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Autore: _KyRa_    02/09/2009    13 recensioni
Chi è che se ne stava in camera mia quando sono arrivato?!-.
-Avevo sonno e mi sono addormentata!-.
-Sul mio letto?! Ammettilo che sei cotta di me!-.
Io cominciai a ridere da assatanata.
David ascoltava in silenzio la conversazione, sorseggiando il suo the ad occhi chiusi, non troppo interessato mentre i tre ragazzi si passavano sconsolatamente una mano sul viso.
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '~ Beats Of My Heart ~'
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capitolo 24

Capitolo 24


-Come scusa?! Ripeti?!- sbottò David, incredulo alle parole appena pronunciate da Tom.


-Devo andare ad Amburgo in macchina, da solo!- ripetè il ragazzo. David lo guardava con gli occhi strabuzzati.


-E perchè mai?- domandò senza particolare interesse.


-Si da il caso che la mia ragazza sia segregata in una stanza da suo padre!-. David boccheggiò per qualche secondo senza proferire parola. Poi prese un bel respiro.


-Tom...- cominciò.


-Ti prego David- lo interruppe il chitarrista.


-Tom, ma dove la vuoi andare a cercare? Amburgo è troppo vago-.


-Non mi importa. Io vado ad Amburgo, punto e basta. Una volta lì deciderò da solo cosa fare-.


-Tom, io ti lascio fare quello che vuoi. Ti chiedo solo di stare attendo e portarti almeno Saki con te-.


-D'accordo, andrò con Saki. Grazie David-.


*


Mi svegliai di soprassalto quella mattina. Avevo fatto un incubo: Tom che veniva picchiato da mio padre. Serrai gli occhi e scossi la testa cercando di abbandonare quel pensiero. Tom era al sicuro, non dovevo preoccuparmi. Ad un tratto portai la mano allo stomaco che aveva preso a brontolare instancabilmente. Mi girava la testa e avevo sete. Ero ridotta a uno straccio, come tanto tempo prima. Ero praticamente tornata alla mia vecchia vita, con la differenza che prima potevo mangiare, bere e abbandonare quella casa quando volevo. Posai lo sguardo sul mio cellulare che continuava a squillare instancabilmente con la solita scritta: “Tom”. Avevo deciso di non rispondergli. Forse solo così avrebbe capito che doveva lasciarmi stare e dimenticarmi. Non perchè io non lo amassi più. Anzi. Lo volevo troppo. Più di qualsiasi altra cosa. Solamente, proprio perchè lo amavo, volevo che stesse al sicuro e quindi lontano da quella casa.


*


Per l'ennesima volta non aveva risposto alle sue chiamate. Riattaccò con uno scatto, sbuffando nervosamente.


-Continua a non rispondermi- borbottò rivolto a Saki, alla sua sinistra, che guidava la sua macchina. Il bodyguard aveva deciso che il ragazzo, in quelle condizioni, non poteva guidare. Era decisamente troppo nervoso. -Ma io dico, cazzo, si diverte a star male? Non capisce che ci rimette solo lei?!- urlò guardando la strada davanti a sé. Saki lo ascoltava farsi i suoi discorsi. Aveva bisogno di sfogarsi e lo lasciava fare. -E' una stupida. E' pure stronza quando fa così!- continuò il ragazzo. Saki sorrise appena a quell'ultima uscita senza staccare gli occhi dalla strada.


-Sei proprio innamorato eh?- intervenne improvvisamente, sorridendo e guardandolo un attimo.


-Non sai quanto- commentò imbronciato Tom, cosa che divertì parecchio Saki. -Il bello è che è la prima volta che mi succede. Non lo so, è arrivata lei e mi ha sconvolto tutto quanto!- sorrise senza accorgersene il ragazzo, fissando il vuoto.


E' bello vederti così Tom- concluse il bodyguard. Tom lo guardò qualche secondo e poi tornò a concentrarsi sul paesaggio che sfrecciava fuori dal finestrino. Era bello ma aveva una gran paura di non arrivare in tempo da lei. Anche quello era bello da vedere?


*


Mi tolsi di dosso la radiosveglia che era atterrata su di me, dopo che ero caduta per terra, dando una botta al comodino. Mi si erano piegate le ginocchia non appena avevo provato a rialzarmi. La testa girava, girava fastidiosamente. Avevo assolutamente bisogno di mangiare e bere. Non ce la facevo più. Strisciai fino al cellulare e sospirai trovando altre 7 chiamate perse di Tom. Non si arrendeva. Non si voleva arrendere. Non si voleva mettere in salvo. Chiusi gli occhi piangendo, mentre sentivo provenire dei gemiti dalla stanza affianco.


*


Tom e Saki stavano girando per le strade di Amburgo invano. Tom stava per buttarsi a terra disperato. Ma non voleva arrendersi. No, quella sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. Giravano tutti i casati. Scorrevano tutti i cognomi sul citofono. “Northon, Northon, Northon” continuava a ripetersi nella testa Tom, scorrendo per l'ennesima volta i cognomi sull'ennesimo citofono. Scosse la testa tornando sul marciapiede dove Saki lo aspettava.


-Ancora niente?- chiese il bodyguard. Il ragazzo scosse la testa.


-Tom Kaulitz?- sentì ad un tratto una voce femminile alle sue spalle. Si voltò di scatto e vide una ragazza a lui sconosciuta avvicinarsi.


-Ehm, non ho tempo per gli autografi adesso- disse velocemente.


-No no, io non sono una tua fan- si affrettò a chiarire lei, sorridendo. Tom la guardò senza capire. -Non sei il fidanzato di Sara?- gli chiese di nuovo. Tom spalancò gli occhi.


-La conosci?!- esclamò. La ragazza annuì.


-E'... era la mia migliore amica- sussurrò tristemente, abbassando lo sguardo.


-Oh mio Dio, sai dove abita?-.


-A dire il vero se n'è andata di casa. Non vive con voi ora?-.


-Sì ma è tornata e adesso la devo assolutamente trovare-.


-Ma è successo qualcosa?-.


-Suo padre la tiene segregata-. La ragazza spalancò gli occhi.


-Io so dove abita, ma è lontano da qua- disse mogia.


-Ti prego, aiutami- la implorò Tom. Lei annuì.


-Se mi fate salire in macchina vi dico la strada. È troppo difficile da spiegare così- disse lei.


-Certo!- esclamò felice Tom. Insieme a Saki tornarono alla sua macchina. Davanti fece salire la ragazza mentre lui salì sui sedili posteriori. -Non so come ringraziarti, davvero- disse sorridendo Tom. La ragazza ricambiò lievemente il sorriso. Le si leggeva la tristezza negli occhi. -Ah, come ti chiami?- le chiese poi.


-Hellen- rispose lei. Ad un tratto notò delle lacrime scorrere sulle sue guance.


-Hey, tutto bene?- le chiese preoccupato Tom. Lei scosse la testa tirando su col naso.


-No. Sono stata una stronza- rispose lei. Tom rimase un attimo in silenzio. -Lei mi considerava la sua migliore amica... e anche io la consideravo tale. Solo che la situazione che aveva a casa ha iniziato a disturbarmi e invece che aiutarla come una qualsiasi migliore amica farebbe, l'ho abbandonata per non caricarmi sulle spalle i suoi problemi. So che lei non chiedeva questo. Lei chiedeva solo un po' di compagnia, non voleva che le risolvessimo la vita. È sempre stata dolcissima- pianse Hellen. Tom la ascoltava rapito. Era lei una degli amici che l'avevano abbandonata a cui si riferiva Sara quando gli aveva raccontato la sua storia. Ora capiva tutto. -Quando sono venuta a sapere che se n'era andata di casa ero disperata. Non volevo che arrivasse a tanto, ma non potevo neanche biasimarla. Poi ha cominciato ad apparire assieme a voi sul giornale. Ho saputo che state insieme e così mi sono rasserenata all'idea che lei stesse meglio. Credimi, le hai fatto veramente bene. Sono contenta- gli disse guardandolo con gli occhi arrossati. Tom sorrise lievemente. -Ecco, accosta- aggiunse rivolta verso Saki. Saki ubbidì. La macchina venne parcheggiata un po' prima di una villetta rosa. Era molto carina esteticamente. Ma nessuno poteva immaginare cosa ci fosse dentro.


-Perfetto, grazie mille. Saki, mentre vado dentro, chiama la polizia- disse Tom.


-Tom, io vengo con te- disse il bodyguard.


-No, Saki, stai qua fuori e aspetta la polizia, per favore- lo rimbeccò il ragazzo.


-Allora vengo io con te- intervenne Hellen.


-No, state tutti e due qui, per favore!- esclamò Tom. Nessuno dei due fiatò più. Il ragazzo sospirò e scese dalla macchina. Entrò nella villetta scavalcando il cancello. Intravide una finestra e la raggiunse. La aprì senza far rumore. Quella situazione per un attimo lo riportò con la mente al giorno in cui Sara era entrata allo studio di registrazione di nascosto. Tutto era nato da lì. La cosa più bella. Scavalcò il davanzale e si trovò in cucina. Uscì e si affacciò guardandosi intorno con circospezione. La via sembrava libera. Vide che al piano terra c'erano solo cucina e salotto. Dedusse che le camere da letto fossero al piano di sopra. Salì le scale velocemente ma senza far rumore. Si trovò davanti a tre porte. Avvicinò l'orecchio a una ma non sentì niente, quando ad un tratto potette udire dei gemiti provenienti da una stanza. Il sangue gli andò al cervello. Non voleva crederci. Sentì la rabbia ribollirgli nelle vene. La stava... la stava...? Chiuse gli occhi e si avvicinò. Sentì perfettamente quei versi inconfondibili e con un'ira che mai aveva provato prima spalancò quella porta. Si fermò di scatto con gli occhi spalancati. La scena che si presentava davanti a lui era raccapricciante. L'unica cosa che lo fece sentire leggermente meglio era che la persona sotto al padre di Sara non era lei. Era sua madre. Sentì la nausea pervaderlo quando il padre si alzò da quella povera donna che non ci capiva più niente. Si chiuse semplicemente la zip del pantaloni e guardò Tom.


-Ah ecco, mi chiedevo quanto tempo ci avresti messo a venire a recupera la tua povera ragazza-.


*


I gemiti erano passati finalmente. La cosa che mi turbò però fu la voce di mio padre. Con chi stava parlando? Ero ancora sdraiata a terra con gli occhi socchiusi. Ero stremata. Non sentivo più le forze. Stavo per svenire, lo sentivo. Ma ad un tratto il mio cuore prese a battere velocemente. Sembrava volesse perforarmi il petto. Era la sua voce! La riconoscevo, era la sua! Come caspita aveva fatto a trovarmi? La felicità venne subito repressa dal senso di paura che mi aveva travolto velocemente. Non avrebbe dovuto essere lì. Non mi aveva ascoltata. Era il solito testardo. Sobbalzai, sempre a terra, quando sentii la porta aprirsi di scatto.


-Eccola la tua amata- sentii la voce viscida di mio padre.


-Piccola!- esclamò Tom, precipitandosi affianco a me. Mi prese e mi sollevò la schiena. Poggiò una mano sul mio viso e mi guardò spaventato. Il mio orecchio era poggiato sul suo petto e potevo sentire il suo cuore che batteva più veloce del mio. Non avevo la forza di alzare lo sguardo su di lui. Avrei voluto abbracciarlo e dirgli che lo amavo troppo ma non ci riuscivo. -Come cazzo hai fatto a ridurre tua figlia in questo modo!- urlò Tom con le lacrime agli occhi, evidentemente rivolto a mio padre.


-Visto che capolavoro?- sorrise quello schifo di uomo. Tom mi appoggiò delicatamente per terra e si alzò furioso. Lo vidi tirare un pugno in faccia a Roy che cadde a terra. Gli si mise a cavalcioni sopra e lo riempì di botte. Io volevo urlargli di fermarsi o sarebbe finito nei casini lui. Ma non ce la feci.


-Stronzo! Bastardo!- sentivo Tom urlare a ogni colpo. Sembrava che volesse ripagarmi di tutte le botte che mi ero presa da Roy. Roy gli mise le mani al collo. Io spalancai gli occhi.


-Roy!- urlai piangendo spaventata. Niente, mi ignorava e continuava a tenere la presa stretta, attorno al collo di Tom che faceva fatica a respirare. Volevo svegliarmi. Non poteva accadere. E io non avevo neanche una fottuta forza per fermarlo! Ad un tratto sentii dei passi affrettati salire su per le scale. Alzai lo sguardo mentre gli occhi piano piano mi si chiudevano. Era la polizia. Sospirai rincuorata non appena vidi che erano riusciti a staccare Roy da Tom. Lo presero e gli misero le manette, cercando di tenerlo fermo. Il mio sguardo si posò su Tom che era rimasto a terra, tossendo con le mani alla gola. Mi sentivo tremendamente in colpa. Poi la sua immagine divenne lentamente sempre più sfocata.


*


-Sara... ti prego, piccola, rispondimi- sentivo una voce lontana. Non me ne accorsi ma sorrisi mentre ero ancora priva di sensi. Quella voce la adoravo. La amavo. E amavo la persona a cui apparteneva. Mi sarei dovuta svegliare per lui. Ci tenevo troppo. Non potevo abbandonarlo. Soprattutto dopo quello che aveva fatto e rischiato per me. Decisi di reagire. Lentamente alzai le palpebre. Vidi dapprima appannato, poi tutto si schiarì davanti a me e notai, con gioia, che Tom era vicino a me, che mi stringeva la mano. -Amore mio!- esclamò con le lacrime agli occhi abbracciandomi lievemente. Io non ricambiai la stretta ma lo feci mentalmente. Sentivo un fastidio al braccio destro. Abbassai lo sguardo e vidi l'ago della flebo. -Come ti senti?- mi chiese una volta sedutosi di nuovo sulla sedia affianco a me, senza mai abbandonare la mia mano.


-Stanca- sorrisi lievemente, socchiudendo gli occhi. -E fiacca- aggiunsi.


-E' normale. Non hai mangiato né bevuto per giorni. Ma ti riprenderai velocemente, tesoro- mi accarezzò una guancia. -Se solo penso a quello che ti ha fatto di crudele quell'uomo. Mi fa schifo. Lo odio- disse nervosamente.


-Siamo in due allora- risposi. -A proposito. Dov'è?- chiesi, anche se la risposta la sapevo già.


-Nel luogo fatto apposta per lui. In prigione- rispose Tom accarezzandomi la mano, stretta fra le sue.


-Tu come stai?- gli chiesi.


-Io? Benissimo!-.


-Tom, non devi fingere con me. Non devi cercare di farmi stare meglio-.


-D'accordo, ho avuto paura. Ma veramente tanta. All'inizio, quando ho sentito i gemiti provenire dalla stanza... oddio, non so cosa mi sia passato per la testa. Mi sentivo come impazzito. Avevo veramente paura di vederti sotto quel mostro-. Sentivo che le sue mani tremavano.


-E invece c'era mia madre. Come sempre- sussurrai abbassando lo sguardo. Tom mi accarezzò di nuovo la guancia con le dita.


-Tesoro, tua madre si riprenderà. Ora è in un'altra stanza, qui in ospedale. Poi la porteranno in un centro di disintossicazione. Andrà tutto bene. Finalmente riuscirai a vivere una vita tranquilla- mi disse sorridendo. Io ricambiai il sorriso. -Senti, piccola, io adesso vado a fuori a chiamare Bill per dirgli che ti sei svegliata. Stava avendo una delle sue solite crisi isteriche l'ultima volta che l'ho sentito- ridacchiò lievemente. Poi si alzò dalla sedia. -Intanto ti faccio parlare con una persona- aggiunse baciandomi la fronte. Io rimasi un attimo perplessa a quella parole ma non dissi nulla. Lo vidi darmi le spalle ed uscire dalla stanza. Al posto suo entrò la persona che mai avrei creduto di trovarmi davanti. Hellen era lì. Sulla porta che mi guardava piangendo mortificata. Tom mi sorrise e richiuse la porta.


-Hellen...- sussurrai incredula. Lei mi si avvicinò e mi si fiondò addosso abbracciandomi e scoppiando in un pianto ininterrotto. Non mi sembrava vero. Non sapevo neanche come reagire. Una cosa era certa: ero felicissima. Mi diede un bacio sulla guancia, una volta che si fu ripresa dai singhiozzi.


-Sara, mi dispiace tanto... io ti voglio bene- disse con ancora le lacrime agli occhi. Mi bastava. Non avrei voluto sentire altro. Avevo dimenticato tutto.


-Anch'io-.


*


Ero finalmente uscita dall'ospedale. Stavo bene, mi sentivo rinata. Avevo voglia di ricominciare tutto da capo. Con Tom e gli altri ragazzi. Con Hellen, fortunatamente, ero riuscita a ritrovare quella fiducia e quell'amicizia che mai era svanita. Ci eravamo promesse di tenerci in contatto. Con Tom invece... Tom era Tom. Semplicemente decidemmo di ripartire da dove ci eravamo fermati. Ovvero...


-Tom!- esclamai.


-Che c'è?- mi chiese lui ansimante.


-Fai più piano, tutta l'acqua finisce per terra e a chi tocca pulire poi? A me!- le mie parole vennero interrotte dalle sue labbra sorridenti che si erano posate dolcemente sulle mie, ignorando i miei discorsi e continuando a muoversi dentro di me.


*


Era passata una settimana dal nostro ritorno da Amburgo. E tutto era tornato come prima. Con un'unica differenza: io ero più tranquilla e serena. Così come Tom e il resto della band. Si poteva chiaramente sentire la pace e la tranquillità che si erano impadronite della casa.


-Bill!!!- sentii urlare Tom dal piano di sopra. Io ero seduta al tavolo della cucina assieme a Bill. Entrambe alzammo lo sguardo verso l'entrata della cucina. Vidi il vocalist aprire velocemente il cassetto sotto il ripiano per cucinare. Spalancai gli occhi quando vidi anche che tirò fuori da esso una padella.


-Ehm... Bill- intervenni perplessa ma senza scompormi più di tanto. In quel momento entrò in cucina Tom, da assatanato.


-Eh va bene, fatti sotto!- lo minacciò Bill puntandogli contro la padella. Tom scoppiò a ridere istericamente e recuperò dal cassetto un'altra padella. Io mi chiesi perplessa chi dei due fosse più scemo dell'altro. Rimasi a godermi lo spettacolo, a braccia conserte, curiosa di vedere dove sarebbero stati capaci di arrivare. -Proprio come quando eravamo piccoli, fratellino!- esclamò di nuovo Bill cominciando a sferrare padellate da tutte le parti. Tom rispose con le stesse mosse ed io mi tappai le orecchie per il casino assurdo che producevano quegli arnesi, appena sbattevano uno contro l'altro.


-Ma la finite?!- urlai cercando di sovrastare quel fracasso allucinante. Mi voltai non appena sentii arrivare gli altri ragazzi, David e Saki, con gli occhi spalancati.


-Ma voi non siete normali!- esclamò David tenendo fermo Tom, mentre Saki andava a recuperare Bill. Gustav e Georg intanto tolsero le pentole dalle loro mani. I gemelli si erano calmati. Bastò poco per farci scoppiare tutti quanti a ridere, compresi loro due. Cos'avevo detto? Pace e tranquillità? Beh, se non altro, ora la mia felicità finalmente l'avevo trovata...



Fine!

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Ok. Siamo arrivati alla fine ragazze mie. La scena finale delle padelle non l'ho scritta perchè mi è cascata una tegola in testa, ma perchè sul forum dove l'avevo postata me l'avevano chiesta in tante. Io le ho volute accontentare xD

Vi ringrazio una ad una... siete state veramente carinissime tutte quante. Mi avete anche divertito con dei commenti che veramente mi hanno fatto morire dal ridere. Io spero che questo finale vi sia piaciuto. E' alquanto bizzarro, ma ci ho messo lo stesso l'impegno giusto. Almeno penso e spero. Spero che questa storia vi rimanga un pò impressa perchè a me è rimasta nel cuore. Grazie mille di nuovo a tutte quante per avermi seguito e supportato.

Vi aspetto in una mia prossima storia! 

Bacioni.

  
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