CAP. 5
BELLA - Ingrid
Michaelson -The way I am -
«Amore,
sei sicura?» Edward mi guarda di sfuggita. E’ molto
nervoso, ma tenta in ogni modo di nascondermelo. Parcheggia
l’auto in uno dei posti riservati agli studenti largo giusto
la spazio per la Volvo con una scioltezza sbalorditiva. Al nostro
fianco due auto basse, lucide fino all’inverosimile,
dall’aria costosissima.
Penso
al mio pick-up. Sorrido maligna mentre mi immagino farmi largo con lo
Chevy nello stesso spazio dove si è infilato
Edward. Avrei scommesso che il pick-up non si sarebbe fatto
nemmeno un graffio …
Mi
sento sfiorare un braccio lievemente e mi volto a guardare Edward con
ancora il mio sorrisino ebete stampato sul volto.
Mi
raddrizzo sul sedile e ricompongo la mia espressione storcendo la bocca
in una smorfia per conferire alle mie labbra una parvenza di
serietà. «Certo che sono sicura. Sto bene, non
sono mica pazza. Se non me la sentissi te lo direi
…» gli dico guardando le mie mani fasciate dai
guanti neri in pelle.
In
realtà mi sento un po’ stanca dopo
l’ennesima notte quasi del tutto insonne. Dalla sera del
Polar Rink, ho un po’ di difficoltà a mantenere un
sonno tranquillo che abbia una durata decente. E’ il
dormiveglia che mi dà qualche problema, è come se avessi
delle remore ad abbandonarmi completamente al sonno. «Se
avessi preso un sonnifero stanotte questa conversazione non starebbe
neanche avendo luogo» aggiungo alzando lo sguardo nei suoi
occhi scrutatori e vigili.
«Lo
sai che non voglio che prendi quelle porcherie, finisci per abituartici
e poi non puoi più farne a meno. Niente da fare.»
dice scuotendo il capo con un mezzo sorriso sulle labbra. Pare che stia
sorridendo per qualcosa di cui sono all’oscuro. Ma
è un sorriso triste, amaro.
Lo
scruto negli occhi cercandovi una verità che so non
arriverà.
C’è
qualcosa che mi sfugge. Nessuno ne ha fatto parola, ovviamente, ma in
casa si è respirata un’aria tesa per un
po’ di giorni.
Alice
è stata stranamente silenziosa per la maggior parte del
tempo. Stamane, invece, sembrava allegra e serena come al solito. Mi ha
raggiunta in camera mentre cercavo la mia fede nuziale. La mia
sbadataggine è patologica e, ancora non del tutto abituata a
portarla notte e giorno, ho l’abitudine di sfilarmela quando
mi lavo e puntualmente a dimenticare dove la ripongo. La nanetta
è entrata baldanzosa e l’ho guardata implorante.
Ha capito subito cosa cercavo e, ovviamente, sapeva anche
dov’era finita. Tuttavia, mi ero rivolta a lei talmente tante
volte che ormai si era stufata e, dall’ultimo ritrovamento
aveva deciso che non mi avrebbe più aiutata.
Le
ho lanciato uno sguardo da cane bastonato e lei mi ha sorriso scuotendo
la testa: «Ti servirà di lezione, Bella
…»
E
quando ho messo su il broncio, mi ha schioccato un bacio sulla guancia
stringendomi forte.
«Jensen
oggi?» mi ha chiesto euforica.
Ho
annuito perplessa. Il cambiamento di umore rispetto ai giorni passati
è lampante anche per una sciroccata come me.
Ho
annuito in silenzio. Lei sa che la materia di Jensen è
quella che preferisco, che il suo modo di insegnare è per me
interessante e coinvolgente. Sa che è solo alle sue lezioni
che mi piace assistere. E mi appoggia, mi sostiene silenziosamente,
senza dire mai una parola di troppo a riguardo.
C’è un tacito accordo tra noi e non ne abbiamo
fatto mai menzione in presenza di Edward. Non so perché, ma
è come se fossi gelosa di questa parte della mia vita, come
se avessi paura di sentirmi giudicata, di incontrare la sua
disapprovazione. Non faccio nulla di male, ma non sono ancora pronta
per metterlo a conoscenza di tutti i dettagli che riguardano il college.
E
poi, mi dico, ognuno ha diritto ai suoi piccoli segreti.
Così,
per il compito assegnatomi la settimana prima, quello del quesito
–Perché sono qui? - da rispondere in cinque righi,
ho impegnato tutto un intero pomeriggio.
Chiusa
in camera. Lontana da tutti.
E
quando mio marito ha minacciato di scardinare la porta se non aprivo,
preoccupato fino all’esasperazione, mi sono alzata e senza
degnarlo di uno sguardo mi sono chiusa in bagno per altre due ore.
Tanto
non sarebbe servito a nessuno.
E
tanto, non era l’unico bagno della casa.
Oggi
doveva esserci la discussione delle nostre risposte ai quesiti, che
avevo scoperto essere due: uno era quello capitato a me
–Perché sono qui?- l’altro era
–Mi descrivo-. Non potevo mancare, ero curiosa di sapere a
cosa sarebbero serviti in un corso universitario di Economia gestionale
delle industrie.
«A
che pensi?» farmi questa domanda gli costa, lo so. Ma, in
fondo, sono contenta di avere questo piccolo vantaggio su di lui
rispetto agli altri: i miei pensieri rimangono solo miei.
Decido
di optare per la verità.
«A
quello che succederà oggi a lezione.» Troppo
sibillina?
«Qualcosa
di interessante?» cerca di essere discreto, ma è
curioso lo sento.
«Non
lo so, probabile.» Rispondo sorridendo e facendo per scendere
dall’auto, ma la sua mano gelida si posa sulla mia. Ne sento
il freddo nonostante i guanti. Mi giro ed incontro i suoi occhi
attenti, un po’ infastiditi. Le mie risposte evasive lo
turbano. Mi sento una bimba dispettosa nel fornirgliele, ma mi danno
sicurezza, mi pongono un gradino più in su del normale. E
poi, oggi ho un conticino in sospeso con lui …
Non sono sempre prevedibile,
sciocca e goffa vero Edward? Rimurgino tra me e me
contenta che questi pensieri rimangano nella mia mente e basta.
Sostengo
il suo sguardo per un po’, poi mi avvicino al suo viso e
strofino la mia guancia contro la sua. Sento che inspira profondamente.
Gli sussurro all’orecchio a voce bassa: «Sta
tranquillo, non mi succederà ancora.»
Mi
riferisco alla crisi di panico di qualche sera fa. Alice mi ha detto
che lui era fuori di sé dalla preoccupazione, che Jasper ha
dovuto usare il suo potere su di me. Non ricordo molto, ma
l’effetto di Jasper è difficile da dimenticare.
E’
come andare in coma. La volontà ti abbandona e tutto si
offusca. Non sempre è una sensazione piacevole.
«Bella,
tu sei la mia dannazione. Saperti lontana da me, pensare che possa
capitarti qualcosa e che non posso impedirlo … è
una tortura, te lo giuro.» fa questa ammissione con
difficoltà, è difficile per se stesso in primis.
D’altronde
lo capisco. Anche io non riesco a stargli lontana. Eppure a volte lo
tengo a distanza …
Inspiro
il suo odore immergendo il naso nei suoi capelli. Magari oggi posso
evitare il college … Mi scosto quel tanto che basta a
poggiare il capo sulla sua spalla.
Lo
sento sospirare.
«Credo
che sia ora, ma prometti di chiamarmi se ti senti strana. Prometti che
non minimizzerai nessuna sensazione fuori
dall’ordinario.» mi dice rassegnato.
Lo
guardo con un po’ di indecisione negli occhi. I suoi sono
diventati freddi, decisi. Vuole che vada. Anche il suo corpo si
è irrigidito, nonostante mi tenga ancora fra le braccia. Si
è arrabbiato? Stringo un po’ gli occhi nel
tentativo di decifrare il suo comportamento.
Mi
bacia rapidamente sulla fronte e si raddrizza sul sedile.
Scendo
dall’auto e lo guardo fare manovra prima di allontanarsi. Ha
deciso di non accompagnarmi in aula. Eppure non mi sembrava offeso
…
Oggi
lui ed Alice non hanno lezione. Jasper verrà alla prossima
ora.
In
quest’ora sono sola.
Per
la prima volta da quando frequento il college. La cosa mi inebria.
Respiro
l’aria fredda del mattino, mi aggiusto la tracolla con i
notes sulla spalla e mi avvio verso l’aula magna.
EDWARD - Ingrid
Michaelson - Maybe -
Esco
dal bosco con noncuranza, come se tornassi da una breve scampagnata e
non da una corsa alla velocità della luce di ventiquattro
chilometri. Dopo aver depositato la Volvo a casa mi sono fiondato tra
gli alberi alla volta del college, prima di essere sommerso dai
rimproveri mentali di mia sorella.
Cammino
con lentezza verso il retro dell’edificio principale e passo
in rassegna i pensieri di quelli che incrocio nel passaggio. Tutto
tranquillo.
Mi
fermo nel giardino retrostante l’aula magna, abbastanza
vicino da poter ascoltare anche le voci oltre ai pensieri, eppure
ragionevolmente distante per evitare di essere visto.
La
piccola discussione avuta con mia sorella durante la notte mi ha
portato a raggiungere un compromesso con me stesso questa mattina.
“-Ti ho detto
che non le succederà nulla!- aveva pensato Alice
–lasciala andare, Edward. Si tratta solo di un’ora.-
L’avevo
guardata scettico. Lei mi aveva guardato offesa.
«Ti credo,
Alice, ti credo …» ma non ero pronto ad
accettarlo. La visione della sera del Polar Rink aleggiava ancora nella
mia mente. Interpretarla non era stato complicato, almeno per me.
C’era un’unica cosa che poteva determinare la mia
morte: la morte di Bella. Alice non si era più pronunciata a
riguardo, ma sapevo che si manteneva all’erta, pronta a
captare qualunque segnale giungesse dal futuro. L’operazione
“Bella’s freedom”, però,
rischiava di risentirne in maniera irrimediabile, per cui Alice si era
prodigata per convincermi a darle un po’ di spazio almeno
quando era certa che non sarebbe successo nulla. Ed io avevo in fine
acconsentito.
Ho trascorso tutta la
notte ad osservare Bella agitarsi nel letto. A nulla sono servite le
mie ninna-nanne, le mie carezze. Bella ha dormito poco più
di due ore. In mattinata, dopo un’estenuante lotta con me
stesso, mi ero rassegnato a lasciare mia moglie sola al college per
un’ora. Fino all’arrivo di Jasper per le dieci.
Ma dal suo risveglio fino
a poco prima in auto, mi sono occorsi in tutto cinque secondi per
capire che non sarei riuscito a lasciarla neanche un istante,
figuriamoci per un’ora intera.
Uno, quando ha aperto gli
occhi stamattina e vi ho letto dentro la felicità di vedermi
disteso al suo fianco.
Uno, quando
l’ho sentita canticchiare sotto la doccia e mi sono detto di
non poterla raggiungere perché aveva trascorso quasi tutta
la notte insonne e doveva essere distrutta.
Quasi altri tre, quando
si aggirava per camera scalza con solo indosso un asciugamano
ridottissimo: lì ho rischiato grosso.
Ma la certezza
l’ho avuta quando in pochi millesimi di secondo ho registrato
ogni dettaglio del suo abbigliamento allorchè è
scesa in cucina per fare colazione: pantalone di pelle nero, maglietta
bianca aderente, chiodo nero appoggiato su un braccio, stivali neri.
Bella voleva prendere la
moto.
Aveva imparato a guidarla
nel periodo in cui Jacob frequentava la sua casa ed io ero lontano, ed
era gelosissima del suo trabiccolo, un XT 125 rimesso a nuovo proprio
dal cane … Tuttavia non aveva mostrato più alcun
desiderio di usarlo da quando eravamo in Virginia.
Fino ad oggi.
Mi era occorso tutto il
mio fascino vampiro per convincerla, senza che se ne avvedesse, a farsi
accompagnare da me, invece che andare da sola.
«Tesoro, sei
pronta?» le avevo chiesto.
«Mmm,
mmm» di spalle, aveva annuito con il capo, mentre masticava
un pancake e reggeva con la mano un bicchiere di succo
d’arancia.
Non si era resa conto che
avevo preso le chiavi dell’Aston e che l’aspettavo
sulla porta, appoggiato allo stipite con aria indolente, ma in
posizione strategica per mettere in evidenza i pettorali e gli
addominali fasciati in una maglietta nera aderente. Avevo messo su uno
sguardo malizioso e mi ero preparato a ridurla KO.
Dovetti trattenere un
sorriso quando si era girata ed aveva spalancato la bocca mezza piena e
mezzo imbambolata. Quando avevo passato la punta della lingua tra le
labbra, l’avevo vista quasi strozzarsi con il boccone che
stava deglutendo. Mi ero avvicinato lentamente, mettendoci tutta la
grazia possibile e l’avevo osservata sbarrare gli occhi,
quando una mia lieve carezza studiata era finita
nell’avvolgere la sua mano. A quel punto avrei potuto
portarla ovunque avessi voluto.
In garage si era bloccata
solo un attimo esitante vicino alla sua moto. Poi mi aveva guardato e
aveva proseguito dicendo rassegnata: «Almeno prendiamo la
Volvo …»”
Mi
appoggio al tronco di un albero a beneficio di qualche studente che
passa trafelato nel vialetto alberato e mi lancia qualche occhiata
distratta.
Il
compromesso sta nel fatto che Bella non deve sapere che la tengo
d’occhio, ma deve credere di essere sola. Così non
faccio danno a nessuno.
Mi
preparo all’ascolto.
Il
Prof. ha già cominciato la lezione. Lo osservo attraverso
gli occhi infatuati delle studentesse che si sbracciano per farsi
notare da lui. E’ deprimente. La maggior parte di queste non
ascolta minimamente il significato delle sue parole, ma fa voli
pindarici con la fantasia … isole deserte, spiagge
sconfinate, passeggiate mano con la mano …
Scuoto
la testa e le labbra si incurvano in un mezzo sorriso quando intercetto
Bella nei pensieri della sua amica Helèna.
Caspita quanti appunti
che ha preso Bella … devo sbrigarmi, non voglio fare la
figura della debosciata e chiederle di passarmeli, non sarebbe giusto
nei suoi confronti …
Approvo
mentalmente. La ragazza è onesta.
Ma come fa ad essere
così veloce? Helèna si sta
demoralizzando. Per fortuna che non ha visto noi mentre prendiamo
appunti a lezione …
L’ora
scorre lenta. Bella è una studentessa attenta, seria e
concentrata. Non si distrae quasi mai. L’intera platea sembra
essere ipnotizzata dal giovane professore. Devo ammettere che ha un
certo carisma.
«Bene.
Direi che per oggi possa bastare. In merito alle vostre risposte per il
compito della scorsa settimana …» la voce del tale
Eric Jensen cattura la mia attenzione, il brusio della sala si spegne.
Finalmente, voglio proprio capire che metodo di insegnamento usa il
nostro Rodolfo Valentino. Bella mi aveva fatto impazzire scervellandosi
su un foglio per un intero pomeriggio e pretendendo di essere lasciata
sola. Dalla camera da letto era passata al bagno con un’aria
sfuggente e stringendosi un notes al petto con fare stizzito.
Non
c’è modo più incisivo per stuzzicare la
mia curiosità del farmi capire di non impicciarmi. Una mezza
occhiata al notes incustodito della durata di non più di
otto centesimi di secondo mi era bastata per leggere quattro righe e
mezzo di scritto alla domanda –Perché sono qui?-
Questa la risposta di mia moglie:
Il motivo del perché sia qui non mi è molto
chiaro. Credo che le cose giuste da dire siano cose come
“amore per la cultura”, “costruirmi un
avvenire solido” o “ seguire le orme di
famiglia”. Penso che i miei colleghi scriveranno questo. Io
spero solo di dimostrare a me stessa che avevo tutte le carte in regola
per farcela.
«Vorrei
ringraziare tutti voi per l’impegno in cui vi siete profusi,
mi servirà per effettuare una valutazione più
completa del vostro operato in questo corso. Tengo a dirvi che,
tuttavia, ciò non influenzerà in alcun modo il
risultato dell’esame. Bene è tutto.» la
voce del Prof. si interrompe un attimo. Le sue labbra si increspano in
un sorriso che nasconde abbassando il capo su un foglio.
Sorrido
anche io vedendo nei suoi pensieri certe frasi di alcuni scritti.
E’ assurdo quanto sia stata sfacciata la metà
degli studenti :
… Mi chiamo Henry Wintaker,
figlio di Lu Wintaker
magnate dell’industria del cuoio …
… Sono qui per
diventare qualcuno a tutti i COSTI
…
… Il mio nome
è Julia Miller, il mio numero di cell. è 321…
Come
questi finiscono anche moltissimi altri scritti. A parte i palesi
tentativi di corruzione, devo ammettere che il Prof. riscuote un certo
successo.
Sospiro
pensando che queste schifezze ci sono in ogni tempo e in ogni luogo e
mi compiaccio una volta di più per la perla rara che ho
trovato e che ho sposato.
«Prima
di salutarci, vorrei che questi studenti che nominerò mi
raggiungano dopo nel mio studio:
Francisco
Sanchez, Mia Torres, Charles Hill, Victor Banner, Helèna
Roberts e … Isabella Swan.
Grazie
per l’attenzione ragazzi. Ci vediamo alla prossima
lezione.» termina cominciando a raccogliere i fogli sparsi
sulla cattedra.
I
miei occhi diventano due fessure mentre mi concentro sulla mente di
Jensen. Non riesco più a sintonizzarmi sui suoi pensieri
perché improvvisamente viene accerchiato da un nugolo di
ragazze e allampanati che sgomitano tra loro per guadagnarsi la sua
attenzione.
Che
vorrà adesso da questi sei studenti, ivi compresa anche
Bella?
Decisamente
questo Jensen è un tipo non convenzionale. Poco male,
dovrò seguirlo nel suo studio per saperlo.
Faccio
spallucce e mi raddrizzo, ma non riesco a muovere nemmeno un passo che
un’ombra mi si fionda davanti. Pochi centesimi di secondo mi
servono per registrare il suo odore, prima ancora di vederlo.
Jasper.
Mi
guarda sornione con le mani sui fianchi.
«Ma
non dovresti andare a lezione tu?» gli chiedo infastidito
cercando di aggirarlo.
Fermo dove sei …
pensa continuando a guardarmi come se la sapesse lunga. Fa, intanto, un
passo nella stessa direzione in cui l’ho fatto io.
Inclino
la testa di lato e lo guardo inarcando un sopracciglio.
«Vuoi
forse metterti sulla mia strada Jasper?» gli chiedo un
po’ sorpreso e un po’ seccato.
Vedo
il suo viso schiarirsi in un ampio sorriso.
Decisamente sì, se ho
cara la vita. Alice mi regalerà la cicatrice più
grande che il mio corpo possa contenere se ti faccio andare su con loro.
Pensa veloce, cerca di spiegarsi rapidamente. Suvvia Edward, ragiona:
è in compagnia di altri cinque studenti, si sta recando in
uno studio di un professore, cosa vuoi che le succeda?!
Ci
fissiamo negli occhi per un istante lunghissimo.
Ha
ragione. Sono paranoico e maniacale.
Sente
che sto cedendo. Vai a
casa, io rimango a portata d’orecchio. Promesso.
Sa quello che deve dirmi, sa come lo deve dire. E’ un oratore
nato.
Mi
volto per dirigermi verso la boscaglia.
E
solo ora mi accorgo che il senso di fastidio che provo non è
scemato neanche un po’. Mentre volo in mezzo agli alberi, con
il vento che mi accarezza il viso, ripercorro rapido le informazioni
che ho avuto nella mia mattinata alla James Bond.
Non
mi dà fastidio che Bella abbia degli interessi che non includano me,
neanche che frequenti altre persone oltre a me. No, sarò un
maniaco paranoico, ma sono obiettivo.
Raggiungo
casa e varco il cancello d’entrata.
Mi
fermo come fulminato da una rivelazione.
Rapidamente
faccio tre passi indietro e osservo inebetito la cassetta delle lettere
posizionata proprio di fianco al cancello.
Osservo
le lettere impresse in rilievo sul metallo: Cullen
“Swan. Isabella
Swan.”
Ecco
cosa mi ha turbato.
Bella
ha dato il suo nome da nubile.
NOTA
DELL’AUTRICE: Miei cari eccoci a noi …
L’abbigliamento
di Bella che ha “illuminato” Edward …
La
moto di Bella in versione rossa o blu, scegliete la vostra
preferita!
Ci tengo a rispondere ai
commenti:
Keska: Ciao
piccola, è un vero piacere ricevere il tuo commento! Sono
contenta che i cambiamenti di stile ti piacciano, sono ancora in un
terreno minato, ma ci sto lavorando… La storia si sta
complicando, ingarbugliarla troppo non sarà facile, ma mi
impegnerò giuro! Ti prego fammi notare se dovessi essere
troppo criptica, ci conto!!!! Kiss
Cloe cullen:
non posso sbottonarmi riguardo il futuro, ma ci saranno momenti
difficilotti per entrambi. Grazie per i commenti, so che sei una
fedelissima e i tuoi li leggo sempre con piacere. Thanks and kiss
Grazie anche a tutti
coloro che hanno aggiunto questa storia tra preferiti/seguiti e a
coloro che lo stanno facendo anche con la mia prima fic “My
new moon”. Recensioni sono sempre gradite, in bene e in male,
anche “postume”. Grazie anche a chi legge e basta,
preferendo rimanere nell’ombra.
Per il prossimo
aggiornamento potrebbero esserci dei ritardi, oggi porto il pc in
riparazione, SIGH!!! Ma non temete, scriverò lo stesso anche
se dovessi farlo sui fogli...
Vi ho annoiato abbastanza … ci si vede!!!
Bye
M.Luisa
CREDITS:Vorrei
ringraziare sentitamente una ragazza che ritengo essere una scrittrice
di enorme talento, Stupid Lamb. Grazie a lei ho scoperto
l'artista dei link musicali e ho avuto modo di apprezzare un nuovo
stile di scrittura.
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