10.
COLLABORAZIONE
A
rapporto, Wexford:
il cielo è limpido e sereno, dopo una settimana di
apocalisse,
ma mancano cinque giorni al Wexford Festival Opera e la contea
è
in subbuglio.
Pare
che al primo
posto della lista ci sia Sèanait, che non ha ancora ricevuto
notizie sul video da presentare, e non deve esserne molto contenta.
Subito
dopo viene
Maiti, che - dopo l’‘allegra’ passeggiata
con Bairre - ha
camminato sotto l’acqua fino a casa, beccandosi una brutta
influenza. Ora è terrorizzata di non guarire in tempo.
E
poi, ovviamente,
c’è l’intera famiglia Braight: Benjamin
dovrà
presentare il suo ultimo film e non sa cosa dire, mentre Abigail
ancora non ha trovato che trucchi abbinare al vestito e Chris
dovrà
farsi schermo con le piante contro la mandria di quattordicenni
imbufalite che cercheranno di strappargli un bacio sulla guancia.
Ma
c’è chi,
al di là del festival, sta già pianificando
schemi
malefici per spodestare qualcuno dal trono... È meglio
darsela
a gambe finché si può, Abigail:
Sèanait non
perdona.
«
Domani
tornerai a scuola » decretò la madre di Maiti,
severa,
guardando la figlia distesa sul divano mentre riagganciava la
cornetta, dopo essere stata per ore al telefono con Mairtin.
«
Non ti
preoccupare, mamma » la rassicurò la ragazza,
stiracchiandosi. « Dopo aver passato cinque giorni con nausea
e
voltastomaco, tornare a scuola non è che un piacere
».
«
Bene »
disse la donna, sedendosi sulla poltrona. « Perché
dovrai andare a prendere Tòmas ».
«
Cosa? ».
Maiti scattò a sedere, contrariata. « Ma sono
stata
malata per cinque giorni! » esclamò, seccata.
«
Non potete mandarmi fuori al freddo e al gelo, quando sia te che
papà
avete la macchina! ».
«
Hai appena
detto di essere perfettamente guarita. Non contraddirti ».
«
Ma… ».
«
Niente
storie ».
Maiti
si alzò
rabbiosa dal divano e corse in camera sua, sbattendo la porta con
altrettanta rabbia. Come faceva sempre quando era nervosa,
andò
a sedersi alla scrivania e accese il computer. Non era davvero
arrabbiata con sua madre perché quasi tutti i pomeriggi
doveva
andare a prendere suo fratello a scuola; la verità era che
la
punizione dei genitori non le era andata affatto giù. Ad
ogni
modo, era stata comunque fortunata di avere potuto filmare la partita
(anche se la cosa non era andata benissimo), ma detestava lo stesso
essere comandata.
Bruciante
di rabbia,
prese a picchiettare i polpastrelli sulla tastiera, infischiandosene
del campanello, che suonò qualche minuto dopo. Non si
sforzò
nemmeno di mettere la testa fuori dalla camera per vedere se
l’interessata era lei.
Se
sono Cristin o
Moira sanno dove trovarmi,
pensò.
Ascoltò
distrattamente sua madre salutare il nuovo arrivato in maniera
formale, per poi sentirla dire « è in camera sua
»,
e quindi strillare il suo nome, intimandole di scendere.
«
Mandamelo su
» gridò lei, di tutta risposta.
Sentì
qualcuno salire le scale e poi la porta si aprì, mostrando
figura alta e snella di Sèanait, decisamente stizzita.
Quando
la vide comparire dalla soglia, Maiti balzò in piedi,
scrutandola con più stupore che altro.
«
Vedo che
stai meglio » ringhiò Sèanait, entrando
nella
stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
«
Chi ti ha
detto dove abito? » fu la prima cosa che a Maiti venne in
mente
di dire.
«
Brecc ».
Maiti
rise
sarcasticamente, risedendosi poi sulla sedia.
«
Brecc è
diviso a metà tra due fazioni nemiche »
commentò,
acida.
«
Non dire
sciocchezze » ribatté la compagna, incrociando le
braccia. « Semplicemente, è amico del mio ex
fidanzato e sta assieme ad una tua amica ».
«
E siccome io
e te non siamo amiche, questo significa che…»
«
Fa niente! »
la interruppe bruscamente Sèanait. « Io sono qui
per
altri motivi ».
«
Immagino. In
che modo hai deciso di rovinarmi l’esistenza, questa volta?
»
«
Sai che
giorno è oggi? »
«
Giovedì
dieci ottobre. Non mi risulta nessun compleanno o ricorrenza
».
«
Smettila di
fare la finta tonta! » gracchiò
Sèanait,
sull’orlo di una crisi isterica. « È da
una settimana
che sto aspettando il tuo stramaledetto video e mancano cinque
stramaledettissimi giorni al Wexford Festival Opera! »
«
Calmati! »
disse Maiti, ora in piedi. « Stai tranquilla, è
pronto
».
«
Te lo auguro
».
La
ragazza cercò
un dischetto tra vari CD e cassette: alla fine ne passò uno
a
Sèanait, che lo afferrò fulminea, quasi avesse il
timore che l’altra ritraesse la mano.
«
Ora sono più
tranquilla » affermò.
«
Quindi te ne
puoi andare ».
«
No ».
Sèanait
fissò
la ragazza con un ghigno che all’altra non piacque.
«
Non ancora »
la informò. « Prima » e si sedette
comodamente sul
letto, « ti devo portare un messaggio da parte di Abigail
».
Maiti
drizzò
le orecchie.
«
Sa anche che
esisto? » domandò, sprezzante. « Che
cosa vuole
sapere? ».
«
Dove abiti
».
«
Cosa? ».
Per poco non fece un salto di venti centimetri dal pavimento.
«
E tu non glielo hai detto, spero ».
«
Non ancora.
Ma è insistente: vuole sapere dei vostri fumetti ».
«
Nostri?
» rincarò Maiti, fuori di sé.
« Quei
fumetti sono miei e di Pòl. Lei non
c’entra niente, e
se ha voglia di colorare qualcosa, allora vada... aspetta,
perché
mi stai dicendo tutto questo? ».
Sèanait
si
alzò dal letto, sorridente. Un sorriso complice, il suo.
«
Forse non
sono l’unica che vuole che Abigail cada » disse.
«
Ancora con
questa storia? » sbottò Maiti, risedendosi sulla
sedia e
voltando lo sguardo da tutt’altra parte.
«
Te l’ho
detto che ti assillerò finché morte non
sopraggiunga ».
«
Il tuo è
un supplicarmi in modo alternativo » constatò
seccamente
la ragazza, osservandola accigliata.
«
Chiamalo
come vuoi » dichiarò Sèanait.
« Fatto sta
che entrambe non sopportiamo Abigail, chi per un motivo chi per
l’altro, e possiamo riuscire nel nostro intento solo
aiutandoci a
vicenda ».
«
Collaborando
» sottolineò Maiti, secca. « Collaborare
non
significa aiutarsi a vicenda ».
«
Collaborando, allora. Quindi è un sì? ».
«
Non ancora.
Ad un favore si ricambia con un favore ».
Sèanait
alzò
gli occhi al soffitto, beffarda.
«
Che cosa ti
serve? » chiese, acida.
«
Tu vuoi che
io ti aiuti a ‘rovinare’ Abigail. È una
cosa impegnativa…
»
«
Taglia corto
».
«
Uscirai con
Mairtin ».
La
ragazza strabuzzò
gli occhi.
«
Devo uscire
con Mairtin? » ripeté, incredula.
«
Cioè,
non è che devi proprio uscirci, però almeno
frequentalo. Fai finta che esista quando ti saluta; sorridi quando
parli con lui; accetta se ti chiede di andare a fare un giro. Dagli
una possibilità, insomma ».
«
Potrei anche
farlo » rispose Sèanait, sbuffando. «
Non è
noioso come la morte, in fondo ».
«
Bene! »
esclamò Maiti, alzandosi nuovamente dalla sedia. «
E se
non sbaglio vuoi anche che Daigh e Abigail si mollino, non è
così? ».
«
Quanti altri
favori vuoi da me? » domandò, irritata.
«
Spezzale
tutte le matite colorate » sibilò a denti stretti.
La
ragazza alzò
gli occhi al cielo, mezza divertita.
«
Maiti, sai
bene che per i fumetti te la devi vedere con il professore; io non
ti posso aiutare ».
«
Anche io
potrei non riuscire ad aiutarti ».
Sèanait
rise.
Si avvicinò alla porta, infilandosi gli occhiali da sole (di
cui Maiti non capiva l’utilità, visto il tempo) e
ribatté,
con fare distratto:
«
Mi limiterò
a rubarle il temperino ».
Benjamin
uscì
dall’hotel con sollievo. Suo figlio era in giro con sua
sorella,
quindi non avrebbe avuto la possibilità di rimproverarlo per
le sue “assenze ingiustificate”. Ormai Chris era
una causa persa;
non che vi fossero mai state possibilità di vincere contro
di
lui, essendo stato cresciuto da Sharon…
L’uomo
abbassò
la testa, abbattuto: Sharon era un altro muro di cemento contro cui
aveva dovuto scontrarsi. Era forte e decisa proprio come il ragazzo,
ma la decisione che aveva preso era stata più drastica;
aveva
sofferto quando sua moglie l’aveva lasciato, e ora temeva di
perdere anche suo figlio allo stesso modo. Del resto, anche la donna
aveva acconsentito a mandare il ragazzo in Irlanda, “al
freddo e al
gelo”. Ma Chris se l’era presa solo con lui.
Sbuffando,
salì
sulla limousine che lo stava aspettando fuori dal palazzo. Quel
giorno avrebbe rivisto per la seconda volta Andrea Cremi, il
produttore cinematografico con cui, involontariamente, aveva fatto
una pessima figura.
Durante
tutto il
viaggio, pensò a cosa avrebbe potuto dire per scusarsi, ma
magari lei se ne era già dimenticata, oppure avrebbe fatto
finta di niente. Insomma, le possibilità erano tante.
Quando
arrivò
a destinazione, Jack Parker lo stava già aspettando: era di
fronte al solito edificio alto di cui avevano affittato un intero
piano, mentre una folata di vento freddo gli fece svolazzare i
capelli e lui li risistemò con un secco gesto. Benjamin
notò
che quel giorno il collega era piuttosto nervoso.
I
suoi sospetti
furono confermati quando giunse di fronte a lui e lo salutò.
«
Dove ti eri
cacciato? » sbottò Parker, senza ricambiare il
saluto,
voltandosi poi immediatamente per condurre l’amico
all’interno
della struttura, verso l’ascensore.
Benjamin
diede uno
sguardo all’orologio d’oro da polso, timoroso di
essere in
ritardo, e notò che in realtà era in anticipo di
qualche minuto.
«
È
tutto a posto, Jack? » domandò, ed il primo
pensiero che
gli passò per la testa fu che l’amico fosse stato
licenziato. Ma era assurdo, perché non sarebbe stato
lì
ad aspettarlo, se le cose stavano davvero così.
Parker
pigiò
il pulsante dell’ascensore, impaziente.
«
Oggi non è
un bel giorno per incontrare la Cremi. È nera ».
«
Che ci vuoi
fare » commentò Benjamin, stringendosi nelle
spalle e
seguendo l’altro nell’ascensore. Altre persone
salirono con loro,
ma Parker non parve farci caso, agitato com’era. «
Gli
italiani sono tutti permalosi ».
Il
collega gli
lanciò uno sguardo sferzante, che gli fece intuire di dover
evitare commenti di quel tipo.
«
È
inglese » specificò. « Di origini
italiane.
Dopo la pessima trovata sulla segretaria, spero ti risparmierai
battutine sarcastiche su solo Dio sa cosa ».
«
Non che mi
sia piaciuto fare una brutta figura davanti a chi mi procura il
lavoro » ribatté secco Benjamin. « Ora
mi vuoi
dire che cosa diamine è accaduto? ».
«
John
Crowford ha letteralmente stracciato il copione che la Cremi aveva
presentato. Sai che cosa significa questo? ».
«
Che va
riscritto per interno? » azzardò il regista.
«
Magari fosse
solo questo il problema! » replicò il collega,
visibilmente teso.
Il
campanellino
dell’ascensore indicò che erano giunti a
destinazione.
Parker uscì a falcate lunghe e pesanti e Benjamin
faticò
a stargli dietro. « Parker ha abortito il programma!
».
Benjamin
aveva già
proteso il braccio verso la porta il cui cartellino indicava il nome
della produttrice cinematografica, quando il collega gli diede la
notizia. Il pugno si bloccò a mezz’aria, pronto a
picchiettare sul legno duro; rimase in quella posizione per un paio
di secondi, poi si riscosse, come attraversato da una scarica
elettrica.
«
Stai dicendo
sul serio? » domandò, interdetto.
«
Sì ».
«
Crowford ha
annullato il programma? ».
«
Completamente ».
«
Ma non lo
può fare! ».
«
Ahimè,
può ».
Leggermente
sconcertato, il regista allungò nuovamente la mano e
bussò
alla porta. Giunse la voce secca e irascibile di una donna, che con
ogni probabilità non era la segretaria.
«
Avanti ».
Benjamin
si fece
coraggio e premette con forza sulla maniglia, spingendo la porta e
aprendola: Andrea Cremi era seduta alla sua scrivania con le mani tra
i capelli.
Parker
tentò
di riportare al situazione alla normalità, schiarendosi la
gola e annunciando poi, con un tono che sarebbe dovuto risultare
caldo e sicuro:
«
Allora,
Crem… ehm, Andrea. Suvvia, non mi guardi in quel modo.
Dobbiamo
iniziare a chiamarci per nome, no? Solo così riusciremo a
collaborare su questo nuovo progett- ».
«
Parker sta
tentando di dire » lo interruppe bruscamente Benjamin,
«
che dobbiamo metterci a lavorare di grossa lena. Dobbiamo visionare
il nuovo progetto, riscrivere il copione, assumere tanti
attori… ».
Parker
abbassò
la testa, pronto ad assistere alla scenata che la Cremi aveva
già
fatto dieci minuti prima, quando era stata avvisata del cambiamento.
Ma, con suo sommo stupore, quella si alzò e si
limitò
ad annuire, seria in volto.
«
Non ci sarà
bisogno di fare tutto questo, Braight » disse, indicando con
la
testa la seconda porta. « Mi segua ».
I
due uomini
entrarono nel suo studio, così perfetto e ordinato da fare
sicuramente concorrenza alla camera di Chris. La donna estrasse poi
dei fogli accuratamente sistemati all’interno di una cartelletta
rossa e li mostrò ai colleghi.
«
Crowford mi
ha già informata sul nuovo programma, e come potete vedere,
ha
in mente un film-reality ».
Benjamin
rifletté
per un minuto; non aveva mai realizzato film di quel genere prima, e
sicuramente sarebbe stata un’impresa. Un ragazzo di fronte
alle
telecamere o sapeva fare il suo lavoro, e quindi si trattava di
recitare, o era una schiappa.
«
Vuole che
realizziamo una specie di Laguna Beach? ».
«
Esattamente
». La Cremi si sedette sulla sedia e incrociò le
braccia, osservando i due uomini lanciarsi sguardi dubbiosi.
«
Equivale a dire, prendere ragazzi normali che sanno fingere davanti
alle telecamere, dirgli che parte devono interpretare e poi lasciare
che improvvisino ».
«
Ma non ha
senso » obiettò Parker. « Allora non
è più
un “reality” ».
«
Ma non è
quello che gli altri devono sapere. E poi ai ragazzi piacciono queste
cose, farà sicuramente successo. Il che significa una marea
di
soldi ».
Intenzionata
a non
aggiungere altro, li congedò con un gesto. Ma entrambi gli
uomini sapevano che non era affatto contenta di quel che la
attendeva.
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Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo! Dunque, è bene specificare che la prima parte (quella di Maiti e Sèanait) l'ho scritta mentre ero sul carro attrezzi che trasportava la mia macchina in un'officina, poiché si era fermata in autostrada -.- .
Ringrazio Anle per il suo preziosissimo aiuto, poi Idgie Joad per avere inserito la storia tra le seguite ^^ . Come al solito, invito tutti coloro che leggono a lasciarmi un commento.
DarkViolet92: grazie ^^ |