CAP.7
EDWARD
In piedi, con le
mani nelle tasche dei jeans, vicino alla portafinestra del salone che
da nel giardino, osservo distrattamente Emmet e Jasper discutere tra
loro su quale sarà la caccia più proficua di
lì ad un’ora. Quei due sarebbero stati una coppia
perfetta, non fosse altro che per la loro smodata passione per le
scommesse.
I due viandanti
sono ritornati in mattinata. Pare che Rosalie abbia mollato una sfilata
nel pieno del suo svolgimento, solo per un commento poco lusinghiero
nei confronti del suo fondoschiena da parte di una sarta. Direi che ne
avesse le scatole piene di una delle poche esperienze che non aveva
ancora vissuto. Come per tutte le altre, l’incostanza e la
volubilità avevano preso il sopravvento.
La cosa non mi
stupisce affatto.
Edward, ti unisci a noi?
Emmet porta il suo sguardo su di me, aspettando una risposta.
Scuoto il capo
impercettibilmente. Non sono dell’umore giusto per una caccia
in loro compagnia. In verità non sono dell’umore
giusto per niente.
Lancio
un’occhiata a Jasper che rifugge il mio sguardo. Non riesco a
trattenere un moto di stizza e lui, ovviamente se ne rende
perfettamente conto.
Di ritorno dal
college con lui, Bella ha varcato l’uscio ridendo e con gli
occhi brillanti dall’eccitazione per la folle corsa in moto.
Si è zittita non appena mi ha visto e mi si è
avvicinata con circospezione. Immobile ho accettato il suo bacio senza
scompormi, senza accennare al minimo movimento.
Mi ci
è voluto meno di un attimo per capire che qualcosa non
andava.
Mi ha guardato
con indecisione e ha detto che si ritirava in camera per riposarsi un
po’.
Direi che
sfuggente riassuma bene il suo comportamento.
L’ho
lasciata andare senza dirle una parola.
Ho guardato
Jasper negli occhi per un lungo momento, dai suoi pensieri solo le
immagini della corsa in moto.
E dopo
un’ora una stranezza ancora maggiore. Ho sentito chiaramente
Bella raggiungere Alice in camera sua e chiederle di andare a fare
shopping in centro.
Bella,
l’avversione più ostinata per le tendenze
modaiole, invitare Alice, la più invasata delle modaiole, a
fare shopping insieme.
Assurdo.
Ma la cosa
più assurda è che sono state di ritorno dopo meno
di due ore, neanche il tempo per entrare ed uscire da una boutique,
secondo gli standard di mia sorella.
Mi concentro
ancora sulla mente di Alice al piano superiore.
College,
economia, strategie industriali … Nulla di meno
interessante. E’ evidente che mi vuole tenere fuori da
qualcosa, come Jasper. Qualcosa che include Bella. E che
automaticamente include anche me.
Una strana
agitazione mi pervade le membra. La sensazione di inafferrabile,
bilico, inconsistente mi incatena i pensieri. Non riesco ad essere
lucido, non riesco a non pensare che Bella mi voglia tenere
all’oscuro di qualcosa, che i suoi occhi sfuggivano ai miei,
che il suo modo di fare era … come definirlo …
colpevole?
Già
colpevole.
Sprofondo ancora
di più le mani nelle tasche dei pantaloni. Le stringo e poi
le rilascio. Devo darmi una calmata … devo darci un taglio.
Mi riscuoto con
una scrollata di spalle.
Ho bisogno di
rinfrescarmi le idee.
Due ore prima …
ALICE
«Entra»
le dico senza attendere che bussi alla porta.
Bella apre
l’anta e si infila piano in camera. Mi viene da sorridere.
Cerca di muoversi silenziosamente, ma anche da ferma noi possiamo
capire in che stanza della casa si trovi.
Sono indaffarata
a riempire delle buste di abiti dismessi. Bhè in
realtà sono praticamente nuovi di zecca, ma li abbiamo
già indossati una volta, quindi sono da portare in
beneficenza.
Tre enormi buste
sono disposte a terra. Una quantità impressionante di
abiti è piegata con precisione sul mio letto.
Abiti maschili, femminili e scarpe, ogni paio riposto con
cura in sacchetti singoli.
Feeding,
Thoroughbred Charities … divido gli abiti in base
all’associazione a cui sono destinati.
«Problemi
con gli esercizi di statistica?» le chiedo senza guardarla,
ma lanciando un’occhiata alle due buste già piene
vicino alla porta. Miss Holy, la curatrice timorata di Dio che si
occupa della raccolta abiti per il nostro paese, sarà
entusiasta.
«Più
o meno …» risponde lei con voce insicura.
La guardo di
sfuggita. «Tranquilla, ho quasi finito»
In
realtà questa operazione mi richiede sempre un mucchio di
tempo. Ci tengo che tutto sia in ordine, perfettamente diviso e
piegato.
«Si
… bhè … volevo … un
consiglio da te.» dice d’un fiato.
Mi concentro un
attimo, ma Bella è troppo indecisa, e non vedo
l’immediato futuro.
Le lancio una
rapidissima occhiata, ma registro ogni particolare.
E’
nervosa, si agita dondolando da un piede all’altro e si
stropiccia le mani. Fingo noncuranza e le dico: «Certo, tutto
quello che vuoi, sono a tua completa disposizione.»
Tentenna ancora
più in imbarazzo. Prende un gran respiro e, invece di
parlare, si blocca. Sul volto le si disegna un sorriso via via
più accentuato.
«Prima
volevo chiederti … la vedi ancora la mia
trasformazione?» mi domanda con un filo di voce.
La guardo con
calma, mi concentro: «Sì,
perché?» le chiedo interrogativa.
Scuote la testa
una volta, il sorriso le si allarga sul viso, e poi dice allegra
«Alice, vorresti accompagnarmi a fare shopping?!»
Due
ore e mezza dopo …
BELLA
«Cavolo!»
sbotto chiudendo con forza l’ultimo cassetto del
comò.
Questa volta me
la paga.
Alla faccia della
sorella disponibile, angelica e insostituibile.
Questo
è davvero un tiro sporco.
Mi raddrizzo e
metto le mani sui fianchi. Non posso credere che Alice mi abbia mentito
su una cosa così importante. E se Edward lo venisse a
sapere… non mi và che si turbi.
«Cerchi
qualcosa?» la sua voce è tagliente, proprio alle
mie spalle.
Sobbalzo e il
cuore mi arriva in gola.
Mi giro con una
mano sul petto a fermare questo cuore che sembra voler prendere il volo.
Con le mani in
tasca, la posa rigida, lo sguardo affilato, Edward è in
piedi di fronte a me.
«S
… sì. Ehm … il cd che hai inciso con
le mie canzoni.» gli dico dopo un attimo di smarrimento. Non
è poi una bugia, solo una mezza verità,
perché, se è vero che mi serve, in
realtà so perfettamente dove è conservato.
Mi guarda
assorto, mi … studia.
Porca miseria, ma
perché mi sento come se stessi rubando la marmellata?
Semplice, perché gli
stai mentendo Bella. Perché hai paura che possa
rimproverarti, perché hai il terrore di deluderlo. Mi
risponde una fastidiosa vocina interna.
Fatti gli affari
tuoi, vocina del cazzo, a tempo debito gli dirò la
verità.
La metto a tacere
e faccio un impercettibile passo indietro.
Impegnata nel
botta e risposta con la mia coscienza colgo solo l’ultima
parte della sua frase: «… cassetto.»
Scuoto la testa e
gli guardo le labbra.
Calmati
Bella, mantieni il sangue freddo. E sii rilassata, non stai facendo
niente di male.
«Primo
cassetto … » comincia a dire avvicinandosi
lentamente a me, mentre automaticamente io indietreggio. Mi sovrasta in
un attimo, e si inclina su di me costringendomi ad inarcare la schiena
sul comò «… dietro di te» e
con il viso ad una spanna dal mio, apre un po’ il cassetto
dietro al mio sedere.
Si raddrizza
immediatamente, ma non si allontana. Ipnotizzata dai suoi occhi,
ubriaca della sua vicinanza, trattengo il respiro.
Cazzo
Bella, è tuo marito. Lo vuoi? Saltagli addosso…
Deglutisco:
«Gr … grazie» gli dico con un filo di
voce.
Resto immobile,
mentre i nostri respiri si intrecciano. Vedo perfettamente la
perfezione del suo viso, reso duro dalla mascella rigida.
Non
c’è calore nei suoi occhi, ma gelo e …
rabbia?
La tensione che
si è creata tra di noi è palpabile. Vedo i suoi
occhi ridursi a due fessure, il suo respiro mi pare leggermente
più affannoso.
Inclina il capo
verso il mio orecchio e bisbiglia roco e sensuale: «Scusami,
vado a fare la doccia»
E detto
ciò scompare in un lampo nel bagno della nostra camera.
Chiudo un attimo
gli occhi, per riabituarli alla normalità dopo che sono
stati abbagliati dalla sua bellezza, afferro a tentoni il cd e mi avvio
verso la porta diretta al piano inferiore.
Mi blocco, la
mano già sulla maniglia, quando sento il rumore
dell’acqua scorrere.
Sei fregata …
la mia vocina interiore si fa sentire in tutto il suo fragore.
- Right
Said Fred - I'm Too Sexy
Ok, è
ufficiale.
Prendete pure
accordi per il mio funerale.
Dalla porta
socchiusa del bagno vedo fuoriuscire una nuvoletta di vapore e la mia
testa prende il direttissimo sola-andata per la terra di nessuno.
Come mosse da
vita propria le mie gambe si spostano verso la porta del bagno.
Allungo il collo
e cerco di sbirciare all’interno.
Attraverso il
vapore riesco a scorgere Edward di spalle.
Nudo.
Tutto nudo.
Mi ritraggo come
se avessi preso la scossa, il cuore al galoppo.
Ma che cavolo sto
facendo?!!
Mi sento una
guardona, ma non riesco a trattenermi dal dare un’altra
occhiata. Sta entrando nella cabina doccia, e non posso non ammirare la
linea forte e decisa delle spalle, la curva flessuosa della schiena, la
rotondità e la perfezione del suo sedere.
E che sedere
…
Mi soffermo su
questa parte del suo corpo. E’ bello da togliere il fiato,
liscio marmoreo. Sosto ancora un po’ sulla porta anche dopo
che è entrato nella doccia. Credo mi ci voglia qualche
secondo per essere sicura di potermi reggere in piedi.
«Se
vuoi puoi unirti a me» la sua voce è divertita.
Schizzo lontano
dalla porta arretrando senza girarmi e manco a dirlo finisco a gambe
all’aria inciampando nel tappeto a fondo letto.
Che. Figura. Di.
Merda.
Bella, ma quanto pensi gli
sarebbe occorso per capire che lo stavi spiando?
La sua risata
dall’interno del bagno raggiunge le mie orecchie, mentre il
calore invade il mio volto in tonalità rosso-gambero.
Più
goffa e impacciata del solito, cerco in vano di rialzarmi e di filare
via come un razzo, prima che esca. Ovviamente lui mi ha già
raggiunta e mi osserva sornione dall’alto, sul viso un
sorriso beffardo. Mi aggiusto una ciocca di capelli dietro
l’orecchio e cerco di darmi un contegno.
Fino a quando non
alzo lo sguardo e non registro la situazione: io seduta a terra, lui in
piedi di fronte a me a gambe leggermente divaricate con indosso solo un
microscopico asciugamano bianco.
Con un altro
asciugamano più grande si friziona i capelli.
Minuscole
goccioline d’acqua raggiungono il mio viso, altre scendono
sul suo fino a bagnargli il collo e le spalle.
Bella, calma …
Lo sguardo
calamitato sul rettangolino bianco a portata di mano e di …
bhè … viso, non mi rendo neanche conto di aver
passato la lingua tra le labbra e di aver deglutito automaticamente.
Adesso mi viene
un infarto.
Si accovaccia
vicino a me e il suo viso è all’altezza del mio.
Sbatto le palpebre un paio di volte e focalizzo i suoi occhi.
Neri.
«Tutto
ok?» quando usa quel tono di voce sarei capace di uccidere.
Basso, roco,
melodioso.
Faccio su e
giù con il capo. Annuire è l’unico
gesto che posso permettermi in questo momento.
Scorgo con la
coda dell’occhio un’ampia porzione del suo fianco
scoperta, lasciata libera dall’asciugamano che si
è aperto a ventaglio pur rimanendo ancora avvolto intorno al
suo bacino.
E no …
non è possibile …
Non riesco a non
pensare a quello che quei pochi centimetri di spugna coprono a malapena.
Roteo gli occhi
verso l’alto e li chiudo. Quel che è troppo
è troppo.
Dio ti prego,
abbi pietà di me …
Riapro gli occhi
e …
Lui non
è più vicino a me, ma in piedi di fronte
all’armadio aperto, mentre sceglie distrattamente gli abiti
da indossare.
Con tono
noncurante, freddo mi chiede: «Tutto a posto al
college?»
Mi ci vuole un
attimo per riprendermi dalla sorpresa. Lo osservo con la bocca
spalancata mente prende un paio di jeans sbiaditi ed una maglietta
bianca e li poggia su una sedia.
L’incanto
del momento precedente sembra svanito nel nulla, forse è
ritornato da dove è venuto, dalla mia immaginazione.
Mi alzo un
po’ impacciata, cerco di non barcollare.
La sua
indifferenza mi ferisce, mi tocca più di una sua sfuriata.
«Sì»
gli rispondo con una freddezza pari alla sua.
Si volta verso di
me, negli occhi un lampo di … dolore?
«Bene.
Le tue aspettative non sono state disattese, dunque
…» dice con un sorriso tirato.
Mi sento una
rincoglionita. Ma che vuol dire?
Apre il cassetto
con i suoi indumenti intimi. Prende uno slip e un paio di calzini. Lo
guardo inebetita e capisco solo ora perché.
Si muove a
velocità umana, anzi ancora più lentamente se
possibile.
Mi sta
provocando. Deliberatamente.
«E la
passeggiata con Alice, interessante?» ora è
passato a scegliere la cintura.
«Molto»
gli rispondo ed il mio tono è cambiato.
Mi libero con un
calcio delle ballerine e comincio a sbottonarmi la camicetta.
Se vuoi la guerra
Edward Cullen …
Mi volta ancora
le spalle, ma si è irrigidito. Noto i muscoli tesi delle
spalle e del collo.
Sorrido appena e
mi volto anche io, mentre lascio cadere la camicetta sul pavimento.
«Scusami,
vado a fare una doccia» e con una lentezza esasperante mi
avvio verso il bagno facendo scattare tutti i bottoni dei jeans
insieme. Quasi nei pressi della porta, sempre di spalle a lui, li
abbasso di scatto, inchinandomi a gambe tese. Gli mostro,
così, il fondoschiena in tutta la sua interezza e, forse,
anche qualcosa di più. Arrossisco della mia stessa audacia,
ma in guerra e in amore tutto è lecito …
Mi rintano in
bagno, e chiudo la porta.
Chiudo la porta a
lui.
Ho appena il
tempo di liberarmi del reggiseno che la porta si spalanca.
Sebbene me
l’aspettassi, non sono preparata al suo sguardo, al suo
impeto.
Sembra fuori di
sé, si trattiene a malapena.
Poche volte
l’ho visto così. Il suo sorriso è
sinistro, è quasi un ghigno. I pugni chiusi lungo i fianchi,
è decisamente al limite.
Rimane sulla
porta, i suoi occhi fissi su di me mi percorrono tutta, centimetro per
centimetro, fino a posarsi sul seno.
Un brivido mi
trapassa la schiena. Indietreggio inconsapevolmente.
Lo desidero. Lo
voglio con una tale violenza da spaventare me stessa, da provare un
dolore fisico.
Il respiro mi si
blocca in gola, ci fissiamo , entrambi immobili.
Restiamo
così, forse un minuto, forse due. Lui fermo sulla porta, in
lotta con se stesso. Io dal lato opposto al suo, quasi incollata alla
parete su cui è addossata la doccia.
Tutta la
spavalderia che mi aveva animata fino a qualche minuto prima, mi sta
ora abbandonando.
Sono quasi del
tutto nuda dinnanzi a mio marito, lo desidero da morire, e non riesco a
fare un passo.
Ma che mi prende?
Ripercorro in un
baleno le nostre ultime “volte”: coinvolgimento,
tenerezza, dolcezza, passione …
Arrossisco e
abbasso gli occhi ripensando al mio comportamento in quelle occasioni.
Ero diventata
… propositiva.
Esitante,
incerta, Edward mi aveva guidato con dolcezza e pazienza verso vette
sconosciute e misteriose di piacere. Mai con invadenza o prepotenza, il
suo desiderio si era modellato al mio, ai miei tempi, come fosse
morbida creta. Ed io ne avevo approfittato.
Oh se ne avevo
approfittato!
Ovunque e in ogni
momento. Bastava un mio sguardo languido, sognante e lui comprendeva al
volo.
Era come se
aspettasse un mio cenno per liberare il suo desiderio.
Ma ero sempre
stata io, inconsapevolmente, senza alcuna malizia a cercarlo. E lui non
mi aveva mai, mai dato il minimo tempo di attesa, un cenno di
tentennamento.
Mai.
Adesso, invece
è … diverso.
Mi sta provocando.
Dal primo istante
che a messo piede in camera. Non l’aveva mai fatto prima.
Ed è
arrabbiato.
Molto.
Mi sento
all’improvviso a disagio. E’ come se volesse
mettermi alla prova, come se volesse dimostrare qualcosa.
Ed io ho raccolto
in pieno. E l’ho sfidato.
O forse, volevo
sfidare me stessa. Dimostrare che potevo averlo con un atto della mia
volontà, che sarei riuscita a farlo cedere.
Ora,
però … non mi sento più tanto sicura.
Incrocio le
braccia sul petto, cerco di nascondermi.
Il suo sguardo
saetta al mio movimento: dal seno passa agli occhi.
In un attimo mi
è accanto, il suo naso ad un palmo dal mio orecchio.
Sussulto
involontariamente.
«Sei
nervosa, Isabella?» Mormora sensualmente al mio orecchio con
una voce strana, bassa e melodiosa, suadente e carezzevole.
Una voce da
vampiro.
Faccio un altro
passo indietro. Il freddo delle piastrelle mi sfiora la schiena nuda.
Salto di nuovo.
«Io
… Edward non … non voglio più
giocare» sussurro talmente flebile che non riesco nemmeno a
sentirmi.
«Ma io
non sto giocando … tu sì?» mi prende il
polso con uno scatto e lo avvicina al suo viso. Lo annusa. Poi, con una
delicatezza infinita, le sue labbra lo baciano.
Sospiro.
L’altro braccio, quello che era rimasto stretto al petto,
scivola lento verso il basso. Mi appoggio alla parete dietro di me,
ignorando il fatto che sia fredda, ma l’alternativa e
lasciarmi scivolare sul pavimento.
Sento le sue
labbra percorrere il lato interno del braccio e salire con una lentezza
esasperante fino alla spalla e da lì al collo.
«Oh
Edward …» Apro gli occhi e vedo l’incavo
del suo collo.
Non resisto e
poggio le mie labbra lì. Lo bacio lentamente, ne assaporo la
freddezza della pelle con la punta della lingua.
Sento un ringhio
basso e soffocato.
E’ come
un segnale. Le mie mani prendono vita propria e le dita si immergono
nei suoi capelli, accarezzandogli la base della nuca.
E lui, come se
aspettasse questo, prende fuoco.
I suoi gesti sono
febbrili, nervosi. Si muove a scatti, segno che è agitato,
che il suo controllo è al limite.
Mi alza per il
bacino ed io gli allaccio le gambe intorno ai fianchi. Sento la sua
eccitazione a contatto con la mia e mi sfugge un mormorio di piacere. A
lui sfugge un ringhio soffocato e mi spinge sulla parete dietro di me,
facendomi sbattere la schiena. Una fitta di dolore mi prende alla base
della colonna vertebrale. Il mio gemito viene soffocato dalle sue
labbra che fameliche si incollano alle mie.
Urgenza, brama,
desiderio incontrollabile, voracità, dolore.
Questo
c’è fra noi due, un bisogno irrefrenabile di
soddisfare l’istinto, i nostri corpi che necessitano di
fondersi. E’ come se domani ci attendesse la fine del mondo,
come se fosse l’ultima volta che facciamo l’amore.
Schiacciata tra
il gelo del suo corpo e il freddo delle piastrelle dietro di me, mi
sembra di ardere.
Mi dimeno come
un’ossessa, lo stringo, lo mordo, lo graffio. Ad ogni suo
gemito impiego più forza, più impeto.
Lo sento ridere
dei miei tentativi di procurargli dolore e affondo i miei denti nella
sua spalla con più forza.
Mi accorgo da una
fitta di dolore all’inguine che mi ha ridotto lo slip a
brandelli e mi si blocca il fiato quando mi penetra senza preavviso,
senza delicatezza come, invece, ha sempre fatto.
La rabbia, la
furia, il dolore si impossessano dei nostri corpi e delle nostre menti.
Consumiamo il
nostro amplesso così, in bagno, contro una parete di fianco
alla doccia, in pochi, eccitanti, interminabili, minuti.
Rapide, possenti
spinte mi bloccano alla parete. Il mio corpo amalgama il dolore ed il
piacere. I miei gemiti lo incitano a non fermarsi e a non fermarmi.
I nostri respiri
affannati si confondono, il mio cuore impazzito sembra essere diventato
troppo grande per restare nel mio petto.
Quando, dopo un
tempo indefinito, Edward si immobilizza contro di me mi aggrappo alle
sue spalle e lascio ciondolare il capo su di lui. Non riesco a muovere
nemmeno un dito, a pronunciare neanche una parola.
Non è
mai stato così … travolgente tra noi.
Immersa in uno
stato di beatitudine e stremata fino all’inverosimile,
protesto debolmente quando Edward esce dal mio corpo.
Mi tiene ancora
stretta a sé, ma permette che poggi i piedi nudi sul
pavimento. Le gambe sono intorpidite, doloranti.
Gli cingo il
collo e appoggio la testa sul suo petto.
Sospiro di
soddisfazione, gli occhi chiusi a godermi il momento.
«Bella,
ti prego … dimmi … che nessuno ti ha fatto del
male, dimmi … la verità.» la sua voce
è ancora roca, ma ora sembra anche … tormentata.
Sbatto le
palpebre stupefatta e mi immobilizzo. Le sue braccia sono
tese, rigide. Una è appoggiata al lato
del mio capo. L’altra mi cinge il fianco. La fronte
è appoggiata alla parete dietro di me. Non mi guarda in viso.
«Ma
… no. Edward nessuno mi ha fatto del male.» cerco
di spostarlo per trovare il suo volto. Inutile.
«Non
mentire»
«Non ti
sto mentendo» non su questo almeno, dovrei aggiungere.
Ripenso alla piccola disavventura con Vik, ma per fortuna è
andato tutto bene. Che senso avrebbe dirglielo adesso …
Un sospiro
«Ti ho chiesto di non mentire.» la sua voce si
è fatta tagliente.
«E io
ti ho detto che non l’ho fatto» il mio tono
è secco adesso.
«E
questo allora?» mi prende il polso e lo tira verso di
sè, distendendo il mio braccio in mezzo a noi.
Guardo in basso.
Sono disorientata, non noto nulla di strano, nessun taglio, niente
sangue, nemmeno un graffietto. Solo … una lievissima ombra
appena una tonalità più intensa di rosa, forse un
po’ violetto.
Arrossisco fino
alla radice dei capelli quando mi ricordo dello strattone di Vik.
Dovevo sapere che
non sarebbe sfuggito ai suoi occhi.
Deglutisco. Devo
stare attenta, ma non sono ancora abbastanza lucida.
«Ehm
… sì … stavo inciampando e
… Alice mi ha sorretta … e, poi,
…» le parole mi muoiono sulle labbra quando
incrocio i suoi occhi.
«NON
MENTIRMI!!!» tuona con rabbia a malapena contenuta.
Comincio a
tremare e non me ne rendo nemmeno conto «Edw
…»
«Dimmi
chi è stato …» dice a voce bassa.
«N
… nessuno» trovo appena la forza di sussurrare.
«Voglio
il suo nome …»insiste e gli vedo negli occhi una
scintilla di follia.
Ci misuriamo con
lo sguardo. Ho paura, ma lo sostengo con determinazione.
Dio solo sa cosa
potrebbe fare a quel ragazzo se sapesse chi è …
La sua mascella
si irrigidisce impercettibilmente. Sul viso spunta un sorriso glaciale.
E’
furioso.
Mi raggomitolo
senza accorgermene vicino alla parete e al rumore che sento stringo
forte gli occhi, tremante. Alzo le braccia a proteggermi il capo in un
gesto automatico.
Tante piccole
pietrine mi sfiorano le spalle, le braccia, le gambe.
Resto immobile,
con le braccia sulla testa.
Silenzio.
Apro lentamente
gli occhi e lui non c’è più.
Guardo al mio
fianco il vuoto lasciato dal vetro della doccia ormai ridotto in
frantumi. Gli occhi scendono in basso dove il pavimento è
ricoperto da una miriade di frammenti brillanti.
Non so quanto
tempo sono rimasta ferma. Avrei voluto muovermi, ma nessun muscolo
risponde ai comandi.
Scivolo piano
lungo la parete alle mie spalle e mi accascio a terra, le ginocchia al
petto.
Calmati
Bella, calmati …
Mi rendo conto
che è trascorso del tempo perché comincio ad
avere freddo.
Tremante,
indolenzita ed intorpidita mi alzo reggendomi alla parete.
Come passo adesso?
Dopo un attimo di
esitazione mi allungo a prendere l’accappatoio e lo distendo
alla bell’e meglio per terra. Ci cammino sopra con cautela,
il passo malfermo e spicco un piccolo saltello per raggiungere la
camera da letto.
Devo stendermi,
la testa mi sembra vuota, il silenzio intorno a me fa troppo rumore.
Percorro con lo
sguardo l’intera stanza.
E’
vuota, lui non c’è.
Rabbrividisco.
Ora ho freddo davvero.
Un lieve
scintillio sul copriletto color nocciola cattura la mia attenzione.
Mi avvicino piano
al nostro letto e lascio scorrere lo sguardo.
Sul mio cuscino
un bagliore. Mi allungo e mi immobilizzo all’istante.
Con dita tremanti
e con le lacrime agli occhi afferro il minuscolo oggetto che Edward ha
lasciato lì per me.
La mia fede. La
fede che Alice mi aveva detto di aver ritrovato e di aver riposto con
cura nel cassetto.
NOTA
DELL’AUTRICE: Bene bene … ho pensato
…ma sì, adesso a Bella le faccio venire davvero
un infarto e finisco qui la ff!
Ovviamente
sto scherzando.
Il
cappy mi è venuto un po’ lunghetto, lo so
… Spero che non vi abbia annoiato, spero di non aver
divagato troppo. Non è semplice, sapete, non perdere il filo
del discorso quando si comincia.
Coooomunque.
Fatemi sapere. Ci tengo a migliorarmi, ad offrirvi una storia piacevole
e coinvolgente, ma anche con un minimo di trama, non solo E/B, B/E, e
poi E, E, E ….
In
ogni capitolo vi ho dato qualche piccola informazione, vi ripeto,
niente è scritto a caso. Se avete dubbi , chiedete. Presto
ogni inghippo si scioglierà.
keska: Meu
corazon, tu sei troppo modesta, una qualità che ammiro
molto, ma che non ti rende giustizia!!! Comunque grazie. Quando mi
immergo in una storia sono talmente presa che mi domando spesso se
è tutto chiaro, se riesco a rendere bene le emozioni come
vorrei. E’ per questo che chiedo spesso una conferma. La
trama è un po’ complessa, ma cerco di renderla
quanto più possibile lineare, come già ti ho
detto, non mi sento una “scrittrice” e non voglio
strafare. Ti bacio tesoro.
Shahrazad:
Siiii, anche io adoro l’Edward morboso. Dopotutto i vampiri
hanno tutti i sensi e le emozioni amplificate no? Un abbraccio e grazie
per i complimenti.
arual93:
Bhèèè, non stuzzicarmi, non posso
spoilerare troppo. Diciamo che si, sarà messa in dubbio la
vampirizzazione, ma non propriamente come pensi tu. Non per mancanza di
convinzione, ecco. Grazie, sei carinissima a seguirmi e a commentare
sempre. Mi gratifichi tanto. Bacioni
stellalilly:
E’ giusto no? Jazz è suo fratello, in
più ha il suo dono che in questo frangente, con Bella
così turbata, confusa ed emotivamente instabile
può essere estremamente utile. Alla prossima, Kiss
rodney:
Grazie Simo, sei davvero gentile a spendere una parola di bentornato al
mio computer, pooeretto!! Credo che questo cappy ti sia piaciuto o
sbaglio?!!! Fanciulla, tieniti forte, perché sono in serbo
parecchie sorpresine …! GARANTITO.
Grazie,
grazie e ancora grazie
Baci
a tutti voi
M.Luisa
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