Capitolo III
Diagon Alley, 11 febbraio.
Ruben non era il Principe delle fiabe.
Non era senza macchia e senza paura: aveva partecipato al commercio
clandestino di oggetti oscuri e ci aveva guadagnato un mucchio di
soldi. Non era bello o avvenente, ma scuro, nerboruto e scontroso. Non
era ricco, se non di volontà. L’aveva salvata una
volta, non da un drago o un assassino, ma semplicemente da se stessa. E
non le aveva mai promesso nulla per il futuro tranne che
l’avrebbe aspettata; ma quella promessa non era stata
mantenuta.
O così lei aveva creduto. Fino a quel momento.
«Stavo ancora aspettando che venissi da me» le
rivelò, fissandola con un’intensità
tanto forte da ferirla.
«Ma io sono venuta!» replicò lei,
sconvolta. «Ti ho cercato ovunque, quando sono uscita di
prigione: la mia casa, la tua, Ilkley Moor…
ovunque!»
«Non potevo aspettarti in Inghilterra»
replicò lui, pacato. «Non finché ci
fosse stato un mandato di cattura sulla mia testa: se mi avessero
arrestato e tu fossi uscita di prigione non avrei potuto mantenere la
promessa.»
«La Nuova Moratoria…» mormorò
Marietta, improvvisamente consapevole. «Sei tornato quando
hanno dato l’indulto per tutti i crimini minori.»
Ruben annuì. «Ho visto la foto del tuo ritratto
sul giornale e sono venuto a vederlo approfittando della
Moratoria» confessò. «Ho pensato che se
non avessi voluto tornare da me, avrei potuto almeno vedere il tuo
volto in un quadro.»
«Io volevo venire da te!» replicò lei,
concitata. «Ma dove sei stato? Come potevi aspettarmi davvero
se eri in un posto che non potevo trovare?»
«Io sono sempre stato rintracciabile»
ribatté Ruben. «Ho lasciato il mio indirizzo nella
tasca del tuo mantello il giorno in cui te ne sei andata via da
me.»
Marietta batté le palpebre. Il mantello? Quale mantello?
Poi ricordò: prima di entrare in prigione indossava un
mantello nero che le aveva dato Ruben quando l’aveva lasciato
solo nella stanza del motel in Francia dov’erano fuggiti per
non farsi prendere dagli Auror. Che ne era stato di quel mantello?
«E’ uno degli abiti che non mi hanno mai
restituito!» esclamò, inorridita.
Ruben aggrottò la fronte. «Che cosa?»
«Quando sono entrata ad Azkaban mi hanno confiscato tutti gli
effetti personali tranne quelli di stretta necessità e nove
mesi dopo la maggior parte delle cose era sparita perché era
stata assegnata per errore ad altri prigionieri. Io non ho mai visto da
nessuna parte il tuo indirizzo!»
Ruben rimase un attimo in silenzio, come per assorbire
l’informazione. Poi alzò le spalle. «Non
ha importanza. Alla fine siamo qui lo stesso, no?»
Marietta sentì le lacrime salirle agli occhi. Ruben, il
saldo, impassibile Ruben che le aveva fatto da famiglia, da datore di
lavoro, da amico per tanto tempo era lì, di nuovo accanto a
lei. Ruben, che le era mancato tanto. Troppo.
Lasciò cadere il sacchetto con la cravatta di Oscar a terra
e lo abbracciò, affondando il viso nel suo torace.
«Sì» bisbigliò.
«Siamo qui.»
Ruben la circondò con un braccio.
E poi fu silenzio.
Un silenzio che durò molti, troppi minuti, perché
Jacques dovette venire a chiamarli quando fu l’ora di
chiudere la galleria. Uscirono insieme nell’atmosfera irreale
della sera, sospesa tra la nebbia spettrale e
l’oscurità lugubre che aleggiavano lungo le strade
di Diagon Alley.
«E ora?» chiese Marietta in un sussurro.
Ruben scrollò le spalle. «Possiamo
incamminarci.»
«Insieme?» chiese Marietta, dubbiosa.
«Se lo vuoi.»
Lei si morse le labbra, incerta. «Non so nemmeno io cosa
voglio, o anche solo se c’è qualcosa che
voglio… che voglio da te»
Silenzio. Poi Ruben chiese: «Non vuoi provare a
scoprirlo?»
«Come?»
Ruben le tese la mano. «Andando avanti.»
Un giorno Marietta aveva chiesto a Roger come si fosse innamorato delle
ragazze che aveva avuto.
Lui le aveva risposto nella lettera seguente: “Ci sono molti
modi di innamorarsi: alcuni sono improvvisi e violenti come onde che
s’infrangono su uno scoglio, altri lenti e impercettibili
come le maree.”
Ruben non era un uomo del quale innamorarsi a prima vista; un uomo con
il quale abbandonarsi completamente, senza riflettere; un uomo dal
quale lasciarsi conquistare senza esitazioni.
Ruben non era un Principe.
E la loro storia non era una fiaba.
Niente gesta, niente trionfi, niente impeti o sentieri idilliaci, ma
solo il cammino tortuoso della vita.
Marietta sorrise, ma non prese la mano di Ruben. Non ancora.
Gli fece semplicemente cenno di andare avanti.
«Ti seguo.»
Sono anni che ti aspetto, e ti aspetterò ancora, fino a
quando, finalmente, mi raggiungerai.
Fine.
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Un altro
bel finale aperto, alè.
Ora, qualcuno obbietterà che l'amore arriva da solo e non si
può cercare, ma io non credo che Marietta stia forzando la situazione: sta semplicemente lasciando scorrere il corso delle cose, dando una possibilità ad una delle persone più importanti della sua vita.
Poi come e quando si innamorerà di Ruben e, finalmente, lo
raggiungerà e gli darà la mano, be', è
un'altra storia. Chissà se mi verrà voglia di
raccontarla.
A ogni modo per ora è tutto.
Un grazie particolare a Giu per il supporto morale e a tutti voi che avete letto.
Arrivederci al prossimo guizzo d'ispirazione -o iniziativa di Fanworld
-potrebbe essere più vicino di quanto non pensi io o voi xD
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