Ciao
a
tutti! Allora, è da un bel po' di tempo che non scrivo
più sul sito
e mi dispiace tanto!
In
questi
ultimi giorni, tra una cosa e l'altra, ho ritrovato il tempo di
rileggere tutte le mie storie qui pubblicate e rileggendo questa, ho
travato opportuno (tempo permettendo!) provare a continuarla, visto
che era molto seguita da tutti voi, e vi ringrazio per questo!
Che
dire di
altro, spero possa piacervi e vi chiedo scusa se vi
risulterà un po'
corto, ma il tempo è davvero tiranno! Sperando di riuscire
nuovamente a coinvolgervi, vi auguro Buona Lettura!
9:
Pensieri + Domande = Confusione!
Quella notte non
chiusi occhio,
continuai a pensare e a ripensare alla foto trovata, e
all'impossibilità del fatto che, realmente, potesse
trattarsi
dell'Edward che io conoscevo.
Era una cosa
assurda, risaliva ad
anni e anni prima, e lo ritraeva esattamente come ancora oggi
si presentava:
adolescente.
Mi girai e rigirai
nel letto,
cercando di trovare risposta a delle domande che erano senza senso,
eppure una
spiegazione doveva pur
esserci...
Quando riaprii gli
occhi mi resi
conto, infine, di essermi addormentata, se pur per poche ore; la
mia radiosveglia
segnava le sette e
venti, tra dieci minuti sarebbe suonata, e a tentoni, con la
mano, cercai
l'interruttore per
evitarlo, dopo di che mi stirai rumorosamente e
mi tirai su.
Rimasi a guardarmi
attorno, scombussolata, per qualche secondo, con una strana
sensazione addosso, come se avessi momentaneamente scordato qualcosa
di essenziale, poi
tutto mi
tornò in mente. Mi alzai
scattante e mi diressi verso la mia scrivania in ciliegio, dal quale
cassetto, estrassi la fotografia trovata il giorno prima, e la
osservai per la milionesima volta.
“L'unico
modo per sapere, è
portarla a lui.”
Sussurrai tra me,
determinata. Di
corsa mi vestii e andai di sotto a fare colazione; come sempre
Charlie era già uscito e mi aveva lasciato sulla tavola la
mia tazza
da latte, tonda e bassa.
Presi i cereali
dalla dispensa e il
latte dal frigorifero, versandoli contemporaneamente per fare prima,
e li mangiai in fretta e furia. L'orologio segnava le otto meno dieci
e decisi di uscire; non appena spalancai la porta, vedendo il mio
Pick up, mi tornò in mente la conversazione
avuta con mio
padre la sera
precedente. Avevo dovuto inventarmi una scusa al momento, sul
perché
la mia macchina non fosse parcheggiata nel vialetto; mi prese alla
sprovvista, in quanto i miei pensieri erano concentrati
esclusivamente su Edward, e non ricordavo minimamente di non esser
tornata a casa con la mia auto, per ciò, su due piedi, dissi
che ero
andata a fare un giro a Port Angeles e che il Pick up aveva
improvvisamente deciso di non mettersi in moto e, per questo, avevo
preso un taxi per tornare a casa.
Charlie, dopo
avermi osservata con
fare circospetto, aveva prontamente chiamato Steve, proprietario del
carro attrezzi, e si era fatto accompagnare a riprenderlo, dopo
essersi fatto spiegare dove era parcheggiato; pensate la sorpresa
quando, accendendolo, è partito senza esitazione...
Fortunatamente,
riuscii a fingermi
giustamente stupita ed entusiasta...
Sospirai al
ricordo della fatica e
dell'agitazione che avevo provato!
Dopo di che scossi
la testa e
recuperai il mio obiettivo: trovare Edward Cullen.
Misi in moto e mi
diressi verso la
scuola, parcheggiai al primo posto libero, poi iniziai a scrutarmi
attorno, alla ricerca della mitica Volvo argentata, ma non la vidi da
nessuna parte.
“Non
può non venire proprio
oggi!” esclamai tra me, continuando a sparare occhiate a
destra e a
manca.
“Se
pensi che lui abbia
un'interesse per te, sappi che ti sbagli, e di grosso!”
Una voce acida e
alquanto
sgradevole, interruppe le mie ricerche, attirando la mia attenzione;
mi voltai e con enorme dispiacere, vidi alle mie spalle Megan,
poggiata comodamente alla sua
Carrera
Coupè, intenta a
specchiarsi in un piccolo specchietto rosa.
Mi sentii offesa
solo dal fatto che
nemmeno mi riteneva degna di esser guardata, quando
mi concedeva
'l'onore' di parlarmi,
e non so cosa mi trattenne dal colpirla in modo tale da scompigliarle
i suoi preziosi capelli, forse semplicemente non mi sembrava il caso,
considerando la mia netta superiorità.
“Di che
parli?” le chiesi con
fare disinteressato, mentre ripresi a cercare i Cullen.
“Di
Edward mia cara.” Disse con
fare ovvio. “Mi sembra abbastanza palese che tu...”
si interruppe
guardandomi dall'alto
in basso con espressione quasi schifata. “Tu.. non sia
affatto alla
sua altezza, per cui volevo solo dirti di non illuderti troppo. Un
consiglio da 'amica.”
concluse con tono
fintamente
socievole, dopo di che mi mostrò un sorrisetto falso e
scansandomi,
si
allontanò.
“Sculettando
in quel modo prima o
poi ti slogherai il bacino!!” Borbottai tra me, sbuffando
scocciata.
“Che
succede Bella? Megan ti da
delle noie?” la voce di Mike mi risvegliò dai miei
pensieri.
Al mio fianco
c'era lui cinto a
Jessika, ed entrambi mi osservavano accigliati e interrogativi.
Scossi la testa.
“No, figuriamoci.
E' un problema suo...” dissi tagliando corto. Non avevo
nessuna
voglia di spiegare tutto, soprattutto non lo ritenevo opportuno.
“Be,
comunque se hai bisogno,
chiedi pure!” esclamò Jess determinata.
“Quella non l'ho mai
potuta vedere! Fa la gatta morta con mezza scuola, ma quando ha
provato a miagolare con lui...”
indicò
Mike con un cenno della
testa. “L'ho rimessa nella sua cuccia!” disse fiera.
Risi.
“Bene, allora nel caso, so a
chi rivolgermi!”
Lei
annuì frettolosamente.
“Assolutamente!”
In quell'istante
suonò la
campanella e ci dirigemmo in classe, prima di varcare la soglia,
però
mi voltai ancora indietro, speranzosa, ma la delusione mi
sovrastò
di nuovo. Sospirando rumorosamente feci per entrare in classe, quando
Jessika mi ridiede le speranze.
“Guarda
com'è bello oggi Edward!”
Mi sussurrò all'orecchio, dandomi una leggera gomitata.
Senza attendere
seguii il suo
sguardo, ed eccolo, bello più che mai, camminare verso di
noi; aveva
indosso una giacca a vento nero a tre quarti, sotto la quale si
intravedeva un maglioncino bianco dal collo alto, perfettamente
intonato ai jeans scuri e alle scarpe.
Lentamente si
avvicinava, passo dopo
passo, e il mio cuore batteva forte, sempre di più; quando
poi mi
passò a fianco il suo profumo mi invase il respiro e mi
sentii quasi
svenire.
“Ti ha
sorriso!” esclamò
saltellando Jessika, entusiasta. “E'
incredibile...” continuò
sorpresa.
“So-sorriso?”
ripetei stranita.
Mi
guardò attonita. “Non te ne
sei accorta!?” domandò sbalordita.
Mi ero incantata a
guardarlo e a
pensare talmente tanto al suo intenso profumo, che nemmeno mi ero
resa conto che mi aveva sorriso!
“Allora!
Volete entrare!” La
voce grave del prof. di inglese mi riportò alla
realtà, e dovetti
resistere alla voglia di corrergli dietro, per entrare in classe.
Non feci
minimamente attenzione alla
lezione, e fui più volte rimproverata dal professore, ma
poco
importava; l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era a lui, a lui e
ancor a lui, nient'altro.
Mi toccai la tasca
dei jeans, dove
avevo riposto la foto prima di uscire e cercai di recuperare la
sicurezza con la quale ero partita quella mattina.
Finalmente
arrivò la pausa pranzo,
il momento in cui avrei potuto parlare con lui senza più
attendere;
entrai in sala mensa ma non presi nulla da mangiare, lo stomaco aveva
automaticamente indotto come delle barriere anti cibo, soltanto al
pensiero che tra poco gli avrei parlato. Sapevo che toccava a me
andare da Edward, come sapevo che non sarebbe stato facile
affiancarmi a quel tavolo, da tutti osservato ma da nessuno
avvicinato, un tavolo figurativamente avvolto da una bolla a parte,
una bolla divisoria tra noi e i Cullen.
Mi feci coraggio e
presi un respiro
profondo, poi, senza notare nemmeno Mike e Jess intenti a salutarmi,
iniziai a camminare decisa, stringendo i pugni per darmi coraggio;
vidi tutti i presenti voltarsi all'istante verso di me e trattenere
il respiro per qualche millesimo di secondo, impazienti.
Per fino
quell'ossigenata di Megan
mi guardava contrariata ma stupita nello stesso tempo.
Cercai di non
badare a quelle
occhiate troppo inquisitrici e continuai la mia avanzata, determinata
più che mai a parlare con lui; ed eccomi ormai al loro
tavolo.
Anche i loro occhi
erano puntati
meravigliati e interrogativi su di me, a esclusione di quelli della
bellissima ragazza bionda, che mi guardava come se fossi una
minaccia, un moscerino da schiacciare all'istante.
“Ehm...
Edward dovrei parlarti,
per favore.” mentre pronunciavo quelle parole un timore
improvviso
si impossessò della mia mente; e se mi avesse detto di no?
Cosa
avrei fatto? Ma soprattutto... che razza di figuraccia davanti a
tutti, davanti a Megan!
Stavo per
ritrattare tutto quanto e
andarmene, quando lui mi prese alla sprovvista.
“Certo.”
Una sola parola,
ma magnifica, che
mi fece battere il cuore a mille e imporporare le guance.
Il sorriso sghembo
che mi mostrò
nel rispondermi sarebbe stato capace di farmi svenire come una pera
cotta, e forse dentro di me lo ero già.
“In
privato?” mi domandò poi
alzandosi dalla tavola senza fare il minimo rumore.
“Oh,
s-si.” dissi deglutendo,
emozionata e anche spaventata per quello che mi aspettava ora.
Uscimmo dalla
mensa e ci dirigemmo
nel cortile interno, dove il giorno precedente mi aveva svegliata e
anche fatta cadere a terra, e ci fermammo nella parte più
lontana
dalle finestre e dalla porta, così da esser certi
dell'assenza di
sguardi e orecchie indiscrete...
Si
accomodò su una panchina,
leggermente sporca e, con un gesto della mano, mi invitò a
fare lo
stesso; quel gesto mi stranii, era inconsueto da parte sua,
solitamente manteneva molto attentamente le distanze.
“Dimmi.”
proruppe nei miei
agitati pensieri, riportandomi alla strana realtà.
“Si,
ecco vedi io...”
all'improvviso fu come se avessi perso tutte le parole, come se la
memoria si rifiutasse di farmi arrivare le giuste informazioni;
l'unica cosa che riuscivo a pronunciare era un flusso di parole senza
senso, che mi uscivano di bocca senza controllo, nonostante io
cercassi di evitarlo!
Scoppiò
a ridere fragorosamente,
divertito, io gli lanciai uno sguardo fulminante per poi sentirmi
estremamente in imbarazzo. “Le somigli molto..”
Pronunciò una
frase che non riuscii a capire, la tonalità che aveva usato
mi
risultò troppo bassa e lo guardai sconcertata e accigliata.
In quel momento
anche i suoi occhi
si diressero nei miei e rimanemmo a osservarci intensamente per
qualche secondo, che mi sembrarono un'eternità.
“Tra
poco suonerà la campana...”
fu lui a interrompere il silenzio, mettendomi al corrente del tempo.
Fu come risvegliarmi da un fulmineo sonno, ma ora era giunto il
momento. Rapida e senza attendere oltre tirai fuori dalla tasca la
fotografia e gliela porsi.
“Ieri,
in una vecchia scatola di
famiglia ho rinvenuto questa foto. So che i volti non si vedono
chiaramente, ma sono convinta del fatto... che questo... questo sia
tu! Quindi, gradirei una spiegazione!”
Dissi tutto quanto
in un sol fiato,
senza interruzioni e con tono più determinato che mai.
Vidi i suoi occhi
spalancarsi
leggermente, poi le sue labbra rosee si piegarono in un sorriso
lieve.
“Ebbene
si Sono io.”
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