Capitolo 19
Capitolo
19
La
fresca brezza mattutina mi accarezzava dolcemente le gote.
Il
panorama parigino era spettacolare.
Di
lì a pochi minuti saremmo dovuti tornare a Berlino.
Parigi
mi sarebbe davvero mancata.
Improvvisamente
potei godere di un profumo buonissimo, proveniente da dietro le mie
spalle.
Sorrisi
e mi voltai, rimanendo appoggiata alla ringhiera del terrazzino.
Tom
mi guardava dolcemente, con un semplice asciugamano in vita,
avvicinandosi a me.
Era
appena uscito dalla doccia e il suo odore mi mandava fuori di testa.
Mi
abbracciò ed io nascosi il viso nell'incavo del suo collo,
respirando quella fragranza di vaniglia a pieni polmoni.
«Non
hai freddo?» gli domandai premurosa.
Lui
mi baciò il collo e rispose: «Sì» e si mise
a ridere.
Io
feci lo stesso scuotendo la testa e lo invitai a rientrare in camera.
Una
volta richiusa la porta finestra, mi tirò da un laccio del mio
accappatoio e mi fece sdraiare sul letto assieme a lui.
Mi
accoccolai tra le sue braccia beandomi di quelle carezze così
delicate, chiudendo gli occhi.
«Hey,
piccolina, non ti addormentare che tra un po' dobbiamo ripartire»
mi avvertì Tom, piuttosto divertito.
Io
annuii borbottando qualcosa e sprofondando subito tra le braccia di
Morfeo-Tom.
*
«Siamo
a casa!» annunciò Tom, non appena varcammo la soglia.
Poggiò
a terra il borsone e subito potemmo udire i passi “leggeri” di
Bill che si precipitava giù per le scale.
Quando
ci vide saltò in braccio a suo fratello.
«Meno
male che sei tornato!» esclamò Bill.
Lo
guardai meglio e spalancai gli occhi.
«Bill,
ma che hai fatto ai capelli?» domandai sorpresa.
Lui
si staccò da suo fratello e mi guardò con un sorriso a
trentadue denti, sfoggiando la sua nuova cresta nera.
«Ti
piace? Avevo voglia di cambiare un po', mi ero stufato dei
dreadlocks» rispose soddisfatto.
Vidi
Tom sorridere e scuotere la testa.
Proprio
in quel momento scese Hellen per le scale ed io le corsi in contro
abbracciandola.
«Sono
davvero contenta per voi» fu la prima cosa che le sussurrai
all'orecchio.
Lei
ridacchiò intimidita e si staccò da me.
«Allora?
Avete fatto buon viaggio?» ci domandò non appena furono
arrivati anche Georg, Gustav, David ed Isy e ci fummo seduti sui
divani.
«Sì,
il viaggio in aereo è stato tranquillo» rispose Tom.
«Raccontateci
tutto quello che avete fatto!» esclamò Bill entusiasta.
Io e Tom ci guardammo ed automaticamente arrossimmo come due peperoni
maturi. «Sì, vabbè, senza i particolari sconci»
si affrettò ad aggiungere, notando le nostre espressioni.
«Siamo
andati in giro per Parigi, abbiamo fatto un mucchio di foto, poi Tom
mi ha comprato un bellissimo vestito e mi ha portata a cena in un
ristorante» dissi emozionata al solo ricordo.
«Oooh,
ma che romantico che sei diventato, Tomi» esclamò Georg,
rapito.
Tom
rise e gli lanciò addosso un cuscino.
«E'
il regalo più bello che mi potesse fare» aggiunsi poi
guardando sorridente il diretto interessato che abbassò lo
sguardo imbarazzato ma contento.
Sapevo
che davanti agli altri diventava sempre un po' più timido
quando si faceva sapere delle cose dolci che faceva per me.
«Io
tutte queste foto le voglio vedere e mettere in un album
fotografico!» esclamò Hellen battendo velocemente le
mani.
Si
vedeva che Bill la stava contagiando.
«Le
vedrai» ridacchiò Tom.
Proprio
in quell'istante il campanello suonò.
Ci
guardammo incuriositi e poi David si alzò andando ad aprire.
«E
tu chi sei?» domandò l'uomo.
«Lee,
signore».
Tutti
quanti spalancammo gli occhi – io e Tom in particolare – e io mi
alzai di scatto dal divano, seguita da lui.
«Che
cazzo ci fai tu qui?!» urlai fuori di me, mentre Hellen si era
affrettata a tenermi da dietro.
«Sono
venuto a chiederti scusa» disse mortificato.
«Sparisci,
prima che ti ammazzo con le mie mani!» urlò Tom con un
tono decisamente più alto del mio, anche lui tenuto da David.
«Tom,
stai calmo» lo ammonì il manager.
«Per
colpa tua abbiamo perso un figlio, brutto stronzo!» continuò
Tom, al quale si poteva già notare una vena pulsante sul
collo.
«Hai
ragione, ma non era previsto. Non l'ho fatto apposta» si difese
Lee.
«Te
l'avevo detto che ero incinta! Te lo avevo detto! E tu non ti sei
fatto problemi a prendermi e sbattermi contro un albero, quindi non
dire che non l'hai fatto apposta perchè ti potevi decisamente
controllare! Basta, non ti voglio più vedere, esci dalla mia
vita! Dalla nostra vita!» intervenni mentre le lacrime
si stavano accumulando sui miei occhi.
Lee
abbassò la testa ed annuì lentamente.
«D'accordo,
uscirò dalla vostra vita. Ero venuto qui solo per dirvi che mi
dispiace da morire per quello che ho fatto, non me lo perdonerò
mai. Non volevo andasse a finire così. Chiedo scusa a tutti
quanti. Addio» concluse voltandosi e sparendo dietro al
cancello automatico.
*
La
folla di ragazze urlava quasi istericamente.
Era
da un po' che non sentivo di nuovo quella “dolcissima melodia”.
Sbuffai
scuotendo la testa e tappandomi le orecchie, cercando di concentrarmi
esclusivamente sul volto di Tom che, in un mondo tutto suo, suonava
la sua chitarra elettrica, accompagnando la voce di Bill.
Erano
tornati al lavoro ed io avevo ricominciato a seguirli in giro per il
mondo.
Il
mio lavoro, per forza di cose, l'avevo lasciato.
Come
potevo andare avanti a farlo se saremmo dovuti stare sempre in
viaggio?
Erano
passati altri sei mesi ed io e Tom andavamo avanti sempre meglio.
Bill
ed Hellen erano felici e spensierati e Georg ed Anna non erano da
meno.
Finalmente
la loro storia era diventata ufficiale ed Anna si faceva vedere senza
problemi e soprattutto senza vergogna, ricordando l'ultimo episodio
piuttosto imbarazzante.
Tre
giorni dopo David ed Isy si sarebbero sposati ed eravamo tutti
elettrizzati.
L'unico
ancora single ma felice era Gustav.
Mi
aveva sempre detto che da solo stava più che bene e che non
sentiva il bisogno di cercare il grande amore.
Se
era destino si sarebbe presentato a lui e lui lo avrebbe accolto a
braccia aperte.
Mi
piaceva la sua filosofia, ero d'accordo praticamente con tutto quello
che diceva ogni volta.
Io,
Hellen ed Anna, eravamo abbracciate, dietro alle quinte, dondolando
da destra verso sinistra e viceversa, cantando orgogliose le canzoni
dei nostri amori, mentre David teneva Isy abbracciata da dietro,
accarezzandole di tanto in tanto il grosso pancione che le si era
venuto a formare.
Presto
sarebbe arrivato un piccolo Jost nella nostra famiglia.
*
«Sei
emozionata?» domandai ad Isy, aiutandola ad allacciare dietro
la schiena il suo bellissimo abito bianco.
«Sì,
eppure non è la prima volta che mi sposo» rispose con le
lacrime agli occhi ed un sorriso sereno sulle sue labbra. «Manca
solo mia figlia...» sussurrò abbassando lo sguardo.
«Hey,
se è destino che le cose devono arrivare, arrivano,
tranquilla» la rassicurai alzandole il viso. «La rivedrai
tua figlia» le sorrisi, riuscendo a metterla un po' più
di buon umore. «E non piangere che ti cola tutto il trucco,
devi arrivare bellissima da David!» ridacchiai, facendola
sciogliere in una risatina.
Ci
abbracciammo.
«Ti
voglio bene, Isy».
«Anche
io».
«Sta
bene?» mi domandò Tom non appena mi andai a sistemare
affianco a lui, nell'enorme chiesa gremita. Io annuii e lo baciai su
una guancia. «Guarda David» ridacchiò poi. «Tra
un po' sviene» aggiunse divertito, facendomi ridere
leggermente.
«Dai
non prenderlo in giro» sorrisi dandogli un colpetto sul
braccio.
Non
appena la marcia nuziale partì, tutti ci voltammo verso
l'entrata della chiesa, dove trovammo un'Isy bellissima - ed incinta-
, fare il suo ingresso emozionata.
Io
e Tom ci stringemmo la mano emozionati ed il mio sguardo,
automaticamente si spostò su David, che guardava la sua futura
sposa con amore... tanto tanto amore.
Ad
un tratto sentii Tom irrigidirsi.
Mi
voltai verso di lui e seguii il suo sguardo, fino a che non capii chi
stesse guardando.
In
piedi, come noi, Andreas lo guardava sorridendo.
Tornai
ad osservare Tom e sospirai rincuorata vedendo che sorrideva anche
lui.
Tutto
il rancore era riuscito a metterlo da parte e, senza farmi notare da
lui, feci l'occhiolino ad Andreas.
Sapevo
che sarebbe tornato tutto apposto.
«Grazie»
sussurrò Tom senza staccare gli occhi da David.
«Non
c'è di che» risposi con lo stesso tono basso e
sorridendo soddisfatta.
*
David
ed Isy erano partiti per il loro viaggio di nozze.
Bill
era a casa di Hellen a fare chissà quale zozzeria.
Georg
era a casa di Anna e Gustav era andato a farsi un giro in macchina,
giusto per lasciare me e Tom un po' da soli.
Avevamo
deciso di preparare una torta con cioccolato e panna.
Ogni
tre secondi, con Tom, era una risata.
Era
un impiastro ed io gli dovevo decisamente insegnare un bel po' di
cose.
«Tom!
Vacci piano con quella panna!» risi afferrandogli i polsi che
stavano continuando a versare la panna spray, ricoprendo quasi per
intero la torta.
«Il
cioccolato non si vede neanche più, è tutta bianca!»
continuai divertita.
Lui
mi sorrise, prendendo un po' di cioccolato e sporcandomi il naso.
Io
lo guardai fintamente indignata, con la bocca aperta, e ricambiai il
gesto.
In
pochi secondi la cucina era diventata un campo di battaglia.
Tra
farina, uova, cioccolato e panna, nessuno poteva essere più
imbrattato di noi.
Presi
ad inseguirlo con il tubetto di panna puntatogli sulla schiena,
mentre lui se la rideva con gusto.
Improvvisamente
scivolò su un punto del pavimento ricoperto di panna e cadde a
peso morto sul divano.
Nel
mentre mi aveva afferrato furbescamente per il polso e mi aveva fatto
cadere addosso a lui.
Scoppiammo
a ridere.
«Uomo
decisamente cattivo» soffiai sulle sue labbra, baciandolo.
Sapeva
di cioccolato e panna, ovunque le mie labbra passassero.
La
stessa cosa faceva lui, piuttosto divertito.
In
pochi secondi eravamo stesi uno sopra l'altra su quel divano,
completamente nudi.
Vidi
che fece per prendere un preservativo ma io lo fermai.
Mi
guardò incuriosito.
Io
gli sorrisi facendo segno di “no” con la testa e lui capì,
illuminandosi con gli occhi.
«Sicura?»
mi chiese dolcemente ed emozionato.
Io
annuii ed ecco che entrò in me lentamente e senza protezione.
Sicuramente
era una sensazione del tutto diversa, più bella.
Lo
sentivo più vicino e più mio.
Incrociammo
le nostre dita e, baciandoci, ci amammo come mai avevamo fatto prima.
*
David
vagava nervosamente avanti e indietro per quella sala d'aspetto.
Si
potevano leggere sul suo volto un'infinità di emozioni
differenti: preoccupazione, gioia, nervosismo, disperazione.
Tutti
eravamo quasi commossi da tale comportamento.
Sapevamo
quanto fosse felice ed emozionato che la sua Isy stesse per
partorire.
Sarebbe
diventato papà per la prima volta nella sua vita.
Chi
l'avrebbe mai detto?
Ormai
tutti ci avevamo perso le speranze.
Improvvisamente
la porta si aprì e ne uscì un'ostetrica in camice
verde.
«Sua
moglie è pronta per partorire. Se volete assistere dovete
indossare questi camici» annunciò mostrandoci altri
camici uguali al suo.
«Io
sì» si affrettò a dire David indossandone uno in
pochi secondi.
Entrò
velocemente, superando la dottoressa che rideva sotto i baffi.
Ci
guardò e ci chiese se anche noi volessimo entrare.
Tutti
quanti scuotemmo la testa.
Secondo
noi era un momento di Isy e David.
Un
momento di loro intimità e non dovevamo rovinarlo.
Quando
la porta si richiuse io sospirai stringendo la mano a Tom.
Lui
mi osservò sorridendo.
«Sei
nervosa?» mi chiese accarezzandomi il ventre leggermente
gonfio.
Eh
già. Da quella fatidica volta sul divano, io e Tom ci eravamo
riusciti di nuovo.
Mancavano
ancora cinque mesi e sarebbe toccata a me.
Avevo
paura.
Per
prima cosa, di perdere di nuovo il bambino.
Certe
esperienze ti segnano e ti rimangono a vita.
Per
seconda cosa, il dolore.
«Un
pochino» sussurrai. «Ma andrà tutto bene stavolta»
sorrisi poi incoraggiandomi da sola.
Un
nanosecondo dopo la mia affermazione, sentimmo un urlo acuto
dall'altra parte della porta, proveniente da Isy.
Tutti
eravamo rimasti con gli occhi sgranati ed a fissare il vuoto.
Deglutii
non appena sentii altre urla che si susseguivano regolarmente.
Sembrava
che la stessero scannando!
«Oddio»
sussurrai.
Tom
si voltò verso di me e mi accarezzò la mano.
«Dai,
stai tranquilla» cercò di incoraggiarmi, ma era
decisamente più agitato di me.
«Non
voglio partorire» cominciai a balbettare.
«Cosa?!
Ma non dirlo neanche per scherzo!» esclamò Tom
guardandomi con terrore negli occhi.
«Tom,
ti devo ricordare che ho una soglia del dolore molto ma molto bassa?»
lo fulminai con lo sguardo.
«Ti
devo ricordare che questo figlio lo vogliamo da molto ma molto
tempo?» ribattè a tono.
Io
rimasi un attimo in silenzio, mentre anche gli altri ragazzi mi
guardavano incuriositi.
Alla
fine sospirai.
«Hai
ragione, non so cosa mi sia preso, scusa» sussurrai appoggiando
la testa sulla sua spalla e ricevendo un bacio sulla tempia.
Un
altro urlo si levò da dentro quella stanza.
*
«Sei
uno spettacolo» sorrisi osservando un Tom intento a cambiare il
pannolino al piccolo Jost, chiamato Daniel.
«Devo
fare pratica, tra pochi giorni nascerà il nostro»
rispose continuando a pulire accuratamente il piccolino.
«O
la nostra» sorrisi accarezzandomi il ventre ormai grosso e
basso, avvicinandomi a lui.
Sentivo
che mancava veramente molto poco e la cosa mi eccitava e mi
spaventava allo stesso tempo.
Eravamo
pronti?
Troppo
tardi per porsi delle domande.
Domande
più che lecite ovviamente.
«Tu
come ti senti?» mi chiese dandomi un bacio stampo e tornando a
concentrarsi su Daniel.
«Direi
abbastanza be...» mi bloccai di colpo.
Avevo
sentito un forte dolore alla pancia, molto strano.
Poi,
improvvisamente, una spiacevolissima sensazione di bagnato.
Vidi
Tom abbassare lo sguardo per terra e spalancare gli occhi.
«Mi
si sono rotte le acque» balbettai fissando il vuoto.
«Oh
cazzo! David!!» Tom urlò quasi più agitato di me
che intanto cominciavo a respirare con affanno, mano a mano che il
dolore si faceva più forte. Al fasciatoio si precipitarono
David, Bill ed Hellen, immaginando cosa potesse essere successo. «Le
si sono rotte le acque!» esclamò di nuovo il moro.
«Portala
in ospedale, muoviti! Io intanto vado a chiamare gli altri»
disse David, agitato e correndo su per le scale.
Tom,
aiutato da Bill, mi sorresse scortandomi fuori di casa, verso la sua
macchina.
Hellen
intanto aveva velocemente recuperato Daniel per riportarlo da Isy.
Tom
mi aveva fatto salire sul sedile affianco al guidatore, Bill si era
appostato dietro e subito ci raggiunse Hellen che salì vicino
a lui.
Anche
Tom si affrettò a salire e mettere in moto, per poi sgommare a
tutta velocità fuori dalla villa.
«Sara,
respira tranquilla come hai imparato al corso» mi disse Hellen
con voce tremante dall'emozione.
Io
cercai di seguire i suoi consigli ma mi risultava piuttosto difficile
dato che il dolore che sentivo non l'avevo mai provato in vita mia.
Tom,
come uno stupido – ragionevolmente stupido – si mise a respirare
come me, per sostenermi, mentre guidava in modo decisamente
pericoloso.
«Stupido
minchione, non voglio morire, devo partorire!» urlai isterica.
«Tesoro,
rischi di farmelo in macchina!» esclamò Tom preoccupato.
«Chissene
frega della tua fottuta macchina! Voglio arrivare sana e salva,
demente!» urlai di nuovo.
Tom
si voltò verso di me con sguardo offeso.
«Tom,
non preoccuparti, è tutto normale! Solitamente in questi
momenti viene molto facile insultare il proprio compagno! Guida ed
ignorala!» lo rassicurò Hellen.
«Devo
mandarti a fanculo?» chiesi proprio a lei che alzò gli
occhi al tettuccio della macchina, scuotendo la testa.
In
pochi minuti arrivammo davanti all'ospedale ed io non ci capivo più
niente.
Continuavo
ad urlare e a respirare male.
Tom
riuscì – non chiedetemi come – a prendermi in braccio e a
posarmi sulla sedia a rotelle che gli avevano portato i medici,
chiamati da Bill.
«Non
lasciarmi da sola, sei scemo?!!» esclamai rivolta a Tom e
stritolandogli la mano.
«Ma
non mi sto neanche allontanando! Sto entrando con te! No che non ti
lascio da sola, stupida!» ribattè agitato e seguendomi
di corsa.
Quando
lo fermarono per fargli indossare il camice, io cominciai ad urlare
ancora di più con isteria, mentre i medici mi facevano
sdraiare su uno strano lettino.
Mi
spogliarono e mi fecero indossare una specie di pigiama bianco.
Sul
ventre e sulle gambe posarono un telo verde e la cosa, per quanto
minima, mi spaventò maggiormente.
«Tom!
Voglio Tom! Dove cazzo è?!» urlai guardandomi
freneticamente attorno.
«Sono
qua, piccola, sono qua, stai tranquilla» cercò di
rassicurarmi stringendomi una mano ed accarezzandomi la fronte già
umida con l'altra.
«Non
è abbastanza dilatata, dobbiamo tagliare» annunciò
il medico, guardandomi in mezzo alle gambe.
«Come
tagliare?!» domandò Tom con occhi sgranati.
«E'
necessario» rispose frettolosamente l'uomo, sparendo con la
testa sotto al telo.
«Ma
porca di quella miseria, voglio una donna! Mi da fastidio che sto
cafone mi smanetti in mezzo alle gambe!» esclamai
improvvisamente.
«Shh,
stai calma» mi ammonì Tom, senza staccare gli occhi
allarmati dal telo.
«Fatto»
disse il dottore tornando fuori. «Ora, signorina, mi segua.
Respiri e spinga!» mi ordinò l'uomo ed io obbedii
urlando come mai avevo fatto prima. «Spinga!» ripetè
ed io stritolai la mano a Tom che non si lamentava, anzi, continuava
ad incoraggiarmi accarezzandomi la fronte ormai completamente
fradicia. «Ci siamo quasi!». Spinsi ancora con tutte le
mie forze, stringendo gli occhi, fino a che non sentii un pianto
liberatorio diffondersi in tutta la stanza. «E' una femmina!»
esclamò il dottore, prendendo la bambina e portandola a
tagliarle il cordone ombelicale.
Le
lacrime cominciarono a scendere da sole e sorrisi riprendendo fiato.
Anche
Tom piangeva, attaccando la sua fronte alla mia tempia e senza
staccare la sua mano dalla mia.
«Sei
stata bravissima, amore. Sei stata bravissima» continuava a
ripetermi baciandomi la guancia a piccoli intervalli.
Mi
illuminai vedendo una bambina piccolissima che veniva poggiata
delicatamente sul mio cuore.
I
nostri sguardi – il mio e della piccola – si incrociarono ed
immediatamente in me scattò un qualcosa di automatico ed
incredibilmente materno.
Una
sensazione a me del tutto sconosciuta.
«Che
bella» sussurrò Tom, continuando a piangere ed
accarezzando delicatamente con un dito la manina della piccola che lo
osservava curiosa e con la minuscola bocca socchiusa. «Vi amo
immensamente» sussurrò poi abbracciandoci, facendo
attenzione a non farle male, mentre posava le sue labbra sulla mia
tempia.
Sentimmo
bussare al vetro della finestrella ed alzammo lo sguardo.
Dietro
ad essa David, Bill, Georg, Gustav, Hellen, Isy, Anna e Saki ci
salutavano commossi e sorridenti.
Questa
era la famiglia che avevo sempre desiderato.
Che
non avevo mai avuto e che pensavo non sarebbe mai arrivata.
Potevo
finalmente dire di aver trovato definitivamente la mia felicità,
di poter cominciare un album fotografico della mia vita.
Giorno
dopo giorno avrei vissuto con entusiasmo, con serenità e con
tanto tanto amore... per Tom e per la piccola Lisa.
...
The end!
Eccoci alla fine anche di questo sequel ^^
Spero davvero che vi sia piaciuto anche quest'ultimo capitolo ^^
Ringrazio
immensamente tutte le persone che sono state tanto carine a commentare
ogni volta, quelle che hanno solamente letto, quelle che hanno messo la
storia tra i preferiti e le seguite...
grazie infinitamente!
Siete state davvero tutte fantastiche!
L'unica cosa che mi farebbe piacere in questo momento è trovare gli ultimi commenti su questo capitolo ^^
E' importante per me sapere se vi è piaciuto com'è finita la storia ^^
Se era questo il finale che vi aspettavate in qualche modo, se vi ha deluso...
insomma, qualsiasi cosa ^^
Vi saluto e vi faccio gli auguri per questo nuovo anno ^^
Io ho già festeggiato come una pazza e non riesco ancora ad andare a dormire nonostante io sia tornata adesso, alle 4 xD
Baci&abbracci <3
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