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Autore: Moony3    31/08/2009    10 recensioni
Vent'anni dopo la Battaglia di Hogwarts il giovane Teddy, cresciuto nel Mondo Migliore che i suoi genitori avevano sognato e contribuito a conquistare per lui, decide di utilizzare un oggetto leggendario - donato decenni prima ad Andromeda dall'originale zio Alphard - per tentare di rendere quel mondo ancora migliore; per lui, per la nonna e... per i suoi genitori.
Una piccola storia dedicata a chi, come me, non ha proprio digerito una certa scelta di J.K. Rowling, ma è troppo legato al Canon per riuscire a ignorarla allegramente e a buttarsi in fantasiosi AU.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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LA CHIAVE DEL TEMPO


Capitolo Quarto

Hogwarts: l'attesa


«Avete combattuto valorosamente. Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. Ma avete subito pesanti perdite. Se continuerete a resistermi, morirete tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni goccia di sangue magico versata è una perdita e uno spreco.
Lord Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di ritirarsi, immediatamente.
Avete un'ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i vostri feriti.
Ora, Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te. Tu hai consentito che i tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un'ora non ti sarai consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti troverò  e punirò fino all'ultimo uomo, donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un'ora»*

La voce metallica di Voldemort, amplificata magicamente, risuonò forte e chiara in tutto il Parco.
Un silenzio attonito e innaturale calò improvviso su Hogwarts: niente più lampi, urla o schianti, sembrava che i combattenti fossero stati pietrificati dal gelo che trasudava da quella voce e dalla crudeltà di quel proclama.
Teddy rabbrividì, pur essendosi aspettato quelle parole, pur sapendo che da quella terribile proposta sarebbe scaturito il trionfo dei difensori di Hogwarts. Il trionfo di Harry.
Trionfo... il giovane ricordò l'orrore che colmava gli occhi della ragazza inseguita da Greyback, rivide il corpo del ragazzino in cui aveva rischiato di inciampare e ripensò al velo di dolore che adombrava lo sguardo del padrino quando raccontava quegli avvenimenti. No, forse trionfo non era il termine più adatto. Quella vittoria esaltante ed eroica era in realtà costata un prezzo atroce, che lui non aveva mai davvero compreso. Fino a quella sera.
Turbato, Teddy alzò istintivamente lo sguardo. Il cielo notturno aveva sempre avuto il potere di tranquillizzarlo, fin da quando era bambino, ma quella volta non funzionò: le stelle, non più offuscate dai sinistri bagliori degli incantesimi, risplendevano fredde, lontane e indifferenti alla disperazione degli uomini che assistevano sgomenti alla ritirata dei Mangiamorte, e non gli diedero alcun conforto.
Un lieve fruscio al suo fianco lo riscosse, ricordandogli che non era solo. Stupito, Teddy realizzò che c'era un motivo ben preciso per cui aveva sempre cercato consolazione nella volta stellata... anzi, due. E ora quei due motivi erano lì, in carne e ossa, davanti ai suoi occhi. Tangibili, vivi e assolutamente raccapricciati dallo spaventoso ricatto di Voldemort.

Tonks, ancora più pallida di quello che già era, stringeva convulsamente il braccio del marito, gli occhi scuri dilatati dall'angoscia. «Harry? Da solo al cospetto di Voldemort? Ma sarebbe un suicidio».
Remus, visibilmente preoccupato, scrutò interrogativo Teddy che abbozzò un sorriso tranquillizzante. Il licantropo annuì e tentò di rassicurare la moglie: «Questo proclama è la prova che Harry sta bene e che Voldemort non è poi così sicuro di potercela fare. Misericordioso... figuriamoci! Harry sa come deve agire. Lo sa. Ho una fiducia assoluta in lui».
Tonks, apparentemente confortata dalla sicurezza del marito, squadrò incuriosita Teddy e Remus spostò a sua volta l'attenzione sul ragazzo, un lampo giocoso negli occhi rilucenti. «Oh, certo, lui è... Dorian. Dorian Johnson».
Teddy lo fissò contrariato. Dorian Johnson? Ma che razza di nome era andato a pescare? Poi colse il sottile gioco di parole e sorrise ammirato: il padre stava giocando con la sua vera identità. Dorian Johnson. Di Dora, figlio di John. Però! Nessuno gli aveva mai detto che Remus John Lupin era un raffinato enigmista.
«Dorian mi ha salvato la vita» proseguì pacato il licantropo, indicando a Tonks un punto della radura. «Non fosse stato per lui avresti trovato il mio corpo proprio lì» si azzittì improvvisamente, pensoso.
La donna guardò inorridita il posto indicato e scoccò un'occhiataccia al marito.
«Ecco, vedi che avevo ragione io? Ti lascio solo cinque minuti e tu che fai? Pensi bene di improvvisarti eroica salma!»
«Ninfadora...»
La strega sbuffò e abbracciò di slancio Teddy che, sorpreso e deliziato, tentò disperatamente di mantenere un ferreo autocontrollo su capelli e lineamenti. Non fu affatto facile: perché nessuno aveva mai pensato di dirgli che sua madre odorava di mughetto?
«Grazie, Dorian. Questa sera tu non hai salvato solo la vita di Remus, sai? Ma anche la mia. Se mi fossi imbattuta nel suo corpo... non so cosa avrei potuto fare. Non credo sarei riuscita a combattere ancora... o a difendermi da Bellatrix» mormorò la strega, poi si sciolse dall'abbraccio schioccando un bacio sulla guancia di Teddy che, non sapendo bene cosa rispondere, si aggiustò imbarazzato il giubbetto e abbassò gli occhi per evitare che la madre li osservasse troppo attentamente. Certo, non era dotata della prodigiosa vista notturna di un licantropo, lei, ma non gli sembrava una cattiva idea mantenersi cauto.
Remus fissava la radura, cupo e silenzioso - Teddy suppose stesse rimuginando sulla dinamica della morte di Tonks - quando la moglie gli si avvicinò cauta, inspirò profondamente e, dopo essersi schiarita la voce, domandò rassegnata: «Stai per sgridarmi?»
L'uomo sgranò gli occhi, sorpreso. «Cosa?» poi, sentendo la risatina soffocata di Teddy e avvertendo un'acuta sensazione di Déjà vu, chiese esasperato: «Ma perché oggi mi fate tutti questa domanda? Non mi pare di essere solito andare in giro a sgridare la gente».
La strega lo guardò, esitante. «Harry mi ha raccontato che una volta gli hai fatto una solenne ramanzina sull'ingratitudine verso il sacrificio altrui».
Remus si sfregò stancamente la fronte e sospirò. «Dovrò fare due chiacchiere con Harry... non pensavo che questa cosa lo avesse tanto traumatizzato».
Tonks abbozzò un sorriso intenerito. «Infatti non lo ha traumatizzato, Remus. Lo ha estasiato. Finalmente aveva un adulto che si preoccupava per lui, che teneva a lui. Che lo trattava come lo avrebbe trattato un padre. Come lo avrebbe trattato James».
«Oh. Comunque, tornando a noi, no, Ninfadora, non ho nessuna intenzione di sgridarti. Potrò anche fare una ramanzina a un tredicenne incosciente ma... non a mia moglie».
«Sarà. Però sei arrabbiato con me».
«No, Ninfadora, non sono arrabbiato con te».
«Si che lo sei. Mi stai chiamando Ninfadora. Lo fai solo quando sei arrabbiato».
«Va bene, sono un po' alterato, Ninfadora» ammise Remus, sottolineando ironico il nome della strega. «Ma solo un pochino».
«Davvero?»
«Davvero. Oh, sei impossibile, a volte. E cocciuta. E fai sempre, costantemente, di testa tua. Ma... sei tu» concluse dolcemente, accarezzandole i capelli che cambiarono subito tonalità di colore. Poi sorrise malandrino e aggiunse: «Inoltre non è vero che ti chiamo Ninfadora solo quando sono arrabbiato. Mi viene in mente almeno un altro stato d'animo, in effetti».
La giovane donna ridacchiò, maliziosa. «Vero. Ma non penso che tu, al momento, sia in quello stato d'animo, Remus. Non con Dorian presente, per lo meno».
Remus sbirciò "Dorian", arrossendo leggermente e Tonks, scoppiando nella sua risata contagiosa, gli scompigliò affettuosamente i capelli. «Appunto».
Il licantropo sussultò e la strega si fermò sorpresa, tastando con delicatezza un punto appena sopra la tempia sinistra del mago. «Cosa... Remus, hai un bernoccolo grosso come una noce, qui!»
Teddy si avvicinò preoccupato, mentre Remus mormorava: «Non è nulla. Sono solo una sfortunata vittima del fuoco amico».
Tonks agitò decisa la bacchetta e una calda luce aranciata avvolse il capo del licantropo che si sfiorò cauto la tempia e sospirò di sollievo, realizzando che il grosso bernoccolo era scomparso.
Teddy si lasciò sfuggire un'esclamazione ammirata e la strega si schernì sorridendo: «Sono espertissima nel curare bernoccoli, graffi e lividi. E' fondamentale per me: funzionale per l'Auror, utile per la signora Lupin e indispensabile per Tonks. Ma scusa, Remus, cosa intendi, esattamente, con sfortunata vittima del fuoco amico?»
Il mago sospirò e gemette. «Sibilla. E' piombata nella radura, offrendosi di aiutarmi e ha cominciato a scagliare di tutto. Be', sarà anche dotata di un formidabile occhio interiore... ma con quelli esteriori non ci siamo proprio! Credo che Aberforth sia stato centrato da una teiera, a un certo punto. Quando ha colpito me, invece, era appena passata alle sfere di cristallo».
Tonks ridacchiò, accarezzando dolcemente la parte appena risanata. «Povero amore mio. Da oggi il tuo Molliccio avrà anche più senso».
«Già. Fortuna che sono riuscito a convincere Sibilla ad andare a combattere dentro il Castello. Spero che l'illuminazione di torce e candele abbia limitato i danni».
Tonks sorrise, oscillò e si aggrappò a Remus, che la sostenne prontamente.
«Che succede, sei ferita?»
La strega scosse il capo e tentò di staccarsi dal marito che, in risposta, la strinse più forte a sé. «No, non è nulla. Sono solo un po' stanca, Remus, nessun fuoco amico, per me».
Il mago la fece accomodare sul tronco e le si sedette accanto, mentre Teddy prendeva posto sul sasso usato in precedenza dal padre.
«Dora, non per insistere col “te lo avevo detto”, ma... perché pensi che ti abbia chiesto di rimanere a casa, questa sera? Non sei ancora in forma, tesoro. Hai appena avuto un bambino».
Tonks trattenne uno sbadiglio e rispose piccata: «Anche tu!»
Remus la guardò, vagamente esasperato, ma le rispose con una dolcezza infinita. «Sì, certo, anch'io. Ma il processo mi ha coinvolto molto di meno. Diciamo che io mi sono limitato alla parte divertente, lasciando a te il grosso del lavoro?»
La giovane strega sogghignò e annuì. «Be' sì, questo è vero. E quel piccolo ingrato ha pensato bene di uscirsene identico a te!» guardò Teddy e rimarcò: «Davvero, sai? Praticamente la sua versione bonsai» sorrise orgogliosa, poi sbirciò il marito, sorpresa. «Be', non mi contraddici spergiurando che è identico a me?»
Remus fissò Teddy, assorto. «No, hai ragione tu, fisicamente assomiglia a me; la mia versione bonsai».
Tonks aggrottò la fronte, sospettosa, e Remus le sorrise enigmatico. «Penso di avere avuto una breve visione del futuro. Forse venire colpiti in testa da una sfera di cristallo ha questo effetto collaterale».
Tonks gli tastò la tempia, preoccupata. «O, forse, sei stato colpito più duramente di quanto pensassi».
 
Dal lago provenivano rumori insoliti. Alcuni uomini costeggiavano la riva gettando, di tanto in tanto, qualcosa - lance, probabilmente - nelle acque scure e tranquille. Teddy osservò perplesso i loro occhi fluorescenti: possibile che fossero tutti...
«Licantropi?» Tonks espresse ad alta voce i suoi stessi pensieri.
«Sì, Dora, licantropi. E non licantropi qualsiasi» Remus sembrava piacevolmente stupito. «E' il branco di Greyback. Sono passati dalla nostra parte... e davvero non riesco a spiegarmene il motivo».
Un vecchio alto e sottile uscì dal folto della Foresta e si diresse verso il lago. Indossava una semplice tunica chiara e i lunghi capelli bianchi, scompigliati dal vento, si confondevano con la barba folta. Sembrava irreale alla luce della luna: un fantasma d'argento, non troppo dissimile da quelli che popolavano le sale di Hogwarts. Solo gli occhi risplendenti, da predatore notturno, rivelavano la sua natura.
Tonks sussultò, trattenendo il respiro. «Merlino, per un istante ho creduto di vedere il fantasma di Silente».
Remus la strinse a sé e annuì, osservando il vecchio inginocchiarsi con fluida eleganza accanto a una delle sagome scure abbandonate sull'erba e scuotere il capo, avvilito. «Sì, è vero, Ambrosius assomiglia molto a Silente. E non solo fisicamente, te lo assicuro. Gli devo parecchio, sai? Ha reso più sopportabile il mio soggiorno presso il branco di Greyback».
Teddy sbirciò incuriosito il padre, sorpreso dall'affettuosa ammirazione che vibrava nellla sua voce.
Stava per porre qualche domanda in merito, quando venne distratto dall'arrivo di due ragazzi dai capelli scuri. Il più alto si accovacciò titubante accanto alle macerie del gargoyle, mentre l'altro si avvicinò alla loro postazione. Teddy si trovò così a fissare negli occhi un giovanissimo e malconcio Neville Paciock che, scorgendo solo un'imponente siepe di agrifoglio, spostò rapido lo sguardo altrove, alla frenetica ricerca di qualcosa.
«In questa radura non c'è nessuno, Neville. Ne' morti ne' feriti. Io direi di proseguire» propose sollevato il ragazzo più alto.
«Sì, Oliver, percorriamo il sentiero che porta al Castello» Neville indicò il vecchio che, inginocchiato accanto a un'altra sagoma scura, agitava la bacchetta con piglio esperto. «In riva al lago sono già arrivati i soccorsi».
Oliver annuì, e i due ragazzi se ne andarono un po' rinfrancati. Teddy sapeva, però, che il loro timido sollievo si sarebbe spento poco oltre, infrangendosi crudelmente contro il corpo minuto di un ragazzino biondo.

«Andiamo. Aiutiamoli a recuperare i feriti». Tonks tentò di alzarsi, ma Remus la fece risedere accanto a sé.
Teddy pensò freneticamente a una scusa che convincesse la madre a restarsene lì, ma Remus lo precedette.
«Non mi pare il caso, Dora. Guardaci, se ci presentassimo al Castello così conciati Madama Chips ci rinchiuderebbe a forza in infermeria, a costo di Schiantarci con la sua stessa bacchetta».
Tonks scrutò il marito e sorrise. «Sì, è possibile. Forse faremmo davvero meglio a restare qui a riposare in attesa che ricominci la battaglia perché, in effetti, tu non hai una gran bella cera, Remus».
«Be', l'altra notte c'è stata luna piena... e poi neppure tu hai una gran bella cera, sai?»
«Be', l'altra notte c'è stata luna piena» ripeté con impertinente tenerezza la strega. «Il primo plenilunio dalla nascita di Teddy, la mia prima notte sola con lui... e tuo figlio ha pensato bene di fare le ore piccole! Era vispo come un Billywig, non ne voleva proprio sapere di dormire. Ho fatto esattamente quello che fai tu di solito: mi sono seduta sulla sedia a dondolo nella sua cameretta cantandogli una canzone e cullandolo. Ma lo sai anche tu che con me non funziona».
Remus ridacchiò. «Dora, io gli canto delle ninnananne. E, con tutta la buona volontà, non credo che “Incanta la Manticora”...»
«“Schianta la Manticora”» lo ripresero, in perfetta stereofonia, Teddy e Tonks.
Remus sbuffò, guardando accigliato il figlio. «Va bene, “Schianta la Manticora” possa essere definita tale».
«E' una bellissima canzone!» protestò la strega.
«Vero» approvò Teddy. «Una delle più belle delle Sorelle Stravagarie. Ha un ritmo davvero irresistibile».
Remus spostò lo sguardo dall'una all'altro e scosse il capo, sconsolato.
«Ah, vedo che te ne intendi di musica, Dorian! A differenza di qualcun altro» affermò Tonks con entusiasmo, guardando in tralice il marito. «Le canzoncine che gli canta lui sono di una noia mortale».
Teddy osservava i genitori con sommo interesse, chiedendosi allibito come potessero amarsi due persone diverse tra loro come il giorno e la notte. Come il sole e la luna. Come lui e Victoire, in effetti...
«Sono ninnananne, Dora» si difese subito Remus, contrariato. «Il loro scopo è annoiare, suppongo... devono fare dormire, mica intrattenere».
«Oh. Vuoi dire che per fare addormentare nostro figlio tenti, coscientemente, di annoiarlo a morte?»
«Sì. Cioè, no! Io...»
Tonks sorrise, sinceramente ammirata. «Malandrino! Sirius mi aveva avvertita di fare attenzione al tuo lato oscuro» mormorò, appoggiando la testa sulla spalla del marito. «Non era al piccolo problema peloso che si riferiva, vero?»
Remus sogghignò e, cingendo la moglie con il braccio, l'avvolse nel proprio mantello. «No, infatti».
La strega annuì, rilassata, scrutando con attenzione Teddy. «Hai un'aria familiare sai, Dorian? Soprattutto il naso. Ma non credo di ricordarmi di te... non eri di Tassorosso, immagino».
Teddy scosse il capo, rispondendo senza riflettere: «No, di Grifondoro».
Si azzittì subito, inquieto; e se la madre avesse chiesto di lui a Harry? Guardò allarmato il padre che gli sorrise rassicurante, una scintilla di compiaciuto orgoglio nello sguardo.
Tonks, tentando con scarsissimi risultati di trattenere l'ennesimo sbadiglio, si accomodò meglio nell'abbraccio del marito e sussurrò: «Oh, mi piacciono molto i Grifon...»
Non terminò la frase e Teddy, sconcertato da quella brusca interruzione, le si accostò ansioso.
Remus ridacchiò, sfiorando con le labbra la fronte della moglie. «Tranquillo Teddy... si è solo addormentata».
«Così all'improvviso?»
«Sì. Le capita, a volte... e non preoccuparti, non si ricorderà assolutamente della tua strepitosa Casa di appartenenza».
Teddy annuì, sollevato, e riportò l'attenzione sulla madre. «Dev'essere davvero esausta, poverina. Pensavo fosse svenuta, ma... sono così distruttivo?»
Remus ci pensò un istante, poi sorrise. «Sei impegnativo, indubbiamente, ma non ci lamentiamo. E non è colpa tua questo tracollo. Le capitava anche prima che tu nascessi. La prima volta che lo ha fatto in mia presenza mi sono preso anch'io un bello spavento. Avevamo appena finito di fare...»
Si azzittì all'improvviso, imbarazzato.
Teddy, intuendo la natura di quel turbamento, si sporse verso il padre e, ormai rassicurato sulla salute materna, sogghignò malandrino. «Sì? Avevate appena finito di fare? Vediamo se indovino... eri nello stato d'animo di chiamarla Ninfadora pur non essendo per nulla arrabbiato, scommetto».
Dopo un attimo di smarrimento, Remus rispose sfoggiando un identico sorriso. «Avevo completamente rimosso il fatto che nelle tue vene scorre anche un po' del sangue di Sirius, sai? Be', me lo hai appena ricordato».
«Ne sono davvero lusingato. Ma non cambiare discorso, avevate appena finito di fare? Continua».
«Non ci penso neppure. Non parlerò di quello
«Nemmeno con me?»
«Soprattutto non con te».
«Ma sono grande, ormai. Ho già compiuto vent'anni».
«Non te ne parlerei neppure se ne avessi compiuti ottanta, di anni, Teddy, mi dispiace. Ed è inutile che tenti di irretirmi con il celebre fascino Black, la lunga convivenza con Sirius mi ha reso immune».
«Va bene, non tenterò d'irretirti ma...togli uno zero».
Remus trasecolò. «Come?»
«Se stai parlando di quello che penso, affronteremo quell'argomento quando di anni ne compirò otto».
Remus sgranò gli occhi, visibilmente scosso. «Come otto? Non è un po' precoce come cosa?»
Teddy fece spallucce. «Non saprei. Ma avevo quell'età quando ho chiesto a Harry di spiegarmi come nascono i bambini. Suppongo che ora lo chiederò a te. Se può consolarti, sappi che lui ha fatto più o meno la stessa faccia che hai tu ora... e a rispondermi è stato Ron».
Un lampo di preoccupato raccapriccio attraversò gli occhi di Remus. «Ron? Ronald Weasley, intendi? Oh... ed è stato... er... esauriente?»
«Non particolarmente, no. Per una terribile manciata di minuti ho avuto l'agghiacciante convinzione che, per diventare papà, avrei dovuto farmi pungere da un'ape mentre porgevo dei fiori a una ragazza. In effetti avevo già stabilito che la paternità non mi interessava affatto. Ma poi è intervenuta Hermione a chiarirmi le idee. Lei sì che è stata esauriente».
Remus annuì, sollevato. «Hermione. Perfetto. Ho otto anni di tempo per escogitare il modo di chiederle come affrontare l'argomento senza sembrarle un maniaco depravato. E poco informato sui fatti basilari della vita, per di più».

Un improvviso rumore di passi attirò l'attenzione dei due maghi.
Un ragazzo si dirigeva deciso verso la Foresta guardandosi attorno con malinconica avidità, come se desiderasse disperatamente imprimersi nella memoria ogni minima sensazione. Giunto al limite della radura si fermò, esitante, gettando una rapida occhiata verso il Castello. La luce della luna si riflesse sulle lenti dei suoi occhiali e Teddy, con un tuffo al cuore, riconobbe la versione adolescente del padrino.

Il giovane Harry respirò profondamente, si portò una mano alla fronte, raddrizzò la schiena con fierezza e si inoltrò, sicuro, nella Foresta Proibita: la sua terribile decisione era stata definitivamente presa.
Teddy lo guardò con dolore e ammirazione. Avrebbe dato tutto quello che aveva per poterlo aiutare, ma sapeva perfettamente che non era il suo aiuto quello che Harry cercava. Non era l'aiuto dei vivi. Harry era già proiettato oltre.
«Harry» la voce roca di Remus era poco più di un sussurro disperato. «Harry ha deciso di accettare? Si presenterà da solo al cospetto di Voldemort?»
Teddy si voltò, scrutò il volto pallidissimo del padre e gli sfiorò con dolcezza la mano che stringeva spasmodica l'orlo del mantello, le nocche bianche per lo sforzo di impedirsi di afferrare la bacchetta. Teddy era convinto che, se non fosse stato intralciato dal peso della moglie addormentata, Remus si sarebbe già lanciato all'inseguimento di Harry. E, questa volta, solo uno Schiantesimo avrebbe potuto fermarlo.
«Sì, Harry ha accettato la proposta di Voldemort. Sostiene di non avere avuto scelta. Non poteva permettere che altri morissero per lui. Ma non sarà solo. Non lo sarà... presto verrà affiancato da alleati straordinari».
Remus guardò il figlio, confuso, e Teddy sorrise. «Non credo spetti a me raccontarti questa storia. Sarà Harry stesso a farlo».
Remus abbassò gli occhi, accarezzando distrattamente il braccio della moglie e mormorò con amarezza: «Ancora una volta non sono dove dovrei essere; ancora una volta non posso aiutarlo come vorrei; ancora una volta sono costretto ad infrangere la promessa che feci a James».
Sospirò mesto e indicò la Chiave del Tempo: «Quando ho scoperto quella il mio primo pensiero è andato a Harry, sai? Mi sono subito chiesto se avrei potuto utilizzarla per migliorare la sua vita. Avrei voluto con ogni fibra del mio essere tornare alla sera della morte di James e Lily, ma non avrei potuto in nessun modo salvare loro due senza cambiare il corso della storia. La terribile verità è che, senza la loro morte, Voldemort non sarebbe mai stato fermato».
Teddy annuì comprensivo e Remus continuò. «Il secondo pensiero è stato per Sirius. Avrei potuto salvare lui, ridando a Harry almeno il suo padrino? Ma la risposta è stata ancora no. Anche una mia comparsa al Ministero avrebbe rischiato di cambiare il corso della storia. Sirius  era nel mezzo della battaglia, avrei dovuto deviare l'incantesimo di Bellatrix? Schiantandola, forse? E come avrebbero reagito gli altri Mangiamorte? Ci sarebbe finito qualcun altro dietro a quel maledetto Velo? Harry stesso, magari? Senza contare che Sirius non sapeva dell'esistenza di una Chiave del Tempo, per convincerlo a non combattere più avrei dovuto Schiantarlo. E non ce l'avrei mai fatta, ci sarebbero state troppe persone pronte a fermarmi. A cominciare dall'altro me stesso. Avrei dovuto impedire a Sirius di lasciare Grimmauld Place? Ci ho provato anche nella versione originale con scarsissimi risultati» sorrise malinconico. «Non ne ha voluto sapere, mi ha ringhiato minaccioso che un licantropo impagliato sarebbe stato divinamente nell'ingresso, tra la zampa di troll e il ritratto di Walburga, e ha fatto quello che riteneva giusto. Come sempre. Così ho dovuto rinunciare ad usare la Chiave per Harry» Teddy annuì di nuovo. Era consapevole di avere potuto cambiare il destino dei genitori solo perché i due erano morti lontani dal centro della scena.
«E mi sono ripromesso» continuò avvilito Remus. «Per l'ennesima volta, di restargli accanto almeno io... e invece eccolo lì, tutto solo al cospetto di Voldemort. Del resto forse è meglio così, l'unica volta che ho avuto davvero la possibilità di proteggerlo ho rischiato di sbranarlo».
Teddy scosse la testa esasperato, dandogli un colpetto punitivo sulla mano; avrebbe dovuto mettersi davvero d'impegno per migliorare l'autostima del padre. «Smettila di dire sciocchezze e convinciti del fatto che Harry ha già chi lo sta aiutando, ora. Tu potrai aiutarlo dopo. Perché lui ha ancora bisogno di te, ne ha un bisogno disperato».

Voci esaltate risuonarono nella radura. Avvolti nella calda luce delle torce, alcuni uomini uscirono dalla Foresta, allegri e festanti. Tra loro risaltava una sagoma enorme che camminava lenta e silenziosa, stringendo con protettiva tenerezza qualcosa tra le braccia. Teddy fu colpito dal dolore disperato che emanava quella figura possente.
«Hagrid» notò teso Remus. «E porta in braccio qualcosa ma...»
«Non ti impressionare, va tutto bene. E' Harry quello che Hagrid porta tra le braccia... ma sta bene. Sta solo fingendo».
Remus annuì, stringendo convulsamente Tonks che protestò nel sonno.
Teddy scrutò il lago, ora placido e calmo, da lontano giunsero improvvisamente urla disperate, seguite da una risata agghiacciante. Dopo qualche tempo si levarono altre grida, quasi di giubilo e di nuovo il cielo fu illuminato da lampi colorati: la battaglia era ricominciata.
I tritoni riemersero fieri dalle acque, ascoltando impotenti i rumori di un combattimento a loro precluso.
Un rombo, come di temporale, attirò l'attenzione di Teddy che guardò allibito il cielo limpido. Poi il rumore si fece più vicino e il ragazzo comprese: non erano tuoni, ma zoccoli di cavalli lanciati a un furioso galoppo.
Nella radura irruppero con impeto alcuni centauri, gli archi tesi, le frecce già incoccate, e si diressero minacciosi verso il Castello. Al limitare della Foresta un esemplare solitario, scuro come la notte, osservava la scena immobile, le braccia conserte, la testa sdegnosamente eretta.
«Anche i centauri hanno deciso di unirsi a noi?» chiese incredulo Remus.
Teddy annuì, mentre i rumori della battaglia continuavano a riecheggiare in lontananza.
Un gruppo di licantropi, guidato dall'uomo apparso accanto a Teddy nella radura, correva rapido e silenzioso verso il Parco. Ambrosius li seguiva con più calma e, notato il centauro solitario ancora immobile nella sua postazione, gli si accostò con cautela. Il centauro lo guardò scalpitando, scosse la testa un paio di volte, agitando scontroso la folta coda bruna, ma ascoltò il vecchio, esitò ancora un poco e poi si lanciò, sbuffando, verso il Parco. Il licantropo sorrise soddisfatto, rivolse un cenno di saluto ai tritoni e lasciò a sua volta la radura. 
Teddy realizzò che nessuno gli aveva mai raccontato di maridi e licantropi. Nessuno gli aveva mai parlato della battaglia divampata all'esterno del Castello. Non meno furiosa di quella combattuta all'interno, almeno a giudicare dai suoni che giungevano nel loro appostamento.
Remus fremeva, seduto sul tronco e Teddy gli sorrise incoraggiante.
Poi, improvvisamente, ogni rumore si spense e su Hogwarts calò il silenzio. Una calma assoluta, attonita e inaspettata, come sospesa in attesa di qualcosa. E, poco dopo, un alto boato: urla di una felicità incredula e totale.
Remus guardò Teddy, incerto. «Penso sia finita».
«Sì, lo penso anch'io».
Il licantropo fece per svegliare Tonks ma si fermò, guardando il figlio, titubante. «Teddy... vorrei tu sapessi che in questo momento sto seriamente rischiando di esplodere di orgoglio».
Il ragazzo annuì. «Harry è stato grande, vero? Meraviglioso!»
«Sì, Harry è stato fantastico» concordò Remus con convinzione. «Sono davvero orgogliosissimo di lui e ora andrò a dirglielo. Ma sono orgogliosissimo anche di te, Ted. Anche tu sei stato grande. Non so davvero come potrò sdebitarmi».
Teddy arrossì d'imbarazzo e di piacere e mormorò: «Vivendo».
Ma un istante più tardi sorrise furbo e aggiunse: «Però, se proprio insisti, ci sarebbe una cosa che potresti fare per me».
Remus lo guardò incuriosito. «Dimmi».
«Hai presente il portaombrelli di nonna Andromeda?»
«Quello di ceramica? Decorato con puttini e ghirlande di frutta? Sì, molto... er... raffinato».
Teddy ridacchiò e raccontò velocemente la storia dell'esplosivo incidente capitatogli a sei anni, pregando il padre di prevenirlo in qualche modo.
«Non è detto che succeda, però, Teddy. Il tuo passato futuro sarà diverso da quello passato» si fermò un istante, scostandosi pensoso una ciocca ribelle dalla fronte. «Uhm... concetto interessante, vero? Sirius e James mi avrebbero già accusato di uso improprio di materia grigia ma, anche volendo agire cosa potrei fare? Mettere sottochiave tutti i miei libri?»
Teddy lo fulminò con lo sguardo. «Non ti azzardare! Non ci pensare neppure! Piuttosto suggerisci a nonna di mettere il portaombrelli da qualche altra parte. Perché, che so, è troppo... raffinato... per starsene lì».
Remus scrutò il figlio, assorto, poi sogghignò. «Sirius sarebbe fiero di te. Gli piaceresti parecchio, credo».
Teddy tentò di ribattere ma fu azzittito da una voce tremendamente stonata che cantava a squarciagola un'insolente canzoncina, accompagnata da un ritmico rombo sincopato.
Alzò stupito gli occhi e vide l'ombroso centauro bruno galoppare veloce verso la Foresta, brandendo minaccioso l'arco e puntando verso la fonte di quel canto sgraziato: Pix, il pestifero poltergeist del Castello, che volteggiava eccitato sopra le macerie del gargoyle.


Teddy rise divertito, benedicendo in cuor suo l'irriverente spiritello: un periodo terribile si era definitivamente concluso e il comportamento beffardo di Pix era la rassicurante prova che le cose stavano tornando alla normalità. 


 * “Harry Potter e i Doni della Morte” J.K. Rowling. Pagg. 606-607 Salani Editore 2008 


Ed ecco il quarto capitolo. 
Non ho molto da dire a riguardo.
E' un capitolo di attesa. Un capitolo "statico", se vogliamo. Dove,
mentre Hogwarts trattiene il respiro in attesa di vedere cosa succederà,Teddy si gusta la presenza dei genitori cominciando a "esplorarli".
Mi sono divertita a scandire lo scorrere del tempo ricorrendo ai fatti salienti narrati dal libro, solo visti da tutt'altra angolazione: Harry che si addentra nella Foresta Proibita, Harry trasportato da Hagrid e circondato da Mangiamorte convinti di avere la vittoria in pugno e un fatto meno saliente per la storia del libro, ma importantissimo per i miei tre eroi: il ritrovamento mancato dei corpi di Remus e Tonks da parte di Oliver e Neville. Vero che il libro non ne parla... ma a me pareva plausibile. E poi l'idea mi piaceva.^^
Ho poi ripreso la presenza dei centauri, perché mi aveva piacevolmente sorpresa la loro scelta di schierarsi con i difensori di Hogwarts, l'avevo trovata molto significativa. L'aggiunta dei licantropi è invece dovuta alla mia personale delusione per la mancanza di ogni accenno a loro nel libro. Insomma, Remus ha passato un anno intero tra di loro e nel libro non vengono neppure nominati? Non va bene... ;-)
Infine, l'altra scelta arbitraria: la Casa di Teddy. Ho spulciato tutto Lexicon ma non ne ho trovato traccia, così l'ho messo a Grifondoro. E' la Casa che preferisco (non sono molto originale, ne convengo), e un Lupin figlioccio di un Potter non può che stare lì, a mio modesto parere. La mia altra opzione era Tassorosso
(che pure non mi dispiace), la Casa di Dora ... ma poi mi sono detta che già Teddy aveva deliziato mamma e sconvolto papà dichiarandosi fan delle Sorelle Stravagarie, così ho optato per Grifondoro nel tentativo di bilanciare un po' le cose: tanto più che a Tonks "piacciono molto i Grifon...". ^^
Oh, in ultimo... non sono proprio sicura che Pix potesse raggiungere il Parco... ma ci stava così bene come trovata... e poi è un'occasione speciale, suvvia. Nel libro viene persino tolta l'impossibilità di Materializzarsi nel Parco per permettere agli aiuti di arrivare... e concediamo un po' di libertà anche a Pix!

Come indicato dalla dicitura in verde qui sopra, il proclama di Voldemort è una citazione tratta da "Harry Potter e i Doni della Morte" di J.k. Rowling. E anche il "Billywig" a cui Tonks paragona il Teddy neonato è un'invenzione della Rowling. Trattasi di un vivace animaletto volante originario dell'Australia che ci viene presentato in : "Gli animali fantastici: dove trovarli".


lyrapotter: Grazie! Mi fa piacere che tu abbia trovato perfetto il mio Remus (anche perché mi sembri un'intenditrice, visto che sei in così "confidenziali" rapporti col soggetto in questione). E certo che Remus era un buon combattente! Voglio dire: è sopravvissuto praticamente a due guerre, si è buttato in missioni non esattamente di tutto riposo, è un membro dell'Ordine della Fenice... è sicuramente un buon combattente, non ci piove!  Greyback è esattamente un pazzo assatanato, sì. Non c'è modo migliore per descriverlo, direi. Ottima sintesi! Remus ha preso tutto con ammirevole nonchalance perché era preparato. Sicuramente aveva messo in conto di non uscire vivo da quella battaglia (in effetti neppure nel libro sembra molto stupito della cosa, quando Harry lo richiama con la Pietra della Resurrezione, no?) e sa dell'esistenza di una Chiave del Tempo, quindi... Anch'io non ho una grande simpatia (eufemismo) per Bellatrix e avrei fatto un monumento a Molly! Voldemort a volte può anche rendersi utile, per quanto strano possa sembrare. Certo, non che lo faccia coscientemente, eh... Oh, per quanto riguarda i due uomini corsi in soccorso di Michael, no, non ti sei persa nessun pezzo (per quanto sia un'eventualità da mettere in conto quando si è impegnati a sbavare su uno dei personaggi, suppongo ^^) semplicemente non lo avevo detto, ancora. Penso che dopo questo capitolo la cosa si sia un po' chiarita.  

Jadis: Grazie! Ah, la morte di Remus e Dora... mi sarebbe piaciuto molto immaginarmi una romantica, duplice morte leggendo i "Doni della Morte", sai? Purtroppo l'ho subito immaginata così, però. Anche più crudele, se vogliamo. Prego, la prima ad avere goduto della speranza data da questa storia sono stata proprio io. ;-)

Piccola Vero: Mi fa davvero piacere che la storia continui a piacerti e che non ti stia deludendo troppo! Teddy ha un certo fascino, ne convengo. Del resto è un
cocktail davvero interessante, no?  ;-)

Kamen: Grazie per la recensione "bellica"! Mi ha fatto davvero molto piacere questa tua constatazione, sai? Perché hai ragione, la guerra è descritta raramente nelle ff. Forse perché, fortunatamente, la stragrande maggioranza degli autori non la conosce e tende davvero ad immaginarsela come un eroico e nobile torneo dove tutti si combattono a turno. Uhm... sai che mi piace molto il tuo Canon mentale? Somiglia parecchio al mio!
 
fri rapace: Ciao! Grazie per la recensione! Mi ha fatto molto piacere riceverla, ma la prossima volta evita di rischiare divorzi per causa mia, per favore!^^ Il capitolo può aspettare... il maritino meno, suvvia. Per "sdebitarmi" tenterò di spiegarti cosa mi ha spinto a fare agire Remus nel modo che ti ha lasciato un po' perplessa. Dunque, è verissimo che Remus è più che disposto a giustiziare Peter alla fine del terzo libro. Giustiziare. Perché Peter si è macchiato di una delle colpe che Remus non riesce a perdonare: ha tradito. E, peggio, ha tradito chi aveva cieca fiducia in lui. Nella mia storia, però, la minaccia di Fenrir è solo aleatoria, Teddy non corre nessun rischio in quel preciso momento e Remus, pur molto tentato dall'idea di fare fuori Fenrir (oh, se ne è tentato...), si trattiene. Il suo comportamento non è dettato tanto da "bontà", quanto da autocontrollo. E' il trionfo della razionalità sull'istinto; della pietà sulla ferocia; dell'Uomo sulla Bestia. E', insomma, frutto della lotta che Remus intrattiene costantemente con se stesso, la conseguenza diretta della sua Scelta; quella Scelta che determina l'essenza stessa di Remus, a mio parere, perché, come sostiene Silente: sono le scelte che fanno di noi quello che siamo. E Remus sceglie di essere diverso da Fenrir, anche perché Fenrir incarna la peggior paura di Remus, quella paura che si intuisce dalla forma del suo Molliccio. Che non è tanto paura del dolore fisico legato alla trasformazione, secondo me, quanto paura di quello che la trasformazione comporta: la perdita della razionalità, della pietà, del controllo di sé; in poche parole la perdita dell'Umanità. Il diventare, insomma, esattamente come Greyback. Spero di essere riuscita a spiegare la mia idea come tu hai spiegato la tua, ma, soprattutto, spero che tu legga tutto questo senza rischiare rappresaglie da tuo marito. E, naturalmente, spero che tu abbia apprezzato Tonks e il suo approccio con il figlio quasi coetaneo. Secondo me sta sognando (letteralmente) di chiedergli di accompagnarla al prossimo concerto delle Sorelle Stravagarie. Sai com'è, Remus non le dà molte soddisfazioni, in tal senso.^^

evelyn_cla: Grazie per la recensione! Mi fa davvero piacere che la storia ti stia piacendo. Mi sono divertita molto a scriverla, anche perché mi ha permesso di "esorcizzare" quelle due morti. Il fatto che possa piacere anche ad altri non può che farmi un immenso piacere. E mi fa un immenso piacere anche il fatto che ti abbia fatto ridere. Era nelle mie intenzioni, in effetti.^^ Per quanto riguarda la frase che hai citato, be', Remus ancora non lo sa... ma Teddy ha preso moltissimo dalla mamma. Povero Remus... e poveri Vermicoli ;-)

fennec: Grazie! Ho adorato descrivere l'incontro tra Remus e Teddy... e quel ricorrere alla parola "papà" invece di Schiantare o Pietrificare mi è parsa naturale. Mai sottovalutare la forza, e la magia, di talune parole. Per quanto riguarda il Prato Incantato... be', ho pensato che tre Animagi inesperti avessero pur bisogno di un luogo in cui esercitarsi lontano da sguardi indiscreti, no? Voglio dire, non ce lo vedo un cervo nel dormitorio di Grifondoro... ci sarebbe stata una strage di poveri baldacchini innocenti! E un prato protetto - chissà quando e chissà da chi - con un incantesimo mi pareva molto appropriato. Mi fa piacere che l'idea ti sia piaciuta. 

E un sentito grazie anche ai sempre più numerosi membri dell'Esercito dei Silenti

  
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