La
squadra dell’Amburgo entrò nello stadio assieme a quella del Bayer
Monaco.
Lo
sguardo di Karl fissava un punto davanti a sé. Il chiasso del tifo
giungeva alle sue orecchie.
Eppure,
il dolore alla testa sembrava sopportabile.
Un
mezzo sorriso sollevò le sue labbra. Forse, la speranza di una
risoluzione positiva allontanava quella pena martellante.
Di
tanto in tanto, lanciava occhiate fugaci agli spalti.
Ad
un tratto, il suo sguardo si posò sulla figura snella di Hilda,
seduta accanto a suo padre e una donna alta, non più giovane, dai
lunghi capelli rossi.
La
ragazza, quasi sentisse le occhiate del tedesco, alzò la mano in un
breve cenno di saluto.
Un
debole sorriso sollevò le sue labbra. Lei aveva mantenuto la
promessa.
E,
accanto a lei, erano presenti i suoi genitori.
Quello
era un buon segnale.
Grazie.,
si disse, un lieve sorriso sulle labbra. Lei era riuscita a
convincere i suoi genitori a venire allo stadio.
Questo
era un risultato migliore di quanto si potesse sperare.
Si
scosse dai suoi pensieri e, poco dopo, si avvicinò per il sorteggio.
Al
fischio dell’arbitro, le squadre cessarono di giocare ed entrarono
negli spogliatoi.
‒ Hilda,
sei sicura dell’utilità della nostra presenza? ‒ domandò la
donna, il tono dubbioso.
‒ Sì,
mamma. Dobbiamo essere chiari. Nessuno di noi è d’accordo con la
violenza ingiustificata. ‒ rispose la giovane, lo sguardo fisso sul
campo. Non poteva non comprendere il timore di sua madre, dopo quanto
era accaduto giorni prima.
Ma
la sua onestà le imponeva di continuare la sua battaglia.
‒ Susanna,
nostra figlia ha ragione. Troppi si stanno servendo di Andreas, senza
nemmeno chiedere la nostra opinione. ‒ intervenne l’uomo, lo
sguardo cupo e la fronte aggrottata.
La
donna si girò verso il coniuge e fissò su di lui i suoi occhi
azzurro scuro, velati da un forte turbamento.
L’uomo,
per alcuni istanti, strinse le labbra e il suo sguardo vagò sullo
stadio.
‒ Per
mesi, noi ci siamo nascosti dietro al lutto, per non affrontare la
verità. Odiavamo Wakabayashi perché è sopravvissuto, al contrario
di Andreas. Ma la morte di nostro figlio è stata una tragica
fatalità… ‒
Si
interruppe e, d’istinto, coprì la bocca con la mano, mentre le
lacrime cadevano dai suoi occhi cerulei. Davanti ai suoi occhi, si
materializzava l’immagine del corpo di suo figlio, steso
sull’asfalto, come un manichino ormai inutile.
Susanna
strinse le labbra e gli posò una mano sul braccio. Il suo
meraviglioso marito, come lei, soffriva per la morte del loro amato
figlio.
Ma
era riuscito a vedere gli eventi da un punto di vista differente.
Hilda,
d’impeto, lo abbracciò e posò la testa bionda sulla sua spalla.
Il tempo non aveva placato la loro pena per Andreas.
‒ Genzo
Wakabayashi è un ragazzo, come lo era Andreas. E, a causa di una
violenza insensata, si è allontanato dalle persone a lui care. Non
so come faccia a sopportare un tale peso. Io, al suo posto,
impazzirei, se non dovessi vedervi più. ‒ spiegò lui.
Susanna,
con un cenno del capo, annuì. In quel momento, il suo pensiero
correva ai genitori del campione giapponese, privi di sue notizie.
E
lei non era certa della sua reazione, se fosse accaduto a lei.
Rise
di sé e la sua mano, leggera, accarezzò ancora il braccio di
Martin. No, non doveva mentire a se stessa.
Anche
lei avrebbe vissuto come un incubo una simile eventualità.
Al
termine della partita, le due squadre rientrarono negli spogliatoi.
Hilda
e i suoi genitori, seguendo il flusso degli spettatori, si avviarono
verso l’uscita.
‒ Figlia
mia, ho una proposta da farti. ‒ mormorò ad un tratto Susanna.
‒ Di
che si tratta? ‒ domandò la ragazza, stupita.
Susanna
fece per rispondere, ma alcuni giornalisti si avvicinarono, i
microfoni protesi.
Senza
alcuna esitazione, Hilda si parò davanti ai suoi genitori, come uno
scudo.
‒ Signorina
Schumann, è un po’ strano vedere in uno stadio una persona come
lei. ‒ esordì un giornalista alto e magro, il tono pacato.
La
ballerina aggrottò le sopracciglia e fissò sull’interlocutore uno
sguardo imperscrutabile.
‒ Per
quel che ricordo, nessuna legge proibisce a me e alla mia famiglia di
frequentare gli stadi. ‒ rispose lei, ferma. Non le piaceva
quell’affollamento di esponenti della carta stampata.
Sorpreso
dalla risposta della giovane, il giornalista, per alcuni istanti,
tacque.
‒ Signorina,
fino a poco tempo fa la sua opinione era diversa. ‒ continuò
l’uomo, un lampo ironico negli occhi metallici.
Hilda,
a stento, frenò un sospiro di disappunto. Comprendeva quello che
aveva sofferto Wakabayashi con l’assalto di una stampa stupida.
‒ Sa,
si può cambiare idea nel corso dei mesi, se si è abbastanza
intelligenti. ‒ rispose lei, il tono vibrante di sarcasmo.
Il
sorriso sul viso del giornalista si accentuò.
‒ E’
vero, ma la gente mormora. Ci ha mai pensato? ‒ chiese ancora.
Di
scatto, Susanna avanzò d’un passo, gli occhi castani ardenti
d’ira. Come osavano parlare così della loro famiglia?
Hilda,
con un movimento deciso del braccio, bloccò la madre.
Poi
fissò un breve sguardo sul personale segalino del suo interlocutore
e i suoi occhi si fermarono sul badge dell’uomo, a destra del
petto, su cui risaltava il nome Oskar Weber.
‒ Mamma,
non è il caso. Non si può sprecare il proprio tempo con chi
proietta sugli altri la propria stupidità. E il signor Weber non fa
onore alla sua professione. ‒ affermò lei, la voce apparentemente
calma. Forse, avrebbe potuto essere condannata per diffamazione, ma
non le importava.
Nessuno
doveva permettersi di mettere in dubbio il loro affetto per Andreas.
L’uomo,
colto di sorpresa dalla risposta della ragazza, ansimò, come un
pesce spiaggiato.
‒ E
ora, scusate, dobbiamo andare. ‒ affermò.
Girò
le spalle e, a passo rapido e deciso, si allontanò, presto seguita
dai suoi genitori,
Qualche
tempo dopo, uscirono dallo stadio e si avviarono verso il parcheggio.
‒ Mamma,
qual è la proposta che mi volevi fare? ‒ chiese Hilda.
La
donna fece per rispondere, ma un deciso calpestio fece voltare tutti
e tre.
Videro
Karl ed Hermann avanzare a grandi passi verso di loro, le spalle
gravate dai loro borsoni.
‒ I
ruoli si sono invertiti, signorina. ‒ ironizzò Hermann.
A
quell’affermazione, le labbra della giovane si sollevarono in un
sorriso divertito. Era ben felice di avere cambiato idea.
Malgrado
le apparenze, quei ragazzi si stavano rivelando intelligenti.
‒ E
io rispondo come te: non formalizziamoci su simili idiozie. Anche io
sono sportiva. ‒ replicò lei.
Perplessi,
Martin e Susanna fissarono Karl e il centravanti scosse la testa in
un gesto rassegnato.
‒ Hermann,
non è il momento. Signori Schumann, io e il mio compagno siamo qui
per ringraziare vostra figlia. E’ una ragazza coraggiosa. ‒
mormorò, il viso velato d’un tenue rossore.
‒ Karl,
hai problemi di memoria? Anche i signori meritano il nostro
ringraziamento. ‒ affermò Hermann, ironico. La loro presenza era
un segno di speranza.
Non
dovevano mostrare alcuna chiusura.
Con
un gesto deciso il mediano prima strinse la mano di Martin, poi di
Susanna.
‒ Come
avrete capito, siamo qui perché Hilda ha deciso di aiutarvi.
All’inizio, non eravamo d’accordo con la sua scelta, ma abbiamo
cambiato idea anche noi. Possiamo aiutarvi in qualche modo? ‒
chiese Martin.
Karl,
a stento, frenò un sospiro. Quello sguardo rispettoso riempiva il
suo cuore di soddisfazione.
Eppure,
non poteva non sentire la mancanza di Genzo.
‒ Karl,
sei diventato una statua di sale? ‒ intervenne il difensore,
ironico.
A
quelle parole, il capitano tedesco si scosse e si passò una mano
sulla fronte.
‒ Continuate
a combattere per la verità. E, quando potete, venite allo stadio.
Niente di più, niente di meno. ‒ spiegò poi.
Susanna
scosse la testa e strinse le labbra, quasi non condividesse le loro
parole.
‒ Sì,
è una proposta di buonsenso, ma non basta. ‒ commentò.
Tutti,
perplessi, fissarono su di lei sguardi perplessi.
‒ Io,
tra tre mesi, organizzerò una mostra al Museo Internazionale
Marittimo di Amburgo. Vorrei invitarvi tutti e tre. Ma, se non sarà
possibile, vorrei potergli parlare. Ne sono sicura, Martin lo
desidera quanto me. ‒ spiegò lei.
L’uomo,
con un deciso cenno della testa, annuì.
Il
corpo di Karl si irrigidì, come una sbarra di metallo e, d’istinto,
strinse i pugni. L’enormità del suo compito gli aveva procurato
una vertigine.
Hermann
appoggiò la mano sulla sua spalla e gli rivolse un sorriso
incoraggiante.
Le
membra del giovane si rilassarono e il giovane campione annuì. No,
non poteva lasciarsi frenare da paure insensate.
Guardò
prima Hilda, poi Martin e Susanna. La loro offerta era degna dei suoi
sforzi.
‒ Farò
quello che posso. ‒
1)
Ogni promessa è debito. Hilda è venuta allo stadio e ha portato i
suoi genitori.
2)
Si vede la mia rigidità nei dialoghi? In venti e passa anni di
fanwriting, ho scritto pochissime long. (tutta abbozzate) Spero di
riuscire a completare questa.
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