capitolo 24
Capitolo
24
-Come
scusa?! Ripeti?!- sbottò David, incredulo alle parole appena
pronunciate da Tom.
-Devo
andare ad Amburgo in macchina, da solo!- ripetè il ragazzo.
David lo guardava con gli occhi strabuzzati.
-E
perchè mai?- domandò senza particolare interesse.
-Si
da il caso che la mia ragazza sia segregata in una stanza da suo
padre!-. David boccheggiò per qualche secondo senza proferire
parola. Poi prese un bel respiro.
-Tom...-
cominciò.
-Ti
prego David- lo interruppe il chitarrista.
-Tom,
ma dove la vuoi andare a cercare? Amburgo è troppo vago-.
-Non
mi importa. Io vado ad Amburgo, punto e basta. Una volta lì
deciderò da solo cosa fare-.
-Tom,
io ti lascio fare quello che vuoi. Ti chiedo solo di stare attendo e
portarti almeno Saki con te-.
-D'accordo,
andrò con Saki. Grazie David-.
*
Mi
svegliai di soprassalto quella mattina. Avevo fatto un incubo: Tom
che veniva picchiato da mio padre. Serrai gli occhi e scossi la testa
cercando di abbandonare quel pensiero. Tom era al sicuro, non dovevo
preoccuparmi. Ad un tratto portai la mano allo stomaco che aveva
preso a brontolare instancabilmente. Mi girava la testa e avevo sete.
Ero ridotta a uno straccio, come tanto tempo prima. Ero praticamente
tornata alla mia vecchia vita, con la differenza che prima potevo
mangiare, bere e abbandonare quella casa quando volevo. Posai lo
sguardo sul mio cellulare che continuava a squillare instancabilmente
con la solita scritta: “Tom”. Avevo deciso di non rispondergli.
Forse solo così avrebbe capito che doveva lasciarmi stare e
dimenticarmi. Non perchè io non lo amassi più. Anzi. Lo
volevo troppo. Più di qualsiasi altra cosa. Solamente, proprio
perchè lo amavo, volevo che stesse al sicuro e quindi lontano
da quella casa.
*
Per
l'ennesima volta non aveva risposto alle sue chiamate. Riattaccò
con uno scatto, sbuffando nervosamente.
-Continua
a non rispondermi- borbottò rivolto a Saki, alla sua sinistra,
che guidava la sua macchina. Il bodyguard aveva deciso che il
ragazzo, in quelle condizioni, non poteva guidare. Era decisamente
troppo nervoso. -Ma io dico, cazzo, si diverte a star male? Non
capisce che ci rimette solo lei?!- urlò guardando la strada
davanti a sé. Saki lo ascoltava farsi i suoi discorsi. Aveva
bisogno di sfogarsi e lo lasciava fare. -E' una stupida. E' pure
stronza quando fa così!- continuò il ragazzo. Saki
sorrise appena a quell'ultima uscita senza staccare gli occhi dalla
strada.
-Sei
proprio innamorato eh?- intervenne improvvisamente, sorridendo e
guardandolo un attimo.
-Non
sai quanto- commentò imbronciato Tom, cosa che divertì
parecchio Saki. -Il bello è che è la prima volta che mi
succede. Non lo so, è arrivata lei e mi ha sconvolto tutto
quanto!- sorrise senza accorgersene il ragazzo, fissando il vuoto.
E'
bello vederti così Tom- concluse il bodyguard. Tom lo guardò
qualche secondo e poi tornò a concentrarsi sul paesaggio che
sfrecciava fuori dal finestrino. Era bello ma aveva una gran paura di
non arrivare in tempo da lei. Anche quello era bello da vedere?
*
Mi
tolsi di dosso la radiosveglia che era atterrata su di me, dopo che
ero caduta per terra, dando una botta al comodino. Mi si erano
piegate le ginocchia non appena avevo provato a rialzarmi. La testa
girava, girava fastidiosamente. Avevo assolutamente bisogno di
mangiare e bere. Non ce la facevo più. Strisciai fino al
cellulare e sospirai trovando altre 7 chiamate perse di Tom. Non si
arrendeva. Non si voleva arrendere. Non si voleva mettere in salvo.
Chiusi gli occhi piangendo, mentre sentivo provenire dei gemiti dalla
stanza affianco.
*
Tom
e Saki stavano girando per le strade di Amburgo invano. Tom stava per
buttarsi a terra disperato. Ma non voleva arrendersi. No, quella
sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. Giravano tutti i
casati. Scorrevano tutti i cognomi sul citofono. “Northon, Northon,
Northon” continuava a ripetersi nella testa Tom, scorrendo per
l'ennesima volta i cognomi sull'ennesimo citofono. Scosse la testa
tornando sul marciapiede dove Saki lo aspettava.
-Ancora
niente?- chiese il bodyguard. Il ragazzo scosse la testa.
-Tom
Kaulitz?- sentì ad un tratto una voce femminile alle sue
spalle. Si voltò di scatto e vide una ragazza a lui
sconosciuta avvicinarsi.
-Ehm,
non ho tempo per gli autografi adesso- disse velocemente.
-No
no, io non sono una tua fan- si affrettò a chiarire lei,
sorridendo. Tom la guardò senza capire. -Non sei il fidanzato
di Sara?- gli chiese di nuovo. Tom spalancò gli occhi.
-La
conosci?!- esclamò. La ragazza annuì.
-E'...
era la mia migliore amica- sussurrò tristemente, abbassando lo
sguardo.
-Oh
mio Dio, sai dove abita?-.
-A
dire il vero se n'è andata di casa. Non vive con voi ora?-.
-Sì
ma è tornata e adesso la devo assolutamente trovare-.
-Ma
è successo qualcosa?-.
-Suo
padre la tiene segregata-. La ragazza spalancò gli occhi.
-Io
so dove abita, ma è lontano da qua- disse mogia.
-Ti
prego, aiutami- la implorò Tom. Lei annuì.
-Se
mi fate salire in macchina vi dico la strada. È troppo
difficile da spiegare così- disse lei.
-Certo!-
esclamò felice Tom. Insieme a Saki tornarono alla sua
macchina. Davanti fece salire la ragazza mentre lui salì sui
sedili posteriori. -Non so come ringraziarti, davvero- disse
sorridendo Tom. La ragazza ricambiò lievemente il sorriso. Le
si leggeva la tristezza negli occhi. -Ah, come ti chiami?- le chiese
poi.
-Hellen-
rispose lei. Ad un tratto notò delle lacrime scorrere sulle
sue guance.
-Hey,
tutto bene?- le chiese preoccupato Tom. Lei scosse la testa tirando
su col naso.
-No.
Sono stata una stronza- rispose lei. Tom rimase un attimo in
silenzio. -Lei mi considerava la sua migliore amica... e anche io la
consideravo tale. Solo che la situazione che aveva a casa ha iniziato
a disturbarmi e invece che aiutarla come una qualsiasi migliore amica
farebbe, l'ho abbandonata per non caricarmi sulle spalle i suoi
problemi. So che lei non chiedeva questo. Lei chiedeva solo un po' di
compagnia, non voleva che le risolvessimo la vita. È sempre
stata dolcissima- pianse Hellen. Tom la ascoltava rapito. Era lei una
degli amici che l'avevano abbandonata a cui si riferiva Sara quando
gli aveva raccontato la sua storia. Ora capiva tutto. -Quando sono
venuta a sapere che se n'era andata di casa ero disperata. Non volevo
che arrivasse a tanto, ma non potevo neanche biasimarla. Poi ha
cominciato ad apparire assieme a voi sul giornale. Ho saputo che
state insieme e così mi sono rasserenata all'idea che lei
stesse meglio. Credimi, le hai fatto veramente bene. Sono contenta-
gli disse guardandolo con gli occhi arrossati. Tom sorrise
lievemente. -Ecco, accosta- aggiunse rivolta verso Saki. Saki ubbidì.
La macchina venne parcheggiata un po' prima di una villetta rosa. Era
molto carina esteticamente. Ma nessuno poteva immaginare cosa ci
fosse dentro.
-Perfetto,
grazie mille. Saki, mentre vado dentro, chiama la polizia- disse Tom.
-Tom,
io vengo con te- disse il bodyguard.
-No,
Saki, stai qua fuori e aspetta la polizia, per favore- lo rimbeccò
il ragazzo.
-Allora
vengo io con te- intervenne Hellen.
-No,
state tutti e due qui, per favore!- esclamò Tom. Nessuno dei
due fiatò più. Il ragazzo sospirò e scese dalla
macchina. Entrò nella villetta scavalcando il cancello.
Intravide una finestra e la raggiunse. La aprì senza far
rumore. Quella situazione per un attimo lo riportò con la
mente al giorno in cui Sara era entrata allo studio di registrazione
di nascosto. Tutto era nato da lì. La cosa più bella.
Scavalcò il davanzale e si trovò in cucina. Uscì
e si affacciò guardandosi intorno con circospezione. La via
sembrava libera. Vide che al piano terra c'erano solo cucina e
salotto. Dedusse che le camere da letto fossero al piano di sopra.
Salì le scale velocemente ma senza far rumore. Si trovò
davanti a tre porte. Avvicinò l'orecchio a una ma non sentì
niente, quando ad un tratto potette udire dei gemiti provenienti da
una stanza. Il sangue gli andò al cervello. Non voleva
crederci. Sentì la rabbia ribollirgli nelle vene. La stava...
la stava...? Chiuse gli occhi e si avvicinò. Sentì
perfettamente quei versi inconfondibili e con un'ira che mai aveva
provato prima spalancò quella porta. Si fermò di scatto
con gli occhi spalancati. La scena che si presentava davanti a lui
era raccapricciante. L'unica cosa che lo fece sentire leggermente
meglio era che la persona sotto al padre di Sara non era lei. Era sua
madre. Sentì la nausea pervaderlo quando il padre si alzò
da quella povera donna che non ci capiva più niente. Si chiuse
semplicemente la zip del pantaloni e guardò Tom.
-Ah
ecco, mi chiedevo quanto tempo ci avresti messo a venire a recupera
la tua povera ragazza-.
*
I
gemiti erano passati finalmente. La cosa che mi turbò però
fu la voce di mio padre. Con chi stava parlando? Ero ancora sdraiata
a terra con gli occhi socchiusi. Ero stremata. Non sentivo più
le forze. Stavo per svenire, lo sentivo. Ma ad un tratto il mio cuore
prese a battere velocemente. Sembrava volesse perforarmi il petto.
Era la sua voce! La riconoscevo, era la sua! Come caspita aveva fatto
a trovarmi? La felicità venne subito repressa dal senso di
paura che mi aveva travolto velocemente. Non avrebbe dovuto essere
lì. Non mi aveva ascoltata. Era il solito testardo. Sobbalzai,
sempre a terra, quando sentii la porta aprirsi di scatto.
-Eccola
la tua amata- sentii la voce viscida di mio padre.
-Piccola!-
esclamò Tom, precipitandosi affianco a me. Mi prese e mi
sollevò la schiena. Poggiò una mano sul mio viso e mi
guardò spaventato. Il mio orecchio era poggiato sul suo petto
e potevo sentire il suo cuore che batteva più veloce del mio.
Non avevo la forza di alzare lo sguardo su di lui. Avrei voluto
abbracciarlo e dirgli che lo amavo troppo ma non ci riuscivo. -Come
cazzo hai fatto a ridurre tua figlia in questo modo!- urlò
Tom con le lacrime agli occhi, evidentemente rivolto a mio padre.
-Visto
che capolavoro?- sorrise quello schifo di uomo. Tom mi appoggiò
delicatamente per terra e si alzò furioso. Lo vidi tirare un
pugno in faccia a Roy che cadde a terra. Gli si mise a cavalcioni
sopra e lo riempì di botte. Io volevo urlargli di fermarsi o
sarebbe finito nei casini lui. Ma non ce la feci.
-Stronzo!
Bastardo!- sentivo Tom urlare a ogni colpo. Sembrava che volesse
ripagarmi di tutte le botte che mi ero presa da Roy. Roy gli mise le
mani al collo. Io spalancai gli occhi.
-Roy!-
urlai piangendo spaventata. Niente, mi ignorava e continuava a tenere
la presa stretta, attorno al collo di Tom che faceva fatica a
respirare. Volevo svegliarmi. Non poteva accadere. E io non avevo
neanche una fottuta forza per fermarlo! Ad un tratto sentii dei passi
affrettati salire su per le scale. Alzai lo sguardo mentre gli occhi
piano piano mi si chiudevano. Era la polizia. Sospirai rincuorata non
appena vidi che erano riusciti a staccare Roy da Tom. Lo presero e
gli misero le manette, cercando di tenerlo fermo. Il mio sguardo si
posò su Tom che era rimasto a terra, tossendo con le mani alla
gola. Mi sentivo tremendamente in colpa. Poi la sua immagine divenne
lentamente sempre più sfocata.
*
-Sara...
ti prego, piccola, rispondimi- sentivo una voce lontana. Non me ne
accorsi ma sorrisi mentre ero ancora priva di sensi. Quella voce la
adoravo. La amavo. E amavo la persona a cui apparteneva. Mi sarei
dovuta svegliare per lui. Ci tenevo troppo. Non potevo abbandonarlo.
Soprattutto dopo quello che aveva fatto e rischiato per me. Decisi di
reagire. Lentamente alzai le palpebre. Vidi dapprima appannato, poi
tutto si schiarì davanti a me e notai, con gioia, che Tom era
vicino a me, che mi stringeva la mano. -Amore mio!- esclamò
con le lacrime agli occhi abbracciandomi lievemente. Io non ricambiai
la stretta ma lo feci mentalmente. Sentivo un fastidio al braccio
destro. Abbassai lo sguardo e vidi l'ago della flebo. -Come ti
senti?- mi chiese una volta sedutosi di nuovo sulla sedia affianco a
me, senza mai abbandonare la mia mano.
-Stanca-
sorrisi lievemente, socchiudendo gli occhi. -E fiacca- aggiunsi.
-E'
normale. Non hai mangiato né bevuto per giorni. Ma ti
riprenderai velocemente, tesoro- mi accarezzò una guancia. -Se
solo penso a quello che ti ha fatto di crudele quell'uomo. Mi fa
schifo. Lo odio- disse nervosamente.
-Siamo
in due allora- risposi. -A proposito. Dov'è?- chiesi, anche se
la risposta la sapevo già.
-Nel
luogo fatto apposta per lui. In prigione- rispose Tom accarezzandomi
la mano, stretta fra le sue.
-Tu
come stai?- gli chiesi.
-Io?
Benissimo!-.
-Tom,
non devi fingere con me. Non devi cercare di farmi stare meglio-.
-D'accordo,
ho avuto paura. Ma veramente tanta. All'inizio, quando ho sentito i
gemiti provenire dalla stanza... oddio, non so cosa mi sia passato
per la testa. Mi sentivo come impazzito. Avevo veramente paura di
vederti sotto quel mostro-. Sentivo che le sue mani tremavano.
-E
invece c'era mia madre. Come sempre- sussurrai abbassando lo sguardo.
Tom mi accarezzò di nuovo la guancia con le dita.
-Tesoro,
tua madre si riprenderà. Ora è in un'altra stanza, qui
in ospedale. Poi la porteranno in un centro di disintossicazione.
Andrà tutto bene. Finalmente riuscirai a vivere una vita
tranquilla- mi disse sorridendo. Io ricambiai il sorriso. -Senti,
piccola, io adesso vado a fuori a chiamare Bill per dirgli che ti sei
svegliata. Stava avendo una delle sue solite crisi isteriche l'ultima
volta che l'ho sentito- ridacchiò lievemente. Poi si alzò
dalla sedia. -Intanto ti faccio parlare con una persona- aggiunse
baciandomi la fronte. Io rimasi un attimo perplessa a quella parole
ma non dissi nulla. Lo vidi darmi le spalle ed uscire dalla stanza.
Al posto suo entrò la persona che mai avrei creduto di
trovarmi davanti. Hellen era lì. Sulla porta che mi guardava
piangendo mortificata. Tom mi sorrise e richiuse la porta.
-Hellen...-
sussurrai incredula. Lei mi si avvicinò e mi si fiondò
addosso abbracciandomi e scoppiando in un pianto ininterrotto. Non mi
sembrava vero. Non sapevo neanche come reagire. Una cosa era certa:
ero felicissima. Mi diede un bacio sulla guancia, una volta che si fu
ripresa dai singhiozzi.
-Sara,
mi dispiace tanto... io ti voglio bene- disse con ancora le lacrime
agli occhi. Mi bastava. Non avrei voluto sentire altro. Avevo
dimenticato tutto.
-Anch'io-.
*
Ero
finalmente uscita dall'ospedale. Stavo bene, mi sentivo rinata. Avevo
voglia di ricominciare tutto da capo. Con Tom e gli altri ragazzi.
Con Hellen, fortunatamente, ero riuscita a ritrovare quella fiducia e
quell'amicizia che mai era svanita. Ci eravamo promesse di tenerci in
contatto. Con Tom invece... Tom era Tom. Semplicemente decidemmo di
ripartire da dove ci eravamo fermati. Ovvero...
-Tom!-
esclamai.
-Che
c'è?- mi chiese lui ansimante.
-Fai
più piano, tutta l'acqua finisce per terra e a chi tocca
pulire poi? A me!- le mie parole vennero interrotte dalle sue labbra
sorridenti che si erano posate dolcemente sulle mie, ignorando i miei
discorsi e continuando a muoversi dentro di me.
*
Era
passata una settimana dal nostro ritorno da Amburgo. E tutto era
tornato come prima. Con un'unica differenza: io ero più
tranquilla e serena. Così come Tom e il resto della band. Si
poteva chiaramente sentire la pace e la tranquillità che si
erano impadronite della casa.
-Bill!!!-
sentii urlare Tom dal piano di sopra. Io ero seduta al tavolo della
cucina assieme a Bill. Entrambe alzammo lo sguardo verso l'entrata
della cucina. Vidi il vocalist aprire velocemente il cassetto sotto
il ripiano per cucinare. Spalancai gli occhi quando vidi anche che
tirò fuori da esso una padella.
-Ehm...
Bill- intervenni perplessa ma senza scompormi più di tanto. In
quel momento entrò in cucina Tom, da assatanato.
-Eh
va bene, fatti sotto!- lo minacciò Bill puntandogli contro la
padella. Tom scoppiò a ridere istericamente e recuperò
dal cassetto un'altra padella. Io mi chiesi perplessa chi dei due
fosse più scemo dell'altro. Rimasi a godermi lo spettacolo, a
braccia conserte, curiosa di vedere dove sarebbero stati capaci di
arrivare. -Proprio come quando eravamo piccoli, fratellino!- esclamò
di nuovo Bill cominciando a sferrare padellate da tutte le parti. Tom
rispose con le stesse mosse ed io mi tappai le orecchie per il casino
assurdo che producevano quegli arnesi, appena sbattevano uno contro
l'altro.
-Ma
la finite?!- urlai cercando di sovrastare quel fracasso allucinante.
Mi voltai non appena sentii arrivare gli altri ragazzi, David e Saki,
con gli occhi spalancati.
-Ma
voi non siete normali!- esclamò David tenendo fermo Tom,
mentre Saki andava a recuperare Bill. Gustav e Georg intanto tolsero
le pentole dalle loro mani. I gemelli si erano calmati. Bastò
poco per farci scoppiare tutti quanti a ridere, compresi loro due.
Cos'avevo detto? Pace e tranquillità? Beh, se non altro, ora
la mia felicità finalmente l'avevo trovata...
Fine!
--------------------------
Ok.
Siamo arrivati alla fine ragazze mie. La scena finale delle padelle non
l'ho scritta perchè mi è cascata una tegola in testa, ma
perchè sul forum dove l'avevo postata me l'avevano chiesta in
tante. Io le ho volute accontentare xD
Vi
ringrazio una ad una... siete state veramente carinissime tutte quante.
Mi avete anche divertito con dei commenti che veramente mi hanno fatto
morire dal ridere. Io spero che questo finale vi sia piaciuto. E'
alquanto bizzarro, ma ci ho messo lo stesso l'impegno giusto. Almeno
penso e spero. Spero che questa storia vi rimanga un pò impressa
perchè a me è rimasta nel cuore. Grazie mille di nuovo a
tutte quante per avermi seguito e supportato.
Vi aspetto in una mia prossima storia!
Bacioni.
|