CAP.31
EDWARD
Mi blocco e l’osservo, in silenzio.
Ha gli occhi chiusi, il viso proteso alla luce che filtra dalle
finestre, l’espressione serena. Il respiro è
lento.
Come lento e lieve è il battito del suo cuore.
«Sono sveglia. Continua, ti prego» mormora con gli
occhi sempre chiusi distesa nel letto al mio fianco, muovendo giusto le
labbra ma con un filo di voce.
Un sorriso accennato, tenta appena di alzare un angolo della mia bocca
che praticamente resta nella stessa posizione di sempre.
Gli unici sorrisi che si dispiegano sul mio viso sono tutti per gli
occhi di Bella, ma adesso i suoi occhi sono chiusi, e il mio animo non
è abbastanza paziente per ricercare
alcun senso di felicità fuori, ma soprattutto dentro di me.
Chiudo il libro lentamente:«Cime tempestose lo
conosci a memoria. Dovresti riposare, Bella» dico calmo.
Apre gli occhi e volta il capo per guardarmi in viso, roteandolo giusto
un po’ sul mio petto, sul quale è posato quasi
ventiquattro ore al giorno.
«Continua. Mi piace ascoltare il suono della tua
voce» dice dolcemente, battendo più volte le
palpebre e non posso fare a meno di scendere con le mie labbra sui suoi
occhi che faticano a restare aperti nel viso smagrito.
«Prova a dormire, ti farà bene» insisto
ma senza durezza, alitandole sui capelli.
Scuote lievemente il capo e resta in silenzio.
Nonostante la stanchezza estrema, Bella dorme pochissimo.
E il suo fisico ne è molto provato.
Sono trascorse due settimane, ossia un altro mese di gravidanza per
Bella secondo la teoria di Carlisle.
Teoria che, dal momento in cui Jasper ha percepito un primo bagliore
delle emozioni del feto, è andata ampliandosi di nuove
ipotesi.
Ovviamente il feto non è umano, ma già adesso
mostra caratteristiche proprie della nostra specie. A parte la forza,
di cui grazie a Dio non abbiamo più avuto testimonianze
drammatiche ad esclusione di altri lividi, abbiamo capito che
è capace di interferire con le percezioni di Alice.
E Jasper avverte ormai quotidianamente i suoi abbozzi di emozioni come
delle scosse che gli percorrono il corpo. Li sente con
facilità, come se stesse percependo uno di noi, e non un
umano. Inutile tentare di controllarle, essendo ancora troppo immature
e aspecifiche. Se non riconosce che tipo di emozione prova un soggetto,
Jazz non può tentare di influenzarla.
Contemporaneamente alle sue percezioni, compaiono le
emicranie lancinanti di Alice.
Carlisle ha identificato questi fenomeni come una specie di
sovrapposizione di campi magnetici: mentre con Jazz
c’è una sommazione di effetti, con Alice
c’è un interferenza percettiva.
Con me non accade nulla. Leggo nelle menti dei miei fratelli le
sensazioni che avvertono , ma nulla di più.
Bella è felice. Stanca ma felice. O almeno sembra.
Osserva l’affaccendarsi della mia famiglia intorno a lei e a
quello che viene ormai definito da tutti il bambino. Non
più feto,
e da parte mia non più cosa.
Ma bambino, no. Questo è al di là delle mie forze.
L’idea di un pargoletto paffuto, con gli occhi nocciola pieni
di vita e di gioia non riesce ad essere eletta nella mia mente come
l’immagine che non
mi sono fatto dell’essere che cresce dentro di Bella.
Semplicemente io l’ignoro.
Mi sforzo di considerare mia moglie come se fosse affetta da una grave
malattia e mi occupo di lei come se potesse guarirne, pur essendo
perfettamente cosciente che se davvero fosse ammalata, sarebbe in uno
stadio terminale di un terribile e infausto morbo, di quelli che non
lasciano alcuno scampo per i fragili corpi degli esseri umani.
E la mia illusione si nutre ogni giorno un po’ di
più.
Bella peggiora con una rapidità impressionante, ma la cosa
più strana è che la sua gravidanza sembra essere
entrata in una fase quiescente. Secondo le stime di Carlisle che
stabilisce il progredire della gravidanza dalla misurazione della
circonferenza del suo ventre, avrebbe dovuto prendere circa quattro
centimetri, ma ne ha presi quasi due. Se Bella fosse in buone
condizioni fisiche, questa sarebbe stata un’ottima notizia.
Invece, è solo un prolungamento della sua sofferenza.
Se il feto cresce con più lentezza, il periodo della
gravidanza sarebbe destinato ad allungarsi. Ma il cedimento
delle condizioni di salute di Bella rischia di togliermi anche il poco
tempo che Carlisle aveva preventivato essere a nostra disposizione.
Il
“dubito” che supererai un altro mese è
diventato un “sicuramente”.
Ogni istante che passa, lo trascorro con lei.
E sospetto che lei non voglia dormire per non ridurre ancora di
più i giorni che il destino ci ha beffardamente
concesso.
Bella è felice. Eppure nei suoi occhi scorgo spesso un lampo
d’angoscia mentre mi guarda, pur se tenta in ogni modo di
mascherarmelo.
E’ spaventata. Ma non dalla sofferenza che sopporta ogni
giorno o da quella che l’attende. Non quella fisica, almeno.
La paura che le leggo in viso è più sottile.
Teme la parola fine.
Anche il dolore lo sopporta con stoicismo, senza lamentarsi mai.
Perché se soffri significa che sei vivo. Ancora.
E lei vuole vivere. Sebbene Carlisle la nutra endovena, ogni giorno
ingurgita tutto ciò che il suo corpo riesce a trattenere e
che Esme le prepara con amore e solerzia.
E’ convinta di farcela, di riuscire ad arrivare al termine
della gravidanza e di resistere fino alla trasformazione.
Non vuole lasciarmi.
E, sebbene sappia che niente lo impedirà, non l’ho
mai contraddetta.
Sospira profondamente e chiude gli occhi per un lungo istante.
«Da quando non vai a caccia?» mi chiede.
Con un dito le scosto una ciocca di capelli che
l’è ricaduta sulla fronte, portandola indietro,
verso il cuscino :«Non preoccuparti di questo, non sono
così assetato».
Ovviamente non è la completa verità.
Solo due volte sono andato a caccia da quando abbiamo riportato Bella a
casa dall’ospedale. Ma allontanarmi da lei è fuori
discussione. Non fino a quando non si renda davvero indispensabile.
«Oh, allora dovresti riposare
un po’… hai due occhiaie da far paura» e
il suo corpo viene scosso da quella che dovrebbe essere una risata, ma
che in realtà è una tosse convulsa.
Le faccio scivolare una mano dietro la schiena e la alzo un
po’ verso l’alto, liberandola dalla compressione
della posizione supina e ottenendo una migliore respirazione.
Contemporaneamente, nel tono più spontaneo che riesco a
costruire a suo beneficio, le dico:«Spiritosa …
vorrà dire che lo farò quando lo farai anche
tu».
Le avvicino un bicchiere d’acqua alle labbra. Mi lancia uno
sguardo di gratitudine e lascia che qualche goccia del liquido passi
nella sua bocca, per poi riposare la schiena sul letto, esausta.
Non stacca gli occhi dai miei, sembra volermi entrare dentro. Con una
mano, mi sfiora la tempia e con la punta del dito disegna il tratto del
mio viso che scende fino alla mascella:«Non l’avrei
mai detto, ma vorrei che potessi leggermi la mente» sussurra.
Muovo appena il capo in modo da catturare il suo dito tra le mie labbra
e lasciarci un piccolo bacio:«Anche io» ammetto e
mi costa un po’ farlo «forse … forse non
saremmo a questo punto se ne fossi stato capace».
Aggrotta leggermente la fronte:«Edward non devi sentirti in
colpa. Io ho più colpe di te … Se avessi
… » sospira «se fossi stata in grado di
parlare delle mie insicurezze con te, io
…»
«Shhh» e le bacio con delicatezza la fronte ancora
corrucciata:«Tu non devi rimproverarti nulla, Bella. Sei la
cosa migliore che mi sia mai capitata in cento anni e se tornassi
indietro non cambierei nulla, te lo giuro, nulla
…» mi scosto giusto il necessario per perdermi nel
suo sguardo, più vivo e acceso che mai.
Si morde il labbro inferiore, gesto istintivo di quando è
nervosa, ma poi si ferma, ricordando che ha ancora una cicatrice da far
rimarginare e arriccia il naso in una smorfia.
Inclino il capo e accolgo il suo labbro martoriato fra le mie labbra
con dolcezza:«Non essere turbata, amore» le soffio
piano ancora sulla sua bocca, mentre la sua mano sale fino alla mia
nuca e le sue dita si infilano tra i miei capelli.
Immerge la testa nel mio collo, portando la sua guancia
nell’incavo della mia spalla e rivolgendo il viso al mio.
Quando sussurra, il suo fiato tiepido si scontra sulla pelle della mia
mascella e piccoli brividi, come mille scariche elettriche mi
percorrono ovunque.
«Non sono turbata» dice «pensierosa,
piuttosto» e sento le sue labbra distendersi in un sorriso
sulla mia pelle.
«Mmm … in effetti sento il rumore delle rotelline
del tuo cervello che si sono messe in moto … Vuoi rendermi
partecipe di queste tue riflessioni?» le chiedo con dolcezza.
Annuisce con il capo, in silenzio.
Ma in silenzio resta per due minuti ancora. Attendo senza muovermi,
carezzandole piano la schiena da sopra il pigiama con movimenti lenti.
Poi, tira un breve respiro e dice calma:«Se
…» deglutisce «… se non
dovessi farc…» si blocca con la voce rotta e un
dolore acuto come una stilettata in pieno petto mi costringe a chiudere
gli occhi per un attimo e a concentrarmi intensamente per non
modificare il movimento della mano sulla sua schiena
«… se non fossi molto in forma dopo il
parto, vorrei che tu mi facessi una promessa» dice quindi,
costringendosi a mantenere la voce ferma.
I muscoli della mascella si tendono istintivamente, perché
so cosa vuole che le prometta. O meglio, so che avrà a che
fare con il … feto
e so che ho giurato a me stesso che non le avrei mentito mai
più.
Dunque so che non posso promettere.
Attende che le dica qualcosa. Attende il mio assenso.
«Cosa?» dico senza inflessioni, atono.
La sento rabbrividire tra le mie braccia e maledico il mio senso di
lealtà, caratteristica sconosciuta ai più,
soprattutto agli appartenenti della nostra specie, ma ormai
irrimediabilmente radicata in me.
Ma Bella da me merita solo la più completa
sincerità. Niente di meno.
«Vuoi che non mi dia alla pazza gioia con Emmett, sulle
tracce dei più temibili orsi del New Hampshire per
distrarmi?» aggiungo con voce più leggera,
cercando di stemperare la tensione che ho contribuito a creare con il
tono della mia domanda precedente.
«Vinceresti tu» dice lei sussurrando sul mio collo,
sempre nascondendomi il suo sguardo «sei il più
veloce»
«E’ vero. Ma lui è il più
forte» concludo io sorridendo.
Resta per un lungo momento in silenzio.
«Anche tu sei forte, Edward. Sei la persona più
forte e generosa che abbia mai conosciuto» prosegue in tono
serio ed emozionato «e sei speciale: buono, coraggioso,
giusto».
Mi paralizzo all’istante, mentre un nodo comincia a
stringersi intorno alla gola.
Lei sospira tremante, poi continua:«Io non ti
lascerò mai, Edward. Anche se non dovessi più
essere qui, staremo sempre insieme. Continuerò ad esistere
… continuerò a vivere …
nel nostro bambino».
Sento che trattiene il fiato, mentre aria dentro di me non entra e non
esce. La mia mente non riesce ad elaborare le sue parole, si rifiuta di
lasciarle entrare, di permettere che diventino pensieri e che siano
plausibili.
Plausibili pensieri di morte.
Sono accanto a mia moglie. E stiamo discorrendo - lei discorre - sulla
fine della sua vita. Sulla fine di ogni cosa. Sulla fine di tutto.
Per me nulla avrà più un senso. Ma non per lei.
Ed è per questo che i miei occhi si chiudono prima ancora
che Bella avanzi la sua richiesta. E’ quasi inutile anche che
la pronunci, avendo già perfettamente inteso quale sia il
suo obbiettivo.
Se lei è lo scopo della mia esistenza, nel momento in cui
non ci sarà più, pensa bene di assicurarmi
un’altra ragione per continuare a vivere.
«Devi prenderti cura di lui,
Edward» soffia piano sulla mia pelle, accentuando la sua
debole presa sul mio torace «se non ci sarò
più, gli rimarrai solo tu e tu avrai solo lui. Dovrete
essere l’uno per l’altro».
Sento che alza il capo dalla mia spalla per fissarmi in viso, ma non
apro gli occhi.
Non posso.
Non posso guardarla in viso sapendo che non potrei mai onorare questa
promessa.
Il tocco delle sue dita gentili sulla mia guancia è come una
lieve carezza di una piuma delicata e, come ogni volta, la mia pelle
vibra a questo contatto.
La sua voce è timida e dolce, mentre sussurra il mio nome e
la punta delle sue dita mi sfiora le palpebre, invitandomi a guardarla.
Scuoto lentamente il capo. Non voglio essere brutale, ma devo essere
sincero. Glielo devo.
E’ in quel momento che al piano di sotto il telefono inizia a
squillare.
BELLA
Apre finalmente gli occhi, ma invece di osservare me, il suo sguardo
saetta immediatamente oltre la mia persona per poi fissarsi in un punto
della porta.
Non so con precisione cosa provi in questo momento – i suoi
occhi mi sfuggono – ma non è poi così
necessario che parli per saperlo.
Lo so. E’ stupido da parte mia, considerando che è
stato proprio il silenzio a complicare enormemente la nostra
già difficile relazione, ma in questo caso non si tratta di
un malinteso da chiarire.
In queste due settimane trascorse per lo più a letto, tra le
braccia di mio marito, ho riflettuto moltissimo. Soprattutto sulle
parole di Rosalie.
E allora, la maggior parte dei comportamenti di Edward mi è
apparsa sotto una luce nuova.
E’ premuroso, attento, presente. Sempre gentile, delicato. E
anticipa sempre di un battito i miei desideri e le mie
necessità.
L’ho osservato.
E ho capito cosa c’è che non va.
Non parla più con nessuno, nemmeno con il pensiero. Nessuna
risposta sospesa ad una domanda che non avrei mai potuto udire
perché letta da Edward nella mente di uno dei suoi
familiari. Nessuna interazione di alcun tipo nemmeno con Alice, che lo
osserva almeno quanto me, ma con nel viso di gesso
un’espressione tormentata, evidente come un’insegna
al neon, ma chiaramente ignorata da Edward.
Perché ha a che fare con lui. E riguarda il suo futuro.
Edward è presente ogni giorno solo per me. Ma per nessun
altro. E’ come se tutto il resto non avesse più
alcuna importanza, come se il centro dell’universo fossi io.
Ma solo io.
Non il nostro bambino.
Mai, mai ho visto i suoi occhi posarsi sul mio ventre, nemmeno per
sbaglio, nemmeno per distrazione.
E la cosa non è naturale. Più gli altri rivolgono
un’attenzione a me e al bambino, più la sua
indifferenza diventa palese. Ostentata quasi. Come se non esistesse
nemmeno.
I miei tentativi di portare il discorso su questo argomento con lui
vengono puntualmente sviati.
“…
il bambino sarà la causa della morte del suo amore. Pensi
che proverà amore verso di lui?”
Rosalie aveva colto un aspetto fondamentale. Ed io ho capito nel corso
dei giorni quanto vere siano state le sue considerazioni.
Con questa gravidanza, all’inizio ho creduto di aver
finalmente trovato lo scopo della mia vita.
Ho visto la giustizia e la correttezza nell’ordine delle cose
che mi era sempre sfuggita prima. Il nostro bambino era il frutto di
questo amore così impossibile, così irrazionale
che aveva avvicinato me ed Edward contro ogni possibile logica.
Abbiamo lottato contro questo amore, ferendoci e soffrendo con lui,
vittime delle nostre pulsioni e schiavi delle nostre paure.
Il nostro bambino è riuscito dove nessuno avrebbe mai
potuto, unendo ghiaccio e fuoco, perfetto e imperfetto, vampiro e umana.
Non c’è più il giusto e
l’errato.
In lui
tutto si annulla.
Perché solo un’umana come me avrebbe potuto
generare un miracolo come questo insieme ad Edward. Né
Rosalie con la sua algida bellezza, né Alice con i suoi
poteri, né Esme con tutto il suo amore materno.
La perfezione è perfezione. Non cambia, non muta.
E’ sospesa, congelata nell’immobilità
dell’eternità, che scorre ma che non passa mai.
Io, fragile umana invece, posso. Posso cambiare. Il mio corpo
può mutare, può adattarsi –con
difficoltà, ma può – allo sviluppo di
un nuovo essere.
Io posso dare ad Edward qualcosa che lui non potrà mai
donarmi.
La vita.
Ma questa mia consapevolezza non ha pervaso anche il suo animo.
Ed è per questo che ogni giorno obbligo il mio corpo a
nutrirsi, costringo la mia mente a pensieri positivi, allontano da me
l’idea della fine.
Io non devo morire, non posso. Non ancora.
Devo riuscire a trascinare il mio corpo per il maggior tempo possibile,
nelle migliori condizioni per affrontare il parto e la trasformazione.
Perché mai come adesso, non sono disposta a dire addio ad
Edward.
Perché adesso, io voglio vivere.
Ma tutte le mie riflessioni si scontrano con la realtà dei
fatti, realtà a cui devo essere preparata comunque e a cui
devo fare in modo lo siano anche gli altri.
Anche Edward.
Stamattina, mentre lui leggeva disteso al mio fianco, la vista mi
è mancata all’improvviso. Non è durato
molto, forse qualche minuto. Il tempo sufficiente a farmi capire quanto
tutti i miei sforzi, tutte le mie speranze possano essere
inconsistenti, e cancellabili da un colpo di spugna.
Il mio cuore ha spiccato il volo e solo l’assenza di respiro
e l’aumento impercettibile della stretta del braccio di
Edward, ignaro di tutto eccetto che di questa reazione incontrollabile
del mio corpo, mi hanno dato conferma ulteriore della
fragilità delle mie condizioni di salute.
Non sono state necessarie parole per comunicarmi la sua profonda
angoscia, evidente dal senso di attesa per la successiva, possibile
reazione del mio corpo, e dalla difficoltà nel rilassare i
muscoli del suo.
E allora ho chiuso gli occhi, immaginando di aver creato il buio
intenzionalmente e lasciandomi cullare dalle carezze vellutate della
sua voce.
Quando li ho riaperti ho visto davvero quanto breve rischia di essere
il tempo a mia disposizione per far comprendere ad Edward la sua
importanza in tutta questa storia, per fargli capire che il centro
dell’universo non siamo più né io
né lui, entità distinte destinate a rimbalzare
l’uno contro l’altra nel tentativo di avvicinarci,
ma il bambino.
E noi con
lui.
E’ per questo che ho raccolto il coraggio a due mani e gli ho
chiesto di promettermi di prendersi cura di lui e di se stesso,
se …
Mi riscuoto sentendolo mormorare parole incomprensibili verso la porta.
«Edward …» sussurro esitante cercando di
attirare la sua attenzione. E’ concentrato nel cogliere
qualcosa d’inafferrabile per le mie orecchie.
«Edward …» riprovo, alzando una mano
verso il suo viso, sulla fronte lì dove tutti i pensieri si
condensano in un'unica, piccola increspatura.
«Il telefono» dice, riportando lo sguardo su di me
«è per te. E’
Helèna»
Batto le palpebre nel goffo tentativo di riavermi dalla sorpresa.
Non ho sentito squillare l’apparecchio.
Che stia perdendo anche l’udito?
«Non me ne sono accorta …» mormoro
confusa e mi pento immediatamente.
Se comincio ad avere anche delle cedevolezze sensoriali, di certo non
è una buona mossa renderne partecipe Edward.
Ma lui non sembra scomporsi
minimamente:«Rosalie» e subito dopo prosegue
«ha ridotto il volume della suoneria al minimo per non
disturbare il tuo riposo»
«Oh» e vorrei aggiungere “salvato dallo
squillo del telefono”, ma la sua espressione truce mi
dissuade dal farlo.
Nello stesso istante, senza che i suoi occhi lascino i miei,
dice:«E’ sveglia. Puoi entrare» e la
porta si apre silenziosamente.
Una Esme, apparentemente il ritratto della serenità, entra
silenziosamente reggendo il cordless in una mano e un
bicchiere su un vassoio nell’altra in perfetto
equilibrio:«Ti ho portato un succo d’arancia cara.
Bevilo, ti farà bene»
La ringrazio con un sorriso, mentre poggia il succo sul comodino e mi
avvicina il telefono che cerco di afferrare con molta cautela per non
manomettere il delicato groviglio della flebo, ma Edward mi anticipa e
lo prende per primo.
Attende che mi sia sistemata aiutandomi con delicatezza ad appoggiarmi
ai cuscini in una posizione semiseduta, mentre la coperta beffardamente
scivola verso le gambe scoprendomi la pancia in tutta la sua
prominenza. Trattengo il respiro, quasi avessi paura di offenderlo con
questa chiara manifestazione dell’unica cosa che invece di
unirci, sembra solo dividerci ancora di più.
Ancora una volta.
Ma lui, con noncuranza, riafferra il bordo della coperta e lo
tira su, quasi sovrappensiero.
Avvicino il telefono che mi porge, all’orecchio e gli lancio
uno sguardo mentre lo vedo appoggiarsi comodamente ai cuscini al mio
fianco e prendermi la mano libera, quella su cui è stata
applicata la flebo.
«Pr...pronto» e la voce mi esce bassa e rauca.
Cerco di schiarirmela e ripeto più
decisa:«Pronto»
«Bella! Sono
Helèna, Bella. Come stai?» la voce
squillante di Helèna è allegra e felice.
Di riflesso un senso di colpa enorme mi invade. Sono stata ingiusta con
lei, non l’ho nemmeno chiamata per informarla delle mie
condizioni –per quanto la situazione me lo permettesse
– ma soprattutto per ringraziarla di tutto quello che ha
fatto per me.
«Helèna ti chiedo perdono» comincio
«non mi sono fatta più sentire, non ti ho dato
più notizie …»
«Oh, non
preoccuparti! Ci ha pensato tua sorella Alice a tenermi informata. Ogni
volta che pensavo di chiamarti mi chiamava sempre lei un attimo prima,
manco l’avesse saputo! Siamo decisamente in sintonia»
e una risata cristallina dall’altro lato fa eco alla mia
bocca mezza aperta.
Lancio un’occhiata ad Edward che lui non ricambia mentre
continua a giocare con le dita della mia mano.
«Sai, mi ha
anche risparmiato un inutile viaggetto fin lì, quando
insieme a Paul avevamo deciso di venire a farti visita. Ma lei mi ha
telefonata proprio la mattina dicendomi che saresti andata in ospedale
per qualche giorno per degli accertamenti»
Alice … difficile prenderla di sprovvista. Penso,
cominciando a chiarire alcuni dei momenti di buio della mia
“convalescenza”.
«Sì … infatti» mormoro, un
po’ in contropiede in questa strana conversazione.
«E’
tutto a posto? Ci sono mica problemi con la gravidanza?»
mi chiede un po’ allarmata.
«No … cioè sì …
sto bene. La … gravidanza procede bene» sussurro
in un alito di voce e lancio un’altra occhiata ad Edward, che
sembra sempre rilassato come se io e la mia amica stessimo discorrendo
del tempo.
«Bene, ne sono
contenta» afferma convinta «ti confesso che ero un
po’ in pensiero sapendo che ti stavi riprendendo, ma che ogni
volta che ti chiamavo eri o addormentata o a fare qualche esame.
Credevo … » sussurra abbassando
inutilmente il tono della voce «… che ci fossero dei
problemi, che non ti fosse permesso rispondere».
Si zittisce di colpo, come se temesse di aver parlato troppo o a
sproposito, ma poi continua:«Me lo diresti, vero Bella, se
fosse così?» mi chiede quindi, con
evidente sforzo, ma con la determinazione nella voce.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime, ma le ricaccio indietro e con il
tono più fermo che posso rispondo:«Certo. Certo
che te lo direi, Helèna» e faccio giusto in tempo
a terminare la frase prima che la voce mi si spezzi.
Continuiamo a parlare per un po’ in terreno neutro. Mi
racconta di lei, di Paul e dei loro futuri progetti di matrimonio con
un po’ di imbarazzo, ma con genuino entusiasmo fino a quando
la conversazione comincia a languire e mi rendo conto che
c’è altro che vorrebbe dirmi, ma che non trova il
coraggio per farlo.
Sto quasi per chiudere la conversazione, appellandomi ad una improvvisa
stanchezza che non devo nemmeno fingere più di tanto, quando
la sento emettere un sospiro profondo e dire:«Fra qualche settimana verranno
le mie sorelle, ne approfittano per trascorrere il Natale qui ad Hanover»
La notizia mi lascia leggermente perplessa, come se nascondesse un
messaggio che purtroppo non riesco a cogliere, perciò opto
per un commento di cortesia. Helèna tentenna un
po’, poi aggiunge:«Vengono anche per la
presentazione dei progetti di economia. Jensen ha fissato la data della
conferenza»
Al nome del professore di economia le dita di Edward si bloccano sulla
mia mano e sento che il suo braccio intorno alle mie spalle si
irrigidisce. Ma è un attimo, subito dopo riprende ad
accarezzarmi il dorso con il pollice.
«Ah» dico solo e dato che lei resta in silenzio,
aggiungo «sono contenta per te. Hai lavorato tanto
Helèna, meriti il giusto riconoscimento» e la mia
voce è serena.
«Anche tu
Bella. Hai lavorato più di me e so quanto ci tenevi al tuo
progetto» esita ancora un momento e poi dice
«credo che il
professor Jensen sarebbe felice se tu intervenissi»
Lo sguardo mi si punta su Edward che invece osserva le nostre mani
intrecciate, con attenzione:«Io non credo sia …
possibile»
Fra qualche settimana,
potrei non avere nemmeno la forza di reggermi in piedi …
«Non mi sono ancora ripresa del tutto e … il
progetto non era completo e …»
… potrei non
essere più viva.
«… potrei non essere più qui»
prendo un respiro «ad Hanover intendo. Abbiamo intenzione di
trasferirci»
«Oh, Bella!
Andrai via? Quando? Dove?» comincia a subissarmi
lei senza riprendere fiato nemmeno una volta.
«Credo che torneremo a Forks. Vorrei trascorrere il resto
della gravidanza tra i miei familiari che sono lì»
dico rapida, complimentandomi mentalmente per la fermezza della mia
voce nel raccontare una bugia così, su due piedi.
Sono migliorata molto.
«Capisco»
dice lei un po’ mogia «ma ci manterremo in contatto,
vero? E ci saluteremo prima che tu parta, no?»
«Ma certo!» esclamo imprimendo alla mia voce la
giusta carica di entusiasmo.
Decisamente,
sono migliorata molto.
Il sospiro che sento, seppur lieve, non mi sfugge.
E proviene da Edward.
Concludo la telefonata rapidamente, salutando la mia amica e
promettendole per l’ennesima volta che ci vedremo presto.
Quando la mia voce finalmente tace, lui mi sfila con dolcezza il
telefono dalla mano riponendolo sul comodino, girandosi poi verso di me
con espressione seria.
Ecco,
penso, qui mi ci
vorrebbe la sua capacità di leggere nelle menti altrui.
«Mi dispiace» dice solo e non un muscolo del suo
corpo si muove.
E’ immobile, come una statua di sale.
Mentre io lo osservo, incerta su quale sia realmente
l’oggetto del suo dispiacere, il suo sguardo di ghiaccio
sembra vacillare per un secondo. Per un attimo, vedo nei suoi occhi
tutto il tormento di un uomo divorato dal senso di colpa, angosciato
fino all’inverosimile. Un uomo per cui il tempo davanti a
sé è diventato un peso insopportabile,
un uomo che arde vivo sul rogo.
E capisco quanto sia grande il peso che, mio malgrado, gli chiedo di
sopportare ogni giorno stando al mio fianco.
E che gli ho chiesto di sopportare per il futuro.
La mia mancanza.
Per un attimo, solo per un attimo, mi chiedo cosa farei io nella
situazione inversa e tremo, conoscendo la risposta.
Smarrita, confusa cerco di trovare le parole giuste. Quelle che gli
diano l’esatta portata del mio amore per lui, quelle che
devono convincerlo a vivere.
Quelle che gli diano la speranza.
Perché se lui è me ed io sono lui,
c’è solo una cosa che può spingere
Edward ad accettare l’eventualità di una nostra
separazione, con questa rassegnazione apparente che gli leggo in viso
da quando ha conosciuto le mie decisioni riguardo il bambino.
Il refrigerio di un destino comune. Una separazione che sarà
solo temporanea.
E’ in questo momento che, guardandolo, capisco quali sono le
sue intenzioni.
Apro la bocca per parlare, ma lui mi precede e posa delicatamente un
dito sulle mie labbra, impedendomelo. Mi fissa negli occhi,
intensamente. Poi, come se fossimo rimasti congelati al
momento in cui ho avanzato la mia richiesta, prima della telefonata di
Helèna, dice:«Non chiedermelo, Bella. Non farlo,
ti prego. Non condannarmi ad un’esistenza di buio
… senza di te. Tu non sai quello che la tua richiesta
implicherebbe, non puoi avere idea di come possa essere lunga
l’eternità, specie se non potrò averti
al mio fianco. Hai scelto della tua vita, ma non togliermi la
possibilità di fare altrettanto con la mia».
Resto immobile, incapace di rispondere, né di abbassare lo
sguardo dai suoi occhi limpidi e ardenti.
Mi sta pregando di lasciarlo morire. Di non strappargli una promessa
che lo vincolerebbe alla vita contro la sua volontà. Ancora
una volta.
A tentoni cerco il libro abbandonato sul copriletto. Mi lascia fare. Lo
afferro e velocemente cerco la parte che mi interessa.
Con voce tremante, cito:”Il
mio pensiero principale nella vita è lui. Se tutto il resto
perisse e lui restasse, io continuerei ad essere; e, se tutto il resto
persistesse e lui venisse annientato, l’universo mi
diverrebbe estraneo; non mi sembrerebbe di farne parte. Il mio amore
per lui è simile alle rocce eterne ai piedi degli alberi;
fonti di poca gioia visibile, ma necessarie. Io sono lui, lui
è sempre, sempre nella mia mente, non come un piacere,
così come io non sono sempre un piacere per me, ma come il
mio stesso essere: dunque, una nostra separazione è
impossibile …”
«Ecco» dico e la mia voce sembra calma, serena.
Come se queste parole fossero la chiave di tutto, come se avessero la
forza per risolvere tutto. «Non saprei come dirlo
meglio».
Osservo la sua espressione ancora più addolorata, stanca,
ormai chiaramente, senza che nulla si frapponga a mascherarmi il suo
reale stato d’animo.
E mi sento piccola di fronte all’enormità della
sua sofferenza, forse anche cattiva, come se andarmene in un fulgore di
gloria dando alla luce il nostro bambino fosse una
meschinità troppo crudele da infliggere ad un cuore
così puro come quello di Edward.
Lui mi osserva, commosso.
E mentre con una mano mi sfiora la guancia, si abbassa verso di me,
avvicinando le labbra al mio orecchio e, a memoria, comincia a
citare:”Baciami
ancora, e non lasciarmi vedere i tuoi occhi. Io ti perdono per quello
che hai fatto a me. Io amo il mio carnefice; ma il tuo? Come
potrò?”
NOTA
DELL’AUTRICE: Un grazie di cuore a tutti. L’ultima
settimana è stata molto difficile e chi mi segue su twitter
sa perché. Adesso la situazione è migliorata,
anche se continuano i problemi di connessione e non sono riuscita a
mettermi in contatto con chi mi ha chiesto notizie e con chi mi ha
inviato messaggi di conforto, per rispondere e ringraziare.
Sappiate che nei brevi
momenti in cui sono riuscita a connettermi ho letto ogni messaggio su
fb, ogni tweet, ogni mail che avete voluto regalarmi e mi avete dato un
enorme sostegno.
Quando mi si toccano gli
sgorbi mi prende il panico.
Quindi questo capitolo
è per voi tutti.
Confusina_94:
eh, eh …dillo che alla fine ti ho stufato con tutta questa
angoscia… :PPP. Ihihihihi Baci cara XD
rensmee iky:
Ciao XD E’ un piacere conoscerti. Beh, ti sei tirata tutti i
capitoli insieme…che dire se non grazie? E grazie dei
complimenti, naturalmente…:P
00Stella00:
In effetti Edward capisce che questo piccolo ha già una
coscienza perché Jazz avverte il suo primo abbozzo di
emozione, e lui ne resta turbato, perché è
più facile avercela contro un mostro e un essere che si
considera inanimato, piuttosto che contro qualcosa che già
appare più “umano”. Grazie di tutto XD
VampGirl: Si,
anche Alice avrà la sua parte … E sì,
ti capisco quando dici che non riesci a concepire come un uomo possa
pensare che sia il bambino ad uccidere la propria genitrice. Ma
è un dato di fatto, non possiamo negarlo. A volte capita, ma
il punto cruciale è che, secondo me, non si tratta affatto
di un sacrificio. E’ questo che un uomo non riesce a capire.
Un bacio affettuosissimo XD
arual93: Cara
Laura…in effetti sei un po’ duretta con
Rose…provare sentimenti negativi fa parte di noi,
è naturale…se Rose fosse stata troppo baci e
abbracci, non sarebbe stata credibile, non trovi? E, a ben guardare, il
suo desiderio di diventare mamma deve essere davvero enorme se si
“abbassa” a chiedere una cosa del genere a
Bella…Baci, cara XD
piccolinainnamora:
Grazie cara XD Si il bimbo ha qualche potere. E come potrebbe essere
diversamente in questo mondo di magia?!
harley1958:
Sì, in fondo (molto in fondo) io credo anche
nell’istinto paterno, o meglio credo che spesso molti uomini
ricevano dalla vita dei doni che nemmeno si aspettavano, e quasi contro
la loro stessa volontà… Baci cara e a presto
rodney: Cara
Simona! Non preoccuparti se non riesci a recensire spesso come
vorresti, nemmeno io riesco per storie molto più valide
della mia e ti giuro che me ne dispiace tantissimo…Quindi ti
capisco benissimo. Allora, per rispondere alla tua domanda,
sì, il comportamento di Rosalie è strano,
così come in BD, ma è un personaggio che secondo
me è stato un po’ sottovalutato.
L’universo Rosalie è complessissimo…
non credo che sia diventata improvvisamente amica di Bella, ma
è mossa sicuramente da egoismo.
Però…è una donna, come può
non ammirare un’altra donna che si dona con tutta se stessa
per il proprio bambino? Sicuramente influenzeranno le sue decisioni
ance dei sentimenti di compassione e solidarietà femminile,
come al solito un personaggio deve essere visto in tuttotondo e non
solo da una angolazione. Spero di essermi spiegata come avrei voluto.
Grazie di tutto, cara. Un bacione :***
beta persei:
Grazie, grazie e grazie. Solo una mamma può scriverne, non
saprei, ma che le mie parole siano comprensibili come voglio da parte
dei lettori mi riempie di gioia XD Bacioni XD
lisa76: Ciao
LisaXD In questo capitolo spero di aver risposto a qualcuna delle tue
domande…per il fatto che Edward non avverta
nulla…la ragione c’è e non è
casuale. Baci XD
Lizzie95:
Cara :*** Grazie infinite. Sì, il capitolo passato era
tosto, ma è stato uno di quelli che ho scritto con
più piacere. Rose non è tra i miei personaggi
preferiti (se hai fatto attenzione, avrai anche capito chi è
il mio personaggio preferito…ù.ù), ma
trovo che sia molto interessante e controverso, quindi ottimo
materiale, pur se difficile da rendere. Spero di esserci riuscita come
volevo…. Un bacione XD
twilighttina:
Ohhh anche tu autrice! Beh, farò un salto presto, promesso
XD Grazie infinite XDD
garakame:
Ahhhh e qui casca l’asino!! (vecchia battuta del mio fu
Professore di Storia e Filosofia mila mila anni fa….). Hai
centrato un aspetto fondamentale, che anche io mi sono sempre
chiesta… è giusto dare la vita comunque, anche se
non si potrà seguirla nella crescita?Ti confesso che una
risposta ancora non me la sono data, ma penso che mai, mai permetterei
al mio benessere di prevaricare quello di uno dei miei figli. Sta da
vedere quale sia realmente il loro benessere. Fare la madre non
è facile … io spero di fare del mio meglio,
questo sì. Bacioni XD
Piccola Ketty:
GraSSie cara…e non scusarti per le NON
recensioni…lo so che mi segui sempre con accanimento e sono
felice di riuscire a soddisfarti ogni volta… Grazie :***
RenEsmee_Carlie_Cullen:Ehm…spero
che non mi ucciderai…ma vi ho promesso il lieto fine, sudato
è vero, ma ci sarà. Baci :***
yle94: Non
posso dire nulla…ma la gravidanza non sarà uguale
a quella di BD. Baci XD
sily85:
Querida…:***** Pare che finalmente la telecom, mossa a
compassione, mi abbia esaudita -.- Pare. Grazie per i complimenti e per
il pensiero…:adoro:
grepattz:
Ya…Rose non è riuscita molto in là, ma
la verità si viene sempre a sapere, no? Credo che il
soprannome che mi darete sarà
“angoscia”…:ammicca: Baci cara :***
keska: Oh
tesoro, le tue recensioni mi spiazzano! Si, di Rose abbiamo avuto una
visione più dettagliata in questo capitolo, i personaggi
controversi sono la mia passione…stuzzicano incredibilmente
la mia inventiva…Grazie come al solito per tutti i tuoi
complimenti e non temere, che il lieto fine è dietro
l’angolo…:***
lilly95lilly:mmmm
per il sesso del nascituro si accettano scommesse. Sappiate che io ho
una predilezione per le femminucce, ma che i miei sgorbi sono
maschietti -.-‘ Chissà? Baci XD
Non mi dilungo
ulteriormente, ma perdonatemi ancora per i miei tempi biblici.
Baci a tutti voi.
M.Luisa
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