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Autore: mikybiky    20/09/2009    3 recensioni

Wexford è tutto un significato per gli adolescenti che la abitando: sogni nel cassetto, amori non corrisposti, avversioni ed incomprensioni verso altre persone, forti amicizie e incompatibilità tra le reginette della scuola e quelle che invece preferiscono una minore notorietà.
O almeno così era finché Chirs e Abigail Braight non sono giunti nella contea, stravolgendo la situazione e capovolgendo la storia.
Abigail fu la prima a scendere dalla luccicante limousine laccata di nero e sfilare lungo il corteo di paparazzi, seguita a ruota da suo padre Benjamin, che davanti alle telecamere non si staccava da lei un minuto. I flash arrivarono da ogni parte, e Abigail si sentì in dovere di assumere le pose più fashon per apparire sulle riviste più popolari del momento.
L’ultimo a scendere dall’auto fu Chris, che si mosse tranquillamente come se per lui tutta la gente attorno non esistesse. Ignorò le tredicenni ululanti che bramavano un suo autografo e oltrepassò i giornalisti indemoniati che si tiravano le macchine fotografiche in testa per realizzare lo “scatto esclusivo”.
Genere: Generale, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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10. COLLABORAZIONE

A rapporto, Wexford: il cielo è limpido e sereno, dopo una settimana di apocalisse, ma mancano cinque giorni al Wexford Festival Opera e la contea è in subbuglio.
Pare che al primo posto della lista ci sia Sèanait, che non ha ancora ricevuto notizie sul video da presentare, e non deve esserne molto contenta.
Subito dopo viene Maiti, che - dopo l’‘allegra’ passeggiata con Bairre - ha camminato sotto l’acqua fino a casa, beccandosi una brutta influenza. Ora è terrorizzata di non guarire in tempo.
E poi, ovviamente, c’è l’intera famiglia Braight: Benjamin dovrà presentare il suo ultimo film e non sa cosa dire, mentre Abigail ancora non ha trovato che trucchi abbinare al vestito e Chris dovrà farsi schermo con le piante contro la mandria di quattordicenni imbufalite che cercheranno di strappargli un bacio sulla guancia.
Ma c’è chi, al di là del festival, sta già pianificando schemi malefici per spodestare qualcuno dal trono... È meglio darsela a gambe finché si può, Abigail: Sèanait non perdona.

« Domani tornerai a scuola » decretò la madre di Maiti, severa, guardando la figlia distesa sul divano mentre riagganciava la cornetta, dopo essere stata per ore al telefono con Mairtin.
« Non ti preoccupare, mamma » la rassicurò la ragazza, stiracchiandosi. « Dopo aver passato cinque giorni con nausea e voltastomaco, tornare a scuola non è che un piacere ».
« Bene » disse la donna, sedendosi sulla poltrona. « Perché dovrai andare a prendere Tòmas ».
« Cosa? ». Maiti scattò a sedere, contrariata. « Ma sono stata malata per cinque giorni! » esclamò, seccata. « Non potete mandarmi fuori al freddo e al gelo, quando sia te che papà avete la macchina! ».
« Hai appena detto di essere perfettamente guarita. Non contraddirti ».
« Ma… ».
« Niente storie ».
Maiti si alzò rabbiosa dal divano e corse in camera sua, sbattendo la porta con altrettanta rabbia. Come faceva sempre quando era nervosa, andò a sedersi alla scrivania e accese il computer. Non era davvero arrabbiata con sua madre perché quasi tutti i pomeriggi doveva andare a prendere suo fratello a scuola; la verità era che la punizione dei genitori non le era andata affatto giù. Ad ogni modo, era stata comunque fortunata di avere potuto filmare la partita (anche se la cosa non era andata benissimo), ma detestava lo stesso essere comandata.
Bruciante di rabbia, prese a picchiettare i polpastrelli sulla tastiera, infischiandosene del campanello, che suonò qualche minuto dopo. Non si sforzò nemmeno di mettere la testa fuori dalla camera per vedere se l’interessata era lei.
Se sono Cristin o Moira sanno dove trovarmi, pensò.
Ascoltò distrattamente sua madre salutare il nuovo arrivato in maniera formale, per poi sentirla dire « è in camera sua », e quindi strillare il suo nome, intimandole di scendere.
« Mandamelo su » gridò lei, di tutta risposta.
Sentì qualcuno salire le scale e poi la porta si aprì, mostrando figura alta e snella di Sèanait, decisamente stizzita. Quando la vide comparire dalla soglia, Maiti balzò in piedi, scrutandola con più stupore che altro.
« Vedo che stai meglio » ringhiò Sèanait, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
« Chi ti ha detto dove abito? » fu la prima cosa che a Maiti venne in mente di dire.
« Brecc ».
Maiti rise sarcasticamente, risedendosi poi sulla sedia.
« Brecc è diviso a metà tra due fazioni nemiche » commentò, acida.
« Non dire sciocchezze » ribatté la compagna, incrociando le braccia. « Semplicemente, è amico del mio ex fidanzato e sta assieme ad una tua amica ».
« E siccome io e te non siamo amiche, questo significa che…»
« Fa niente! » la interruppe bruscamente Sèanait. « Io sono qui per altri motivi ».
« Immagino. In che modo hai deciso di rovinarmi l’esistenza, questa volta? »
« Sai che giorno è oggi? »
« Giovedì dieci ottobre. Non mi risulta nessun compleanno o ricorrenza ».
« Smettila di fare la finta tonta! » gracchiò Sèanait, sull’orlo di una crisi isterica. « È da una settimana che sto aspettando il tuo stramaledetto video e mancano cinque stramaledettissimi giorni al Wexford Festival Opera! »
« Calmati! » disse Maiti, ora in piedi. « Stai tranquilla, è pronto ».
« Te lo auguro ».
La ragazza cercò un dischetto tra vari CD e cassette: alla fine ne passò uno a Sèanait, che lo afferrò fulminea, quasi avesse il timore che l’altra ritraesse la mano.
« Ora sono più tranquilla » affermò.
« Quindi te ne puoi andare ».
« No ».
Sèanait fissò la ragazza con un ghigno che all’altra non piacque.
« Non ancora » la informò. « Prima » e si sedette comodamente sul letto, « ti devo portare un messaggio da parte di Abigail ».
Maiti drizzò le orecchie.
« Sa anche che esisto? » domandò, sprezzante. « Che cosa vuole sapere? ».
« Dove abiti ».
« Cosa? ». Per poco non fece un salto di venti centimetri dal pavimento. « E tu non glielo hai detto, spero ».
« Non ancora. Ma è insistente: vuole sapere dei vostri fumetti ».
« Nostri? » rincarò Maiti, fuori di sé. « Quei fumetti sono miei e di Pòl. Lei non c’entra niente, e se ha voglia di colorare qualcosa, allora vada... aspetta, perché mi stai dicendo tutto questo? ».
Sèanait si alzò dal letto, sorridente. Un sorriso complice, il suo.
« Forse non sono l’unica che vuole che Abigail cada » disse.
« Ancora con questa storia? » sbottò Maiti, risedendosi sulla sedia e voltando lo sguardo da tutt’altra parte.
« Te l’ho detto che ti assillerò finché morte non sopraggiunga ».
« Il tuo è un supplicarmi in modo alternativo » constatò seccamente la ragazza, osservandola accigliata.
« Chiamalo come vuoi » dichiarò Sèanait. « Fatto sta che entrambe non sopportiamo Abigail, chi per un motivo chi per l’altro, e possiamo riuscire nel nostro intento solo aiutandoci a vicenda ».
« Collaborando » sottolineò Maiti, secca. « Collaborare non significa aiutarsi a vicenda ».
« Collaborando, allora. Quindi è un sì? ».
« Non ancora. Ad un favore si ricambia con un favore ».
Sèanait alzò gli occhi al soffitto, beffarda.
« Che cosa ti serve? » chiese, acida.
« Tu vuoi che io ti aiuti a ‘rovinare’ Abigail. È una cosa impegnativa… »
« Taglia corto ».
« Uscirai con Mairtin ».
La ragazza strabuzzò gli occhi.
« Devo uscire con Mairtin? » ripeté, incredula.
« Cioè, non è che devi proprio uscirci, però almeno frequentalo. Fai finta che esista quando ti saluta; sorridi quando parli con lui; accetta se ti chiede di andare a fare un giro. Dagli una possibilità, insomma ».
« Potrei anche farlo » rispose Sèanait, sbuffando. « Non è noioso come la morte, in fondo ».
« Bene! » esclamò Maiti, alzandosi nuovamente dalla sedia. « E se non sbaglio vuoi anche che Daigh e Abigail si mollino, non è così? ».
« Quanti altri favori vuoi da me? » domandò, irritata.
« Spezzale tutte le matite colorate » sibilò a denti stretti.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, mezza divertita.
« Maiti, sai bene che per i fumetti te la devi vedere con il professore; io non ti posso aiutare ».
« Anche io potrei non riuscire ad aiutarti ».
Sèanait rise. Si avvicinò alla porta, infilandosi gli occhiali da sole (di cui Maiti non capiva l’utilità, visto il tempo) e ribatté, con fare distratto:
« Mi limiterò a rubarle il temperino ».

Benjamin uscì dall’hotel con sollievo. Suo figlio era in giro con sua sorella, quindi non avrebbe avuto la possibilità di rimproverarlo per le sue “assenze ingiustificate”. Ormai Chris era una causa persa; non che vi fossero mai state possibilità di vincere contro di lui, essendo stato cresciuto da Sharon…
L’uomo abbassò la testa, abbattuto: Sharon era un altro muro di cemento contro cui aveva dovuto scontrarsi. Era forte e decisa proprio come il ragazzo, ma la decisione che aveva preso era stata più drastica; aveva sofferto quando sua moglie l’aveva lasciato, e ora temeva di perdere anche suo figlio allo stesso modo. Del resto, anche la donna aveva acconsentito a mandare il ragazzo in Irlanda, “al freddo e al gelo”. Ma Chris se l’era presa solo con lui.
Sbuffando, salì sulla limousine che lo stava aspettando fuori dal palazzo. Quel giorno avrebbe rivisto per la seconda volta Andrea Cremi, il produttore cinematografico con cui, involontariamente, aveva fatto una pessima figura.
Durante tutto il viaggio, pensò a cosa avrebbe potuto dire per scusarsi, ma magari lei se ne era già dimenticata, oppure avrebbe fatto finta di niente. Insomma, le possibilità erano tante.
Quando arrivò a destinazione, Jack Parker lo stava già aspettando: era di fronte al solito edificio alto di cui avevano affittato un intero piano, mentre una folata di vento freddo gli fece svolazzare i capelli e lui li risistemò con un secco gesto. Benjamin notò che quel giorno il collega era piuttosto nervoso.
I suoi sospetti furono confermati quando giunse di fronte a lui e lo salutò.
« Dove ti eri cacciato? » sbottò Parker, senza ricambiare il saluto, voltandosi poi immediatamente per condurre l’amico all’interno della struttura, verso l’ascensore.
Benjamin diede uno sguardo all’orologio d’oro da polso, timoroso di essere in ritardo, e notò che in realtà era in anticipo di qualche minuto.
« È tutto a posto, Jack? » domandò, ed il primo pensiero che gli passò per la testa fu che l’amico fosse stato licenziato. Ma era assurdo, perché non sarebbe stato lì ad aspettarlo, se le cose stavano davvero così.
Parker pigiò il pulsante dell’ascensore, impaziente.
« Oggi non è un bel giorno per incontrare la Cremi. È nera ».
« Che ci vuoi fare » commentò Benjamin, stringendosi nelle spalle e seguendo l’altro nell’ascensore. Altre persone salirono con loro, ma Parker non parve farci caso, agitato com’era. « Gli italiani sono tutti permalosi ».
Il collega gli lanciò uno sguardo sferzante, che gli fece intuire di dover evitare commenti di quel tipo.
« È inglese » specificò. « Di origini italiane. Dopo la pessima trovata sulla segretaria, spero ti risparmierai battutine sarcastiche su solo Dio sa cosa ».
« Non che mi sia piaciuto fare una brutta figura davanti a chi mi procura il lavoro » ribatté secco Benjamin. « Ora mi vuoi dire che cosa diamine è accaduto? ».
« John Crowford ha letteralmente stracciato il copione che la Cremi aveva presentato. Sai che cosa significa questo? ».
« Che va riscritto per interno? » azzardò il regista.
« Magari fosse solo questo il problema! » replicò il collega, visibilmente teso.
Il campanellino dell’ascensore indicò che erano giunti a destinazione. Parker uscì a falcate lunghe e pesanti e Benjamin faticò a stargli dietro. « Parker ha abortito il programma! ».
Benjamin aveva già proteso il braccio verso la porta il cui cartellino indicava il nome della produttrice cinematografica, quando il collega gli diede la notizia. Il pugno si bloccò a mezz’aria, pronto a picchiettare sul legno duro; rimase in quella posizione per un paio di secondi, poi si riscosse, come attraversato da una scarica elettrica.
« Stai dicendo sul serio? » domandò, interdetto.
« Sì ».
« Crowford ha annullato il programma? ».
« Completamente ».
« Ma non lo può fare! ».
« Ahimè, può ».
Leggermente sconcertato, il regista allungò nuovamente la mano e bussò alla porta. Giunse la voce secca e irascibile di una donna, che con ogni probabilità non era la segretaria.
« Avanti ».
Benjamin si fece coraggio e premette con forza sulla maniglia, spingendo la porta e aprendola: Andrea Cremi era seduta alla sua scrivania con le mani tra i capelli.
Parker tentò di riportare al situazione alla normalità, schiarendosi la gola e annunciando poi, con un tono che sarebbe dovuto risultare caldo e sicuro:
« Allora, Crem… ehm, Andrea. Suvvia, non mi guardi in quel modo. Dobbiamo iniziare a chiamarci per nome, no? Solo così riusciremo a collaborare su questo nuovo progett- ».
« Parker sta tentando di dire » lo interruppe bruscamente Benjamin, « che dobbiamo metterci a lavorare di grossa lena. Dobbiamo visionare il nuovo progetto, riscrivere il copione, assumere tanti attori… ».
Parker abbassò la testa, pronto ad assistere alla scenata che la Cremi aveva già fatto dieci minuti prima, quando era stata avvisata del cambiamento. Ma, con suo sommo stupore, quella si alzò e si limitò ad annuire, seria in volto.
« Non ci sarà bisogno di fare tutto questo, Braight » disse, indicando con la testa la seconda porta. « Mi segua ».
I due uomini entrarono nel suo studio, così perfetto e ordinato da fare sicuramente concorrenza alla camera di Chris. La donna estrasse poi dei fogli accuratamente sistemati all’interno di una cartelletta rossa e li mostrò ai colleghi.
« Crowford mi ha già informata sul nuovo programma, e come potete vedere, ha in mente un film-reality ».
Benjamin rifletté per un minuto; non aveva mai realizzato film di quel genere prima, e sicuramente sarebbe stata un’impresa. Un ragazzo di fronte alle telecamere o sapeva fare il suo lavoro, e quindi si trattava di recitare, o era una schiappa.
« Vuole che realizziamo una specie di Laguna Beach? ».
« Esattamente ». La Cremi si sedette sulla sedia e incrociò le braccia, osservando i due uomini lanciarsi sguardi dubbiosi. « Equivale a dire, prendere ragazzi normali che sanno fingere davanti alle telecamere, dirgli che parte devono interpretare e poi lasciare che improvvisino ».
« Ma non ha senso » obiettò Parker. « Allora non è più un “reality” ».
« Ma non è quello che gli altri devono sapere. E poi ai ragazzi piacciono queste cose, farà sicuramente successo. Il che significa una marea di soldi ».
Intenzionata a non aggiungere altro, li congedò con un gesto. Ma entrambi gli uomini sapevano che non era affatto contenta di quel che la attendeva.



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Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo! Dunque, è bene specificare che la prima parte (quella di Maiti e Sèanait) l'ho scritta mentre ero sul carro attrezzi che trasportava la mia macchina in un'officina, poiché si era fermata in autostrada -.- .
Ringrazio Anle per il suo preziosissimo aiuto, poi Idgie Joad per avere inserito la storia tra le seguite ^^ . Come al solito, invito tutti coloro che leggono a lasciarmi un commento.
DarkViolet92: grazie ^^
  
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