contest
100 ways to say ‘I
Love
You’
#09. I want you to be happy
«Ma che sta facendo Freed?», chiese Laxus quella sera accomodandosi a tavola, sorpreso di non trovare l’amico
seduto come sempre al proprio fianco.
«Si sta preparando», rispose tranquillamente
Evergreen addentando un pezzo di pane, per poi scoccargli una strana
occhiata da dietro le spesse lenti degli occhiali. «Per
l’appuntamento».
«Appuntamento?».
Laxus aggrottò la fronte, temeva di aver capito male. «Quale
appuntamento?»
«Non lo sai?», si intromise Bickslow con un
sorriso sghembo. «Freed ha conosciuto un ragazzo alla festa
dell’altra sera».
Laxus serrò duramente le mascelle abbandonando le posate sul tavolo.
Improvvisamente non aveva più fame e la cosa di certo non
migliorò quando vide Freed scendere le scale vestito di tutto punto e
ben pettinato, sorridente come non mai.
«Allora, come sto?», chiese il mago avvicinandosi
al tavolo e facendo un giro su se stesso.
«Benissimo! Sono sicura che lui
cadrà ai tuoi piedi. Vero, ragazzi?», si
complimentò Evergreen cercando l’approvazione degli altri due
uomini di casa, approvazione che giunse solo da parte di Bickslow e
delle sue bambole: «Vero,
vero, vero!».
Freed ringraziò leggermente rosso in volto, salutò e si avviò verso
l’ingresso.
Fu solo quando sentì la porta aprirsi che Laxus, rimasto
immobile e in silenzio fino a quel momento, trovò il coraggio di
alzarsi da tavola e raggiungere Freed in poche falcate.
«Aspetta», disse stringendogli un braccio.
Freed si voltò con un’espressione sorpresa e confusa, e Laxus
lo trovò più carino del solito con i lunghi capelli verdi
legati da un fermaglio dietro la testa e l’elegante camicia
scura, in parte sbottonata. «Perché a me non
l’hai detto?», gli chiese sbrigativamente.
«Ma io te
l’ho detto. Ieri, a colazione. Mi hai
anche risposto con un “Bene”».
«Cazzo, Freed, lo sai che a colazione non sono veramente sveglio!
Avresti dovuto dirmelo in un altro momento».
«Sarebbe cambiato qualcosa?», ribatté Freed
assottigliando gli occhi.
Laxus gli lasciò il braccio, rendendosi improvvisamente conto di quanto fosse stupido e insensato infierire in quel modo nella vita privata
dell’amico. Che egoista,
che illuso.
Cosa diavolo pretendeva? Che Freed lo aspettasse per tutta la vita? Che gli bastasse amare il Dio del Tuono in silenzio, senza mai essere ricambiato?
Quale persona sana di mente sarebbe stata disposta a farsi così
male?
«Freed», mormorò con voce più
supplichevole di quanto avrebbe voluto, indagando l’occhio azzurro
del mago. «Voglio
solo che tu sia felice».
«Anch’io», rispose Freed evitando il suo
sguardo, le labbra increspate in un sorriso terribilmente amaro.
«Anch’io voglio essere felice, per cui… ci proverò».
A quel punto si voltò, oltrepassò la soglia della porta e se la chiuse
alle proprie spalle, lasciando Laxus a fissare il vuoto.
È giusto
così, cercò di autoconvincersi il Dragon
Slayer. Era giusto che Freed trovasse qualcuno che, a differenza
sua, sapesse amarlo senza se
e senza ma,
qualcuno che avesse le idee chiare, qualcuno che non avesse paura di
ammettere la verità, di accettare i propri istinti e
desideri. Se lo ripeté più volte, Laxus, così
tante volte che ad un certo punto perse la cognizione del tempo
trascorso di fronte alla porta chiusa dell’ingresso e nemmeno
sentì le voci di Evergreen e Bickslow che lo chiamavano dalla sala da
pranzo.
Solo nel momento in cui avvertì la serratura scattare e vide la porta
riaprirsi rivelando il volto di Freed, Laxus riemerse dai propri
pensieri, incapace di credere al fatto che l’amico fosse tornato. Forse aveva solo dimenticato qualcosa, forse se ne sarebbe andato di nuovo. E allora perché aveva una lacrima
impigliata tra le ciglia? Perché lo guardava – ancora –
come se al mondo non esistesse nient’altro?
«Lo sai qual è il mio problema, Laxus?».
Freed fece un passo verso di lui premendo i pugni chiusi sul suo petto,
lì dove il cuore di Laxus ora batteva veloce come un treno in
corsa. «È che io, senza di te, non
posso… non
voglio essere felice», concluse poggiandovi
anche la fronte.
Laxus ingoiò a vuoto, inebriato dal profumo fruttato dei capelli di
Freed che gli solleticava piacevolmente le narici e dal calore del suo
volto premuto contro il proprio petto. «E il tuo
appuntamento?», chiese in un ultimo barlume di
lucidità.
«Chi se ne frega di uno stupido appuntamento se posso
avere… questo»,
mormorò Freed aggrappandosi con le mani a due lembi della sua maglia, e
Laxus altro non poté fare se non sollevare le braccia e
cingere la schiena di Freed in un abbraccio tanto desiderato e tanto disperato da
stupire perfino se stesso.
Forse era egoista da parte sua, ma se era quello a
rendere felice Freed – se era quello a rendere
felici entrambi – allora per il momento andava bene
così.
|