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Autore: dragoargento    07/12/2009    2 recensioni
Vi era un tempo assai lontano, talmente antico che la sua memoria era andata smarrita, in cui Alagaësia aveva un nome diverso ed altre razze abitavano le sue terre. In questa fiction, una casuale scoperta di Eragon e Saphira riporta alla luce l'ultimo esemplare di una dimenticata razza che ha dato origine alla stirpe dei draghi...
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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un nuovo mondo

UN NUOVO MONDO


-Vai ora, il tempo ha la bizzarra abitudine di correre veloce come un fotone, passerà soltanto un attimo e saremo di nuovo insieme-


Rodgar aveva avuto ragione, non le aveva mai mentito, nemmeno per consolarla; le aveva sempre detto la verità semplicemente com'era, con la differenza che le mostrava sempre il lato più lustro e piacevole dei fatti... e per questo lo amava.

Le ultime parole di lui ancora le ronzavano nelle orecchie come se le avesse pronunciate soltanto un attimo prima, mentre i sensi le ritornavano man mano.

Il primo fu il tatto, con la sua piacevole morbidezza di coltri fresche e fruscianti; poi la raggiunse l'aroma resinoso del legno, il frusciare del vento tra le foglie, un vociare lontano ed infine la fame.

Una sensazione di vuoto allo stomaco talmente sgradevole da indurla ad aprire i rossi occhi a mandorla dalle pupille feline.

Appena si svegliò del tutto, la margherita tatuata al lato dell'occhio destro aprì la corolla di petali, come un vero fiore toccato dai raggi mattutini del sole.

Le risultò assai faticoso muoversi, dopo millenni e millenni di immobilità.

Tentò di scendere dal giaciglio con calma, ottenendo soltanto chi cadere a terra come un goffo sacco di patate.

Grugnendo di disappunto si mise sulle quattro zampe per poi provare a mettersi eretta, ma il senso di vertigine che la colse appena si erse sui posteriori, nonché il tremito incontrollato degli arti, la convinsero a gattonare fino alla gigantesca finestra circolare.

La sua razza era solita camminare eretta, in modo da poter disporre dell'utilizzo delle mani in qualsiasi circostanza; fatta eccezione per la corsa o casi di seri problemi all'equilibrio, come quelli che lei si trovava ora a dover affrontare.

Una volta raggiunta l'apertura e data una sbirciata fuori, finalmente potette comprendere dove si trovava.

Si trattava di una stanza ricavata interamente nel tronco di un albero vivente, così come erano tutte le abitazioni della città arborea che si estendeva sotto il suo sguardo.

Non vi erano grattacieli di acciaio, né rotaie e schermi che opponevano i loro colori artificiali ad un cielo perennemente plumbeo, tossico e venefico.

Mai in vita sua aveva visto così tanto verde, che non fosse quello di una virtuale foresta olografica nel quale recarsi nei giorni di festa.

Tutto sembrava così vero e pulito che lacrime di gioia le offuscarono la vista, mentre un'altra margherita le sbocciava vicino alla tempia e le striature nere del corpo si ricoprivano di una vaga luminescenza azzurrognola.

Il mondo era riuscito a guarire e rigenerarsi, e chissà quanto di quanto tempo aveva avuto bisogno per rinascere: finalmente era giunto il momento di uscire dal letargo ed iniziare una nuova vita.

Dov'erano però finiti gli altri? Perché non aveva trovato Rodgar al suo fianco al risveglio?

Il rumore di una serratura alle sue spalle la fece girare di scatto ed alzare sui posteriori mentre una creatura che non aveva mai visto entrava nella stanza senza scollarle lo sguardo di dosso.

Lei non aveva mai visto nulla di più buffo e bruttino; ciò le fece sbocciare un'altra margherita ed un ampio sorriso divertito che svelò una impressionante chiostra di zanne aguzze e bianchissime; dove un piccolo diamante, incastonato alla base di un canino, mandò un fugace brillio.

Ora che la vedeva sveglia, Eragon rimase ancor più ammaliato dallo strano fascino della creatura tutta ali e coda, che a malapena avrebbe raggiunto il metro e venti d'altezza; senza contare la doppia fila di nere corna lucide e la dritta cresta avorio e carbone.

Non fece in tempo a schermare i propri pensieri che l'esasperato ruggito di rimprovero di Saphira gli invase la mente.

Poco dopo la dragonessa apparve nel cielo sopra la copertura arborea, per poi gettarsi in picchiata verso l'apertura circolare, facendo sobbalzare la propria rivale che la fissava incredula ed esterrefatta.

Saphira non potette fare a meno di pensare che somigliasse ad un baccalà rinsecchito, con quelle ridicole fauci aperte, mentre con deliberato sdegno sceglieva di ignorarla per rivolgersi direttamente al cavaliere.

Credi di poter riuscire a comunicare con questa roba?”

Perché non provi te stessa?”

Uno sbuffo di fumo le sfuggì dalle narici.

Voglio avere a che fare con lei il meno possibile, sai come la penso: appartiene al passato e là doveva rimanere!”

Ne avevano già discusso animatamente, così Eragon preferì allontanare quell'invito ad una ennesima sfida verbale con una scrollata di spalle.

Durante il loro muto dialogo, la creatura aveva vinto la soggezione che nei confronti di Saphira, avvicinandosi nuovamente alla finestra per divorare il panorama con l'avidità di un cucciolo appena uscito dall'uovo.

Si concentrò, nel tentativo di comunicare con lei telepaticamente, ma senza il minimo successo.

Non c'erano muri a bloccargli la via, semplicemente trovò incomprensibile ed indomabile la mente che si dispiegò alla sua percezione.

Tinte incredibili e suoni altrettanto straordinari invasero la coscienza del cavaliere, non vi era logica nel loro susseguirsi ed erano così assurdamente veloci che mai avrebbe potuto afferrarli.

Non ci riesco...”

Come? Ha per caso la mente schermata?”

No... prova pure se vuoi...”

Dopo aver scoccato uno sguardo di sufficienza ad Eragon, Saphira toccò la mente della nuova venuta per subito ritirarsi inorridita.

Che diavolo sono quelle dannate cifre intrecciate ai suoi pensieri? Eragon, perché non mi hai dato retta quando ancora eri in tempo?”

Lei avvertì il tocco di entrambi e la loro incapacità di stabilire una comunicazione intellegibile.

Per lei era facile capire i loro messaggi, aveva intuito la curiosità del ragazzo e l'ostilità, miscelata ad una buona dose di gelosia, di quel gigante blu scintillante che la sovrastava.

Entrambi avevano semplici e primitive menti biologiche, senza nemmeno il più rudimentale impianto di chip; che ragionavano con una lentezza esasperante, non potendo contare sulle prestazioni di un microprocessore come quello che aveva impiantato alla base del corno e che comunicava ininterrottamente con la componente biologica della sua mente, tamponandone le carenze.

Una risatina chiocciante le sfuggì, nonostante lo sguardo minaccioso di Saphira, che sembrava volerla incenerire da un momento all'altro.

Calcolò con la coda dell'occhio la posizione approssimativa dove poteva trovarsi quella strana scimmia pelata di nome Eragon, per poi scattare velocemente verso di lui.

Saphira lanciò un ruggito allarmato, e l'avrebbe fatta a pezzettini se lei non avesse avuto la prontezza di serrare il cavaliere per il collo per porlo avanti a sé a mo di scudo.

Eragon tentò di divincolarsi, ma quella cosuccia “delicata” aveva una forza spropositata rispetto alle sue dimensioni.

Ne avvertì il fiato umido e caldo vicino all'orecchio, mentre gli sussurrava un suono dolce e suadente per farlo calmare, che forse avrebbe potuto avere il significato di uno “Shhhhh”.

La mano della creatura gli salì verso le tempie, e lui potette notare una serie di piccoli impianti metallici che formavano una L lungo il palmo, all'incirca in prossimità del pollice e dell'indice.

Ebbe subito modo di scoprire la loro funzione quando gli entrarono in contatto con la pelle.

Una scarica lancinante di dolore gli trapanò la testa per un istante, prima che la creatura lo lasciasse andare, stordito come un polpo sbattuto sullo scoglio.

Subito Saphira gli si acciambellò attorno con fare protettivo, mentre trapassava l'altra con occhi assassini.

Cosa gli hai fatto? Parla lurida carogna!”

Lei rimase qualche istante immobile, con gli occhi chiusi...

-Niente, ho solo pescato nella sua memoria le lingue da lui parlate e le ho caricate nella mia... è tanto terribile?-

Saphira non era completamente sicura se la creatura avesse realmente parlato o se si fosse immaginato tutto quanto; ma uno sguardo al muso soddisfatto dell'altra cancellò ogni dubbio.

-Piacere di conoscervi, Saphira ed Eragon!-

Esordì con una buffa vocetta squillante piena di entusiasmo, mentre porgeva la manina artigliata, con le margherite che le fiorivano in un folto mazzetto sul volto e le striature che si illuminavano vivacemente di azzurro elettrico.

-Chiamatemi pure Mimue... e per piacere cercate di rilassarvi in mia presenza. Specialmente te, Saphira: sono un drago, mica una bomba ad idrogeno!-



  
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