CAP. 13
EDWARD
-A
Bird's Song - Ingrid Michaelson
Ingrano
la quarta e stabilizzo l’auto ad una velocità
costante. Non troppo elevata, in linea con le altre vetture che
procedono ad andamento sostenuto. Lancio uno sguardo rapido a Bella
seduta al mio fianco.
E’
assorta, con lo sguardo fisso fuori dal finestrino.
Non
credo che noterebbe la differenza se procedessi a 50 o a 200 chilometri
orari, ma il mio intento è cercare di non agitarla nemmeno
inconsciamente.
Ha i
capelli raccolti in una coda morbida, un abito marrone che le segna i
fianchi ed il seno e scende in due balze sulle gambe. Calza degli
stivali dal taglio maschile.
Sembra
un’amazzone, ma nei suoi occhi non c’è
alcuna fierezza, nessuna traccia di superbia.
E’
pensierosa, è triste.
Ed
è … bellissima.
E nel
suo dolore lo è ancora di più. Perché
suscita in me il più intenso istinto di protezione che
potessi mai pensare di poter provare per una persona.
La sua
mano si sposta a sistemare meglio la cartellina con i suoi appunti
sulle ginocchia. Lo fa inconsapevolmente, con grazia.
Oggi
torniamo al college. Dopo un’assenza di dieci giorni.
Carlisle
ha effettuato a Bella tre prelievi in questo periodo, constatando un
sensibile peggioramento delle sue condizioni di salute. Secondo la sua
opinione – e la sua esperienza assolutamente da non
trascurare – ad influire in modo determinante sulla sua
situazione è il suo stato d’animo.
Bella
sembra essersi … spenta.
Parla
pochissimo, mangia appena ed è pallida quasi quanto me. Ieri
sera ha rigettato tutta la sua misera cena: un hamburger.
Nonostante
avesse cercato di affrontare l’episodio da sola, dicendomi
chiaramente di voler restare in bagno per conto suo, non le ho dato
ascolto e l’ho sorretta tutto il tempo. Per la fronte prima,
per la vita poi, fino a quando non ho potuto impedirmi di prenderla fra
le braccia e portarla a letto. E’ stata la scusa giusta per
poterla stringere a me, per poter rubare una carezza sfuggente al suo
esile corpo.
Tre
giorni fa Bella ha fatto l’amore con me ed è stata
un’esperienza di una dolcezza e di uno struggimento unici.
Da
allora mia moglie non è più lei.
E’
altrove con la mente, silenziosa e anche fisicamente distante, nel
senso che non cerca il più piccolo contatto con il mio
corpo.
Tuttavia
… il suo non è un senso di fastidio nei miei
confronti. La spio di sottecchi e mi accorgo che il suo sguardo
è spesso su di me quando fingo di essere assorbito altrove.
Mi guarda come ha fatto quando ci siamo amati qualche giorno fa:
intensamente, come se volesse imprimersi a fuoco il mio volto nella
mente. Quando incrocio i suoi occhi, li abbassa repentinamente.
Mi
sfugge.
Ed io
mi sento sprofondare nella frustrazione e nell’impotenza
più totali.
Poi,
ieri un segnale. Alice da seduta che stava sul divano – o
meglio, su Jasper – è saltata letteralmente per
aria lanciando un urlo.
Di
gioia.
Perché
finalmente aveva avuto una visione di Bella che aveva un inizio ed una
fine. Prima ancora che potessi infilarmi nella sua testa , mi aveva
lanciato le immagini di Bella con la sua amica Helèna. Erano
insieme in una camera, sedute su un letto e parlavano. Alle pareti un
poster di Albert Einstein e le foto di un gatto tigrato. Una stanza che
non avevo mai visto, forse quella di Helèna. Alice aveva
insistito particolarmente sull’immagine di Bella, sulla sua
espressione: sorridente, distesa.
Sento
ancora i pensieri di Carlisle nella testa quando io ed Alice siamo
andati nel suo studio per metterlo al corrente della novità:
“Alice
saltellava davanti a me felice come non lo era da tempo. Vedere
soffrire Bella era difficile anche per lei. I momenti di buio del suo
futuro la rendevano irrequieta e si sforzava più del solito
per riuscire ad avere qualche visione che la rassicurasse. Non avevamo
più accennato all’ultima visione, quella iniziata
nella nostra aula al college, per mia scelta categorica.
La
mia priorità adesso era la salute di Bella. Tutto il resto
poteva attendere.
Nonostante
le immagini che mi avesse mostrato mia sorella fossero rassicuranti, mi
lasciavano perplesso per due ragioni: primo, includevano un rientro
all’università di Bella e quindi anche al suo
corso di economia gestionale. E secondo, escludevano me. Non
c’era traccia della mia presenza in quelle visioni, e
ciò presupponeva che Bella si sarebbe dovuta allontanare da
me.
E
la cosa non mi entusiasmava. Ora meno di prima.
«Edward,
ti ha colto la sindrome del bradipo?» mi aveva
domandato sarcastica lanciando una rapidissima occhiata alle sue spalle.
Senza
rispondere, avevo continuato a procedere con la stessa
identica andatura. Tuttavia non mi era sfuggito che mia sorella non
fosse schizzata in avanti per raggiungere nostro padre da sola nel suo
studio e metterlo a conoscenza della sua visione. E, considerando la
naturale impazienza di mia sorella, questo era davvero un notevole
sforzo da parte sua …
Era
evidente che la piccoletta vedeva davvero molto oltre. E sapeva che
quello non era un momento facile per me.
Tuttavia
tentava in ogni modo di alleggerire la tensione: «E dai, di
questo passo troveremo Carlisle ridotto ad un mucchietto di cenere
…»
Avevo
alzato gli occhi al cielo. Era davvero un folletto impertinente
…
All’interno
dello studio Carlisle ci aveva osservato entrare con sguardo perplesso.
I
suoi occhi furono su di me in una frazione di secondo.
-Bella
…?- Pensò allarmato.
Avevo
scosso il capo una sola volta: «Non
esattamente» avevo detto in un sussurro.
«Carlisle
credi che Bella trarrebbe giovamento dall’uscire un
po’?» Alice aveva preso a parlare velocemente,
anche più del solito.
Nostro
padre era riuscito giusto ad aprire la bocca che lei aveva continuato a
valanga: «No, perché io l’ho visto.
Bella era rilassata e rideva con la sua amica, quella del
college»
Non
mi era sfuggita l’inutilità della precisazione.
Bella non ha altri amici qui ad Hanover.
«Lo
so, lo so, non sono un medico … ma non credete che
migliorare il suo umore possa aiutarla a sentirsi meglio anche
fisicamente?» aveva fatto una pausa impercettibile per
riprendere fiato, non perché ne avesse realmente bisogno, ma
solo per avere più aria per far vibrare le sue corde vocali.
E
vibravano, come se vibravano!
«Alice
…» mio padre aveva tentato gentilmente di
interromperla.
«Sapete,
ho letto di questa cosa su un giornale una volta: la correlazione fra
lo stress e i disordini del sistema immunitario. Pare che
…» e aveva continuato come se fosse una
mitragliatrice che spara parole.
Ero
restato in silenzio, poco attento al suo sproloquio.
Mio
padre, un sorriso paziente sulle labbra, aveva alzato i palmi aperti
verso di lei:«Alice …»
Ma
lei non sembrava nemmeno accorgersi del suo tentativo di parlare.
«ALICE!»
aveva sbottato Carlisle infine esasperato. Lei si era bloccata di colpo
con lo sguardo sorpreso: «Cosa?»
«Alice»
aveva cominciato lui sistemandosi con lentezza ed attenzione sulla
sedia. E’ un riflesso condizionato dall’agitazione
di mia sorella, un meccanismo di compensazione: più lei
è irrequieta più noi tendiamo a rallentare i
nostri movimenti.
«Alice,
siamo tutti molto in pensiero per la salute di Bella, non è
un segreto.» e, lanciandomi uno sguardo fugace «ma
agitarsi non ci è di alcun aiuto». Si era quindi
interrotto, lasciando che le sue parole penetrassero le nostre
consapevolezze.
-La
sua non è una intuizione errata … Edward che ne
pensi?- Mi aveva chiesto con i suoi pensieri, ma anche questa
era un’accortezza inutile. Nonostante le mie lauree in
medicina, quando si tratta di Bella il mio cervello si congela, non
segue i naturali processi di ragionamento. Se anche mi dicessero che
Bella può stare meglio cospargendola di polvere di luna,
andrei in capo al mondo pur di trovarne una briciola.
Decidere
era stata questione di un attimo. Avevo annuito impercettibilmente
ingoiando il nodo che mi si era formato all’altezza della
gola.
Avrei
fatto qualunque cosa per la mia Bella.
Mio
padre mi aveva guardato a lungo, ma non aveva mosso verso di me,
né dato voce ad alcun pensiero. Ma sapevo cosa avrebbe
voluto dire. Era preoccupato per la mia possibile reazione.
«Non
succederà nulla.» avevo detto piano, rispondendo
alle sue domande inespresse.
«Bella
viene prima di tutto, soprattutto prima di me.» Ed ero sicuro
di ciò che dicevo, perché il benessere di mia
moglie mi stava a cuore più dei miei istinti omicidi e dei
miei personali desideri di vendetta.
Come
per un meraviglioso uccello ferito, avrei curato la sua ala spezzata e,
per quanto adorassi essere l’unico a poterla ammirare, avrei
fatto l’impossibile pur di vederla volare di nuovo”
Bella
lascia andare un sospiro e mi mordo la lingua per non chiederle se
è tutto a posto. Tanto, da un po’ di tempo la
risposta è sempre identica: “Sto bene”.
La
guardo con la coda dell’occhio. Ha le mani strette in grembo,
una sull’altra.
«Hai
freddo?» mi volto e le chiedo dolcemente.
Mi
guarda ed accenna ad un sorriso forzato: «No, grazie. Sto
bene.»
Per
l’appunto.
Riprendo
a posizionare il viso in linea con la strada di fronte a me solo a
beneficio di mia moglie. Mi fa apparire più umano ai suoi
occhi e lo faccio, nonostante il mio sguardo sia costantemente su di
lei.
«Alice?»
mi chiede dopo un pò.
«E’
già al college. Non vuole perdersi la lezione della
Watsford» dico pacatamente.
«E
tu?» mi domanda dopo un attimo di silenzio.
«Io
invece, sì» le rispondo e cambio rapidamente
marcia.
«Edward,
tu non devi rinunciare ai tuoi spazi per causa mia.» conclude
dopo aver riflettuto attentamente.
I suoi
occhi continuano a essere sul mio viso. Ne sento quasi il calore sulle
guance.
Resto
impassibile con un po’ di sforzo. Non posso girarmi, baciarla
come vorrei e dirle che una stupida lezione persa non rappresenta
nemmeno un milionesimo di quello che farei per lei.
«Non
era niente di interessante» le dico allora strizzandole
l’occhio e sorridendole, per sviare la sua attenzione.
Sussulta
quando i nostri occhi si incrociano per un attimo.
Amore mio, ti sfinirei di baci
quando … quando mi guardi così …
penso mentre accarezzo il volante immaginando di avere la sua pelle
morbida sotto la punta delle dita.
Continuo
a parlare del più e del meno, cercando di strapparle un
sorriso, di rilassarla. Credo di esserci riuscito, perché si
riscuote sbattendo gli occhi quando fermo l’auto nel
parcheggio.
Piove.
Usciamo
dalla vettura e riparo Bella sotto un ombrello che apro sopra le nostre
teste. Mentre cominciamo a camminare nel vialetto diretti alla sua
aula, complice la vicinanza forzata, le prendo la mano nella mia.
E
fredda, quasi quanto la mia.
Una
volta di più rimpiango di non essere umano, di non poter
avvicinare le sue dita alle mie labbra e riscaldarle con il mio respiro.
La
temperatura all’esterno è davvero rigida e
ringrazio mentalmente il rettore quando un tepore gradevole accoglie
Bella all’ingresso dell’edificio principale.
«Mi
avverti tu quando hai … finito?» le chiedo
cercando le parole più appropriate, mentre cominciamo a
percorrere il grande corridoio alla nostra sinistra. Guardo dinnanzi a
me, il volto impassibile. So che deve esserci una di quelle riunioni
con “Rodolfo Valentino”, ma non voglio innervosire
Bella non controllando l’inflessione della mia voce entrando
maggiormente in dettaglio.
«Sì.
Ma … Edward?» si ferma improvvisamente
obbligandomi a fare altrettanto.
«Che
c’è?» le chiedo aggrottando le
sopracciglia.
«Tu
... adesso … Che farai in tutto questo tempo?» mi
chiede e vedo che subito dopo si morde il labbro inferiore nervosa.
«Tranquilla»
le dico accarezzandole la guancia con il dorso delle dita «se
non l’avessi ancora notato alle spalle del college
c’è un bosco che si estende per diversi
chilometri. Farò una passeggiata.» finisco con
sguardo allusivo.
Riprendiamo
a camminare e presto raggiungiamo l’aula 8. E’
più piccola dell’aula magna, ma comunque
semicircolare con due serie di gradini ai lati delle lunghe file di
poltrone. E’ ancora presto, ci sono molti posti vuoti. Bella
scorge Helèna a metà della scalinata destra.
Appena la nota, la sua amica alza il braccio in segno di saluto e
comincia a scendere verso di noi.
«Ehi
Bella! Finalmente stai meglio!» dice con tono caloroso.
Mamma quanto è
sciupata … deve aver perso qualche chilo. Pensa
Helèna contemporaneamente.
Tre e mezzo, penso io di
rimando.
«Helèna,
che piacere vederti!» risponde Bella abbracciandola e
baciandole le guance.
Le
osservo e capisco che fra loro c’è una sincera
stima reciproca.
«Ciao
Helèna» dico con un cenno del capo.
«Ciao
Edward» mi risponde accennando un sorriso. Bella ci ha
presentati qualche tempo fa, ma non abbiamo mai scambiato
più di qualche chiacchiera superficiale. Nei suoi pensieri
ho letto da subito un po’ di soggezione nei miei confronti e
tendo sempre a restare in sua presenza giusto lo stretto necessario a
non sembrare scortese.
«Beh,
ti lascio in ottime mani» dico dopo un breve istante
rivolgendomi a mia moglie e, reggendola per la vita, mi avvicino
automaticamente alla sua fronte deponendole un bacio leggero.
Quando
mi distacco, lei alza i suoi occhi su di me ed ho la chiara percezione
che voglia dirmi qualcosa. Stringo la presa ed affilo lo sguardo
cercando di acuire i sensi per percepire un qualche cambiamento nelle
funzioni del suo organismo.
Il
battito è un po’ più veloce, ma il
ritmo del respiro ed il colorito sono nel complesso normali.
«Ok,
a dopo» mi dice in fine, distogliendo lo sguardo.
Esco
dall’aula dopo aver salutato ancora Helèna e
lanciato un’ultima occhiata a Bella.
Mi
dirigo davvero verso il bosco. E’ parecchio che non vado a
caccia.
Mi
manterrò nei paraggi.
Le
prime due ore sono di statistica, dopodiché ci saranno due
ore di diritto commerciale sempre nella stessa aula. Poi, la riunione.
C’è
tutto il tempo prima di ritrovarsi con Jensen.
BELLA
«Sono
davvero contenta che sei tornata» mi dice Helèna
stringendomi le mani con calore.
Le
sorrido. Mi è mancata.
Ci
accomodiamo nei posti che ha conservato per noi: «Te
l’ho già detto quanto è figo tuo
marito?» mi chiede voltandosi un attimo verso di me con una
espressione comica dipinta sul viso, mentre scivoliamo nelle nostre
poltrone.
Sorrido
ancora.
«Sì,
almeno venti volte» rispondo io.
«Per
forza, è vero!» dice facendo spallucce e sgranando
gli occhi.
«Allora,
come ti senti sul serio? » mi chiede dopo un po’
guardandomi con attenzione e assumendo un tono deciso. Poi, mentre sto
prendendo fiato per rispondere, alza un palmo aperto in aria, come un
poliziotto, e continua:«E non dirmi
“bene” come hai fatto in questi giorni a telefono,
perché ti mollo un ceffone.»
Faccio
una smorfia con la bocca: «Beh, oggi mi sento molto meglio,
ma a volte sono stanca, mi affatico facilmente e non ho molto
appetito» mi fermo un attimo alzando gli occhi in
alto «mi pare di non aver mancato nulla. Sarà
influenza.» concludo alzando le spalle e riportando lo
sguardo su di lei.
Mi
guarda sovrappensiero per un po’. Comincio a sentirmi quasi
in imbarazzo che Helèna fa schioccare le dita e
dice:«Ma lo sai che anche mia sorella una volta ha avuto una
cosa come la tua?!»
Già
la fantomatica sorella di Helèna. Prima o poi dovevamo
conoscerci. Avevamo davvero troppe cose in comune …
La mia
amica continua assorta:«Sì, sì. Una
volta stava così male … nausea, capogiri, febbre.
Pensa che la facemmo ricoverare perché non ci capivamo
più nulla. Invece sai cosa aveva?» e fa una pausa
ad effetto per creare la suspance della battuta finale. Inarco le
sopracciglia mostrando una improbabile curiosità.
«Era in …»
«Signori,
vi prego un ‘attimo di attenzione» una giovane
donna di fianco alla cattedra ha preso il microfono ed ora ci guarda
aspettando che tutti si siano girati. Al suo fianco Eric Jensen.
«Sono
l’assistente del Professor Collin. Purtroppo
c’è stato un imprevisto e la lezione di stamane
sarà posticipata a domani. Con estrema gentilezza il
Professor Jensen ha acconsentito a scambiare le sue ore di domani con
quelle di statistica di oggi.» l’assistente si
ferma un attimo per assicurarsi che tutti abbiano compreso.
Con mia
sorpresa mi rendo conto di avere lo sguardo di lui puntato addosso.
Quando lo incrocio, volta subito gli occhi al resto della platea e
mormora qualcosa all’orecchio della donna al suo fianco. Con
la mano chiusa intorno al microfono, cominciano a parlare fitto.
Nella
sala si alza un brusio sommesso.
Passano
un paio di minuti, dopodiché Jensen prende il microfono
dalle mani dell’assistente di Collin e lo avvicina alle sue
labbra, schiarendosi la voce.
«Signori,
mi rendo conto che la cosa è stata improvvisa e che non
siete presenti tutti. Metteremo un avviso per lo slittamento della
lezione del Professor Collin. Tuttavia …» fa
spaziare un’altra volta lo sguardo su tutti noi «
… tuttavia mi è impossibile tenere la mia lezione
adesso.»
Nella
sala il brusio si fa più acceso.
Molte
sono le esclamazioni di disappunto, soprattutto appartenenti a voci
femminili.
Mi
guardo intorno e noto le facce dispiaciute di due ragazze sedute poco
distanti da me.
E’
vero, non tutti seguono le lezioni del Professor Collin, ma decisamente
TUTTI seguono quelle di Jensen. Quest’ultimo si scusa
nuovamente e poi dice ancora nel microfono:«Signorina
Torres?» e con un cenno della mano indica a Mia di
avvicinarsi alla cattedra. Quest’ultima si alza dalla sua
poltrona con calma e si avvicina a lui con un sorrisetto sulle labbra.
Tutto
di lei, il modo di camminare, di muovere il capo per far ondeggiare i
capelli sulle spalle, come alza la mano quando vuole rispondere ad una
domanda, tutto sottolinea la sua natura snob. Nelle nostre riunioni non
ha mai scambiato più di qualche rapido e superficiale saluto
con gli altri componenti del gruppo.
Non ho
mai capito cosa ci trovi in lei un ragazzo simpatico come Francisco. La
vedo davvero molto bene, invece, con uno come Vik al suo fianco. Ed ora
che ci penso, li ho anche visti spesso parlare fra loro …
Con me
è stata antipatia al primo sguardo.
Nei
confronti di entrambi, aggiungerei.
Ovviamente
per il professor Jensen, Mia nutre una venerazione quasi pari a quella
di Helèna, solo che nel suo sguardo verso di lui
c’è qualcosa di … non so come definirlo
… lascivo, indecente? Credo che se lui le desse il minimo
spago, lei riuscirebbe a procurarsi un bel gomitolo …
Faccio
spallucce e noto come Mia si appoggia alla cattedra, protesa verso di
lui che le sta parlando facendo ogni tanto un gesto con la mano.
La vedo
annuire con il capo e poi girarsi verso la platea. Fa spaziare
velocemente lo sguardo fino a posarlo per un breve instante su me ed
Helèna. Si rivolta verso di lui e annuisce nuovamente.
Intanto
molti dei nostri colleghi si sono già alzati per dirigersi
verso la zona ristoro. Mi giro verso Helèna che sta
borbottando qualcosa tra sé e sé. Capisco che non
è contenta del mancato recupero con Jensen.
«No,
perché dico io il buongiorno si vede dal mattino.»
comincia a dire raccogliendo la sua borsa ed il cappotto.
«Prima Shirly che mi dice che lascia la camera entro la fine
di questa settimana». Shirly è la ragazza che
divide la stanza del dormitorio con Helèna
«
… poi, Jensen che ci illude di far lezione al posto di
quella barba di Collin e dopo si rimangia tutto» ci alziamo e
cominciamo a scendere le scale verso l’ingresso.
«…
e, dulcis in fundo,
questa pioggia incessante che ci impedirà di raggiungere il Tandem».
Si gira
un attimo verso di me e mi guarda dispiaciuta : «A proposito,
scusami per come mi sono comportata quella volta. Se avessi saputo che
già avevi l’influenza, io …»
La zittisco con un movimento della mano e le sorrido. Le propongo di
prenderci un caffè al bar. Dobbiamo pur far trascorrere
queste due ore.
L’aula
si è quasi svuotata del tutto.
Guadagniamo
l’uscita e seguiamo la scia degli studenti, la maggior parte
dei quali ha le nostre stesse intenzioni.
D’un
tratto la voce di Mia ci fa bloccare in contemporanea.
«Ragazze,
un attimo». Anche la sua voce è snob.
Ci
giriamo verso di lei. Con un gesto della mano si ravviva i capelli
verso destra. Ci guarda come se fossimo dei vermetti.
Reprimo
un moto di stizza. La osservo in silenzio così come
Helèna.
«Fra
quindici minuti nello studio del Professore. Anticipiamo la
riunione» dice seccata, come se avesse fatto un notevole
sforzo per rivolgerci tutte quelle parole in una volta sola. E va via
veloce.
Non
è necessario chiedere quale professore. E’ il professore.
«Sì!!!!»
dice Helèna illuminandosi tutta e battendo le mani come una
bambina. Poi aggiunge in tono ossequioso, ma molto più
contenuto, rivolta alle spalle di Mia:«Grazie o figlia
sfigata di Hermes, messaggero degli dei … per una volta
dalle tue labbra non esce veleno, ma pura poesia
…» e finisce con un leggero inchino da etoile.
Naturalmente è sicura che Mia non sia a portata
d’orecchio.
Poi, si
rivolge a me, radiosa : «Non è
meraviglioso?!»
Si, davvero meraviglioso
… penso sconsolata e continuo a camminare al
suo fianco.
NOTA
DELL’AUTRICE: Ragazzi calma, non volate subito con la
fantasia. Ricordate che Bella è in convalescenza e che,
quindi, non può stressarsi troppo … non fatele
fare cose o farla assistere a cose che non dovrebbe …!
(intendo botte, un bel litigio con quel rompicoglioni di Jensen, o
simili)
E’
necessario cominciare a riempire il famoso vaso … anzi i
vasi!
La
canzone per Edward non è messa lì tanto per. Le
più attente capiranno.
Credo
che ormai vi sia chiaro come funziona la mia mente …
Sindrome del Bradipo
!!
RenEsmee_Carlie_Cullen:
Grazie, sono contenta che il cappy scorso ti sia piaciuto. Purtroppo
Edward non sa come muoversi senza rischiare di far danni e talvolta,
proprio per non rischiare, preferisce non farlo affatto. O troppo.
Dipende dai punti di vista. Baci
rodney: Mia
carissima Simo, di niente! Ti sei sempre domandata come, chi e
perché riguardo la vampirizzazione. Non potevo non dedicarti
il capitolo!!:) E sì, purtroppo ci sono ancora dei
fraintendimenti, e non credo che … saranno finiti! Grazie
per i complimenti sulla scena d’amore: hai centrato in pieno,
perché non è una scena di sesso. Per il fatto che
ti sei sentita come una bimba davanti alle giostre … faccio
mie le tue sensazioni ogni volta che leggo le vostre recensioni. Solo
che io mi sento nel Luna Park più grande del mondo *___* Baci
Michelegiolo:
Curiosa eh?! Bhè come ho già detto stiamo
riempiendo un vaso, fatto di piccole e fastidiose incomprensioni.
Banali se vuoi, ma messe insieme … Nei prossimi capitoli?
Emozioni, emozioni, emozioni … Baci e grazie
arual93: Mia
fedele fan!! Sei impagabile!!!! Cara Laura una volta di più
ti ringrazio per le tue lusinghe. Per i dubbi … bene, era
proprio questo ciò che volevo!!!! Bacioni
Synie: Grazie
cara, penso che questo cappy ti farà fremere per la voglia
di sapere cosa succederà. O sbaglio?! Baci
Piccola Ketty:
Sono COMMOSSA. Tu, persa nel lavoro, che ti precipiti a vedere se ho
aggiornato. Che nella smania di leggere prendi fischi per fiaschi.
Ripeto: sono COMMOSSA. Grazie e … continua così.
“Mi
interessano le tue teorie…”
Baci
keska: Mamma
mia … Le tue recensioni mi fanno battere il cuore a tamburo.
Non ho parole … Bella, Bella … la
NOSTRA Bella. Sì, lo ammetto. Un po’ ti immagino
come lei: dolce, sensibile, un po’ timida, ma anche
determinata, caparbia e piena di passione. In fondo nei nostri scritti
mettiamo anche un po’ di noi stessi, no? Ed io leggendo i
tuoi non posso fare a meno di pensarla così. A dirla proprio
tutta, credo davvero che se la mia Bella esistesse, tu le somiglieresti
molto. Per le tue lacrime, so che non esageri, e …
grazie. Le conservo nel cuore. Baci
__cory__:
Grazie cory, non sai quanto siano importanti i tuoi complimenti. So che
non posso incontrare il favore di tutti, ma l’apprezzamento
di chi come te, mi ha anche inserita tra i suoi autori preferiti
è davvero fondamentale. Sento una responsabilità
in più, che è quella di non deludervi. Baci
SweetCherry:
Che complimenti … cosa dire se non GRAZIE? Grazie per il tuo
parere sullo stile e sui contenuti della mia storia. E grazie
perché hai voluto rendermi partecipe dei tuoi pensieri
lasciandomi il tuo commento. Baci
Holly__: Mia
cara, ho capito perfettamente ciò che vuoi
dire…:) E credo che neanche questo capitolo rientrasse nelle
tue aspettative. Sono contenta. Essere prevedibile è una
cosa che odio. Mi piace stupirvi, emozionarvi e commuovervi. Grazie e
te, la mail di ringraziamento era il minimo. Baci
QUESTA
RISPOSTA E’ PER TSUKI, MA E’ UN PO’ ANCHE
PER TUTTI VOI LETTORI.
tsukinoshippo:
Mia carissima Cami, ti enuncio un detto che spesso è ricorso
nella mia vita: “La fortuna è cieca, ma la
sfortuna ci vede benissimo” Allora, sorvolo IO sul fatto che
le tue recensioni sono la ciliegina sulla mia torta, il cacio sui
maccheroni … Si insomma, che sono diventate indispensabili
come completamento del capitolo, ma non voglio divagare. Dunque Edward
e Bella non si fanno una lunga chiacchierata … è
vero, basterebbe così poco! Ma in realtà alcune
cose anche se spiegate, dette e stradette non penetrano nelle coscienze
se non sono sentite. La mia esperienza personale mi ha portato a capire
che ti devi fidare di quello che senti. Sempre. Con ciò non
voglio dire che se Bella pensa che Edward non la vuole più o
che lui creda che lei lo tradisca allora hanno ragione. No. Ma se lui
le dice una volta di più che la ama e lei che vuole solo
lui, tu pensi che basterebbe? Bella ha subito un trauma, che
è quello dell’abbandono. Non lo può
superare perché in fondo pensa che succederà
ancora. Il suo problema non è lui, ma se stessa. Si sente
inadeguata a lui. Anche se ne parlasse con Edward ciò non
cambierebbe lo stato delle cose.
Lui.
La ama è chiaro. Ma non può perdonarsi il fatto
che la priverà della sua umanità. E si trova a
far coesistere la sua natura di vampiro e quella di uomo (e
quest’ultima gli è del tutto sconosciuta, con
tutte le emozioni annesse e connesse, gelosia in primis). Come pensi
che reagirebbe Bella se lui le dicesse questa cosa? Pensi che le parole
di conforto di sua moglie basterebbero ad Edward per far pace con se
stesso? Dovrebbero parlare, è più che vero. Ma
prima di tutto dovrebbero farlo con loro stessi. Tutto ciò
che succede intorno a loro non crea il disagio, ma lo fa solo emergere
dal loro inconscio.
Mia
carissima amica, tu vedi oltre le righe, vedi ciò che tento
in ogni modo di far venire a galla. Ci si ama così tanto a
volte che le parole sono insufficienti, e ci si ferisce senza volerlo.
Quando fanno l’amore … è tutto tranne
che un incontro fisico e forse nelle loro intenzioni non
c’era il tentativo di risolvere qualcosa, ma la
necessità di non sentirsi soli, di non volersi perdere se
non nell’altro.
Grazie
Cami. La tua recensione, insieme a tutte le altre, è una
delle motivazioni più forti a continuare la mia storia. Baci
Cari
lettori silenziosi, un saluto anche a voi.
Baci
M.Luisa
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