Allora ragazze, ho pensato di farvi leggere, com’
era partita l’idea della Fan Fiction My Destiny. Come vedrete è molto simile all’originale,
se non per qualche vicenda cambiata. La storia era stata creata per un
concorso, e doveva finire qui. E, in vece, dopo ripetute richieste, decisi di
farla continuare, dando vita alla ff
che tutte conoscete. (se è la prima volta che la leggi
a questo link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=387202&i=1)
troverai l’intera storia. Spero che possa farvi piacere, conoscerne l’origine.
Morsetti.
Amalia.
Autrice: Amalia Gasparin
(Nick Amalia89)
Contest: Dove: Vicolo buio e scuro (In una notte buia e tempestosa… yeah)
Bella: Umana
Edward: Vampiro
Titolo Fan Fiction: Destiny
Correvo a più non posso, non m’interessava dove stavo
andando, era buio, pioveva a dirotto e faceva freddo.
Gli abiti attaccati al mio corpo, mi facevano da seconda
pelle, i capelli schiacciati contro il mio viso.
Mi bruciavano gli occhi, forse per il troppo pianto, forse
per il vento che imperterrito mi entrava dentro, provocandomi altri brividi, ma
io non mi fermavo, le parole degli agenti impresse a fuoco nella mia mente…
“Signorina Isabella Marie Swan?”.
“Si”.
“Possiamo entrare?”.
“Certo, cos’è successo?”.
“Ci rincresce molto dover essere portatori di tale notizia…
Suo padre è stato colpito in un conflitto a fuoco. L’ambulanza è arrivata sul
posto il prima possibile, ma non c’era più niente da fare. Ci dispiace tanto”.
Non avevo detto nulla, li avevo ascoltati in rigoroso
silenzio, assimilando ogni parola, ogni sillaba, lasciando che mi entrasse
nell’anima che m’infiammasse il cuore.
Ero uscita da casa, spingendo di lato gli agenti, avevo
cominciato a correre.
Non sapevo quanto tempo fosse passato, i polmoni mi
bruciavano, la milza doleva, ma io continuavo a correre, senza una meta, senza
un motivo, senza pensieri.
Imboccai un piccolo sentiero, era buio e stretto, lì dentro
sembrava che facesse ancora più freddo, arrivata al fondo della via, vidi che
c’era un muro, era una strada chiusa.
Solo allora mi fermai e lasciai che le forze mi
abbandonassero.
Ero caduta in una specie di trans, la testa mi doleva, il
mio corpo, scosso da tremiti di freddo, era a contatto con il suolo umido e
bagnato, desideravo solo morire, raggiungere Charlie.
Per me non c’era più niente in quel mondo, ero rimasta sola.
“Ti accontento subito”.
Sobbalzai al suono di quella voce divina, alzai gli occhi
per incrociare quelli di un angelo, era forse venuto a prendermi?
“Ch-chi se-i?” Avevo la gola secca e non riuscivo a parlare.
“Colui che metterà fine a questa tua sofferenza”.
Come faceva a sapere? Forse lo stato in cui ero parlava da
se.
La sua voce era strana, sembrava intrisa di pura follia, ma
alle mie orecchie restava sublime.
Fu veloce, non mi accorsi quasi di nulla, mi afferrò per le
spalle, e senza esitazioni affondò i suoi denti nel mio collo, mi trafisse con
una facilità estrema, come se io fossi burro e lui un coltello affilato.
Cominciò a succhiare via il mio sangue, ero terrorizzata ma
felice, finalmente avrei rivisto mio padre, smettendo per sempre di soffrire.
Sentivo le forze abbandonarmi per sempre, chiusi gli occhi,
nemmeno provai a liberarmi dalla sua presa così fredda.
“Edward! No!”.
Un gran fracasso seguì a quell’urlo, cosa stava succedendo?
“Vieni via subito!”.
“No, Jasper lasciami!”.
“Edward torna in te! Tu non sei un mostro!”.
“Portiamolo via da qui”.
“Si!”.
E poi… il nulla, una piacevole sensazione di calore m’invase,
partì dal collo, divulgandosi alle braccia, poi gli arti inferiori, il busto,
tutto divenne appannato e… troppo caldo!
Che succedeva? Perché non ero morta? Il dolore era
insopportabile, le fiamme m’inghiottirono ed io strinsi i denti per non
mettermi a urlare, non volevo di certo attirare l’attenzione di qualcuno!
Soffrivo, era un dolore terribile, sentivo la testa
esplodere, le vene pulsare, come se il mio corpo non potesse sopportare tutto
quel calore, era straziante e il tempo sembrava non passare mai.
Mi accorgevo di quando si faceva giorno e di quanto le
tenebre tornavano a riavvolgere le mura di Seattle, nonostante avessi gli occhi
chiusi, un leggero riverbero di luce filtrava attraverso le mie palpebre e
tante voci, troppe per essere in un vicolo cieco, mi arrivavano alle orecchie.
Tutte quelle persone vicino a me, e nessuna mi vedeva?
Nessuna mi soccorreva?
Non pensavo fosse possibile, ma il dolore s’intensifico
ulteriormente, arrivò al mio cuore che frenetico, sembrava voler battere tutti
i colpi di un’intera vita, non ce la facevo più, stavo per mettermi a gridare
quando due braccia forti, mi raccolsero da terra.
“Shhh, ancora pochi minuti e sarà tutto finito, sta calma”.
Quella voce, era calda, confortevole, non sapevo chi mi
avesse preso, non riuscivo ad aprire gli occhi, ma sentii chiaramente il vento
scompigliarmi i capelli, stavamo correndo a una velocità disumana!
Passò ancora un’ora, o forse due, non sapevo con esattezza,
aprii gli occhi lentamente, il riverbero della luce per un attimo mi accecò,
costringendomi a serrare le palpebre.
Sentivo molte voci attorno a me, mischiate dai rumori della
foresta e dello stridere degli pneumatici sulla strada, ma, dove mi trovavo?
Decisi di riprovare ad aprire gli occhi, e ci riuscì.
Mi ci volle poco più di un secondo per registrare tutti i
dettagli, ero stessa su un divano bianco, sette persone erano sparse per
l’immensa sala, mi guardavano tutti, chi incuriosito, chi truce.
“Bella, sono Carlisle, dovresti avvertire un forte bruciore
alla gola, ma non ti agitare, a breve ti spiegherò tutto”.
A quelle parole scattai in piedi portandomi le mani al
collo, prima che me lo dicesse, nemmeno mi ero accorta di quel particolare, era
un bruciore assurdo, quasi doloroso.
“Cha mi avete fatto?!”
Gridai in preda al panico, due colossi mi afferrano e
immobilizzarono al muro, uno alto e moro, l’altro un po’ più basso e biondo.
Istintivamente mi divincolai da quella presa di ferro, non
capì come ma riuscii a togliermi di dosso il più piccolo dei due, dalla mia
gola usci un ringhio d’avvertimento. Avevo ringhiato?
“Calma ragazzi, così la spaventate!”.
Girai la testa per vedere chi, aveva pronunciato quelle
sacro sante parole.
Una donna, dai lineamenti dolci, il viso incorniciato da
morbidi capelli rossicci, mi scrutava con un sorriso rassicurante sulle labbra,
era davvero bella.
“Stai tranquilla cara, nessuno qui vuole farti del male”.
Non so perché, ma credetti a quelle parole e mi rilassai, i
due colossi avevano mollato la presa su di me, ma continuavano a tenermi d’occhio.
A mio agio mi sedetti sul divano.
“Bene, voglio sapere cosa mi è successo”. Non ammettevo
repliche.
“Bella” fu Carlisle a iniziare, colui che mi aveva rivolto
la parola per primo.
“Ti ho portato io qui, ti trovi a casa nostra, noi siamo i
Cullen e questa è la mia famiglia.” Si fermò un attimo, valutando la mia
reazione, quando vide che rimanevo in silenzio continuò:
“Lei è mia moglie Esme” disse indicando la donna che fin da
subito mi era parsa molto dolce e gentile.
“Loro sono i miei figli, Emmett, Jasper, Rosalie, Alice e
Edward”, indicò ognuno di loro a mano a mano che li nominava.
Scoprì così, che coloro che mi avevano immobilizzato al muro
erano Emmett, il più grosso e Jasper.
Li guardai tutti, Rosalie, sembrava una barbie, fisico mozza
fiato, lunghi capelli biondi, Alice invece, era decisamente più piccola, i
capelli erano neri e sparati ovunque, sembrava quasi una pazza, in fine,
Edward, quel nome mi ricordava qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa.
Era il più bello di tutti, alto, i capelli color del rame e
i suoi occhi… d’orati? Ora che ci pensavo, era una caratteristica di tutta
quella strana famiglia.
Avevo fatto tutte quelle considerazioni in meno di un
secondo, non capivo come ma la mia mente sembra elaborare concetti e registrare
dettagli in modo molto più efficiente.
“Ed io cosa c’entro in tutto questo?”. Chiesi curiosa.
“Carlisle, non credi che prima sarebbe meglio portarla a
caccia? Sento che è calma, ma resta pur sempre una neonata”, fu Jasper a
interrompere la nostra “chiacchierata”.
“A caccia?”
“Forse Jasper a ragione, ma prima devi sapere, i dettagli te
li darò più tardi”.
Lo fissai incuriosita, ma di cosa stava parlando? Lo vidi
scambiarsi sguardi d’intesa con Edward, così l’aveva chiamato.
“Non lo so Carlisle, non riesco a leggere nella sua mente”
disse fissandomi intensamente.
Quelle parole, mi misero ancora più confusione.
“Scusa?” Chiesi.
Carlisle scosse la testa.
“Bella, noi siamo vampiri, ed ora, anche tu sei una di noi.
Abbiamo doti in più rispetto agli umani, siamo molto forti, velocissimi,
riusciamo a vedere e sentire molto chiaramente, anche a chilometri di distanza
e… siamo immortali. Non siamo come tutti gli altri non ci nutriamo di sangue
umano, traiamo forza e nutrimento dagli animali”.
Vampiri? Sangue umano, animale? IMMORTALI?!
Quella spiegazione, riportò alla memoria tutte le cose
accadute, mio padre era morto, dei suoi colleghi erano venuti a riferirmelo,
ero scappata, e poi… la pioggia, il viale stretto, la strada chiusa e… lui
Edward, mi stava per uccidere, succhiava via il mio sangue, si stava avidamente
nutrendo di me, e ora? Ero qui, viva e dannata per l’eternità a vivere nel mio
dolore, a nutrirmi di sangue animale, il tutto per causa sua.
“Tu?!” Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo prima di
fiondarmi su di lui.
Edward si mise in posizione di difesa, ma il resto della
famiglia intervenne bloccandomi la strada.
Emmet e Jasper mi trattennero per le braccia, Carlisle mi si
parò davanti poggiandomi le mani sulle spalle, Esme, Alice e Rosalie si misero
davanti a Edward.
Ero fuori di me dalla rabbia, fendevo l’aria con i denti, mi
dibattevo e divincolavo, ma per quanto fossi forte, non potevo tener testa a
tre vampiri adulti.
“Bella calmati! Jasper fa qualcosa!” Gridò Carlisle.
“Ci sto provando, ma è fuori di se, portiamola nel bosco,
con la caccia si sfogherà”.
Mi strattonarono fuori dalla sala, ero adirata, mio padre
era morto ed io ero diventata un mostro!
Appena mi lasciarono cominciai a correre, mi accorsi di
poter raggiungere velocità inaudite, cercavo di concentrare tutta la mia rabbia
sulle gambe, in modo da dare più spinta e scappare da coloro che continuavano a
seguirmi.
Minuto dopo minuto, mi accorgevo delle nuove e straordinarie
doti fisiche che avevo acquisito, ero velocissima, molto forte, i miei sensi si
erano centuplicati e, non mi stancavo mai.
“Bella fermati!” Carlisle mi richiamò.
Dopo la lunga corsa mi sentivo un po’ meglio leggermente più
calma, così decisi di assecondare la sua richiesta.
Non mi disse nulla a proposito dell’episodio avvenuto poco
prima.
“Chiudi gli occhi e concentrarti sui rumori e sugli odori
della foresta”.
Obbedì, fu strano udire il battito d’ali degli uccellini che
si trovavano a chilometri di distanza da me, lo scorrere della linfa negli
alberi e più vicino, lo scalpitare di zampe sul terreno, due, anzi tre cuori
frenetici battere e pulsare sangue, un fiotto di saliva mi riempì la bocca, era
la stessa sensazione di quando, da umana avvertivo un buon profumo e mi veniva
l’acquolina, inghiottì.
“E’ il veleno” mi spiegò Carlisle.
“Ora lasciati guidare dal tuo istinto Bella”.
Rimasi in silenzio ancora per un po’, chiusi gli occhi e mi
mossi per il bosco alla ricerca della mia preda.
Quando fui a pochi metri da lei, la gola ricominciò ad
ardere, mi sembrava d’avere un fuoco dentro, mi fiondai sul cervo, affondando i
miei denti nel suo collo, un caldo e dolce fiotto di sangue m’inondò la bocca,
scendeva lentamente in gola, spegnendo l’incendio che si era acceso, succhiai
tutta la sua linfa vitale, fino a quando non lo sentì spirare tra le mie
braccia.
Era stato strano, ma molto appagante.
Cacciai ancora un paio di cervi e un puma, ai miei occhi
tutto appariva strano, nuovo e maledettamente reale.
Speravo con tutta me stessa che quello fosse solo un incubo,
avrei dato qualunque cosa per tornare a…
“Carlisle, quanto tempo è durata la mia trasformazione?” Chiesi
accorgendomi improvvisamente, di non saperlo.
“Tre giorni Bella”.
Non chiesi altro, continuai a correre con tutti gli altri
verso casa.
Tre giorni, era bastato così poco a cambiarmi la vita? Mio
padre non c’era più, ed io non potevo nemmeno crogiolarmi nel pensiero che alla
fine l’avrei rivisto, ora ero IMMORTALE, senza via di fuga, imprigionata per
sempre sulla terra.
Senza che me ne accorsi arrivammo davanti casa, mi fermai
appena prima del fiume che lento, scorreva davanti all’enorme villa bianca, che
solo ora vedevo per la prima volta.
Era davvero bellissima.
“Bella, non entri?” Carlisle mi destò dai miei pensieri.
“Vorrei parlare da solo con lei” Edward sbucò all’improvviso
alle mie spalle, “sempre se ti va”, aggiunse fissandomi.
Carlisle non sapeva che fare, faceva scorrere il suo sguardo
veloce tra me e suo figlio.
“Per me va bene, Bella?”.
Non risposi, mi limitai ad accovacciarmi vicino al fiume,
vedendo, per la prima volta la mia immagine riflessa e per poco non mi venne un
colpo.
I miei occhi erano rosso cremisi, la mia pelle più palla del
solito, i lineamenti del mio volto, perfetti, potevo sembrare una Dea.
Rassegnata, mi lasciai cadere sul prato, lo sguardo rivolto
alle stelle, si era fatta sera, ma nonostante tutto quello che avevo passato,
non avevo sonno,Edward mi si vicino.
“Perché non sono stanca?” Gli chiesi, volevo tentare di
ammorbidire l’atmosfera che si era creata, di certo non avevo dimenticato la
vita cui mi aveva condannato, ma se dovevo viverci assieme per un’eternità,
tanto valeva cominciare a farci l’abitudine.
“Non dormiamo mai” rispose come se nulla fosse.
Alzandomi su un gomito lo guardai sgomenta:
“MAI!?”.
“Mai…” ripeté tranquillo.
Sbuffai tornando a fissare le stelle, non solo sarei stata
costretta a vivere in eterno, ma non potevo nemmeno dormire! Questa poi…
“Raccontami qualcos’altro” chiesi, continuando a scrutare il
cielo che si stava ricoprendo di nuvoloni.
“Che cosa vuoi sapere?”.
Ci pensai un attimo…
“Siamo immortali… questo vuol dire che non esiste modo di
morire per noi?”.
Sorrise.
“No, un modo c’è… se veniamo fatti a pezzi e bruciati bè…
moriamo, ma solo quelli della nostra specie possono scalfire la nostra pelle”.
“Ti sbagli fratellino, anche i licantropi”.
“Muta forma”.
Girai lo sguardo per vedere chi si era avvicinato, Alice.
“Ciao” mi disse.
“Ciao” risposi semplicemente.
“Io sono Alice, non c’è stato modo di parlare molto prima”.
“Già” quella conversazione un po’ mi imbarazzava, non mi ero
certo comportata bene, ma la rabbia mi aveva invasa come fuoco, era esplosa
dentro di me, e non c’era niente che avrebbe potuto fermarla.
La vidi entrare un attimo in trans, il suo sguardo si perse
nel vuoto, incuriosita, mi tirai su sedendomi sulle ginocchia, in quel momento
lei si riprese, puntando su di me il suo sguardo, era seria, preoccupata,
guardò il fratello prima di dire:
“Bè io vado, ci sarà tempo per conoscerci meglio, ora tu e
Edward dovete parlare e Bella… sta attenta a quello che fai”.
Non capii quelle parole, ma prima che potessi dar voce ai
miei pensieri, sparì.
“Che cosa è appena successo?” Chiesi rivolta a Edward, lui
sospirò.
“Alcuni di noi, hanno dei poteri… io leggo nel pensiero,
Alice prevede il futuro e Jasper può controllare le emozioni, è in grado di
calmarti o farti eccitare a seconda delle necessità e tu… tu devi essere uno
scudo, altrimenti non spiegherei il perché non riesco a leggere anche nella tua
mente” terminò la sua spiegazione fissandomi intensamente.
E così, avevano dei poteri, ora capivo tutto, o meglio,
cominciavo a vederci più chiaramente.
“E Rosalie, Emmett, Carlisle ed Esme?”.
Mi guardò sorpreso per qualche secondo, ma poi mi rispose:
“Emmett è molto forte, Esme, bè è una persona molto dolce e
amorevole, Carlisle è un medico, altruista, saggio e riflessivo, Rosalie è…
Rosalie” concluse sorridendo.
Più che poteri mi sembravano qualità.
“Perché prima mi hai guardato così?”.
“Sei strana, non ti sto certo raccontando cose che si
sentono tutti i giorni e tu, reagisci come se tutto ciò fosse normale, come se
non ti fosse successo niente… com’è possibile?”.
Era vero, mi ero comportata come se nulla fosse
semplicemente nella speranza che così, tutto mi sarebbe apparso più facile, non
volevo pensare al fatto, che non ero più normale, più umana, che mio padre era
morto e che lui, la persona con la quale stavo parlando mi aveva trasformato in
un mostro.
“Forse è meglio per te che io reagisca così, non trovi
Edward?” Chiesi in tono acido.
Di tutta risposta abbassò lo sguardo e incrociò le mani.
“Bella, ero venuto qua per questo, non ci sono scuse per
quello che ti ho fatto, per come ti ho ridotto, io, non volevo… Ero fuori di
me, un folle… scusami Bella, perdonami, ma il tuo odore era così… così
irresistibile che io…”.
Si fermò portandosi le mani sul viso, avevo ascoltato ogni
sua parola, ogni sua frase intrisa di puro dolore e dispiacere.
“Edward, non parliamone più, oramai è fatta… non si può più
tornare indietro” dissi poggiandole una mano sul ginocchio, quel contatto lo
fece scattare facendo uscire un ringhio dalla sua gola al quale risposi
immediatamente.
Tutta la famiglia fu di nuovo fuori, per dividerci, ma
questa volta non ce ne fu bisogno, quando lui abbandonò la posizione d’attacco io,
feci altrettanto.
Ci guardammo per qualche secondo negli occhi prima che
Edward si voltasse per entrare in casa e, con lui tutta la famiglia meno
Jasper.
“Che c’è!?” Chiesi seccata.
“Come fai Bella?”.
“Come faccio cosa?”
“A essere così calma, controllata, sei una vampira da appena
un giorno ed è come se tu… lo fossi da anni… anche Edward è un neonato, ha solo
sei mesi, ed è meno razionale di te”.
E così, anche lui aveva da poco subito la trasformazione.
“Cerco semplicemente di non pensare, mi comporto
normalmente, non mi va d’essere anche una bestia oltre che un mostro”.
Mi guardò per un tempo che sembrò interminabile, alla fine
scrollò le spalle.
“Torno da mia moglie”.
“Tua moglie?”. Chiesi sinceramente stupita.
“Sì, Alice, non siamo proprio fratelli, in giro diciamo che
ci ha adottati tutti Carlisle per non destare sospetti, insomma, una grande
famiglia ma senza legami di sangue” disse ridendo del paragone.
“Anche Rosalie ed Emmett quindi?”.
“Si”.
“E… Edward?”
“No, come tu stessa puoi vedere.”
“Capisco, bè non ti trattengo oltre, buona serata”.
“Anche a te Bella”.
Volevo stare da sola, era stata una giornata che mai avrei
dimenticato, ero diventata una vampira, avevo scoperto d’avere un qualche super
potere del quale non conoscevo ancora nulla, e… No!
Arrestai all’istante i miei pensieri, se ci avessi
rimuginato troppo, sarei impazzita, questo era quello che era scritto nel mio
destino, non potevo cambiarlo, solo accettarlo!
Tornai a distendermi sul prato, chiudendo gli occhi cercai
di svuotare la mente, focalizzando un solo nuovo obiettivo che mi ero prefissata…
scovare ed eliminare definitivamente gli assassini di mio padre, coloro che,
per primi, mi avevano condannato a questa vita.
Il giardino fu invaso da una dolce melodia, una canzone che
conoscevo bene, Clair de Lune, un sorriso comparve sul mio volto, le note della
mia composizione preferita miste al pensiero di vendetta mi regalarono momenti
di pura pace e serenità.
The End.