Note: Io adoro le fic pre-serie
e a questa tengo particolarmente.
Ho deciso di postarla prima della season
finale di stasera, perché altrimenti temo non la posterei mai più. Ad ogni
modo, essa non contiene alcuno
spoiler.
E’ solo una forma di auto-consolazione, perché, a me, Sparky sta davvero simpatico.
Vorrei dedicarla alle persone
che hanno recensito le mie precedenti fic su Merlin.
E a quanti commenteranno. Ai
vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Il Grande Drago e il Piccolo Principe
by
elyxyz
Buio. Era tutto buio.
Arthur strinse più forte la torcia che teneva tra le manine
e scese qualche altro passo.
Non avrebbe dovuto
essere lì, lo sapeva, e in verità nemmeno lo avrebbe voluto.
Ma si era perso nel labirinto dei corridoi dei sotterranei,
e quella parte del castello lui non l’aveva mai esplorata, né con Morgana né da
solo.
Comunque mettersi ad urlare, e farsi scoprire dalle guardie
e poi essere riportato al cospetto di suo padre, era fuor di questione.
Sarebbe marcito lì sotto, piuttosto, si disse, sentendo gli
occhi inumidirsi un po’ per la rabbia e la vergogna che provava.
Anche se le pareti ammuffite e i gocciolii sinistri della
condensa non erano un bel vedere, inspirando a fondo si fece coraggio e calò un
altro paio di gradini. Li sentiva sdrucciolevoli e scivolosi, per questo puntò
il nasino a terra, per guardare dove metteva i piedini – e non quei brutti
ragni grossi e pelosi che a lui facevano tanto ribrezzo, non paura!, beninteso.
Ad un certo punto, si accorse di un rumore nuovo, quasi… quasi
fosse il gorgoglio dell’acqua.
Come tutti, anche lui sapeva che sotto al maniero, nelle profondità
della terra, vi era una falda a cui tutti i servitori e gli abitanti di Camelot attingevano, ma non si aspettava di essere finito fin laggiù.
Rianimato da questa curiosa scoperta, mosse dei passetti più
veloci verso quel suono.
Fu così che si ritrovò in un piccolo spiazzo scavato nelle
rocciose viscere del castello.
Nel momento esatto in cui sollevò la fiaccola per scrutare
attorno a sé, si ritrovò davanti il gigantesco muso di un mostro che lo fissava
minaccioso.
Arthur lanciò un grido spaventato e, arretrando d’istinto contro
la parete, lasciò cadere a terra la torcia che miracolosamente non si spense.
“Chi osa venire a
disturbarmi?” ruggì la bestia, sbuffando fumo dalle grosse narici.
Il bambino spalancò gli occhi ancor di più, così sconvolto
dal fatto che l’animale potesse parlare – e gli aveva parlato!
– che non si curò neppure di tentare una fuga per mettersi in salvo.
“I-io so-sono…” balbettò, tremando
come una foglia.
“Ah!” l’interruppe il drago “Ma io lo so chi tu sei.” Poi
completò, mellifluo: “Il piccolo principe del castello!”
“Io non sono piccolo!”
strillò il bambino, raddrizzando le spalle per darsi coraggio.
“Oh… Vostra Altezza!”
lo canzonò il bestione fingendosi ossequioso e, con un gesto deferente, chinò
il grosso muso, posando quasi casualmente una sua zampa di fianco all’erede al
trono: parve palese ad entrambi che uno qualunque dei suoi artigli era molto più
grande di lui.
Arthur deglutì a vuoto.
“Sei così pulce
che non mi basteresti neanche come spuntino.” Rimarcò il drago, “Tuttavia…”
sguainò le fauci terrificanti “Vattene o ti mangio!”
“No.” Pigolò, scuotendo la riccia testa bionda. “Mio padre…
mio padre mi farà fustigare, se mi trova e… e quaggiù
non verrà di certo.”
L’essere magico si fece di colpo zitto e attento. Poi
l’interrogò, facendo rimbombare il suo vocione contro le pareti frastagliate.
“Temi più l’ira di tuo padre che la mia?”
“La sua l’ho già conosciuta, la vostra no.” Rispose
saggiamente il bimbo, facendosi forza.
Il drago, rimasto colpito dalle sue parole, lo scrutò a
fondo. I suoi enormi occhi gialli riverberarono nella luce della torcia.
“Saresti così stolto da rimanere qui, in compagnia di un
essere come me?” gli domandò, burbero.
“Avresti già potuto arrostirmi, ma non l’hai fatto.”
Considerò, con tono confidenziale e facendo spallucce.
Il mostro sbuffò, come se avesse sorriso.
“Riconosco, giovane principe, che
sei alquanto coraggioso e… parecchio impudente.”
Arthur gli sorrise, un sorriso
sdentato e fiero.
Poi, lasciandosi scivolare contro la parete, si accoccolò
stringendosi le ginocchia al petto.
Il mostro si accucciò di riflesso sulla sporgenza di fronte.
“Signor Drago?” riprese il bimbo, qualche istante dopo.
Il magico animale mandò fuori una nube di lapilli,
facendogli capire che aveva la sua attenzione.
“Potrei…” tentò. “Pensavo… potrei dormire qui?” propose,
incerto e speranzoso.
Il bestione scosse il muso rugoso in segno di diniego.
“Questo non è luogo per bambini,” obiettò. “E’ buio,
freddo e umido.”
“Come in una cella, ma almeno non sarò solo!” protestò
Arthur, vivacemente.
Il dragone lo fissò stupito. “Il re ti metterebbe davvero ai ceppi?”
Il bimbo chinò lo sguardo verso il pavimento per nascondere
le lacrime che cercavano di tracimare.
“Non l’ho mai
visto così furioso.” Confessò.
L’altro se ne stette zitto, ponderando quale fosse la
soluzione migliore.
Odiava re Uther con tutto se
stesso, ma Arthur era un’anima innocente, vittima anch’essa dei deliri paterni.
Con che cuore, quel
despota, avrebbe messo in prigione suo figlio?
Lui, che era segregato laggiù da oltre un lustro, sapeva più
che bene come ci si sentisse!
“Ritengo che la mia grotta sia larga a sufficienza per
entrambi.” Concesse. “A meno che tu non faccia i capricci, perché io non sono
una balia e – in tal caso – non esiterei a fare una merenda notturna.”
L’erede al trono non parve affatto spaventato da quella
minaccia neanche tanto velata.
“Grazie.” Rispose, educato.
“Prego.” Sbuffò di
malavoglia.
Il bambino si guardò un po’ attorno, ma la penombra che
avvolgeva il tutto non glielo consentiva.
“Signor Drago?”
“Ti ascolto.”
“E’ un po’ buio
quaggiù.”
Il bestione rise, facendo tremare la terra sotto al sedere
di Arthur.
“Sai? Non ricevo molte visite.” Motivò. “E se non devo
intrattenere degli ospiti, non me ne curo. I miei occhi mi concedono di vedere
benissimo nell’oscurità, come fosse la luce del sole che ormai è solo nei miei
ricordi.”
“Come sono i tuoi ricordi?”
“Sono… infiniti. Io provengo dalla notte dei tempi.”
Il bimbo lo guardò meravigliato. “E hai visto molte cose?”
“Sì, ho girato attorno al mondo.”
“Il mondo non si può girare, è piatto. Lo
dice sempre anche il mio precettore.”
“Il mondo è rotondo, Arthur. Un giorno lo si
saprà.”
“Ma come è possibile?”
“Non te lo posso spiegare ora, sei così piccino! Neppure i più
dotti pensatori sono pronti per capirlo.”
“Ma io sono grande!
Ho già sei primavere sulle spalle!”
“Lo so.” Disse il drago. “So perfettamente quanto tempo è
trascorso dal giorno della tua nascita. E’ anch’essa una data incisa nella mia
ancestrale memoria. Sono passati ottantacinque noviluni.” Lo sguardo gli si
fece remoto. “…l’inizio della fine.” Sussurrò tra sé.
Il principe, vedendolo tanto assorto, non osò insistere
ancora sull’argomento, e si lasciò intrigare da un’improvvisa curiosità.
“Signor Drago?”
“Mh?”
“Ma tu… un nome non ce l’hai?”
La bestia lo fissò con rinnovata considerazione.
“Nel corso dei secoli, mi hanno temuto e venerato. Ma nessuno
ha mai chiesto il mio nome, prima di te.”
“Non è stato un comportamento molto corretto.” Rifletté il
bimbo, con biasimo.
“Non mi è mai interessato molto chiarire la questione;
perciò ho avuto vari nomi in varie lingue.”
“E sarebbero…?” l’incalzò.
“Per esempio… Le Dragon Sage, Monster Spuckt Feuer, Lagarto… Hikaze e molti altri ancora.”
“E cosa significano?”
“All’incirca… Il Saggio Dragone, Mostro Sputa Fuoco,
Lucertola Gigante e… Fuoco Divino.”
“Sono tutti importanti e valorosi!”
Il drago si sentì lusingato. “Abbastanza.” Ammise. Poi
continuò: “Una volta c’era una tribù molto numerosa, composta quasi
esclusivamente da donne… essa mi chiamò ‘The Great Dragon Slasher’,
e credo fosse un titolo onorifico, ma non ho mai saputo cosa significasse
perché avevo fame e me le sono mangiate tutte.”
“T-tu hai…?”
Il mostruoso animale si guardò gli artigli con eccessivo
interesse. “Oh, beh… è stato molto tempo fa.”
“D’accordo.” Riconobbe il bimbo, che non voleva far cadere
la questione principale, “Ma tu, tu come sei stato chiamato la prima volta?”
La bestia parve riflettere, indeciso se parlare o meno.
“Mia madre mi chiamava ‘Sparky’,
perché sono stato il primo della mia covata – il primo
fra tutti i miei fratelli – a fare così tante scintille da incendiare un
pagliaio in un colpo solo.”
“Io invece non ho fratelli.” Replicò Arthur, cincischiando
con i laccetti della casacca. “Non ho neppure una mamma.” Disse, triste.
“Lo so, piccolo. Lo so.” Sbuffò per consolarlo e ne uscì una
folata di scintille.
“Allora anche io ti chiamerò Sparky,
se per te va bene.” Si risolvette, tirando su col naso.
“Concesso.” Gli accordò.
“Mi faresti assistere ai giuochi di fuoco?”
“No.” Rifiutò secco. “Non sono il buffone di corte.”
Brontolò indispettito.
“Ah, beh… fa niente.” Disse Arthur, accomodante. Poi
sbadigliò.
“E’ tempo che tu vada a dormire.”
“Vengo io dove sei tu o mi raggiungi qui?” domandò,
sollevandosi in piedi.
“E’ troppo corta quella striscia di terra per il mio peso.”
Il piccolo sbirciò oltre il ciglio. C’era un baratro stretto
e profondissimo tra la rupe dove stava lui e quella in cui sostava il drago.
Giù, nella gola, il ruscello scorreva placido.
Vide anche le gigantesche catene che tenevano prigioniero
l’animale.
“Come faccio ad arrivare di là?”
“Chinati in avanti.” Gli ordinò la bestia.
Il bambino lo guardò perplesso.
“Non ti fidi?” l’interrogò.
E allora il principino eseguì senza indugio. L’istante dopo
il bestione allungò il collo e con le fauci socchiuse gli afferrò la casacca
sollevandolo come se fosse stato un cucciolo preso per la collottola.
Arthur lanciò un gridolino eccitato e spaventato al
contempo, quando si trovò a penzoloni nel vuoto del precipizio,
ma un attimo dopo era di nuovo a terra.
Il drago l’aveva appoggiato con una delicatezza disarmante e
poi si era acciambellato come un grosso gatto appiattendo le scaglie rugose che
divennero improvvisamente levigate. Lo circondò con le spirali della coda quasi
fossero una calda coperta, inspiegabilmente morbida.
Il principino annusò la sua pelle. “Ma tu puzzi!”
Il bestione sfoderò un cipiglio offeso. “Sono un drago e puzzo
da drago!”
Di fronte a quella logica ineccepibile, il bambino non
obiettò oltre e gli si accoccolò di fianco, sentendo il calore, nel petto della
bestia, là dove il fuoco nasceva come in una fucina.
Il drago sollevò un’ala con cui lo ricoprì come una vellutata
tenda nera e il bimbo strinse la punta della coda e se la tirò contro,
abbracciandola come se fosse il cavaliere di pezza con cui era avvezzo
addormentarsi da piccolo e che gli era stato sottratto dalla nutrice l’anno
precedente perché era considerato
disonorevole per la sua età dormire con un pupazzo da infante.
“Ehi!” protestò il dragone.
Arthur sollevò la testolina e lo guardò incerto.
Sparky ebbe un moto d’inusitata
tenerezza.
“Solo per stavolta.”
Mentre era già quasi nel mondo dei sogni, senza
accorgersene, con le sue manine ne accarezzava le scaglie.
“Mi fai il solletico” brontolò l’animale; e tossì, sputando
una discreta fiammata.
Arthur rise e poco dopo cadde nel mondo dei sogni.
***
Quando si svegliò il mattino seguente, l’erede al trono non
seppe dire se effettivamente fosse giorno o notte, perché la caverna era ancora
semibuia come la sera addietro.
Sparky aveva però acceso la sua
fiaccola e qualche altro ceppo di legno rinsecchito probabilmente trascinato
dalla corrente.
“Buongiorno.” Salutò, strofinandosi gli occhietti.
“Buongiorno a te.” Replicò la bestia. “Non ho nulla da offriti come colazione e credo sia tempo che tu vada.”
“Di già?” chiese, deluso.
“Sì, giovane principe.” Ribadì perentorio.
“Ma potrò venire ancora a trovarti?” domandò, speranzoso.
Il drago scosse la testa.
“No, Arthur. Ti cancellerò la memoria e non verrai mai più
quaggiù.”
“Ma perché?!” s’arrabbiò il
bambino. “Non è giusto!”
“Sì che lo è. Se tuo padre lo venisse a sapere, la sua
collera sarebbe tremenda.”
Il bimbo rabbrividì al solo sentir nominare il genitore.
“Questo non è un addio.” Riprese il drago. “Ma passerà molto
tempo prima di un nostro nuovo incontro. Un giorno però arriverà il tuo destino
e, con esso al fianco, ci riuniremo.”
“Perché?”
“Perché sei nato per regnare e Albion
ti attende.”
“Cos’è Albion?”
“Non essere impaziente.” Lo ammonì. “Vi è un tempo e un
luogo per tutto.”
- Fine -
Disclaimer: I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Note: Allora… ho
riflettuto molto su come potesse essere la caratterizzazione del drago.
Non è il drago che conosciamo nel presente, perché in questa
fic non è rinchiuso da oltre 20 anni in quella grotta
buia e desolata.
Dopo la rabbia iniziale, credo si sia rassegnato in attesa del futuro, ma
quest’attesa l’ha reso com’è ora nel telefilm. E se sbrocca c’avrà
pure le sue buone ragioni, credo.
I nomi del drago sono rispettivamente in: francese, tedesco,
giapponese, spagnolo e inglese, anche se nell’ultimo caso mi sono appropriata
di una piccola licenza letteraria XD.
Ah, altro credits: l’accenno al ‘mondo piatto’ è un doveroso tributo alla “Spada nelle
roccia”. ^__=
Ok, è tutto. O in caso chiedete.
Per chi se la fosse persa, la mia ultima fic
su Merlin è questa: WANTED – Il ladro di statue –
Anche se i commenti sono drasticamente calati, ho fede che
prima o poi possiate recuperare. X°D
Un grazie di cuore a chi commenterà.
Campagna di Promozione
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Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Grazie (_ _)
elyxyz