un nuovo mondo
UN NUOVO MONDO
-Vai
ora, il tempo ha la bizzarra abitudine di correre veloce come un
fotone, passerà soltanto un attimo e saremo di nuovo insieme-
Rodgar aveva avuto ragione, non le aveva mai mentito,
nemmeno per consolarla; le aveva sempre detto la verità
semplicemente com'era, con la differenza che le mostrava sempre il
lato più lustro e piacevole dei fatti... e per questo lo amava.
Le ultime parole di lui ancora le ronzavano nelle
orecchie come se le avesse pronunciate soltanto un attimo prima,
mentre i sensi le ritornavano man mano.
Il primo fu il tatto, con la sua piacevole morbidezza di
coltri fresche e fruscianti; poi la raggiunse l'aroma resinoso del
legno, il frusciare del vento tra le foglie, un vociare lontano ed
infine la fame.
Una sensazione di vuoto allo stomaco talmente sgradevole
da indurla ad aprire i rossi occhi a mandorla dalle pupille feline.
Appena si svegliò del tutto, la margherita
tatuata al
lato dell'occhio destro aprì la corolla di petali, come un vero
fiore toccato dai raggi mattutini del sole.
Le risultò assai faticoso muoversi, dopo millenni
e
millenni di immobilità.
Tentò di scendere dal giaciglio con calma,
ottenendo
soltanto chi cadere a terra come un goffo sacco di patate.
Grugnendo di disappunto si mise sulle quattro zampe per
poi provare a mettersi eretta, ma il senso di vertigine che la colse
appena si erse sui posteriori, nonché il tremito incontrollato
degli
arti, la convinsero a gattonare fino alla gigantesca finestra
circolare.
La sua razza era solita camminare eretta, in modo da
poter disporre dell'utilizzo delle mani in qualsiasi circostanza;
fatta eccezione per la corsa o casi di seri problemi all'equilibrio,
come quelli che lei si trovava ora a dover affrontare.
Una volta raggiunta l'apertura e data una sbirciata
fuori, finalmente potette comprendere dove si trovava.
Si trattava di una stanza ricavata interamente nel
tronco di un albero vivente, così come erano tutte le abitazioni
della città arborea che si estendeva sotto il suo sguardo.
Non vi erano grattacieli di acciaio, né rotaie e
schermi che opponevano i loro colori artificiali ad un cielo
perennemente plumbeo, tossico e venefico.
Mai in vita sua aveva visto così tanto verde, che
non
fosse quello di una virtuale foresta olografica nel quale recarsi nei
giorni di festa.
Tutto sembrava così vero e pulito che lacrime di
gioia
le offuscarono la vista, mentre un'altra margherita le sbocciava
vicino alla tempia e le striature nere del corpo si ricoprivano di
una vaga luminescenza azzurrognola.
Il mondo era riuscito a guarire e rigenerarsi, e
chissà
quanto di quanto tempo aveva avuto bisogno per rinascere: finalmente
era giunto il momento di uscire dal letargo ed iniziare una nuova
vita.
Dov'erano però finiti gli altri? Perché
non aveva
trovato Rodgar al suo fianco al risveglio?
Il rumore di una serratura alle sue spalle la fece
girare di scatto ed alzare sui posteriori mentre una creatura che non
aveva mai visto entrava nella stanza senza scollarle lo sguardo di
dosso.
Lei non aveva mai visto nulla di più buffo e
bruttino;
ciò le fece sbocciare un'altra margherita ed un ampio sorriso
divertito che svelò una impressionante chiostra di zanne aguzze
e
bianchissime; dove un piccolo diamante, incastonato alla base di un
canino, mandò un fugace brillio.
Ora che la vedeva sveglia, Eragon rimase ancor
più
ammaliato dallo strano fascino della creatura tutta ali e coda, che a
malapena avrebbe raggiunto il metro e venti d'altezza; senza contare
la doppia fila di nere corna lucide e la dritta cresta avorio e
carbone.
Non fece in tempo a schermare i propri pensieri che
l'esasperato ruggito di rimprovero di Saphira gli invase la mente.
Poco dopo la dragonessa apparve nel cielo sopra la
copertura arborea, per poi gettarsi in picchiata verso l'apertura
circolare, facendo sobbalzare la propria rivale che la fissava
incredula ed esterrefatta.
Saphira non potette fare a meno di pensare che
somigliasse ad un baccalà rinsecchito, con quelle ridicole fauci
aperte, mentre con deliberato sdegno sceglieva di ignorarla per
rivolgersi direttamente al cavaliere.
“Credi
di poter riuscire a comunicare con questa roba?”
“Perché
non provi te stessa?”
Uno sbuffo di fumo le sfuggì dalle narici.
“Voglio
avere a che fare con lei il meno possibile, sai come la penso:
appartiene al passato e là doveva rimanere!”
Ne avevano già discusso animatamente, così
Eragon
preferì allontanare quell'invito ad una ennesima sfida verbale
con
una scrollata di spalle.
Durante il loro muto dialogo, la creatura aveva vinto la
soggezione che nei confronti di Saphira, avvicinandosi nuovamente
alla finestra per divorare il panorama con l'avidità di un
cucciolo
appena uscito dall'uovo.
Si concentrò, nel tentativo di comunicare con lei
telepaticamente, ma senza il minimo successo.
Non c'erano muri a bloccargli la via, semplicemente
trovò incomprensibile ed indomabile la mente che si
dispiegò alla
sua percezione.
Tinte incredibili e suoni altrettanto straordinari
invasero la coscienza del cavaliere, non vi era logica nel loro
susseguirsi ed erano così assurdamente veloci che mai avrebbe
potuto
afferrarli.
“Non
ci riesco...”
“Come?
Ha per caso la mente schermata?”
“No...
prova pure se vuoi...”
Dopo aver scoccato uno sguardo di sufficienza ad Eragon,
Saphira toccò la mente della nuova venuta per subito ritirarsi
inorridita.
“Che
diavolo sono quelle dannate cifre intrecciate ai suoi pensieri?
Eragon, perché non mi hai dato retta quando ancora eri in
tempo?”
Lei avvertì il tocco di entrambi e la loro
incapacità
di stabilire una comunicazione intellegibile.
Per lei era facile capire i loro messaggi, aveva intuito
la curiosità del ragazzo e l'ostilità, miscelata ad una
buona dose
di gelosia, di quel gigante blu scintillante che la sovrastava.
Entrambi avevano semplici e primitive menti biologiche,
senza nemmeno il più rudimentale impianto di chip; che
ragionavano
con una lentezza esasperante, non potendo contare sulle prestazioni
di un microprocessore come quello che aveva impiantato alla base del
corno e che comunicava ininterrottamente con la componente biologica
della sua mente, tamponandone le carenze.
Una risatina chiocciante le sfuggì, nonostante lo
sguardo minaccioso di Saphira, che sembrava volerla incenerire da un
momento all'altro.
Calcolò con la coda dell'occhio la posizione
approssimativa dove poteva trovarsi quella strana scimmia pelata di
nome Eragon, per poi scattare velocemente verso di lui.
Saphira lanciò un ruggito allarmato, e l'avrebbe
fatta
a pezzettini se lei non avesse avuto la prontezza di serrare il
cavaliere per il collo per porlo avanti a sé a mo di scudo.
Eragon tentò di divincolarsi, ma quella cosuccia
“delicata” aveva una forza spropositata rispetto alle sue
dimensioni.
Ne avvertì il fiato umido e caldo vicino
all'orecchio,
mentre gli sussurrava un suono dolce e suadente per farlo calmare,
che forse avrebbe potuto avere il significato di uno
“Shhhhh”.
La mano della creatura gli salì verso le tempie,
e lui
potette notare una serie di piccoli impianti metallici che formavano
una L lungo il palmo, all'incirca in prossimità del pollice e
dell'indice.
Ebbe subito modo di scoprire la loro funzione quando gli
entrarono in contatto con la pelle.
Una scarica lancinante di dolore gli trapanò la
testa
per un istante, prima che la creatura lo lasciasse andare, stordito
come un polpo sbattuto sullo scoglio.
Subito Saphira gli si acciambellò attorno con
fare
protettivo, mentre trapassava l'altra con occhi assassini.
“Cosa gli hai fatto? Parla lurida
carogna!”
Lei rimase qualche istante immobile, con gli occhi
chiusi...
-Niente, ho solo pescato nella sua memoria le lingue da
lui parlate e le ho caricate nella mia... è tanto terribile?-
Saphira non era completamente sicura se la creatura
avesse realmente parlato o se si fosse immaginato tutto quanto; ma
uno sguardo al muso soddisfatto dell'altra cancellò ogni dubbio.
-Piacere di conoscervi, Saphira ed Eragon!-
Esordì con una buffa vocetta squillante piena di
entusiasmo, mentre porgeva la manina artigliata, con le margherite
che le fiorivano in un folto mazzetto sul volto e le striature che si
illuminavano vivacemente di azzurro elettrico.
-Chiamatemi pure Mimue... e per piacere
cercate di
rilassarvi in mia presenza. Specialmente te, Saphira: sono un drago,
mica una bomba ad idrogeno!-
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