29° Chap
Sì,
lo so… sono incorreggibile ç__ç
Prima dico
tanto “aggiornerò in fretta”,
“questa è
l’ultima volta”, ma alla fine ci ricado sempre.
Si vede
proprio che sto perdendo la forza per continuarla,
però non mi farò scrupoli e
continuerò, ci metterò l’anima,
perché tengo
tantissimo a questa fic, e non la interromperò finche non
l’avrò finita!
>_<
Recensioni:
Gio93:
ù_ù “aggiornamento lampo” non
è il mio
soprannome. Grazie per perpetuare (xD Gloooria, Gloria Perpeeeeetuaa)
le tue
recensioni! E grazie per le tue sedute psicologiche nominate nella tua
recensione precedente (che non ti ricorderai, perché
è passato troppo tempo
ù.ù) Spero che anche questo capitolo ti piaccia,
forza, vai a leggere ù_ù
Any Ikisy:
çOç Kohaiiii… xD sì,
sì, scusa
per averti fatto aspettare un sacco! XD dato che a causa mia non ti
ricordi
nemmeno di cosa parla la fic (O.O spero di no) ti chiedo perdono! Spero
che
questo capitolo ti piaccia. Grazie per avermi istigato a scrivere, se
no chissà
quanto altro tempo avrei aspettato a scrivere!!
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Alla Scoperta Del Passato
Capitolo 29: La morte di un ninja
Un secondo, e improvvisamente la
parete di chakra scompare
sotto i nostri occhi.
Senza
nessuna parola -quella visione non ne necessitava
alcuna- cominciammo tutti, io, Kakashi, Gai-sensei e Kurenai-san, a
correre
verso il tetto dell’edificio principale dove erano posti i
troni, usati minuti
prima dai due Kage.
Non
voglio pensare a cosa potrebbe essere successo!!
Il
tetto è coperto da rampicanti enormi, probabilmente
evocati da un grandissimo potere.
Delle
sagome balzano fuori dalla selva, e tra loro posso
facilmente scorgere Orochimaru, sorretto da due dei suoi quattro
scagnozzi; ora
come ora non servirebbe a nulla seguirli, anche se avremmo la
possibilità di
prenderli nel momento di maggior indebolimento. Tuttavia credo sia
meglio
ignorarli, perdere di nuovo le staffe in così poco tempo non
sarebbe la cosa
più vantaggiosa per me.
Continuando
la mia corsa con tutto l’autocontrollo possibile,
mi lascio soltanto sfuggire un ringhio di rabbia, e un paio di
maledizioni
rivolte a quel dannato Sennin che mai, MAI, avrà il mio
perdono!
Da
lontano vedo gli Anbu sul tetto dividersi in due fazioni:
una che cerca invano di rincorrere i fuggitivi; l’altra che
si infiltra tra i
rami e le foglie alla ricerca di quello che tutti noi vorremmo sapere
esser
vivo: no, non ci voglio nemmeno pensare! Sarutobi non può
essere battuto da
nessuno, lui è l’Hokage del villaggio della
Foglia, del Paese del Fuoco!
Quel
dannato vecchiaccio!
Raggirando
l’arena, correndo sul margine delle tribune ancora
piene di spettatori addormentati, arriviamo in pochi attimi a toccare
le tegole
color arancio dell’edificio oramai diventato più
simile ad una minuscola
foresta equatoriale.
Ci
addentriamo in fila indiana tra le varie piante.
Sono
in pensiero. Molto in pensiero.
Anche
se quell’uomo mi è sempre stato antipatico
è comunque
parte della mia vita, e della vita di tutti i ninja della Foglia e
degli abitanti del
villaggio.
Ci
mettiamo un po’ per orientarci in quella jungla, ma
continuando diritto fino al centro del tetto troviamo un grande spiazzo
dove le
piante mancano.
E
lì, al centro, steso a terra, il suo corpo.
È
circondato dagli Anbu che avevamo visto poco fa, ma è ben
visibile dalla nostra posizione.
Mi
fermo, e dopo di me gli altri sensei.
Rimango
immobile, con gli occhi fissi sul volto dell’Hokage.
Già, è sempre così: sembra
semplicemente dormire, ma tutti noi sappiamo che
sarà un sonno eterno a stringerlo tra le braccia. Non
più Morfeo, ma Ade.
Senza
rendermene conto afferro la manica della maglia di
Kakashi tra le dita, stringendola forte.
Nel
silenzio più assoluto, aspettiamo consci che, nel cuore,
la speranza che potesse essere soltanto uno sbaglio, che quello non
fosse che
una copia di Sarutobi, che lo avremmo visto uscire sorridendo dagli
alberi un
po’ mal concio ma dopo tutto vivo, era del tutto vana.
Orochimaru
ha vinto, lo ha sconfitto.
Ma,
ne sono certa, il terzo Hokage ha messo tutto se stesso
per proteggere il suo, il mio, il nostro villaggio; che non ha mai
abbassato la
testa di fronte al nemico, che non si è mai arreso.
È
così che un ninja, un Hokage era destinato a morire?
Sconfitto ma con la fama di essere stato un uomo di buon cuore e dal
gran
coraggio?
Può
essere considerata una fine gloriosa, ma è comunque una
fine.
Perché
non si può morire normalmente di anzianità,
magari
mentre si dorme, così da non sentire alcun dolore?
Perché
morire in un lago di sangue dopo aver sofferto come un
cane, rantolando a terra per il dolore?
Già…
la via del Ninja è così: instabile come le foglie
autunnali.
Un
secondo sei vivo e un secondo dopo la tua vita finisce, e
tu non te ne accorgi nemmeno.
Da
piccola pensavo che combattere fosse un divertimento,
volevo ad ogni costo diventare un Ninja per far vedere ai miei genitori
quanto
fossi brava; ero troppo ingenua per capire ancora cosa fosse la morte,
finché
quella notte non mi risvegliai stesa per strada.
Spalanco
gli occhi: Già. Quella volta. Mi ricordo…
Mi
alzai da terra con la testa che mi girava e mi pulsava
dolorosamente.
Quello
che vidi attorno a me dopo aver alzato lo sguardo fu
pura desolazione: palazzi distrutti, rivoli di fumo che salivano di qua
e di
là, l'aria che sapeva ancora di bruciato, e un orribile,
VERAMENTE orribile odore di morte.
Andai
in giro cercando qualsiasi forma di vita che si
muovesse ancora, camminando accanto a corpi oramai freddi riversi in
pozze di
sangue, gli occhi vitrei che sembrava stessero urlando in silenzio.
Come
dimenticarlo.
Le
lacrime non la finivano di scendermi dagli occhi, e
camminavo, continuavo a camminare, lungo ogni via, di fianco ad ogni
casa: ma
ero sola. L’unica sopravvissuta?
Probabilmente
no, dato che la mia storia è stata tramandata e
scritta in documenti segreti di cui probabilmente molti villaggi
avranno una
copia: chi aveva potuto soltanto ipotizzare che il demone del tuono
fosse il
colpevole, se non chi lo aveva visto con i propri occhi, mentre
bruciava
l’intera Kumo per poi sparire nel nulla?
In
quel villaggio, a casa sua, c’era ancora qualcuno che
poteva riconoscerla per quello che era stata: la figlia del quarto
Raikage. La colpevole
di quella strage.
Stringo
la mano libera e la porto al livello del cuore, dove
rimbomba ancora quella parola: colpevole.
-Andiamo,
Gin. Dobbiamo controllare che l’invasione sia stata
sedata in città.-
Alzo
gli occhi su Kakashi e annuisco con convinzione.
La
ragione per la quale la maggior parte di loro era
diventata ninja era perché volevano avere la forza di
proteggere le persone
amate.
Non
potendo cancellare l’errore commesso, devo addossarmi le
mie responsabilità di ninja e salvare le persone a cui tengo
di più: e
proteggerò anche le persone che Sarutobi ha cercato di
difendere,
sacrificandosi.
Kakashi,
so che non devo addossarmi nessuna colpa di quello
che è successo oggi, so che non dovrei immischiarmi in
faccende in cui io
c’entro a malapena, Lo So.
Ma
io ho sterminato migliaia di vite, ho tolto il futuro a
quelle persone: ho bisogno che la mia anima sia
redenta da quell’onta. E
per far questo devo salvare tutte le vite che posso, devo rendere la
parola futuro
vera per chiunque ne abbia la possibilità.
Non
cercare di fermarmi: fammi tornare in me quando perdo la
ragione, aiutami a rimanere la solita Ginny che sono sempre stata,
lascia che
renda la mia vita più utile di quanto sia stata disastrosa
fin ad ora, ma NON
fermarmi.
Come
siamo arrivati, così ci ritiriamo: prima passiamo
attraverso gli arbusti rampicanti poi correndo per l’arena.
Saltiamo sul lungo
tetto che copre gli spalti dal sole e ognuno guarda in una direzione
diversa.
-Nessuna
battaglia in svolgimento nella parte Nord.- Esclamo,
aguzzando la vista al massimo per individuare qualsiasi movimento
sospetto.
-Nemmeno
al sud, solo grandi fumi che salgono in cielo.- Dice
dal suo lato Kurenai-san.
-Ad
est si vedono movimenti, vado a dare un’occhiata. Kurenai
con me.- Esclama in fretta Gai-sensei, scomparendo in pochi secondi
assieme
alla compagna.
-Gin,
a ovest c’è ancora confusione. Ma non voglio che
tu
venga con me. Vai a cercare Naruto, Sakura e Shikamaru, e se non hanno
ancora
fermato Gaara e Sasuke, dagli tutto il tuo appoggio. Ma non
dimenticare: nel
caso ti venga necessario usare il Chidori… tu non possiedi
lo Sharingan, quindi
la tecnica è ancora più pericolosa per te. Sta
attenta e cerca di prenderlo di
sorpresa perché non possa contrattaccare.- Spiega Kakashi,
girandosi verso di
me e guardandomi negli occhi. Già, lui non sa che ho lo
Sharingan…
Scuoto
la testa in fretta, negando.
-Kakashi,
io non posso! Non ho l’adatto equipaggiamento per
battere quel ragazzo! Lui è come me, ha un demone dentro di
sé. C’è la
possibilità che si risvegli se viene provocato troppo!-
-Proprio
per questa possibilità tu devi essere con Naruto,
Shikamaru, Sakura e Sasuke. Naruto non è capace di
controllare il suo potere,
ma tu… tu ci sei riuscita, Gin. Perciò devi
aiutarli.-
Mi
porge una manciata di kunai e un limitato numero di
shuriken.
-È
tutto quello che posso offrirti. Ora vai. Non ti ci vorrà
molto a raggiungerli se usi la tua velocità a piena potenza.
Credo in te.-
E
senza dire altro scompare dalla mia vista.
Perché?!
E
io COME li trovo, se non so nemmeno dove sono?!
Guardo
nella direzione della foresta che circonda Konoha da
tutti i lati tranne quello in cui è addossata alla montagna.
È
infinita. E… improvvisamente scorgo una protuberanza molto
più alta del resto degli alberi. Quasi una specie di pugnale
piantato nel
terreno.
In
pochi attimi lo vedo esplodere in una nuvola di fumo, e
capisco che probabilmente si tratta di una tecnica ninja.
Sia
lodato il cielo, e speriamo che non abbia preso un gran
granchio.
Ora,
piena potenza di velocità: l’ultima volta che
l’ho usata
non mi ricordo nemmeno quand’è stato...
Concentrare
il Chakra sotto le piante dei piedi.
Fissare
il punto di arrivo.
Controllare
che non ci siano ostacoli troppo alti da superare.
Preghiamo
lo Spirito del Fuoco.
Pronti,
partenza…
Ingrano
i piedi sulle tegole, e con un gran balzo comincio la
mia folle corsa ai limiti del tempo.
*
* *
8
minuti, 26 secondi.
Un
tempo da record.
Diminuisco
la forza nelle gambe, rallentando la velocità, poi
afferro un ramo con le mani, e con una mezza granvolta gli giro
attorno,
atterrandogli sopra con agilità.
Ok.
Fin qui ci sono arrivata. Ora dove cerco?
Comincio
a saltellare da un ramo all’altro con tutta la
discrezione possibile, nel caso ci fossero ancora dei nemici sparsi per
la
foresta.
Chiudo
gli occhi e comincio ad annusare l’aria. Sento del
venticello provenire da sud, perciò gli odori saranno molto
lievi, a meno che
non provengano proprio da quella direzione.
Allora,
Sasuke ha l’odore di lamponi, Naruto d’arancia e
l’inconfondibile odore di ciliegie che ha Sakura…
dovrei fondare su questo le
mie ricerche.
Nel
silenzio più assoluto comincio ad analizzare in tutte le
direzioni le particelle nell’aria che possano anche
lontanamente ricordarmi i
profumi dei tre ragazzi.
Per
alcuni minuti nessuna novità.
Provo
a spostarmi a casaccio da un albero all’altro cercando
qualche traccia, quando improvvisamente… metto un piede
troppo in là, e perdo
irrimediabilmente l’equilibrio, ritrovandomi per fortuna a
testa in giù, con il
ramo tra le gambe intrecciate.
Con
la testa scombussolata dal movimento inaspettato, ci
metto un po’ a realizzare cosa mi si presenta davanti agli
occhi: poi le
immagini si fanno sempre più nitide e riesco a vedere due
figure dai colori
abbastanza vistosi stese sul terreno polveroso.
-AH!-
Esclamo, puntando un dito verso di loro, come ad
indicare, a qualcuno che non c’è, la direzione da
prendere.
Con
un movimento di anche, lascio il ramo e con una capriola
in aria arrivo a terra in piedi. Comincio a correre verso Naruto e
Gaara, senza
richiamare la loro attenzione all’inizio.
Arrivata
a qualche fila di alberi da loro, con un lungo salto
evito i cespugli sul terreno e atterro praticamente tra loro.
-Naruto!
Gaara!- Esclamo, e nello stesso istante in cui lo
faccio, appare Sasuke da dietro ad un albero.
-Gin!
Che ci fai tu qui?- Chiede, avvicinandosi piano. Il
segno maledetto che copre metà del suo corpo.
-Mi
ha mandata Kakashi. Ma come vedo non c’è
più bisogno del
mio aiuto.- Faccio una pausa, portando gli occhi prima sul biondino e
poi sul
ragazzo della sabbia. –È riuscito a sconfiggerti,
Gaara. Strabiliante. Ti senti
bene?-
Faccio
per avvicinarmi al rosso quando lì accanto appaiono i
suoi fratelli.
-Non
fare un altro passo, ragazzina.- Esclama Temari, facendo
per prendere il ventaglio, nonostante si notasse perfettamente quanto
fosse
sfinita, sia psicologicamente che fisicamente.
Muovo
le braccia in senso di diniego, per poi alzarle a mo’
di arresto. –Tranquilla, tranquilla. Non ho istinti omicidi,
io. Volevo solo
accertarmi che stesse bene. Potete portarlo via, per quanto mi
riguarda.- Mi
giro per tornare verso Sasuke e Naruto. Poi continuo a parlare: -Ho
ancora un
conto in sospeso con lui, quindi non sono così meschina da
approfittare della situazione.
Aspetterò un’altra occasione per battermi con lui.
Ok, Gaara?- Domando,
rigirandomi e sorridendogli con un pollice alzato.
Mi
fissa e chiude gli occhi, acconsentendo.
Poi,
improvvisamente, mi ricordo di tutto quello che è appena
successo, di Orochimaru, dell’attacco alla Foglia, del
Terzo… e il mio sorriso
scompare.
-Sasuke,
prendi Naruto. Dov’è Sakura?-
Il
ragazzo mi informa della sua posizione e la vado a
recuperare.
Insieme
a Pakkun torniamo al villaggio, pronti per un
resoconto dell’intera vicenda. Sperando che, d’ora
in poi per un po’ di tempo,
al villaggio possa vigere la pace… senza battaglie, senza
perdite e senza
dolore.
*
* *
Sotto
ad un cielo plumbeo permeato di pioggia.
Sotto
nuvole scure che promettono soltanto tempesta.
Riuniti
da ogni parte del Paese, se ne stanno centinaia di
persone.
I
vestiti scuri che si confondono con il grigio che volteggia
nell’aria, i visi piegati sul terreno, nel più
opprimente dei silenzi.
Plic.
Una
goccia.
Plic
plic plic.
E
subito una dopo l’altra, altre minuscole particelle
d’acqua
cadere dall’alto sulle teste di tutti.
Come piangendo, il cielo accompagna
questo rito dalla sua alta posizione, rendendo il momento forse ancora
più
insopportabile.
Cosa
siamo noi, circondati da un universo tanto infinito e sconosciuto?
Chi
erano quelle persone che hanno perso la vita per un
ideale che non fa altro che esaltare la morte?
Chi
sono i ninja, per sprecare la vita soltanto al fine di morire in
modo glorioso?
La
vita è lotta e opposizione. “Polemos
è padre di
tutte le cose, di tutti i re.”*
Eraclito
con questo spiegò il suo Logos, la legge che vigeva su
tutto l’universo.
Senza
guerra non c’è pace. Senza pace non
c’è guerra.
Se
non ci fosse il dolore non sentiremmo neppure il
benessere.
Eppure
è così dannatamente difficile da accettare:
perché la
gente muore? Perché ci lascia senza spiegazioni, con
l’amaro in bocca?
Ci
facciamo sempre queste domande, eppure secondo la stessa teoria
è semplice dare una risposta. Senza morte non
c’è vita.
Un
essere eterno non potrà mai vivere veramente,
perché ha
tutto il tempo che più lo aggrada e mai
avrà fine; mentre noi, poveri umani,
noi sì che sappiamo vivere fino in fondo ogni istante di
vita, noi che temiamo
più di ogni altra cosa la morte: non solo la nostra, ma
anche quella dei nostri cari.
Eppure
noi non pensiamo che i nostri compagni possano
pensarla allo stesso modo: se io mi sacrificassi per far vivere un
compagno,
quel compagno si sentirebbe esattamente come mi sentirei io se lo
vedessi
morire al posto mio.
Un
circolo vizioso, molto più potente di quello che sembra.
E
ora siamo tutti qui, riuniti tutti per elogiare un eroe
morto per la patria, morto per difendere la sua gente, morto provocando
in noi
quel dolore che non voleva provare lui stesso nel vedere dei compagni
sconfitti.
Detta
così sembra quasi che con la morte abbia voluto togliersi un
peso
non poco insignificante. No, non credo che lui fosse questo tipo di
persona. Ma credo che chiunque faccia così, non abbia alcuna
colpa: è forse male volere il proprio bene?
Pover
uomo. Già, perché prima di essere Hokage, prima
di
essere ninja, era soprattutto e soltanto un uomo.
Un
uomo anziano, con un carisma da adolescente ma con il coraggio che solo
un saggio avrebbe potuto avere. Il coraggio di chi ne ha già
viste troppe nella propria vita, e che non vuole più perdere
nessuno.
Uno
dopo l’altro, in una fila infinita, le persone si preparano
per dare il proprio addio a quel glorioso uomo che ci rende ancora
orgogliosi di averlo avuto come Hokage. Posano tutti un crisantemo
color neve
di fronte alla sua foto, e fissandola lo ricordano per
un’ultima volta.
Anche
io, tra gli ultimi, mi avvicino, bagnata da capo a piedi da
quell’acqua che accentua il malumore generale, ma che lava
via ciò che è successo per
poter far cominciare una nuova avventura.
Con
un impercettibile movimento del polso, lancio il candido
fiore sugli altri già posati, e do una occhiata veloce alle
altre foto poste
accanto a quella di Sarutobi. Tanti, giovani uomini che avrebbero
potuto vivere
ancora molto tempo, ma che si sono sacrificati per dare un futuro alle
nuove
generazioni.
Io
non sono religiosa, non ho un Dio, non credo nel destino,
non conosco altro che la dura e crudele realtà, che ognuno
ogni giorno si
costruisce da sé con le proprie forze. Però,
nonostante questo, credo sia
giusto pregare perché lui possa stare in un mondo migliore
di questo.
Congiungo
le mani e alzo gli occhi al cielo, mentre le gocce
di pioggia solcano il mio viso come lacrime.
No,
io non piango. Lo fa il cielo per me.
Poi
mi sposto e permetto alla processione di continuare.
Mi
allontano con passo moderato, incrociando per un secondo
lo sguardo di Kakashi, di cui prima non avevo notato la presenza.
Improvvisamente
sento la pioggia smettere di picchiettare sul
terreno e sulle mie spalle, lasciando spazio a fasci di luce solare che
si
riflettono sul terreno attraverso fori tra le nuvole.
Alzo
di nuovo lo sguardo, guardando con che velocità estrema
sembra rasserenarsi il cielo.
Dopo
la tempesta torna il sereno. E con l’azzurro cielo che
si staglia su di noi e le nuvole che si dirigono lentamente altrove, la
tristezza sembra lasciare il passo al buon umore.
Ma
la pace non è altro che una intervallo di tempo che divide
due conflitti. Chissà quanto durerà questa.
_______________
*Polemos=
è la traslitterazione nel nostro alfabeto della parola greca
che significa Guerra. In questo caso, Polemos, è una
personificazione della guerra.
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