Primo bacio
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Primo bacio
Uno
zampillo. Una goccia lenta, una discesa lenta e serena. Un dolce rumore
familiare. Cerchi concentrici, che s’ingrandiscono piano.
Lizzy avrebbe detto che ero sempre la solita.
Una ragazza un po’ svampita, con la testa fra le nuvole, che si arresta, nel
bel mezzo di una tranquilla passeggiata, ad ammirare una goccia d’acqua che
scorre su uno sperone di roccia, riversandosi in una piccola pozzanghera.
Avrebbe detto che ero l’unica al mondo che potesse soffermarsi su una cosa del
genere.
Sorrisi.
Era una
teoria molto probabile, in realtà, ma non mi ero mai sentita così indifferente
ai commenti che gli altri potevano fare su questa mia sorta di caratteristica
particolare. Ero, infatti, molto più impegnata nel constatare quando il mio
amore per Matt fosse simile a quel sottile zampillio d’acqua, che volteggiava
armonicamente nell’aria, per poi distendersi pacatamente su quel sottile velo d’acqua.
Quel grande sentimento che sentivamo l’uno per l’altra scatenava, a reazione,
una serie di cerchi concentrici, che si ingrandivano sempre più, in un moto
ritmico e continuo, ma mai uguale, mentre ogni attimo, ogni istante che
scorreva, donava nuovo vigore a quei cerchi …
Non avevo
mai percepito dentro di me una tale, esultante, inebriante felicità. Ma era un
sentimento strano. Non era la solita, improvvisa gioia di breve durata, quella
che esplode, come una scintilla, lasciandoti come ubriaca, a causa di una
avvenimento particolarmente favorevole, ma non era nemmeno un’emozione
ragionevolmente spiegabile, nata da un’attenta e profonda riflessione. Era
solo, unicamente, inimitabilmente, felicità.
Era stata
un’esperienza talmente nuova, intensa, assurda e allo stesso tempo splendida,
così lontana dal mio piccolo universo di sogni, di piccole realtà, che non
riuscivo a trovare le parole giuste per descriverla a me stessa.
I nostri
corpi erano perfettamente coesi, come la nostra anima, legati da una fiamma
inestinguibile, che aveva cominciato ad ardere fra di noi, da una corda di
emozioni dai mille colori, da un nodo indissolubile …
Di tutte
le fantasie che avevo potuto avere sull’amore, sia a livello fisico che
emozionale, nulla era paragonabile alla nuova, fantastica verità, che si
presentava ora ai miei occhi.
Ma
rinunciai a cercare di spiegarla. Non le avrei reso giustizia.
Ripresi a
camminare.
Nell’aria
c’era una piacevole fragranza di pesco, mentre qualche rado fiore profumato, di
sfumature rosate e candide, lasciava spazio a rigogliosi fiori arancio, che troneggiavano sui rami degli alberi, i
quali protendevano dolcemente verso la strada, componendo un dipinto composto
da un lungo viale ombreggiato, un orizzonte lontano e in dissolvenza, una
miriade di limpide e calde tonalità, una trama di odori silenziosi, di rumori
sommessi, di idilliaco sogno.
Ogni cosa
sembrava essere legata al mio nuovo stato d’animo, ogni singolo particolare
riluceva della mia nuova luminosità, ogni sfavillio era prodotto dal vibrare
della mia anima.
Un
fulgore, che poteva essere definito quasi angelico, brillava nel mio spirito,
mentre percorrevo quel viale.
Ripensandoci,
mi chiedo se quello non sia stato l’apice del mio amore per Matt. Ma poi, mi
basta guardare i suoi occhi, ed eccomi sommersa da mille, stupendi frammenti
della nostra unione, tra i quali è davvero difficile stabilire una priorità. E
così, forse, faccio la cosa più intelligente: Ognuno di essi viene racchiuso
nella parte della mia memoria, che rimane intatta negli anni, che trascorrono
dinanzi a me, che non potrà mai svanire. Sono le singole stelle, che compongono
il mio cielo, che illuminano i miei attimi bui, la mia notte e paradossalmente
anche il mio giorno, che non si spengono mai.
Di nuovo
il mio passo si arrestò, mentre i miei occhi si soffermavano sul sottile
scorcio di acqua cristallina che s’intravedeva, discosto dalla delicata
barriera degli arbusti, profumati di resina.
Il sole
scintillava, come un riverbero inestinguibile, sull’immensa distesa color del
cielo, annunciando un nuovo, meraviglioso inizio: una nuova, stupenda alba.
I miei
occhi di smeraldo, affascinati, dardeggiarono di sincera ammirazione, mentre
nel mio cuore galleggiavano strane, intense, emozioni offuscanti.
Non
sarebbe bastata di certo una passeggiata a razionalizzare ciò che mi era
accaduto. Ma in fondo, volevo davvero farlo?
Ma fui
riscossa dai miei pensieri e richiamata alla realtà, senza aver la possibilità
di rispondere, da due voci, che ruppero, all’improvviso, la quiete naturale e
dolce del viale alberato.
Due voci
alquanto familiari.
Mi
scostai piano dall’albero a cui ero appoggiata, passando dall’altra parte della
strada. Non volevo essere vista.
Poi, vinta da una curiosità irresistibile, mi
avvicinai un po’ di più al punto da cui provenivano le voci.
Ascoltai
una risata, che mi parve così lontana dalla sua solita punta di amarezza, da
lasciarmi per un attimo perplessa riguardo alla mia convinzione di averla
riconosciuta.
“Non
credo di aver capito bene, Elizabeth.”, disse, con un tono fra il critico e il
divertito.
Non c’era
dubbio. Era Charlie.
“Uffi!”,
esclamò la mia amica, con una voce annoiata. “Ho detto che il mio hobby è fare
shopping.”
Lo sentii
scoppiare in un’altra fragorosa risata.
Percepii
sorgere in me i primi scrupoli, riguardo al mio atteggiamento poco corretto nei
loro confronti, ma poi, ripensando alla capacità di Matt e di Charlie di
leggere nel pensiero, nonché a tutte le volte che l’avevano utilizzata a mio
svantaggio, mi convinsi che non fosse poi così riprovevole vedere come
procedevano le cose tra loro due.
Lizzy
sbuffò.
“Senti,
il fatto che tu …”, esitò per un istante, poi riprese, “probabilmente sei più
grande e più bravo di me in tante cose, che forse hai vissuto molte più
esperienze, non ti da il diritto di giudicarmi.”
Lui
tacque all’improvviso. Sbirciando, vidi che la fissava, attonito. Sapevo che
Elizabeth sarebbe andata fino in fondo nel suo rimprovero e ne ero estremamente
soddisfatta. Se tutto andava come previsto, lui avrebbe fatto la cosa giusta.
La sentii
respirare a fondo, prima di seguitare:
“Che cosa
credi?”, gli domando, arrabbiata. “ Che io sia una stupida ragazzina
superficiale, che non ha altro da fare il giorno che mettersi a fare la
papera?Be’, per tua informazione …”, sbottò, arrabbiata. “non è così! Se non
prendessi la vita con l’atteggiamento che assumo, non riuscirei mai a
sopportare tante cose che mi sono successe e tante che mi succederanno.”
Lui la
fissava, immobile, studiandola con un’espressione imperscrutabile, senza
traccia di alcuna emozione nei lineamenti del suo viso.
“E poi,
anche lo shopping può essere considerato un qualcosa d’interessante, perché è
attraverso i vestiti che esprimiamo noi stessi e …”
Ma
s’interruppe all’improvviso. Di nuovo fui scossa dalla sconvenienza della mia
presenza lì, ma la curiosità di conoscere il motivo del suo improvviso silenzio
mi spinse ad osservare di nuovo i due.
Charlie
le aveva posato un dito sulle labbra e la osservava con gli occhi così
intensamente presi da lei, che mi lasciarono di stucco.
Con un
espressione piuttosto seria, lui parlò:
“Non
stavo ridendo perché considero i tuoi hobby sciocchi o te frivola.”, dichiarò,
calmo. “Non nego di averlo pensato, a volte, ma … la mia opinione è cambiata.”
Respirò a
fondo, poi soggiunse:
“Ridevo
perché sei così diversa da me, che mi sembra quasi di essere ridicolo a tuo
confronto. Ridevo … ridevo perché mi accorgo ogni minuto che passo con te, di
non aver capito nulla della nostra esistenza. Ridevo perché sei la prima
persona da tanto tempo che mi attrae in un modo così forte e travolgente, tanto
che sinceramente non riesco quasi a spiegarmelo.”
Vidi
Elizabeth sgranare gli occhi e fissarlo, attonita.
Rimasi di
sasso a quelle affermazioni. Poi, presa da una improvvisa sensazione di
serenità, da una contentezza subitanea e sincera, perché tutte le cose
sembravano andare per il verso giusto, mi scostai appena e mi volsi dalla parte
opposta di dove ero diretta.
La mia
presenza, se era stata inopportuna prima, lo era ancor di più ora. Mentre mi
voltavo, seppi che lui posava le sue labbra su quelle di lei e la baciava.
Mi
allontanai velocemente, qualcosa di strano incastrato in gola, con il cuore che
mi pulsava a mille.
Il quadro
della mia allegria era finalmente completo, pensai, rimuginando con insistenza
sulle loro parole.
Non c’era
altro da aggiungere, né alcuna passeggiata chiarificatrice da fare. Tutto era
perfetto, come nulla lo era mai stato nella mia vita, come è quasi impossibile
che accada. Eppure, era così.
La fine
del viale, che avevo già attraversato, si avvicinava, al bivio fra due strade
opposte. Decisi, poiché il caldo era sopportabile, che sarei arrivata a casa
prendendo la via acciottolata di sinistra. Mi avviai, lentamente, verso lo
sciabordio delle onde, che risuonava in lontananza, concentrandomi sul suono
ritmico del mare, avvertendone quasi la vitalità, celata nell’armoniosa melodia
che produceva.
Non so,
esattamente, cosa pensai, mentre, avvolta dall’odore salmastro che si
avvicinava sempre più, m’incamminavo su quel viottolo polveroso, ma posso
affermare, con sufficiente sicurezza che le mie riflessioni furono a tal punto
serene, che mi parve fosse trascorso appena un istante e già mi ritrovavo in
riva, accomodata su uno scoglio, immersa fino alle ginocchia nell’acqua.
Avevo
portato con me il quaderno che conteneva la storia di Matt, che io avevo
scritto. Lo trassi fuori dalla borsa e, dopo essere arrivata alla pagina che,
ora più che mai, mi interessava leggere, m’immersi nelle sue parole.
“Ricordo.
Era la giornata del ricordo. Era così ormai da due anni. I due splendidi anni
che aveva passato con lei.
L’idea
era stata sua. Aveva proposto, con quell’infantile dolcezza, con quei modi
garbati e dolci, con quel sorriso limpido e sincero, di dedicare ogni momento
trascorso insieme ad un tema particolare, per fare in modo che fosse speciale.
Era il 7
marzo. La giornata del ricordo.
Ovviamente,
lui aveva l’obbligo di non allenarsi. Doveva trascorrere l’intera mattinata con
lei. Non che la cosa gli dispiacesse, in realtà, me temeva che, in quel
particolare frangente, non fosse la cosa più opportuna da fare.
Un suo sguardo
bastò a disgregare ogni scrupolo.
Si
sistemò meglio sulla piccola sdraio, in riva.
I suoi
occhi scuri percorrevano velocemente i dintorni, ammirando ogni scintillio
naturale, ogni piccolo particolare, ogni sfavillio delle gocce incolori, ma
ricche di fascinose sfumature.
Si
fermarono sui biondi riflessi della sua chioma fluente.
“A quale
ricordo vorresti far riferimento?”, domandò Matt pacato, studiandone
l’espressione.
Sorrise,
enigmatica, poi scosse il capo.
“Indovina.”,
ribatté Anne, sempre più misteriosa. Lui aggrottò le sopracciglia, perplesso.
“Indizio?”,
la interrogò il ragazzo, osservandola.
Lei
sollevò le spalle, divertita.
“Eravamo
solo noi. Il resto del mondo era sparito”, dichiarò, con voce melodiosa e
affettuosa.
Matt
rise.
“Facile.”,
affermò, più rilassato.
Si alzò e
si diresse, a passo armonioso, verso colei che aveva scelto di amare.
La prese
per mano, avvicinandola a sé. Lei non si oppose.
Dischiuse
le labbra su di lei, muovendole assieme alla sue, come se fossero un tutt’uno.
“Il
nostro primo bacio.”
Anne si
scostò, ridendo cristallina.
“Era una
pallida giornata di luglio. Il sole andava sbiadendo, mentre il cielo si
tingeva di un blu sempre più intenso, che si espandeva, serpeggiando silenzioso
fra le nuvole. La luce d’oro del sole riluceva sempre meno e l’acqua di una
sorgente s’incupiva, colorandosi del cielo.”
Matt si
era appollaiato sull’erba e l’ascoltava quietamente, con uno sguardo incantato
e dolce.
“Una
ragazza bionda, piuttosto bruttina …”
Il
ragazzo si schiarì la voce, molto rumorosamente.
Lei rise,
divertita.
“Una
ragazza bionda”, riprese, sempre ridendo. “sedeva in riva ad essa e la sua
figura si specchiava sul ruscello. Non aveva passato una bella giornata. Come
al solito lui era dolce, costante, l’avvolgeva dolcemente con le sue parole, le
colmava l’animo con la sua amicizia. Ma perché doveva rimanere unicamente
amicizia?”
Matt
mosse appena le gambe, sempre fissandola ardentemente.
“Ma lei
non aveva capito nulla. E, quando il suo riflesso, mosso appena dalla brezza,
miracolosamente venne affiancato da un altro, lei rimase immobile, sconvolta.
Quel ragazzo, però, aveva un intento preciso. Si accomodò accanto a lei, pian
piano. Prese il suo viso fra le mani.”
La voce
di Matt affiorò a questo punto nella storia, pacata e meravigliosa.
“Fu il
suo primo bacio.”, narrò, melodioso. “Ogni essere vivente era silenzioso, ogni
luce era spenta, ogni suono in lontananza muto. C’era solo lei, lui, e la
meravigliosa consapevolezza di quel grande sentimento che iniziava a nascere
nel cuore dei due.”
“Molto
romantico!”, commentò una voce, quasi beffarda, alle sue spalle.
Sobbalzai,
spaventata. Mi voltai di scatto, verso quel suono.
Una
figura maschile, immobile, quasi statuaria, posava il suo sguardo gelido su di
me, studiandomi con attenzione che, a giudicare dal suo sguardo, avrei potuto
definire spasmodica, il viso acceso da un’espressione divertita, che però non
era estesa alle sue iridi.
Rabbrividii,
ma cercai di non darlo a vedere. Se le mie deduzioni erano corrette lui veniva,
quasi certamente, da Eraia. Era una bellezza rilucente, sebbene vi fosse in lui
qualcosa che denotava la mancanza, nel suo animo, di umani sentimenti.
Mentre lo
osservavo, analizzandolo, lui non batté ciglio, ma continuò a fissarmi,
imperterrito.
“Ci
conosciamo?”, domandai, cercando di apparire fredda a quell’insolito
sconosciuto.
“No.”,
ribatté, sempre con lo stesso tono pungente. “Ma spero che diverremmo ottimi
amici.”
Strinsi
le sopracciglia, con aria di palese disappunto, ma lui non parve notarlo.
Sembrava perplesso ed infastidito per qualcosa.
“Mi spiace,
ma non credo di poter essere amica a qualcuno
che non conosco.”, replicai, in fretta. “Adesso, se vuoi scusarmi …”
Raccolsi
la borsa e, stringendo sul petto il mio quaderno, passai oltre la sua figura,
sperando vivamente che non leggesse, nei miei pensieri, la paura che provavo
nei suoi confronti.
Mi prese
per un braccio, stringendomi forte.
“Lasciami.”,
sbottai, furiosa.
Lui
sogghignò.
“Potresti
farmi un favore, Emily Stevens?”, mi chiese, gelandomi con il suo sguardo.
Sgranai
gli occhi. Come faceva a conoscere il mio nome? Mi leggeva nella mente? Cosa
voleva da me?
“Riferisci
a Charlie che il suo caro William …”, fece una piccola pausa, divertito. “… è
tornato.”
Mi lasciò
la mano, lentamente.
Troppo
sconvolta per dire alcunché, mi voltai e mi avviai, a passo svelto, da dove ero
venuta. Non riuscivo a comporre un pensiero sensato, ancora terrorizzata da
quel ragazzo così inquietante.
Appena
svoltai l’angolo, quando ormai c’era la minima possibilità che mi vedesse,
cominciai a correre a perdifiato.
Rallentai
il passo, sussultando inconsapevolmente. Dovevo essere impallidita in modo
spaventoso, o almeno così testimoniava
il mio riflesso in quella pozzanghera, mentre il mio battito cardiaco
rallentava in modo impercettibile.
Ero
semplicemente terrorizzata.
Lui, i
suoi occhi imperscrutabili, la sua espressione glaciale e la terribile, nuova
certezza di sapere esattamente chi fosse.
Non
sapevo ricondurre esattamente il filo logico che mi aveva guidato a quella
deduzione, perché il turbinio di riflessioni e di tratti confusi di scene del
nostro incontro rendeva impossibile ogni mio tentativo di comprendere qualcosa.
Tuttavia, ero assolutamente certa di avere ragione.
Ma la
cosa non mi confortava per niente.
Tenevo la
mano premuta sul mio petto,ansante, appoggiata al muretto sul ciglio del viale.
Le gambe cedevano sotto il peso di quell’improvvisa corsa, mentre sentivo
un’immane debolezza impadronirsi del mio corpo.
Mi
accasciai piano per terra, tenendo le ginocchia strette fra le mani, cercando
di riprendere le forze, che sembrava essere svanite in una nuvola di fumo.
“Tutto a
posto, Emily?”, mi chiese ancora, fissandomi preoccupato.
Ero
distesa sul sedile dell’auto di Edward, il padre di Matt, stanca, ma rassicurata
dalla sua presenza. Mi aveva scorta rannicchiata per terra, troppo debole per
alzarmi o per fare qualunque altra cosa e mi aveva aiutata, offrendomi un
passaggio a casa.
“Certo,
ora va molto meglio.”, risposi, con un tono di voce che pareva abbastanza
tranquillo.
Lo vidi
osservarmi dallo specchietto e distolsi gli occhi, rivolgendoli verso la luce
che filtrava attraverso i finestrini. Prismi danzanti di tonalità diverse
vorticavano morbidi all’interno dell’auto, penetrando armoniosamente dal vetro
opaco. Li fissai, assorta, mentre imbiondivano le scure superfici della
macchina e parte dei miei vestiti. C’era qualcosa di strano in quei colori.
Erano terribilmente rilassanti, quasi mi donavano un torpore sconosciuto e
segreto.
“Ti
ringrazio, Edward, ma, sul serio, non ho bisogno di essere ulteriormente
tranquillizzata.”, asserii, pacata.
Lo vidi
sorridere apertamente.
“Scusami.”,
affermò, sereno. “Di solito sono abituato ad accettarmi io stesso dello stato
d’animo delle persone, ma mio figlio ha fatto davvero un buon lavoro.”
Corrugai
la fronte.
L’uomo
s’illuminò ancora.
“Ti ha
resa Imperscrutabile. Non posso né leggerti nel pensiero, né esercitare la mia
influenza direttamente su di te.”, mi spiegò, osservando attentamente ogni mia
reazione.
Spalancai
la bocca, sorpresa. Quindi Matt mi aveva protetta, rendendomi inaccessibile.
Allora,
pensai, colpita da quel lampo di genio, William era infastidito per quello.
Perché non poteva leggermi nella mente.
Notai che
Edward mi studiava, ma non parve accennare a qualche parola.
Sorrisi.
“Non lo
sapevo.”, replicai, cercando si suonare perfettamente calma. Non ne sembrava stupito. Conosceva Matt molto
meglio di me, anche se la cosa non avrebbe dovuto minimamente stupirmi. Ma mi
chiesi se fosse stato giusto compiere un passo così importante nella nostra
storia, senza che io avessi avuto modo di approfondire più a lungo la nostra
conoscenza. Eppure, mi bastava solo riscoprire le nostre emozioni, dalle più
piccole a quelle più profonde, per confermarmi che avevo fatto la scelta
giusta.
Immersa nei miei pensieri, non mi accorsi che
un silenzio imbarazzante era calato fra di noi, ma non riuscii ad
interromperlo. La mia mente si era rivolta, ad una velocità sorprendente -persino
per me, che vacillavo tra la perenne moltitudine di pensieri molto spesso- alle parole di quel ragazzo,
chiedendosi cosa mai avesse voluto dirmi con quelle affermazioni così
enigmatiche. Certo, non mi era difficile comprendere e spiegare, almeno per
sommi capi, per quale motivo mi avesse chiesto di dire quella cosa a Charlie.
Il problema era che il fatto che lui fosse lì, che per qualche strana ragione
conoscesse il mio nome, non mi confortava affatto, anzi la prospettiva mi
rendeva più ansiosa che mai.
Fui lui
ad interromperlo.
“Vi siete
divertiti tu e Matt, ieri?”, mi domandò, interessato.
Arrossii.
Non era
con “divertimento” che io avrei definito l’esperienza splendida che avevo
intrapreso assieme a suo figlio, ma non volevo contraddirlo. Non ero sicura che
fosse opportuno che lui lo sapesse.
“Ehm, si,
molto.”, balbettai, rossa.
Lui
sorrise.
Distolsi
gli occhi, preoccupata. Anche se non poteva leggere dentro di me, ero certa
che, solo guardandomi, avrebbe compreso ogni cosa.
“Sai,
Emily, mi ricordi tanto una mia amica.”, annunciò, sorprendendomi. Si era
incupito improvvisamente, mentre ne parlava, ma non riuscivo a capirne il
motivo. Me lo aveva già detto Kate.
“Ti
assomigliava molto. Aveva il tuo stesso atteggiamento, il tuo stesso sguardo.”,
raccontò, nostalgico, per la prima volta volgendosi completamente dalla mia
parte. I suoi occhi, talmente simili a quelli di suo figlio, tanto da
confondermi profondamente, erano animati da un dolore che mi ricordava molto
quello di Matt.
Attesi,
stupita da questo comportamento.
Parve
riprendersi, si voltò di nuovo verso la strada e riprese, con il suo consueto
tono sereno.
“Perdonami.”,
si scusò,pacato. “Sono piuttosto incline a ricordare il passato.”
Scossi il
capo, contraria alle sue scuse.
“Come si
chiama questa ragazza?”, chiesi, fissandolo. Le parole mi erano uscite prima
che potessi trattenerle e subito me ne pentii. Era quanto mai inopportuno che
gli facessi tutte quelle domande, soprattutto se lei gli ricordava cose
spiacevoli.
Si oscurò
di nuovo.
“Si
chiamava, Emily. Non c’è più.”, mi corresse, calmo.
Di nuovo
sgranai gli occhi allibita.
Mi guardò
dolcemente, sorridendomi.
“Si chiamava Sarah. Sarah Jean Hall.”
Zalve a tutti!
Eccomi
di nuovo qui, non troppo in ritardo questa volta! Allora, come avrete
potuto leggere, questo è un capitolo ricco di avvenimenti!
Finalmente Elizabeth e Charlie riescono a dichiararsi il loro amore
(Sei felice, Padme??) ed Emily comprende la vera portata del suo -che
non è affatto poco!-.Si presenta anche, per la prima volta,
William, che sarà un personaggio importante! Spero che il
cap vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso rispetto agli altri!
Ma, adesso, invece di annoiare con le mie continue chiacchiere, rispondo alle recensioni che mi avete lasciato!
Mistery
Anakin: Wow... Sono riuscita a commuoverti? Non hai idea di quanto la
cosa mi renda felice! Quella canzone è davvero fantastica e
temevo di non renderla bene! Che bello sapere che non è
così! Matt ti piace, eh? Confesso che anch'io lo adoro! Spero
che questo cap ti piaccia altrettanto e che continui a seguire la mia
storia con lo stesso entusiasmo! Grazie, truzza ! Tvttttb
Padme
Undomiel: Mia cara Padme, non sai quanto sia felice che tu abbia avuto
un'impressione così favorevole del cap precedente! Ti ringrazio
per i bei commenti sulla descrizione del paesaggio, sui sentimenti di
Emily e sulle parole di Matt! Ci tenevo molto a quel cap e sapare che
l'hai apprezzato a tal punto mi riempe di gioia! (W quella
canzone!!!!XDXD) Spero che questo cap non ti abbia deluso, truzza!
Grazie, tvtttb
Un
grazie speciale anche a tutti quelli che hanno letto senza recensire...
Rischio di diventare noiosa, ma ci terrei davvero ad avere un vostro
parere! Mi aiuterà ad andare avanti! Quindi, se avete un
account, perfavore ditemi cosa ne pensate!
Ciao a tutti! Alla prossima...
Shine
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