermi, morirete
tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni
goccia
di sangue magico versata è una perdita e uno spreco.
Lord
Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di
ritirarsi, immediatamente.
Avete
un'ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i
vostri feriti.
Ora,
Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te. Tu hai consentito che i
tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti
aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un'ora non ti
sarai
consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi
prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti
troverò
e punirò fino all'ultimo uomo, donna o bambino che
abbia
cercato di nasconderti a me. Un'ora»*
La
voce metallica di Voldemort, amplificata magicamente,
risuonò forte e chiara in tutto il Parco.
Un
silenzio
attonito e innaturale calò improvviso su Hogwarts: niente
più lampi, urla o schianti, sembrava che i combattenti
fossero
stati pietrificati dal gelo che trasudava da quella voce e dalla
crudeltà di quel proclama.
Teddy
rabbrividì, pur essendosi aspettato quelle parole, pur
sapendo
che da quella terribile proposta sarebbe scaturito il trionfo dei
difensori di Hogwarts. Il trionfo di Harry.
Trionfo... il
giovane ricordò l'orrore che colmava gli
occhi della ragazza inseguita da Greyback, rivide il corpo del
ragazzino in cui aveva rischiato di inciampare e ripensò al
velo
di dolore che adombrava lo sguardo del padrino quando raccontava
quegli avvenimenti. No, forse trionfo non era il termine più
adatto. Quella vittoria esaltante ed eroica era in realtà
costata un prezzo atroce, che lui non aveva mai davvero compreso. Fino
a
quella sera.
Turbato,
Teddy
alzò istintivamente lo sguardo. Il cielo notturno aveva
sempre
avuto il potere di tranquillizzarlo, fin da quando era bambino, ma
quella volta non funzionò: le stelle, non più
offuscate
dai sinistri bagliori degli incantesimi, risplendevano fredde, lontane
e indifferenti alla disperazione degli uomini che assistevano sgomenti
alla ritirata dei Mangiamorte, e non gli diedero alcun conforto.
Un
lieve fruscio
al suo fianco lo riscosse, ricordandogli che non era solo. Stupito,
Teddy realizzò che c'era un motivo ben preciso per cui aveva
sempre cercato consolazione nella volta stellata... anzi, due.
E
ora quei due motivi erano lì, in carne e ossa, davanti ai
suoi
occhi. Tangibili, vivi e assolutamente raccapricciati dallo spaventoso
ricatto di Voldemort.
Tonks,
ancora
più pallida di quello che già era, stringeva
convulsamente il braccio del marito, gli occhi scuri dilatati
dall'angoscia. «Harry? Da solo al cospetto di Voldemort? Ma
sarebbe un suicidio».
Remus,
visibilmente preoccupato, scrutò interrogativo Teddy che
abbozzò un sorriso tranquillizzante. Il licantropo
annuì
e tentò di rassicurare la moglie: «Questo
proclama è la prova che Harry sta bene e che Voldemort non
è poi così sicuro di potercela fare.
Misericordioso...
figuriamoci! Harry sa come deve agire. Lo sa. Ho una
fiducia assoluta in lui».
Tonks,
apparentemente confortata dalla sicurezza del marito,
squadrò incuriosita Teddy e Remus
spostò a sua volta l'attenzione sul ragazzo, un lampo
giocoso
negli occhi rilucenti. «Oh, certo, lui è...
Dorian. Dorian
Johnson».
Teddy
lo
fissò contrariato. Dorian Johnson? Ma che razza di nome era
andato a pescare? Poi colse il sottile gioco di parole e sorrise
ammirato: il padre stava giocando con la sua vera
identità. Dorian Johnson. Di Dora, figlio di John.
Però!
Nessuno gli aveva mai detto che Remus John Lupin era un raffinato
enigmista.
«Dorian
mi
ha salvato la vita» proseguì pacato il licantropo,
indicando a Tonks un punto della radura. «Non fosse stato per
lui
avresti trovato il mio corpo proprio lì» si
azzittì
improvvisamente, pensoso.
La
donna guardò inorridita il posto indicato e
scoccò un'occhiataccia al marito.
«Ecco,
vedi
che avevo ragione io? Ti lascio solo cinque minuti e tu che fai? Pensi
bene di improvvisarti eroica salma!»
«Ninfadora...»
La
strega
sbuffò e abbracciò di slancio Teddy che, sorpreso
e
deliziato, tentò disperatamente di mantenere un ferreo
autocontrollo su capelli e lineamenti. Non fu affatto facile:
perché nessuno aveva mai pensato di dirgli che sua madre
odorava
di mughetto?
«Grazie,
Dorian. Questa sera tu non hai salvato solo la vita di Remus, sai? Ma
anche la mia. Se mi fossi imbattuta nel suo corpo... non so cosa avrei
potuto fare. Non credo sarei riuscita a combattere ancora... o a
difendermi da Bellatrix» mormorò la strega, poi si
sciolse
dall'abbraccio schioccando un bacio sulla guancia di Teddy che, non
sapendo bene cosa rispondere, si
aggiustò imbarazzato il giubbetto e abbassò gli
occhi per evitare che la madre li
osservasse troppo attentamente. Certo, non era dotata della prodigiosa
vista notturna di un licantropo, lei, ma non gli sembrava una cattiva
idea mantenersi cauto.
Remus
fissava la
radura, cupo e silenzioso - Teddy suppose stesse rimuginando sulla
dinamica della morte di Tonks - quando la moglie gli si
avvicinò
cauta,
inspirò profondamente e, dopo essersi schiarita la voce,
domandò rassegnata: «Stai
per sgridarmi?»
L'uomo
sgranò gli occhi, sorpreso. «Cosa?» poi,
sentendo la
risatina soffocata di Teddy e avvertendo un'acuta sensazione di
Déjà vu, chiese esasperato: «Ma
perché oggi
mi fate tutti questa domanda? Non mi pare di essere solito andare in
giro a sgridare la gente».
La
strega lo
guardò, esitante. «Harry mi ha raccontato che una
volta
gli hai fatto una solenne ramanzina sull'ingratitudine verso il
sacrificio altrui».
Remus
si
sfregò stancamente la fronte e sospirò.
«Dovrò fare due chiacchiere con Harry... non
pensavo che
questa cosa lo avesse tanto traumatizzato».
Tonks
abbozzò un sorriso intenerito. «Infatti non lo ha
traumatizzato, Remus. Lo ha estasiato. Finalmente aveva un adulto che
si preoccupava per lui, che teneva a lui. Che lo trattava come lo
avrebbe trattato un padre. Come lo avrebbe trattato James».
«Oh.
Comunque, tornando a noi, no, Ninfadora, non ho nessuna intenzione di
sgridarti. Potrò anche fare una ramanzina a un tredicenne
incosciente ma... non a mia moglie».
«Sarà.
Però sei arrabbiato con me».
«No,
Ninfadora, non sono arrabbiato con te».
«Si
che lo sei. Mi stai chiamando Ninfadora. Lo fai solo quando sei
arrabbiato».
«Va
bene,
sono un po' alterato, Ninfadora»
ammise Remus, sottolineando
ironico il nome della strega. «Ma solo un pochino».
«Davvero?»
«Davvero.
Oh, sei impossibile, a volte. E cocciuta. E fai sempre, costantemente,
di testa tua. Ma... sei tu» concluse dolcemente,
accarezzandole i
capelli che cambiarono subito tonalità di colore. Poi
sorrise
malandrino e aggiunse: «Inoltre non è vero che ti
chiamo
Ninfadora solo
quando sono arrabbiato. Mi viene in mente almeno un
altro stato d'animo, in effetti».
La
giovane donna
ridacchiò, maliziosa. «Vero. Ma non penso che tu,
al
momento, sia in quello
stato d'animo, Remus. Non con Dorian presente,
per lo meno».
Remus
sbirciò "Dorian",
arrossendo leggermente e Tonks, scoppiando nella
sua risata contagiosa, gli scompigliò affettuosamente i
capelli.
«Appunto».
Il
licantropo
sussultò e la strega si fermò sorpresa, tastando
con
delicatezza un punto appena sopra la tempia sinistra del mago.
«Cosa... Remus, hai un bernoccolo grosso come una noce,
qui!»
Teddy
si
avvicinò preoccupato, mentre Remus mormorava: «Non
è nulla. Sono solo una sfortunata vittima del fuoco
amico».
Tonks
agitò
decisa la bacchetta e una calda luce aranciata avvolse il capo del
licantropo che si sfiorò cauto la tempia e
sospirò di
sollievo, realizzando che il grosso bernoccolo era scomparso.
Teddy
si
lasciò sfuggire un'esclamazione ammirata e la strega si
schernì sorridendo: «Sono espertissima nel curare
bernoccoli, graffi e lividi. E' fondamentale per me: funzionale per
l'Auror, utile per la signora Lupin e indispensabile per Tonks. Ma
scusa, Remus, cosa intendi, esattamente, con sfortunata vittima del
fuoco amico?»
Il
mago
sospirò e gemette. «Sibilla. E' piombata nella
radura,
offrendosi di aiutarmi e ha cominciato a scagliare di tutto. Be',
sarà anche dotata di un formidabile occhio interiore... ma
con
quelli esteriori non ci siamo proprio! Credo che Aberforth sia stato
centrato da una teiera, a un certo punto. Quando ha colpito me, invece,
era appena passata alle sfere di cristallo».
Tonks
ridacchiò, accarezzando dolcemente la parte appena risanata.
«Povero amore mio. Da oggi il tuo Molliccio avrà
anche
più senso».
«Già.
Fortuna che sono riuscito a convincere Sibilla ad andare a combattere
dentro il Castello. Spero che l'illuminazione di torce e candele abbia
limitato i danni».
Tonks
sorrise, oscillò e si aggrappò a Remus, che la
sostenne prontamente.
«Che
succede, sei ferita?»
La
strega scosse
il capo e tentò di staccarsi dal marito che, in risposta, la
strinse più forte a sé. «No, non
è nulla.
Sono solo un po' stanca, Remus, nessun fuoco amico, per me».
Il
mago la fece
accomodare sul tronco e le si sedette accanto, mentre Teddy prendeva
posto sul sasso usato in precedenza dal padre.
«Dora,
non
per insistere col “te
lo avevo detto”, ma... perché
pensi che ti abbia chiesto di rimanere a casa, questa sera? Non sei
ancora in forma, tesoro. Hai appena avuto un bambino».
Tonks
trattenne uno sbadiglio e rispose piccata: «Anche
tu!»
Remus
la
guardò, vagamente esasperato, ma le rispose con una dolcezza
infinita. «Sì, certo, anch'io. Ma il processo mi
ha
coinvolto molto di meno. Diciamo che io mi sono limitato alla parte
divertente, lasciando a te il grosso del lavoro?»
La
giovane strega
sogghignò e annuì. «Be' sì,
questo è
vero. E quel piccolo ingrato ha pensato bene di uscirsene identico a
te!» guardò Teddy e rimarcò:
«Davvero, sai?
Praticamente la sua versione bonsai» sorrise orgogliosa, poi
sbirciò il marito, sorpresa. «Be', non mi
contraddici
spergiurando che è identico a me?»
Remus
fissò Teddy, assorto. «No, hai ragione tu,
fisicamente assomiglia a me; la mia versione bonsai».
Tonks
aggrottò la fronte, sospettosa, e Remus le sorrise
enigmatico. «Penso di avere avuto una breve visione del
futuro.
Forse venire colpiti in testa da una sfera di cristallo ha questo
effetto collaterale».
Tonks
gli
tastò la tempia, preoccupata. «O, forse, sei stato
colpito
più duramente di quanto pensassi».
Dal
lago
provenivano rumori insoliti. Alcuni uomini costeggiavano la
riva gettando, di tanto in tanto, qualcosa - lance, probabilmente -
nelle acque scure e
tranquille. Teddy osservò
perplesso i loro occhi fluorescenti: possibile che fossero tutti...
«Licantropi?»
Tonks espresse ad alta voce i suoi stessi pensieri.
«Sì,
Dora, licantropi. E non licantropi qualsiasi» Remus sembrava
piacevolmente stupito. «E' il branco di
Greyback. Sono
passati dalla nostra parte... e davvero non riesco a spiegarmene il
motivo».
Un
vecchio alto e
sottile uscì dal folto della Foresta e si diresse verso il
lago.
Indossava una semplice tunica chiara e i lunghi capelli bianchi,
scompigliati dal vento, si confondevano con la barba folta. Sembrava
irreale alla luce della luna: un fantasma d'argento, non troppo
dissimile da quelli che popolavano le sale di Hogwarts. Solo gli occhi
risplendenti, da predatore notturno, rivelavano la sua natura.
Tonks
sussultò, trattenendo il respiro. «Merlino, per un
istante
ho creduto di vedere il fantasma di Silente».
Remus
la strinse a
sé e annuì, osservando il vecchio inginocchiarsi
con
fluida eleganza accanto a una delle sagome scure abbandonate sull'erba
e scuotere il capo, avvilito. «Sì, è
vero,
Ambrosius assomiglia molto a Silente. E non solo fisicamente, te lo
assicuro. Gli devo parecchio, sai? Ha reso più sopportabile
il
mio soggiorno presso il branco di Greyback».
Teddy
sbirciò incuriosito il padre, sorpreso dall'affettuosa
ammirazione che vibrava nellla sua voce.
Stava
per porre
qualche domanda in merito, quando venne distratto dall'arrivo di due
ragazzi dai capelli scuri. Il più alto si
accovacciò
titubante accanto alle macerie del gargoyle, mentre l'altro si
avvicinò alla loro postazione. Teddy si trovò
così
a fissare negli occhi un giovanissimo e malconcio Neville Paciock che,
scorgendo solo un'imponente siepe di agrifoglio, spostò
rapido
lo sguardo altrove, alla frenetica ricerca di qualcosa.
«In
questa
radura non c'è nessuno, Neville. Ne' morti ne' feriti. Io
direi
di proseguire» propose sollevato il ragazzo più
alto.
«Sì,
Oliver, percorriamo il sentiero che porta al Castello»
Neville
indicò il vecchio che, inginocchiato accanto a un'altra
sagoma
scura, agitava la bacchetta con piglio esperto. «In riva al
lago
sono già arrivati i soccorsi».
Oliver
annuì, e i due ragazzi se ne andarono un po' rinfrancati.
Teddy
sapeva, però, che il loro timido sollievo si sarebbe spento
poco
oltre, infrangendosi crudelmente contro il corpo minuto di un ragazzino
biondo.
«Andiamo.
Aiutiamoli a recuperare i feriti». Tonks tentò di
alzarsi,
ma Remus la fece risedere accanto a sé.
Teddy
pensò freneticamente a una scusa che convincesse la madre a
restarsene lì, ma Remus lo precedette.
«Non
mi pare
il caso, Dora. Guardaci, se ci presentassimo al Castello
così
conciati Madama Chips ci rinchiuderebbe a forza in infermeria, a costo
di Schiantarci con la sua stessa bacchetta».
Tonks
scrutò il marito e sorrise. «Sì,
è
possibile. Forse faremmo davvero meglio a restare qui a riposare in
attesa che ricominci la battaglia perché, in effetti, tu non hai
una gran bella cera, Remus».
«Be',
l'altra notte c'è stata luna piena... e poi neppure tu hai
una gran bella cera, sai?»
«Be',
l'altra notte c'è stata luna piena»
ripeté con
impertinente tenerezza la strega. «Il primo plenilunio dalla
nascita di Teddy, la mia prima notte sola con lui... e tuo figlio ha
pensato bene di fare le ore piccole! Era vispo come un Billywig, non ne
voleva proprio sapere di
dormire. Ho fatto esattamente quello che fai tu di solito: mi sono
seduta sulla sedia a dondolo nella sua cameretta cantandogli una
canzone e cullandolo. Ma lo sai anche tu che con me non
funziona».
Remus
ridacchiò. «Dora, io gli canto delle ninnananne.
E, con
tutta la buona volontà, non credo che “Incanta la
Manticora”...»
«“Schianta la Manticora”»
lo ripresero, in perfetta stereofonia, Teddy e Tonks.
Remus
sbuffò, guardando accigliato il figlio. «Va bene,
“Schianta la
Manticora” possa essere definita tale».
«E'
una bellissima canzone!» protestò la strega.
«Vero»
approvò Teddy. «Una delle più belle
delle Sorelle
Stravagarie. Ha un ritmo davvero irresistibile».
Remus
spostò lo sguardo dall'una all'altro e scosse il capo,
sconsolato.
«Ah,
vedo
che te ne intendi di musica, Dorian! A differenza di qualcun
altro» affermò Tonks con entusiasmo,
guardando in tralice
il marito. «Le canzoncine che gli canta lui sono di una noia
mortale».
Teddy
osservava i
genitori con sommo interesse, chiedendosi allibito come potessero
amarsi due persone diverse tra loro come il giorno e la notte. Come il
sole e la luna. Come lui e Victoire, in effetti...
«Sono
ninnananne,
Dora» si difese subito Remus, contrariato. «Il
loro scopo è
annoiare, suppongo... devono fare dormire, mica
intrattenere».
«Oh.
Vuoi dire che per fare addormentare nostro figlio tenti,
coscientemente, di annoiarlo a morte?»
«Sì.
Cioè, no! Io...»
Tonks
sorrise,
sinceramente ammirata. «Malandrino! Sirius mi aveva avvertita
di
fare attenzione al tuo lato oscuro» mormorò,
appoggiando
la testa sulla spalla del marito. «Non era al piccolo
problema peloso che si riferiva, vero?»
Remus
sogghignò e, cingendo la moglie con il braccio, l'avvolse
nel proprio mantello. «No, infatti».
La
strega
annuì, rilassata, scrutando con attenzione Teddy.
«Hai
un'aria familiare sai, Dorian? Soprattutto il naso. Ma non credo di
ricordarmi di te... non eri di Tassorosso, immagino».
Teddy
scosse il capo, rispondendo senza riflettere: «No, di
Grifondoro».
Si
azzittì
subito, inquieto; e se la madre avesse chiesto di lui a Harry?
Guardò allarmato il padre che gli sorrise rassicurante, una
scintilla di compiaciuto orgoglio nello sguardo.
Tonks,
tentando
con scarsissimi risultati di trattenere l'ennesimo sbadiglio, si
accomodò meglio nell'abbraccio del marito e
sussurrò:
«Oh, mi piacciono molto i Grifon...»
Non
terminò la frase e Teddy, sconcertato da quella brusca
interruzione, le si accostò ansioso.
Remus
ridacchiò, sfiorando con le labbra la fronte della moglie.
«Tranquillo Teddy... si è solo
addormentata».
«Così
all'improvviso?»
«Sì.
Le capita, a volte... e non preoccuparti, non si ricorderà
assolutamente della tua strepitosa
Casa di appartenenza».
Teddy
annuì, sollevato, e riportò l'attenzione sulla
madre.
«Dev'essere davvero esausta, poverina. Pensavo fosse svenuta,
ma... sono
così distruttivo?»
Remus
ci
pensò un istante, poi sorrise. «Sei impegnativo,
indubbiamente, ma non ci lamentiamo. E non è colpa tua
questo
tracollo. Le capitava anche prima che tu nascessi. La prima volta che
lo ha fatto in mia presenza mi sono preso anch'io un bello
spavento. Avevamo appena finito di fare...»
Si
azzittì all'improvviso, imbarazzato.
Teddy,
intuendo la
natura di quel turbamento, si sporse verso il padre e, ormai
rassicurato sulla salute materna, sogghignò malandrino.
«Sì? Avevate appena finito di fare? Vediamo se
indovino...
eri nello stato d'animo di chiamarla Ninfadora pur non essendo per
nulla arrabbiato, scommetto».
Dopo
un attimo di
smarrimento, Remus rispose sfoggiando un identico sorriso.
«Avevo
completamente rimosso il fatto che nelle tue vene scorre anche un po'
del sangue di Sirius, sai? Be', me lo hai appena ricordato».
«Ne
sono davvero lusingato. Ma non cambiare discorso, avevate appena finito
di fare? Continua».
«Non
ci penso neppure. Non parlerò di quello!»
«Nemmeno
con me?»
«Soprattutto
non con te».
«Ma
sono grande, ormai. Ho già compiuto vent'anni».
«Non
te ne
parlerei neppure se ne avessi compiuti ottanta, di anni, Teddy, mi
dispiace. Ed è inutile che tenti di irretirmi con il celebre
fascino Black, la lunga convivenza con Sirius mi ha reso
immune».
«Va
bene, non tenterò d'irretirti ma...togli uno zero».
Remus
trasecolò. «Come?»
«Se
stai parlando di quello che penso, affronteremo quell'argomento
quando di anni ne compirò otto».
Remus
sgranò gli occhi, visibilmente scosso. «Come otto?
Non è un po' precoce come cosa?»
Teddy
fece
spallucce. «Non saprei. Ma avevo quell'età quando
ho
chiesto a Harry di spiegarmi come nascono i bambini. Suppongo che ora
lo chiederò a te. Se può consolarti, sappi che
lui ha
fatto più o meno la stessa faccia che hai tu ora... e a
rispondermi è stato Ron».
Un
lampo di
preoccupato raccapriccio attraversò gli occhi di Remus.
«Ron? Ronald Weasley, intendi? Oh... ed è stato...
er...
esauriente?»
«Non
particolarmente, no. Per una terribile manciata di minuti ho avuto
l'agghiacciante convinzione che, per diventare papà, avrei
dovuto farmi pungere da un'ape mentre porgevo dei fiori a una ragazza.
In effetti avevo già stabilito che la paternità
non mi
interessava affatto. Ma poi è intervenuta Hermione
a
chiarirmi le idee. Lei sì che è stata
esauriente».
Remus
annuì, sollevato. «Hermione. Perfetto. Ho otto
anni di
tempo per escogitare il modo di chiederle come affrontare l'argomento
senza sembrarle un maniaco depravato. E poco informato sui fatti
basilari della vita, per di più».
Un
improvviso rumore di passi
attirò l'attenzione dei due maghi.
Un ragazzo si dirigeva deciso
verso la Foresta guardandosi attorno con malinconica
avidità,
come se desiderasse disperatamente imprimersi nella memoria ogni
minima sensazione. Giunto al limite della radura si fermò,
esitante, gettando una rapida occhiata verso il Castello. La luce della
luna si
riflesse sulle lenti dei suoi occhiali e Teddy, con un tuffo al cuore,
riconobbe la versione adolescente del padrino.
Il
giovane Harry
respirò profondamente, si portò una mano alla
fronte,
raddrizzò la schiena con fierezza e si inoltrò,
sicuro,
nella Foresta Proibita: la sua terribile decisione era stata
definitivamente presa.
Teddy
lo
guardò con dolore e ammirazione. Avrebbe dato tutto quello
che
aveva per poterlo aiutare, ma sapeva perfettamente che non era il suo
aiuto quello che Harry cercava. Non era l'aiuto dei vivi. Harry era
già proiettato oltre.
«Harry»
la voce roca di Remus era poco più di un sussurro disperato.
«Harry ha deciso di accettare? Si presenterà da
solo al
cospetto di Voldemort?»
Teddy
si
voltò, scrutò il volto pallidissimo del padre e
gli
sfiorò con dolcezza la mano che stringeva spasmodica l'orlo
del
mantello, le nocche bianche per lo sforzo di impedirsi di afferrare la
bacchetta. Teddy era convinto che, se non fosse stato intralciato dal
peso della moglie addormentata, Remus si sarebbe già
lanciato
all'inseguimento di Harry. E, questa volta, solo uno Schiantesimo
avrebbe potuto fermarlo.
«Sì,
Harry ha accettato la proposta di Voldemort. Sostiene di non
avere avuto scelta. Non poteva permettere che altri morissero per lui.
Ma non sarà solo. Non lo sarà... presto
verrà
affiancato da alleati straordinari».
Remus
guardò il figlio, confuso, e Teddy sorrise. «Non
credo
spetti a me raccontarti questa storia. Sarà Harry stesso a
farlo».
Remus
abbassò gli occhi, accarezzando distrattamente il braccio
della
moglie e mormorò con amarezza: «Ancora una volta
non sono dove dovrei essere; ancora una volta non
posso aiutarlo come vorrei; ancora una volta sono costretto ad
infrangere la promessa che feci a James».
Sospirò
mesto e indicò la Chiave del Tempo: «Quando
ho scoperto quella
il mio primo pensiero è andato a Harry, sai?
Mi sono subito chiesto se avrei potuto utilizzarla per migliorare la
sua vita. Avrei voluto con ogni fibra del mio essere tornare alla sera
della morte di James e Lily, ma non avrei potuto in nessun modo salvare
loro due senza cambiare il corso della storia. La terribile
verità è che, senza la loro morte, Voldemort non
sarebbe
mai stato fermato».
Teddy
annuì
comprensivo e Remus continuò. «Il secondo pensiero
è stato per Sirius. Avrei potuto salvare lui, ridando a
Harry
almeno il suo padrino? Ma la risposta è stata ancora no.
Anche
una mia comparsa al Ministero avrebbe rischiato di cambiare il corso
della storia. Sirius era nel mezzo della battaglia, avrei
dovuto
deviare l'incantesimo di Bellatrix? Schiantandola, forse? E come
avrebbero reagito gli altri Mangiamorte? Ci sarebbe finito qualcun
altro dietro a quel maledetto Velo? Harry stesso, magari? Senza contare
che Sirius non sapeva dell'esistenza di una Chiave del Tempo, per
convincerlo a non combattere più avrei dovuto Schiantarlo. E
non
ce l'avrei mai fatta, ci sarebbero state troppe persone pronte a
fermarmi. A cominciare dall'altro me stesso. Avrei dovuto impedire a
Sirius di lasciare Grimmauld Place? Ci ho provato anche nella versione
originale con scarsissimi risultati» sorrise malinconico.
«Non ne ha voluto sapere, mi ha ringhiato minaccioso che un
licantropo impagliato sarebbe stato divinamente nell'ingresso, tra la
zampa di troll e il ritratto di Walburga, e ha fatto quello che
riteneva giusto. Come sempre. Così ho dovuto rinunciare ad
usare
la Chiave per Harry» Teddy annuì di nuovo. Era
consapevole
di avere potuto cambiare il destino dei genitori solo perché
i
due erano morti lontani dal centro della scena.
«E
mi sono
ripromesso» continuò avvilito Remus.
«Per l'ennesima
volta, di restargli accanto almeno io... e invece eccolo lì,
tutto solo al cospetto di Voldemort. Del resto forse è
meglio
così, l'unica volta che ho avuto davvero la
possibilità
di proteggerlo ho rischiato di sbranarlo».
Teddy
scosse la
testa esasperato, dandogli un colpetto punitivo sulla mano; avrebbe
dovuto mettersi davvero d'impegno per migliorare l'autostima del padre.
«Smettila di dire sciocchezze e convinciti del fatto
che Harry ha già chi lo sta aiutando, ora. Tu potrai
aiutarlo
dopo. Perché lui ha ancora bisogno di te, ne ha un bisogno
disperato».
Voci
esaltate risuonarono nella radura. Avvolti nella calda
luce delle torce, alcuni uomini uscirono dalla Foresta, allegri e
festanti. Tra loro risaltava una sagoma enorme
che camminava lenta e silenziosa, stringendo con protettiva tenerezza
qualcosa tra
le braccia. Teddy fu colpito dal dolore disperato che emanava quella
figura possente.
«Hagrid»
notò teso Remus. «E porta in braccio qualcosa
ma...»
«Non
ti
impressionare, va tutto bene. E' Harry quello che Hagrid porta tra le
braccia... ma sta bene. Sta solo fingendo».
Remus
annuì, stringendo convulsamente Tonks che
protestò nel sonno.
Teddy
scrutò il lago, ora placido e calmo, da lontano giunsero
improvvisamente urla disperate, seguite da una risata agghiacciante.
Dopo qualche tempo si levarono altre grida, quasi di giubilo e di nuovo
il cielo fu illuminato da lampi colorati: la battaglia era
ricominciata.
I
tritoni riemersero fieri dalle acque, ascoltando impotenti i rumori di
un combattimento a loro precluso.
Un
rombo, come di
temporale, attirò l'attenzione di Teddy che
guardò
allibito il cielo limpido. Poi il rumore si fece più vicino
e il
ragazzo comprese: non erano tuoni, ma zoccoli di cavalli lanciati a un
furioso galoppo.
Nella
radura
irruppero con impeto alcuni centauri, gli archi tesi, le frecce
già incoccate, e si diressero minacciosi verso il Castello.
Al
limitare della Foresta un esemplare solitario, scuro come la notte,
osservava la scena immobile, le braccia conserte, la testa
sdegnosamente eretta.
«Anche
i centauri hanno deciso di unirsi a noi?» chiese incredulo
Remus.
Teddy
annuì, mentre i rumori della battaglia continuavano a
riecheggiare in lontananza.
Un
gruppo di
licantropi, guidato dall'uomo apparso accanto a Teddy nella radura,
correva rapido e silenzioso verso il Parco. Ambrosius li seguiva con
più calma
e, notato il centauro solitario ancora immobile nella sua postazione,
gli si accostò con cautela. Il centauro lo guardò
scalpitando, scosse la testa un paio di volte, agitando scontroso la
folta coda bruna, ma ascoltò il vecchio, esitò
ancora un poco e
poi si lanciò, sbuffando, verso il Parco. Il licantropo
sorrise
soddisfatto, rivolse un cenno di saluto ai tritoni e lasciò
a
sua volta la radura.
Teddy
realizzò che nessuno gli aveva mai raccontato di maridi e
licantropi. Nessuno gli aveva mai parlato della battaglia
divampata all'esterno del Castello. Non meno furiosa di quella
combattuta all'interno, almeno a giudicare dai suoni che giungevano nel
loro appostamento.
Remus
fremeva, seduto sul tronco e Teddy gli sorrise incoraggiante.
Poi,
improvvisamente, ogni rumore si spense e su Hogwarts calò il
silenzio. Una calma assoluta, attonita e inaspettata, come sospesa in
attesa di qualcosa. E, poco dopo, un alto boato: urla di una
felicità incredula e totale.
Remus
guardò Teddy, incerto. «Penso sia
finita».
«Sì,
lo penso anch'io».
Il
licantropo fece
per svegliare Tonks ma si fermò, guardando il figlio,
titubante.
«Teddy... vorrei tu sapessi che in questo momento sto
seriamente
rischiando di esplodere di orgoglio».
Il
ragazzo annuì. «Harry è stato grande,
vero? Meraviglioso!»
«Sì,
Harry è stato fantastico» concordò
Remus con
convinzione. «Sono davvero orgogliosissimo di lui e ora
andrò a dirglielo. Ma sono
orgogliosissimo anche di te, Ted. Anche tu sei stato grande. Non so
davvero come potrò sdebitarmi».
Teddy
arrossì d'imbarazzo e di piacere e mormorò:
«Vivendo».
Ma
un istante
più tardi sorrise furbo e aggiunse:
«Però, se
proprio insisti, ci sarebbe una cosa che potresti fare per
me».
Remus
lo guardò incuriosito. «Dimmi».
«Hai
presente il portaombrelli di nonna Andromeda?»
«Quello
di ceramica? Decorato con puttini e ghirlande di frutta? Sì,
molto... er... raffinato».
Teddy
ridacchiò e raccontò velocemente la storia
dell'esplosivo
incidente capitatogli a sei anni, pregando il padre di prevenirlo in
qualche modo.
«Non
è detto che succeda, però, Teddy. Il tuo passato
futuro
sarà diverso da quello passato» si
fermò un
istante, scostandosi pensoso una ciocca ribelle dalla fronte.
«Uhm... concetto interessante, vero? Sirius e James mi
avrebbero
già accusato di uso improprio di materia grigia ma, anche
volendo agire cosa potrei fare? Mettere sottochiave tutti i miei
libri?»
Teddy
lo
fulminò con lo sguardo. «Non ti azzardare! Non ci
pensare
neppure! Piuttosto suggerisci a nonna di mettere il portaombrelli da
qualche altra parte. Perché, che so, è troppo...
raffinato...
per starsene lì».
Remus
scrutò il figlio, assorto, poi sogghignò.
«Sirius
sarebbe fiero di te. Gli piaceresti parecchio, credo».
Teddy
tentò
di ribattere ma fu azzittito da una voce tremendamente stonata che
cantava a squarciagola un'insolente canzoncina, accompagnata da un
ritmico rombo sincopato.
Alzò
stupito gli occhi e vide l'ombroso centauro bruno galoppare veloce
verso la Foresta, brandendo minaccioso l'arco e puntando verso la fonte
di quel canto sgraziato: Pix, il pestifero poltergeist del Castello,
che volteggiava eccitato sopra le macerie del gargoyle.
Teddy
rise divertito, benedicendo in cuor suo l'irriverente spiritello: un
periodo terribile si era definitivamente concluso e il comportamento
beffardo di Pix era la rassicurante prova che le cose stavano tornando
alla normalità.
*
“Harry
Potter e i Doni della Morte” J.K. Rowling. Pagg. 606-607
Salani Editore 2008
Ed
ecco il quarto capitolo.
Non ho molto da dire a riguardo.
E' un
capitolo di attesa.
Un capitolo "statico", se vogliamo. Dove, mentre
Hogwarts trattiene
il respiro in attesa di vedere cosa succederà,Teddy
si gusta la presenza dei genitori cominciando a "esplorarli".
Mi sono divertita a
scandire lo
scorrere del tempo ricorrendo ai fatti salienti narrati dal libro, solo
visti da tutt'altra angolazione: Harry che si addentra nella Foresta
Proibita, Harry trasportato da Hagrid e circondato da Mangiamorte
convinti di avere la vittoria in pugno e un fatto meno saliente per la
storia del libro, ma importantissimo per i miei tre eroi: il
ritrovamento mancato dei corpi di Remus e Tonks da parte di Oliver e
Neville. Vero
che il libro non ne parla... ma a me pareva plausibile. E poi l'idea mi
piaceva.^^
Ho poi ripreso la presenza dei centauri, perché mi aveva
piacevolmente sorpresa la loro scelta di schierarsi con i difensori di
Hogwarts, l'avevo trovata molto significativa. L'aggiunta dei
licantropi è invece dovuta alla mia personale delusione per
la mancanza di
ogni accenno a loro nel libro. Insomma, Remus ha passato un anno intero
tra di loro e nel libro non vengono neppure nominati? Non va bene... ;-)
Infine, l'altra scelta arbitraria: la Casa di Teddy. Ho spulciato tutto
Lexicon ma
non ne ho trovato traccia, così l'ho messo a
Grifondoro. E' la Casa che preferisco (non sono molto originale, ne
convengo), e un Lupin figlioccio di un
Potter non può che stare lì, a mio modesto
parere. La mia
altra opzione era Tassorosso (che pure non mi dispiace), la Casa di
Dora ... ma poi mi
sono detta che già Teddy aveva deliziato mamma e sconvolto
papà dichiarandosi fan delle Sorelle Stravagarie,
così ho
optato per Grifondoro nel tentativo di bilanciare un po' le cose: tanto
più che a Tonks "piacciono molto i Grifon...". ^^
Oh, in ultimo... non sono proprio sicura che Pix potesse raggiungere il
Parco... ma ci stava così bene come trovata... e poi
è un'occasione speciale, suvvia. Nel libro viene persino
tolta l'impossibilità di Materializzarsi nel Parco per
permettere agli aiuti di arrivare... e concediamo un po' di
libertà anche a Pix!
Come
indicato dalla dicitura in verde qui sopra, il proclama di Voldemort
è una citazione tratta da "Harry Potter e i Doni della
Morte" di
J.k. Rowling. E anche il "Billywig"
a cui Tonks paragona il Teddy neonato è un'invenzione della
Rowling. Trattasi di un vivace animaletto volante originario
dell'Australia che ci viene presentato in : "Gli animali fantastici:
dove trovarli".
lyrapotter:
Grazie! Mi fa piacere che tu abbia trovato perfetto il mio Remus (anche
perché mi sembri un'intenditrice, visto che sei in
così
"confidenziali" rapporti col soggetto in questione). E certo che Remus
era
un buon combattente! Voglio dire: è sopravvissuto
praticamente a due
guerre, si è buttato in missioni non esattamente di tutto
riposo, è un membro dell'Ordine della Fenice... è
sicuramente un buon combattente, non ci piove! Greyback
è
esattamente un pazzo assatanato, sì. Non c'è modo
migliore per descriverlo, direi. Ottima sintesi! Remus ha preso tutto
con ammirevole nonchalance perché era preparato. Sicuramente
aveva messo in conto di non uscire vivo da quella battaglia (in effetti
neppure nel libro sembra molto stupito della cosa, quando Harry lo
richiama con la Pietra della Resurrezione, no?) e sa dell'esistenza di
una Chiave del Tempo, quindi... Anch'io non ho una grande simpatia
(eufemismo) per Bellatrix e avrei fatto un monumento a Molly! Voldemort
a volte può anche rendersi utile, per quanto strano possa
sembrare. Certo, non che lo faccia coscientemente, eh... Oh, per quanto
riguarda i due uomini corsi in soccorso di Michael, no, non ti sei
persa nessun pezzo (per quanto sia un'eventualità da mettere
in
conto quando si è impegnati a sbavare su uno dei personaggi,
suppongo ^^) semplicemente non lo avevo detto, ancora. Penso che dopo
questo capitolo la cosa si sia un po' chiarita.
Jadis:
Grazie! Ah, la
morte di Remus e Dora... mi sarebbe piaciuto molto immaginarmi una
romantica, duplice morte leggendo i "Doni della Morte", sai? Purtroppo
l'ho subito immaginata così, però. Anche
più
crudele, se vogliamo. Prego, la prima ad avere goduto della speranza
data da questa storia sono stata proprio io. ;-)
Piccola
Vero: Mi fa
davvero piacere che la storia continui a piacerti e che non ti stia
deludendo troppo! Teddy ha un certo fascino, ne convengo. Del resto
è un cocktail davvero
interessante, no? ;-)
Kamen:
Grazie per la
recensione "bellica"! Mi ha fatto davvero molto piacere questa tua
constatazione, sai? Perché hai ragione, la guerra
è descritta raramente nelle ff. Forse
perché,
fortunatamente, la stragrande maggioranza degli autori non la conosce e
tende davvero ad immaginarsela come un eroico e nobile torneo dove
tutti si combattono a turno. Uhm... sai che mi piace molto il tuo Canon
mentale? Somiglia parecchio al mio!
fri rapace:
Ciao!
Grazie per la recensione! Mi ha fatto molto piacere riceverla, ma la
prossima volta evita di rischiare divorzi per causa mia, per favore!^^
Il capitolo può aspettare... il maritino meno, suvvia. Per
"sdebitarmi" tenterò di spiegarti cosa mi ha spinto a fare
agire
Remus nel modo che ti ha lasciato un po' perplessa. Dunque,
è verissimo che Remus è più che
disposto a
giustiziare Peter alla fine del terzo libro. Giustiziare.
Perché Peter si è macchiato di una delle colpe
che Remus
non riesce a perdonare: ha tradito. E, peggio, ha tradito chi aveva
cieca fiducia in lui. Nella mia storia, però, la minaccia di
Fenrir è solo aleatoria, Teddy non corre nessun rischio in
quel
preciso momento e Remus, pur molto tentato dall'idea di fare fuori
Fenrir (oh, se ne è tentato...), si trattiene. Il suo
comportamento non è dettato tanto da "bontà",
quanto da
autocontrollo. E' il trionfo della razionalità sull'istinto;
della pietà sulla ferocia; dell'Uomo sulla Bestia. E',
insomma, frutto della lotta che Remus intrattiene costantemente con se
stesso, la conseguenza diretta della sua Scelta; quella Scelta
che determina l'essenza stessa di Remus, a mio parere,
perché,
come sostiene Silente: sono le scelte che fanno di noi quello che
siamo. E Remus sceglie
di
essere diverso da Fenrir, anche perché Fenrir incarna la
peggior
paura di Remus, quella paura che si intuisce dalla forma del suo
Molliccio. Che non è tanto paura del dolore fisico legato
alla
trasformazione, secondo me, quanto paura di quello che la
trasformazione comporta: la perdita della razionalità, della
pietà, del controllo di sé; in poche parole la
perdita
dell'Umanità.
Il
diventare, insomma, esattamente come Greyback. Spero di essere riuscita
a spiegare la mia idea come tu hai spiegato la tua, ma, soprattutto,
spero che tu legga tutto
questo senza rischiare rappresaglie da tuo marito. E, naturalmente,
spero che tu abbia apprezzato Tonks e il suo approccio con il figlio
quasi coetaneo. Secondo me sta sognando (letteralmente) di chiedergli
di accompagnarla al prossimo concerto delle Sorelle Stravagarie.
Sai
com'è, Remus non le dà molte soddisfazioni, in
tal
senso.^^
evelyn_cla:
Grazie per
la recensione! Mi fa davvero piacere che la storia ti stia piacendo. Mi
sono divertita molto a scriverla, anche perché mi ha
permesso di
"esorcizzare" quelle due morti. Il
fatto che possa piacere anche ad altri non può che farmi un
immenso piacere. E mi fa un immenso piacere anche il fatto che ti abbia
fatto ridere. Era nelle mie intenzioni, in effetti.^^ Per quanto
riguarda la frase che hai citato, be', Remus ancora non lo sa... ma
Teddy ha preso moltissimo dalla mamma. Povero Remus... e poveri
Vermicoli ;-)
fennec:
Grazie! Ho
adorato descrivere l'incontro tra Remus e Teddy... e
quel ricorrere alla parola "papà" invece di Schiantare o
Pietrificare mi è parsa naturale. Mai
sottovalutare la forza, e la magia, di talune parole. Per quanto
riguarda il Prato Incantato... be', ho pensato che tre Animagi
inesperti avessero pur bisogno di un luogo in cui esercitarsi lontano
da
sguardi indiscreti, no? Voglio dire, non ce lo vedo un cervo nel
dormitorio di Grifondoro... ci sarebbe stata una strage di poveri
baldacchini innocenti! E un prato protetto - chissà quando e
chissà
da chi - con un
incantesimo mi pareva molto appropriato. Mi fa piacere che l'idea ti
sia piaciuta.
E un sentito grazie anche ai sempre più numerosi membri dell'Esercito dei Silenti!