Uscì
dallo spogliatoio, ravvivandosi
i capelli, si stiracchiò sentendosi ora decisamente meglio.
Alzò lo sguardo al
cielo, per notare che malgrado ci avesse messo tanto tempo, il sole era
ancora
alto. Sorrise, incamminandosi in direzione dei campi sportivi e quando
fu in
prossimità di questi, non ebbe nemmeno il tempo di
realizzare cosa stesse
accadendo che la figura di Natsu le era già piombata
addosso, spalmandola a
terra.
«Himichan!»
si lamentò, corrucciando
lo sguardo come un bambino offeso «Perché ci hai
messo tanto? Ti sei persa la mia gara!». Lei lo
guardò con
un cipiglio, mentre le guance si tinsero di un delizioso color porpora,
realizzando che il viso del biondo stava a pochi centimetri dal suo e
la sua
mente già elaborava strani pensieri su quanto fossero
invitanti le sue labbra.
Cercò
di allontanarlo, ma lui sembrava essersi avvinghiato saldamente a
lei e al terreno, così che ogni tentativo fu del tutto
inutile. «Uhm, sì...
ehm... e com'é andata?» chiese titubante, cercando
di guardare ovunque,
tranne che il suo viso così vicino. Lui sorrise a trentadue
denti, le prese il
volto tra le mani e strofinò il naso contro il suo, in uno
slancio d'affetto «Ho vinto!» esultò
trionfante, alzandosi infine e tirando su anche lei.
«Davvero? Oh, wow! Grande!» sorrise davvero
contenta per il biondo,
nonostante l'imbarazzo che ancora non accennava a lasciarla.
«Sì, sì,
modestamente, sono troppo un Dio nei mille metri.»
sghignazzò, prendendo poi
con due dita il laccio blu che teneva appesa al suo collo la medaglia
d'oro e
lo alzò, in modo da farla dondolare ad altezza del suo viso.
«Visto che
brilla?». «Sì sì, lo
vedo… ma stai pur certo che se avessi partecipato
anch’io,
non la porteresti così fieramente al collo ora!»
gli fece una linguaccia,
ridendo divertita, mentre Natsu assumeva un tono di sfida.
«Vogliamo
scommettere?» la provocò, indicando un albero che
stava ad un centinaio di
metri da loro. «Giochiamocela. Se vinco io, tu dovrai darmi
un premio a mia
scelta, senza possibilità di opporti.». Himiko
ammiccò in sua direzione,
sicura di se stessa. «E se vinco io?»
domandò, tirando appena il nastro
della medaglia, attirandolo verso di sé «Mi darai
tu un premio?».
Lui
la guardò piuttosto scosso, il suo viso era così
vicino, al diavolo
la sfida, avrebbe potuto baciarla così, no? In un modo o
nell'altro sentiva che
non lo avrebbe rifiutato, ne era sicuro, ma poi sorrise ed
annuì. «Qualsiasi
premio vorrai.» rispose infine, dopotutto era meglio giocare
pulito. Lei
lasciò andare la medaglia, schioccò la lingua
contro il palato aprendosi in
un'espressione d'apprezzamento, per voltarsi poi entrambi verso
l'albero. «Chi sale prima in cima, vince.
D'accordo?» decise tutto da solo, ed
attese conferma. «VIA!» urlò solamente
lei, iniziando a correre in
direzione dell’arbusto, lasciandosi scappare una risata
liberatoria, mentre
consumava le sue energie per velocizzarsi e non lasciare che lui la
raggiungesse. «Non è leale!»
ululò il biondo, che stava poche falcate
dietro di lei, abbandonandosi poi anche lui, ridendo divertito
«Sappi che
ciò lo sconterai al momento in cui deciderò il
mio premio!». Arrivarono
nello stesso momento all’altezza dell’albero,
iniziando la salita, scalandolo
facilmente arrampicandosi sui rami spessi, quando Himiko
sentì la testa
iniziare a girarle fortemente e si fermò, rimanendo seduta
su uno di questi,
abbracciata al tronco. Maledì quel dannato di Akira, che le
levava tutte le
energie che possedeva, senza darle un attimo di tregua per stabilirsi,
cibandosi di lei tutti i giorni e a volte anche più.
Natsu
raggiunse la cima in men che non si dica
«PRIMOOOO!» esultò
ridendo, guardando poi in basso per vedere lei dov'era e si
meravigliò nel non
trovarla proprio dietro di sé. «Himiko?»
chiese incerto, allungando il
collo per guardare i rami sottostanti e vide la folta chioma rossa
parecchio più
in basso, almeno quattro metri più giù.
«Himichan?» chiese ancora,
ripercorrendo i rami a ritroso per portarsi ad altezza di quello
dov'era lei,
appollaiandosi però su di un altro perché il loro
peso non sarebbe stato retto
da un solo arbusto. «Che hai? Ti senti male?» era
piuttosto pallida e si
chiese se ciò non fosse dovuto a quel maledetto
succhiasangue parassita. Lei
scosse la testa, senza però muoversi di un millimetro, ben
conscia che
all’altezza in cui stava, in quelle condizioni, avrebbe
potuto precipitare
facilmente. «Sto bene… »
sibilò, alzando lo sguardo e sorridendo appena,
non volendo che lui ricollegasse il suo malessere ad Akira. Sapeva
quanto
l’avrebbe fatto infuriare. «Ti ho fatto vincere
apposta, che credi?» si
lasciò scappare una risatina nervosa, allungando i tempi,
frattanto che la
testa sembrava iniziare a smettere di girare. Natsu però non
la bevve,
assolutamente. Scese un paio di rami, giusto per arrivare a stare sotto
di lei
al che, in piedi, poteva stare alla sua altezza. Le portò
una mano sul viso,
appoggiandola su una delle pallide guance, l’aria
preoccupata. «Non mi dire
bugie.» lamentò, mentre lo sguardo della rossa
passava da divertito a
colpevole, ben conscia che non era un allocco e sapeva bene come stava
e perché
si trovasse in quelle condizioni. «Scusa…
» sussurrò, la voce leggermente
incrinata, mentre abbassava gli occhi dai suoi, non reggendo lo
sguardo. «Non ti arrabbiare, per favore, non voglio parlare
di Akira e delle sue
conseguenze ora.».
Il
biondo non rispose nulla. Allargò le braccia e le fece segno
di
aggrapparsi. «Lascia che ti porti giù,
dai.» Himiko non disse nulla,
semplicemente appoggiò le braccia sulle sue spalle e
lasciò che lui cingesse il
suo corpo esile, prendendola in braccio. Con un paio di agili salti da
un ramo
all'altro, giunsero a terra, lui in ginocchio per attutire la caduta
senza
rischio di farsi male e lei aggrappata al suo corpo, ora seduta sulle
sue
ginocchia. «Vuoi che ti porti da Hagumi? Magari con i suoi
poteri
curativi... » lei gli poggiò un dito sulle labbra
e scosse la testa,
sorridendo. «Haguchan é con Shiki, da soli, nello
spogliatoio delle ragazze.
Credo sia il caso di non disturbarli.». Natsu ci
pensò un attimo, la guardò
pensieroso, poi arrossì violentemente fin dietro le
orecchie. «Ah.» rispose
solo, prima di ridacchiare assieme a lei. «E allora cosa
posso fare?»
chiese una volta arrestate le risatine. Lei sorrise radiosa,
appoggiando il
viso nell’incavo fra la spalla e il collo di lui, le braccia
ancora ben salde a
circondargli il collo. «Fai già a sufficienza,
anche troppo, sempre.»
disse, seriamente convinta di quello che diceva. Il biondo
però non capiva a
cosa si riferisse, in fondo cos’è che aveva fatto
per lei? Se doveva pensarci
bene, si sentiva davvero inutile, l’unica cosa importante che
doveva fare,
ovvero sottrarla dalle grinfie di Akira, gli era risultato impossibile
e per di
più si struggeva in quanto lei fosse in quelle pessime
condizioni per colpa di
una legge della sua stirpe. Strinse di più la presa intorno
al suo corpo, cingendola
all’altezza della vita sottile, lasciando che la testa si
abbandonasse contro
quella di lei.
Le
accarezzò piano la nuca, prima di abbassare lo sguardo sul
suo viso,
così bello da mozzargli il fiato. «Vorrei poter
fare molto più di quanto non
riesca, Himichan, credimi.» disse spostandole una ciocca di
capelli rossi,
ancora un po' umidi dalla doccia appena fatta, dietro un orecchio. Lei
lo
guardò intenerita, il cuore stretto in un sentimento dolce,
dolce. «Ti
ricordi cosa ti dissi sul tetto della scuola?»
continuò, sfiorandole la
fronte con le labbra, prima di tornare ad osservarla. Himiko
annuì, sussurrando
una risposta affermativa molto flebile ed arrossendo vistosamente.
«Sai,
ogni giorno che passa, ciò che ti ho detto di provare
aumenta sempre di più. Ti
amo, sempre di più, Himiko.» le ultime parole le
sussurrò all'orecchio
dietro il quale aveva appena spostato i capelli, in un sibilo
così intriso
d'amore da farle quasi perdere la ragione. Si strinse forte a lui,
sentiva che
era il momento giusto, anche lei doveva dirgli cosa provava:
«Natsu,
anc--». «EEEEKKK! L'HO TROVATO, ECCOLO
LÌÌÌÌÌÌÌÌ!»
solo una voce
spaccatimpani interruppe le sue parole, prima di essere travolti
pesantemente
da quella che sembrava una mandria di bufali inferociti; ma erano solo
le fans
di Natsu, che avevano già spintonato via Himiko in
chissà quale modo ed avevano
accerchiato il biondo, urlacchiando soddisfatte ed appiccicandosi a lui
come
tanti piccoli koala. «EHI!» lamentò lei,
lo sguardo infuriato, mentre già
rinunciava all’idea di intrufolarsi in quella mandria di
pazze. Come minimo
l’avrebbero uccisa prima che avesse potuto raggiungerlo o, se
fosse riuscita
nel suo intento, l’avrebbero fatto subito dopo.
Sospirò affranta, ringraziando
di essere ancora viva dopo che l’avevano vista insieme a lui,
soprattutto così
vicini, immaginando che non fosse proprio destino in quel momento,
convinta che
questo le avrebbe regalato un attimo ancora più prezioso. Si
guardò intorno,
sconsolata, incamminandosi in direzione dei campi sportivi, famosa meta
che non
aveva mai raggiunto, notando Oda pochi metri più in
là di lei che, appoggiato
alla parete dell’edificio di fronte, le faceva ciao ciao con
una mano,
invitandola ad avvicinarsi. Lo vide come un colpo di fortuna e corse in
sua
direzione, felice di trovare un viso amico, inconscia che in
realtà aveva
appena incontrato la sua sfortuna.
***
Richiusero
la porta a chiave,
si tenevano ancora per mano ed erano entrambi visibilmente riluttanti a
lasciarsi andare, lei un po' di più. «Vado a
cercare i miei, saranno
indiavolati.» disse seccamente il moro, mentre si voltava a
guardare Hagumi
accanto a sé, le guance ancora tinte di un rosso delizioso
che faceva fatica a
cacciar via e forse non ci sarebbe riuscita per tutto il resto della
giornata. «Mh,
sì, immagino di sì.» rispose tenendo lo
sguardo basso, puntato sulle punte
delle scarpette bianche, sportive, che aveva sapientemente ripulito
assieme
agli abiti, prima di rindossarli, ed erano ancora un po' umidi addosso.
Shiki
accarezzò con lo sguardo i bei lineamenti ancora vagamente
infantili e, dopo
essersi guardato attorno con fare losco e circospetto, si
piegò verso di lei,
lasciandole un bacio su una guancia, pericolosamente in
prossimità delle
labbra. Hagumi sussultò e si voltò verso di lui,
i nasi si sfiorarono mentre si
perdeva in quelle pozze scure che la guardavano con dolcezza.
«Ti va di
uscire assieme, in questi giorni?» la reazione della rosa fu
di puro
stupore, mentre spalancava la boccuccia e boccheggiava senza
possibilità di
dire nulla, la bocca straordinariamente arida. «Ehi, ti
sconvolge così tanto
la proposta? Se vuoi la ritiro!» scherzò e lei si
affrettò a scuotere la
testa «No, no, assolutamente no! Anzi, mi rende
felicissima.». Sorrise
con dolcezza, mentre lui tornava dritto e le lasciava una carezza tra i
capelli, sciolti ed ondulati. «Allora va bene, poi ci
mettiamo d'accordo.
Vado!» solo un'altra carezza sul viso, prima di lasciarle a
malincuore la
mano ed allontanarsi. Lo guardò andar via con gli occhi
incollati sulla sua
schiena finché non scomparve dalla sua vista e il sorrisino
beato si trasformò
in una smorfia di dispiacere. Possibile sentisse già
così tanto la sua
mancanza? Sbuffò, dandosi un pugnetto da sola su di una
tempia. «Scema,
riprenditi.» ordinò, quasi impose a se stessa, per
il bene della sua sanità
mentale. Si voltò dunque anche lei e procedette in direzione
opposta, dove
aveva scorto la sorella non appena uscita dallo spogliatoio, seduta in
lontananza sulle scalette d'emergenza dell'edificio. Era un luogo che
Himiko
apprezzava molto, vi si recava spesso per riflettere in solitudine,
perciò
guardare in quella direzione le era venuto piuttosto naturale. Si
affrettò a
raggiungerla, avevano troppo di cui parlare e troppo poco tempo per
farlo.
«Himichan!» la richiamò,
alzando il braccio e muovendo la manina in segno di saluto. La rossa
alzò lo
sguardo, ripescata dai suoi pensieri, giusto in tempo per vedere la
sorella
raggiungerla e sedersi al suo fianco. Sorrise, dandole una gomitatina
nelle
costole. «Allora, com’è andata? Sembri
felice.» Non le era sfuggito il
sorriso radioso della confettina ed era più che certa che i
due avessero
sistemato tutto. Hagumi arrossì fin dietro le orecchie,
annuendo timidamente. «Sì, lo sono. È
stato, insomma… UAAAAH!» cacciò un
urletto eccitato,
mentre il viso ora cambiava diverse tonalità purpuree,
ricordando i momenti di
poco prima insieme a Shiki. Buttò le braccia al collo della
sorella,
strusciando affettuosamente la guancia contro la sua ed Himiko
giurò quasi di
sentirla fare le fusa, frattanto che continuava a ripetere
“sono felice,
felice, felice!”.
«Calma, calma!» rise,
facendole qualche carezza sulla testa e scollandola poi da
sé, per guardarla
negli occhi. «Spiegami.».
Hagumi si portò le manine
davanti al viso e continuava ad agitare la testolina, senza seguire
alcuna
logica, se non quella della vergogna. «In doccia...
» pigolò, senza
aggiungere altro, cosa che fece intenerire ancora di più
Himiko. «Oh, siete
già a questo punto?» chiese con un ghigno,
abbassandosi appena per entrare
nel campo visivo della sorella, afferrandole i polsi per allontanarle
le manine
dal viso e guardarla negli occhi. «E com'é stato,
meglio o peggio dell'altra
volta?» incalzò divertita, mentre Hagumi quasi
iniziava a fumare dalle
orecchie. «Divinooooooooooo!» urlacchiò,
prima di buttare il visetto
sulle ginocchia della sorella, seduta un gradino più su di
lei e nascondersi
mentre i flash di quegli istanti continuavano a scorrere nella sua
testa, in
una carrellata infinita.
«Oh…
» esclamò Himiko, portandosi una mano sotto il
mento, l’aria
di chi sta elaborando qualche pensiero contorto «Significa
quindi che non
c’è bisogno che ti regali il libro del Kamasutra?
Oppure lo vuoi lo stesso?
Chissà! Potrebbe tornarvi utile per provare qualche nuovo
giochetto.». La
stava ovviamente prendendo in giro, ma la confettina non
poté fare a meno di
credere parlasse sul serio ed era veramente interessata
all’argomento. Sbatté
le palpebre un paio di volte, dopo aver alzato la testa per guardarla
negli
occhi, improvvisamente seria.
«Dici che potrei imparare qualcosa di utile da, insomma...
» fece
una pausa di qualche secondo, cercando di sconfiggere la vergogna
«Potrei
procurargli un piacere maggiore?». Himiko scoppiò
in una fragorosa risata,
afferrandola per la testolina e scompigliandole la chioma con un
pugnetto, in
modo affettuoso.
«Non ti preoccupare sorellina! Non penso siate già
così annoiati da
dover provare cose nuove.».
Hagumi
strabuzzò gli occhi un
paio di volte, prima di seguire la sorella con qualche ridolino
inconsulto. «Credo tu abbia ragione. Annoiati? Non ancora,
direi, anzi... » lasciò
cadere il discorso, mentre il rossore sul volto si estendeva un po'
ovunque «Himiko, avevi ragione sai. Sono proprio innamorata
persa e anche lui mi ha
detto che mi ama. L'avresti mai detto?». Effettivamente era
una situazione
quasi surreale. Himiko non disse nulla, semplicemente sorrise,
perché dopotutto
lo sapeva già. «Beh, ad ogni modo, devo parlarti
di altro adesso, i dettagli
te li propino dopo» aggiunse la signorina in rosa, tornando a
sedere
composta ed iniziando a giocare con una ciocchetta di capelli ondulati,
lo
sguardo nuovamente puntato sulle proprie scarpette «Ho
parlato con papà,
prima.». La rossa la guardò ora curiosa,
inclinò appena il capo strabuzzando
gli occhioni smeraldo, come ad invitarla a continuare. La rosetta
sospirò «Vedi, non pensavo sai, ma si è
accorto della situazione fra me e Shin.»
a queste parole Himiko la guardò un po’
preoccupata della reazione che credeva
avesse potuto avere il suo papà, ma Hagumi si
affrettò a rassicurarla «Era
un po’ preoccupato, ma come succo della questione ha detto
solamente che si
fida di noi e confida in nostre scelte razionali. Mi ha chiesto anche
di
prendermi cura di lui.».
La gemella annuì appena,
assimilando la notizia. «Capisco. In fondo era normale che
prima o poi anche
papà o mamma se ne accorgessero, Shin non è molto
bravo a celare i suoi
sentimenti.» ridacchiò, ricordando momenti in cui
il ragazzo si trovava ad
arrossire teneramente anche in presenza dei genitori, quando Hagumi gli
faceva
qualche carezzina affettuosa o gli dava attenzioni «Sei
preoccupata per
questo? Hai paura di deluderlo?». La confettina
abbassò lo sguardo triste,
certo che era preoccupata. Shin era innamorato di lei, probabilmente
l’unica vera
cosa che avrebbe potuto fare per renderlo felice era ricambiare i suoi
sentimenti, ma questo non poteva farlo. Nel suo cuore si era radicato
Shiki e
il legame che la legava al bruno non riusciva a vederlo evoluto,
egoisticamente
voleva continuare a tenerlo al suo fianco come fratello, sicuramente la
peggior
tortura che potesse infliggerli.
«Sai Hagu, non è vero che
non puoi essergli realmente vicina, che non puoi prenderti cura di lui
se non
ricambi i suoi sentimenti. È la vita, infondo, nessuno
può decidere di chi
innamorarsi o chi far innamorare di sé.».
La sorella annuì a
queste parole e le sorrise grata, prima di abbacchiarsi di nuovo
«Ne sono
perfettamente consapevole. È solo che far soffrire Shin mi
fa... così male.».
Terminò la frase mentre si rendeva conto del grande senso di
vuoto che questa
situazione le provocava. «Io sono innamorata di Shiki, ma non
sono del tutto
indifferente a Shin; inoltre penso continuamente che se non avessi
incontrato
Shiki, starei con Shin, sarei innamorata di lui, e questo mi fa sentire
ancora
peggio, perché vuol dire che dopotutto so che il mio cuore
può amarlo ed è
forse la mia mente a non volerlo.
Razionalmente parlando, é più facile
innamorarsi di qualcuno che, in diciassette anni, non hai mai visto
come un
fratello.». Himiko scosse il capo, non era d'accordo
«Shiki é un
cacciatore, il tuo acerrimo rivale, eppure il tuo cuore non vuole
saperne, lo
ami comunque, no?». Hagumi la guardò sorpresa,
totalmente presa alla
sprovvista, come se una grande rivelazione fosse calata su di lei: la
gemella
aveva perfettamente, indubbiamente e totalmente ragione. Oltretutto
anche
Himiko era certa di avere ragione: non si stava, forse, innamorando
perdutamente anche lei? Non stava forse per gettarsi come la sorella in
una
storia proibita, senza via di uscita e dal lieto fine incerto, se non
quasi del
tutto impossibile?
E proprio a quel proposito, la
rossa sospirò, notando in lontananza Natsu che si dirigeva
probabilmente verso
gli spogliatoi, scherzando allegro con il gruppo di fans scalmanate che
sembravano non volerlo mollare più. Hagumi la
guardò divertita, dimentica per
un istante del dilemma di pochi istanti prima, non potendo fare a meno
di
pensare che fosse decisamente gelosa e che ciò su cui stava
riflettendo era
quindi presumibilmente veritiero.
«Eh sì, Natsu-chan ha
veramente tante ammiratrici.» la punzecchiò un
po’, desiderosa di vedere la
reazione della gemella, per togliersi ogni dubbio. Questa, infatti, in
un primo
momento non rispose e poco dopo assunse un tono piuttosto acidognolo.
«Sì,
ho avuto modo di accorgemene. Riguardo Shin, comunque…
» non poté finire la
frase, Hagumi l’aveva già interrotta.
«Oh, lascia
perdere la storia con Shin ora, tanto non ne verrò a capo lo
stesso, non serve
parlarne, devo fare chiarezza dentro me.» e lo disse con un
vigore che
sorprese molto sua sorella. «Piuttosto, parliamo di Natsu.
Ormai lo sanno
anche i muri che é perso di te, cosa intendi
fare?». Himiko le aveva
raccontato della dichiarazione di Natsu durante la convalescenza per il
colpo
subito da Misa, ma ci sarebbe arrivato chiunque anche senza saperlo,
persino un
cieco, bastava già solo sentire la voce di Natsu e il
cambiamento di tono
quando si rivolgeva alla rossa, con un affetto infinito, ed anche un
po'
d'imbarazzo, tant'era che delle volte si acutizzava di un'ottava.
Fu
ora il turno di Himiko di
sentirsi in imbarazzo, le gote che iniziavano a tingersi di un bel
rosso
acceso. «Ecco… » si trovò una
totale idiota. Non aveva mai realmente
aperto il suo cuore riguardo l’argomento
“amore”, tant’é che non
riusciva a
trovare le parole per esprimersi al meglio. Decise quindi di andare sul
semplice. «Lui mi piace.» buttò
lì, frattanto che Hagumi annuiva. «Questo lo so,
l’ho capito nel momento in cui l’hai baciato
davanti a tutti,
il giorno in cui scopristi del tuo destino con Akira. Eri strana, avevi
una
bizzarra luce negli occhi, non eri la solita Himiko che si sbaciucchia
il primo
bel ragazzo che trova per la serata, l’ho notato subito. Io
voglio sapere se
intendi rispondere positivamente alla sua dichiarazione e provare ad
avere
qualcosa di serio con lui!» il cuore che batteva forte,
mentre già
immaginava il suo migliore amico e la sua adorata sorellina in una
storia
d’amore. La rossa sembrò avere
un’illuminazione, lo sguardo che assumeva una
nota preoccupata e triste al contempo. «A proposito di
dichiarazioni, oggi
mentre eravamo chiusi in bagno, Akira ed io intendo, per il suo pasto
giornaliero, mi ha confessato di essere innamorato di me. Credo
scherzasse e
volesse prendersi gioco di me, chiaramente, però…
».
Hagumi scoppiò in
una risata cristallina, tappandosi subito la bocca allo sguardo omicida
della
sorella. «Coff cough... » dissimulò con
qualche colpetto di tosse, prima
di schiarirsi la voce e proseguire. «Uhm, Himichan, guarda
che era palese.
Nessun nuovo vampiro é così deliziato dall'idea
di bere il sangue, come lui lo
é quando sta per bere il tuo. Sono tutti disgustati
all'inizio, lui invece non
ha avuto un solo attimo di titubanza e sono certa che questo sia legato
al
fatto che quando ti morde sente i tuoi sentimenti, anche i
più reconditi. Ora,
non so se sia proprio amore, perché é una cosa
forse abbastanza immorale, quasi
da squilibrati, ma che sia assuefatto di te... beh... non ti offendere,
ma
l'avevo capito persino io.» il che era grave, se si pensa
quanto riuscisse
ad essere ingenua e tonta in certe questioni.
Himiko
portò l’indice a
grattarle la guancia, mentre sembrava riflettere, un po’
imbarazzata
dall’affermazione della sorella. «Io non me
n’ero accorta, forse perché
ritengo che il suo non sia amore. Se fosse davvero infatuato come dici,
percependo quanto mi ferisce ogni volta, avrebbe già smesso;
perché, in fondo,
quando ami qualcuno vuoi il suo bene e la sua felicità,
no?».
Hagumi si ritrovò d’accordo.
«Sì hai ragione, di norma funziona
così, ma alcune volte, quando l’amore ti
prende al punto di diventare la tua vita, non puoi far a meno di
diventare un
po’ egoista e pensare anche a te stesso, alla tua
felicità.».
Si sorprese di se stessa e di quanto fosse
arguta in quel momento e si convinse che sicuramente vedendo le cose
con occhi
esterni, le sembrava tutto più logico. Si ritrovò
a pensare a quanto sarebbe
stato comodo vedere, di tanto in tanto, i propri problemi
dall’esterno, con
occhi altrui. Himiko
rifletté qualche istante e non trovò nulla di
sensato da dire alle affermazioni
della sorella. «No, mi rifiuto di crederci.»
esclamò infine, alzandosi in
piedi e saltando il gradino dov'era seduta la sorella, per atterrare su
quello
successivo, più in basso. Si voltò a guardarla e
cercò di scrollarsi quella
brutta sensazione di dosso. «Vado da mamma e papà,
saranno preoccupati. Tu
non vieni? A quest'ora Shin starà gareggiando con la sezione
universitaria,
sai.». Hagumi scosse il capo, in segno affermativo e
s'alzò imitandola,
massaggiandosi appena i glutei sui quali, separati dalle insenature dei
gradini
d'acciaio soltanto dai bloomers sottili, erano rimasti i segni rigati e
un po'
dolenti. «Ti raggiungo, sì, però
avviati, devo prima fare una cosa.» lo
sguardo balzò su Natsu e le sue fans in lontananza, solo per
un istante, prima
di tornare sulla sorella e sorriderle. La rossa fece spallucce ed
annuì,
avviandosi in direzione dei familiari. Lo sguardo di Hagumi
cambiò
radicalmente, così come la sua espressione. A passo da
elefante, tanto che
Natsu credette ci fosse stata una scossa di terremoto, si
avviò in direzione
del bel biondo, ora poco distante da lei trovandosi vicino
all’entrata dello
spogliatoio maschile, arrivando davanti al gruppetto con
l’aria di chi è
infuriato nero.
«Vi do dieci
secondi per cambiare aria, altrimenti non risponderò di
me.» tuonò,
minacciando le ragazze che ancora lo accerchiavano, con alcune di
queste
avvinghiate al corpo del ragazzo. Aveva già avuto modo di
affrontarle in
passato, quando ancora credevano che lui fosse innamorato di lei, e
sapeva come
prenderle e che queste avevano paura di cosa avrebbe potuto far loro,
infatti
presero a correre nelle più disparate direzioni, liberando
il ragazzo dalla
loro ossessiva e soffocante presenza.
«Haguchan graz… » fece per abbracciare
la confettina, ma questa gli spalmò una mano in
faccia, frenando il suo slancio, tirandogli poi uno scappellotto dietro
la
nuca.
«Si può sapere
che diavolo stavi facendo?» domandò stizzita,
preoccupata che questo,
seppure innamorato di Himiko, volesse sfogare i suoi istinti sessuali,
vista
l’incertezza in cui navigava nel rapporto con la rossa.
Lui si massaggiò
il volto, piagnucolando «Ma... ma... ma...
Haguchan!» era scandalizzato,
come poteva trattarlo a quel modo, lei sempre tanto dolce e graziosa?
«Stai
diventando manesca come tua sorella? Ahiuo!» mosse un po' la
mascella,
controllando che non si fosse slogata a causa del manrovescio. La
rosetta lo
guardò un po' dispiaciuta, forse aveva esagerato,
però poteva farlo anche da
solo lo sforzo di cacciarle via. «Sei un don giovanni da
strapazzo, Himiko
non starà mai con te finché gironzolerai con
quelle lì abbarbicate ovunque sul
tuo corpo. Era una visione quasi oscena, una ti stava anche mettendo la
mano
nei pantaloni. Cerca di darti un contegno, per l'amor del cielo,
Natsu.».
«Errr…
» mugugnò il ragazzo, non
ben convinto di cosa risponderle. «Cerca di capirmi
Haguchan… » pigolò
solamente, lo sguardo colpevole, ma lei quella volta non si
dimostrò
comprensiva come suo solito.
«Cosa dovrei capire? Che finché
Himiko non ti ricambierà continuare a scorrazzare in cerca
della prima
sgualdrina che te la dia, per non stare in astinenza?»
domandò con un
cipiglio, le mani ora che si erano appoggiate sui fianchi, in tono
rimproverevole.
Il biondo scosse
il capo, indignato: «Ehi! Non ho mai detto nulla del genere,
mi pare.
Semplicemente... beh... Credo che non mi ricambierà mai,
Haguchan.» disse
infine, afflosciandosi su se stesso, per poi acchiappare la confettina
tra le
braccia ed affondare il viso sulla sua testa rosa, cercando di
trattenere il
pianto, anche se liberarsi gli sarebbe stato utile. Lei
mugolò qualcosa d’indecifrabile,
abbracciandolo poi a sua volta. Povero Natsu, doveva essere davvero a
pezzi per
rendersi così vulnerabile davanti a lei. Alzò un
braccio e portò la mano sulla
sua testa bionda, ad accarezzargli la nuca. «Su! Non fare
così,
Natsuchan.». «Non ho speranze.»
farfugliò di nuovo lui, stringendola
un po' di più. «Non dovresti fasciarti la testa
prima di essertela rotta,
chi ti ha detto questa baggianata?». Lo spinse un po' per
guardarlo in
volto. «Dritto e sguardo fiero, espressione allegra e
sicurezza in te
stesso, fatti vedere così da lei, stalle accanto senza
essere invadente, sii
dolce quanto basta e prendila anche un po' in giro, bisticciando come
piace a
voi. Insomma, sii te stesso. L'unica cosa che potrebbe allontanarla da
te sono
quelle oche che ti porti in giro a scuola. Allontanale e vedrai che
andrà tutto
per il meglio!».
«Ne sei sicura?» domandò, poco
convinto della cosa, poi sbuffò. «Se almeno lei mi
desse qualche segno
positivo… » si lagnò e a queste parole
la confettina gli strizzò le guance,
chiedendosi se fosse cieco o realmente ottuso.
«Non predicare di amarla follemente,
se non riesci neanche a riconoscere ciò che per lei sono
gesti importanti e
significativi!» sorrise amabilmente, mentre lo sguardo si
addolciva e gli
faceva una carezzina affettuosa. «Abbi pazienza ed osserva
attentamente i
suoi comportamenti con gli altri e con te, forse riuscirai ad avere
qualche
delucidazione, in fondo vi conoscete da molto.».
La
guardò,
sorpreso, chiedendosi chi l'avesse resa così saggia in
affari di cuore. Fece
spallucce e decise di non pensarci, chiunque fosse, aveva tutta la sua
gratitudine, perché grazie a lei ora si sentiva un po'
meglio e riusciva a
vedere la cosa da un'altra prospettiva. «Sì, hai
ragione. Lo farò!» si
mise in posa statuaria, teatralissima, puntando un dito verso
l'orizzonte. Lei
ridacchiò e si mise accanto a lui, indicando nella stessa
direzione, con la
stessa posa buffa «Sì!»
decretò infine, prima che entrambi scoppiassero a
ridere. Il discorso, per adesso, era finito.
***
Erano
ormai le cinque del pomeriggio e
il clima iniziava a rinfrescarsi. Si ritrovò a tapparsi per
l’ennesima volta le
orecchie, in un vano tentativo di ignorare il professore di educazione
fisica
che le abbaiava contro dandole della lumaca, per l’ennesima
volta.
«Ma professor Hirojima, è
pesante!» si lamentò, lasciando cadere
l’ostacolo, che andò a finire proprio
sul piede dell’uomo, facendolo saltellare ed ululare dal
dolore. «Ups… »
squittì, frattanto che se la ghignava sotto i baffi.
«Ti aiuto io.» la voce di Misa,
alle sue spalle, che fece per aiutarla a sollevare la barriera
massiccia, ma
qualcuno fu più veloce di lei, sollevandola al suo posto.
«Ah! Ragazze
debolucce, lasciate fare agli uomini questi lavori.». Era la
voce di Natsu,
che sghignazzava portandosi quell'affare pesante sulle spalle,
ammiccando poi
verso Himiko e voltandosi per andare a posarlo. Himiko
arrossì, senza dar peso
a Misa che sbraitava "Deboluccia a chi?" e guardava invece Natsu
allontanarsi,
intensamente. Le passò una mano davanti agli occhi, poi
sbottò qualcosa
perplessa e se ne andò anche lei, stizzita. Himiko, invece,
raggiunse il
biondo. «Ti aiuto, davvero. Non sono mica così
debole, sai.» lui abbassò
lo sguardo ed osservò la fanciulla al proprio fianco, con
dolcezza. «Lo so,
ma permettimi di fare l'uomo. Sostenerti e proteggerti è un
mio compito,
no?» lei scosse il capo «È inutile che
fai il ruffiano, non me lo
dimentico che mi hai mollata a terra, mentre ti facevi circondare da
quelle
pazze.». Lui si offese. «Che ruffiano? Sono
serissimo!».
«Quindi non hai intenzione di fare
nulla per farti perdonare?» domandò, mettendo il
broncio e fingendosi
offesa. «Me ne ricorderò.». Lui rise un
po’, avvicinandosi a lei e
scompigliandole dolcemente i lunghi capelli.
«E com’è che ancora non mi hai mollato
qui
da solo?». Himiko sembrò rifletterci per un
momento, prima di pizzicargli il
naso. «Non iniziare con i pensieri contorti, ovviamente sto
attendendo che
tu ti decida a farti perdonare!». La sua espressione
cambiò radicalmente,
come se una vena di tristezza l’avesse invasa, abbassando lo
sguardo dai suoi
occhi. «Scherzavo, ovviamente!» pigolò
tornando a guardarlo, abbozzando
un sorriso «Sei libero nelle tue azioni, non mi devi
nulla!».
Natsu aggrottò le
sopracciglia, lasciò scivolare giù dalle spalle
l'ostacolo e si portò davanti a
lei, in modo da fermare la sua avanzata ed esserle di fronte.
«Che dici?»
chiese confuso, quel cambio repentino di umore non gli era stato molto
chiaro.
Lei sbatté le palpebre, altrettanto perplessa. Aveva
specificato perché non
voleva essere fraintesa, scherzava davvero, non si sarebbe mai permessa
di pretendere
scuse da lui su una cosa che, non essendo impegnato con lei, era
liberissimo di
fare. «Himichan, ti conosco ormai, lo so quando sei ironica e
quando no. Lo
avevo capito, che bisogno c'era di correre ai ripari? Mi hai fatto
sentire un
po' stupido, sinceramente.» specificare che fosse tutto uno
scherzo lo aveva
piuttosto scosso, in realtà nemmeno lui sapeva per quale
motivo. La ragazza
scrutò negli occhi profondi e turchesi, ma non seppe cosa
dire, come reagire,
men che meno se ci fosse qualche gesto da compiere. Lui le
appoggiò le mani
sulle spalle, guardandola seriamente. «Se devo essere
sincero, scherzo o
meno, non c'era bisogno di dirmelo, volevo già chiederti
scusa. Chiederti scusa
per averti rovesciato addosso tutti i miei sentimenti ed averti poi
lasciata
lì, facendomi trascinare via da quelle. In realtà
avevo solo paura di un tuo
rifiuto, quando loro sono arrivate ero sollevato... insomma, non avrei
resistito ad un tuo allontanamento. Scusami se sono stato un codardo,
ma
credimi se ti dico che ti amo e che quelle lì... quelle
lì, per me, non sono
niente, te lo giuro.».
«Lo so, anche io ti conosco a
sufficienza da sapere quando sei serio con una ragazza e quando
no.» ammise,
in fin dei conti in quel campo erano fatti della stessa pasta. Si
passò una
mano nervosamente fra i capelli, piuttosto imbarazzata dalla gaffe che
aveva
appena compiuto. Nel suo contorsionismo di non fargli capire che in
realtà ci
era rimasta un po’ male, era riuscita solo a dimostrargli il
contrario, cosa
che però lui sembrava non aver colto.
«Perché avevi paura di un mio
rifiuto?» gli domandò a bruciapelo, tornando ad
osservare le sue pozze
celesti «Ho fatto qualcosa che ti abbia fatto intendere che
io voglia
allontanarti?».
Il biondo scosse
il capo, portandosi poi una mano dietro la nuca, imbarazzato.
«No, beh... in
realtà... é solo che non mi hai ancora dato una
risposta da quel giorno sul
terrazzo della scuola, sai. Mi hai baciato di tua spontanea
volontà a casa tua
e da lì più nulla, non una parola o un segnale.
Ho pensato che per non dirmi
nulla, semplicemente non ti piacessi e non sapessi come rifiutarmi,
perché sei
troppo gentile per farlo in modo brutale.» spiegò
tutto d'un fiato, voltando
poi lo sguardo altrove, ad osservare una coccinella che camminava su un
muro,
come se fosse la cosa più interessante del mondo.
Lei appoggiò una mano sul suo viso,
facendolo voltare e tornare nuovamente a guardarla, sorridendo radiosa.
«Scusa.» disse seriamente intenerita, alzandosi in
punta di piedi,
appoggiando una mano sulla sua spalla come leva e lasciare che, quella
precedentemente sul suo volto, andasse a giocare con il ciuffo dei suoi
capelli
che gli ricadeva ribelle su questo, scostandolo appena.
Arrossì un poco sulle
gote, accorgendosi solo in quel momento di essere volontariamente a
pochi
centimetri dal suo viso. «Sono dell’idea che il tuo
cervello si perda sempre
in troppi pensieri contorti e assurdi, perché io non sono
così buona come credi
tu. Se avessi voluto scaricarti, credimi, l’avrei
già fatto da un bel
pezzo.». Lo punzecchiò un pochino, forse per
spezzare la tensione, o
semplicemente nel tentativo di calmare se stessa, mentre il cuore
batteva
all’impazzata nel suo petto, al punto che arrivò a
credere volesse uscire da
questo. Il volto del biondo sembrò illuminarsi mentre
cercava di assimilare le
parole della rossa, voleva forse intendere che non lo stava rifiutando?
Che
poteva sperare di essere ricambiato? Aguzzò le orecchie,
avido di sentire ciò
che lei aveva da dirgli.
Lei rise, quando
vide che lui ancora non diceva nulla e sembrava paralizzato.
«Ehi,
intelligentone, ti sto dicendo che non ho intenzione di rifiutare i
tuoi
sentimenti.» s’alzò di più'
sulle punte, mentre lui assumeva un'espressione
mista tra gioia e incredulità. «Himichan...
» sussurrò solo, piegandosi
verso il suo viso, le labbra così vicine
s’attiravano le une verso le altre
come in una sorta di magnetismo ineluttabile. Ed Himiko, mentre
chiudeva gli
occhi per assaporare ciò che stava per arrivare, decise che
era giunto il
momento di rivelare anche i propri sentimenti: «Natsu, io
ti--». Se in
quel momento avesse potuto continuare, sarebbe certamente stato
più semplice il
percorso delle settimane successive, ma il destino volle essere
crudele. Il
destino o qualcun'altro? Una vocina, comunque, interruppe le parole
della
ragazza: «Ehi! È proprio vero, i mostri polipi
quando si attaccano si
succhiano a vicenda!». I due si girarono e, non notando
nessuno, abbassarono
lo sguardo, per scorgere un bambino all’incirca
dell’età di cinque anni, che li
guardava dal basso, con la boccuccia aperta, come fossero la cosa
più
interessante del mondo. Himiko scattò indietro,
sciogliendosi dalla presa di
Natsu, totalmente rossa in viso, d’imbarazzo e di rabbia.
Possibile che ogni
volta che cercasse di dichiararsi dovesse succedere qualcosa che glielo
impediva? Natsu s’abbassò all’altezza
del bimbo, l’aria divertita.
«No no, i
polipi non si succhiano per lottare! Quando attaccano, usano i loro
tentacoli
per picchiarsi!».
Il bambino e Natsu
scambiarono qualche battuta allegramente, mentre la rossa si chiedeva
come
potesse essere già così disinvolto, lei si
sentiva tutto un fremito, mentre
portava le mani sulle guance e si accorse che emanava fuoco dalla
pelle. «Che seccatura!» sbottò in una
perfetta imitazione di Shiki e il suo modo
di dire preferito, prima di alzare lo sguardo per caso ed individuare
Oda
appoggiato al muro poco più in là, braccia
conserte, sigaretta tra le labbra ed
espressione soddisfatta mentre guardava la scena con occhi penetranti.
Cosa
cavolo stava succedendo?
Una
venuzza iniziò a pulsare sulla sua
tempia, la testa che sembrava fumare di rabbia, mentre già
s’avvicinava al
bruno, afferrandolo per il colletto della camicia.
«Oooooda!» ululò, scuotendolo
appena «Mi stai forse pedinando?». E ne era certa,
perché lui non stava
mai in un posto per puro caso e quel giorno era già la
seconda volta che lo
incontrava in una casualità troppo sospetta.
Lui sorrise divertito, afferrando
delicatamente la mano di lei e facendole mollare la presa.
«Dai piccola, me
la sgualcisci.». Aspirò un altro tiro dalla
paglia, buttando fuori il fumo
con fare rilassato, al che Himiko non ci vide più. La sua
faccetta colpevole
l’avrebbe riconosciuta fra mille.
La guardò
divertito, prima di gettare la sigaretta ormai finita in una pattumiera
lì
vicino, con una mira quasi surreale. «Dai, lo ammetto, il
marmocchio ve l'ho
spedito io. E anche le tipe di prima. Piaciuti i miei pacchi regalo? Mi
sento
un po' Babbo Natale!» rise, mentre lei quasi ringhiava dalla
rabbia. Natsu
osservò la scena da lontano, accarezzò la
testolina del bimbo e si allontanò da
lui, avvicinandosi ai due. «Che succede?» chiese al
bruno, che di colpo
si fece serio. «Succede che una persona mi ha affidato il
compito di
occuparmi di Himiko, assicurarmi che stesse bene e che non soffrisse, e
se
questo significa espellerti dalla band pur di non farvi avvicinare
più di così,
per quanto tu possa essere bravo, mi sta bene. Himiko é un
VAMPIRO e tu sei un
CACCIATORE, non ho la minima intenzione di lasciartela.»
tirò a sé la ragazza
e la strinse forte, mentre quelle parole colpivano i due come docce
gelide in
pieno inverno.
Lei si voltò appena, limitata dalla
stretta di lui, facendo ciò di cui si sarebbe pentita
probabilmente per il
resto della sua vita. Gli mollò un cinquino in pieno viso,
facendo più male a
se stessa di quanto realmente fosse il dolore fisico provato da Oda.
«Non ti permettere!» tuonò,
mentre il cuore sanguinava per una nuova ferita piuttosto profonda.
L’unica
persona su cui aveva sempre creduto di poter contare, l’unica
che era sicura
l’avrebbe sempre sostenuta in modo maturo, aiutandola nelle
scelte della vita,
le stava ora imponendo un suo egoistico volere in un modo altamente
infantile. «Chi sei tu? Tu non sei il mio Oda. E se lo sei,
vuol dire che allora non ho
mai veramente capito nulla di te e hai sempre celato il tuo vero io o
una parte
di questo. Ciò mi addolora, ma se deciderai di volermi
imporre delle scelte,
allora sappi che io non ci sto!».
«Io non ti sto
imponendo una mia scelta. Io ti sto mettendo dinnanzi ad un dato di
fatti,
Himiko. Cosa diamine possono saperne due mocciosi come voi della
guerra,
eh?» secco, irritato, non si massaggiò nemmeno la
guancia arrossata, ma li
guardò entrambi severamente, come un padre. «Le
cose non stanno bene, ragazzi.
C'è burrasca, Okura sta facendo di tutto per tenere rapporti
civili, ma voi… » guardò sprezzante
Natsu «… maledetti state rovinando tutto con il
vostro orgoglio, come sempre, come già duemila anni fa avete
fatto. Siete
feccia e non permetterò che Himiko, anzi, che entrambe le
gemelle, rimangano
ferite a causa vostra e a causa della guerra che state minacciando di
far
riscoppiare.».
«Che colpa ne abbiamo Shiki ed io se
le nostre famiglie sono in conflitto con le vostre? Quale diritto avete
di
impedirci di stare bene insieme, solo perché fra di voi
vigono conflitti?»
domandò serio, i pugni in una morsa, mentre lo sguardo si
faceva gelido, nel
guardare il bruno davanti a sé. «Che male
c’è nell’amare qualcuno anche se
diverso da noi?» calcò la mano, seriamente
incredulo di ciò che Oda andava
dicendo. Certo che molte guerre erano scoppiate e avrebbero continuato
a
crearsi, se le loro mentalità seguitavano a navigare in un
oblio, rimanendo
chiuse nel loro mondo senza accettare nessun’infiltrazione
dall’esterno, positiva
o negativa che fosse.
Oda scosse il capo «Non hai capito un cazzo, Natsu. A noi
vampiri non frega nulla di voi, siete
voi che continuare a cercarci, minacciare di ucciderci ad ogni sgarro,
siete
voi il problema, voi che odiate Okura a morte, voi che ci perseguitate
e ci
rendete la vita impossibile. Dopo duemila anni da che le nostre strade
si sono
separate, continuate a trattarci come se fossimo dei mostri. No, non
lascerò
che Himiko venga a contatto con te e la tua gente più di
così, le fareste solo
del male. Cosa farebbero i tuoi genitori, se sapessero, eh
Natsu?» chiese,
prima di incalzare, infuriato «COSA FAREBBERO?».
Natsu tacque, così anche
la rossa. Cosa dovevano dire? Era troppo chiaro ad entrambi che
l'avrebbero
cacciata fino a che non l'avessero uccisa e la guerra allora sarebbe
scoppiata
davvero, senza troppi ripensamenti. Stava per dire qualcosa, ma non
sapeva
davvero come rispondere, perché sapeva perfettamente chi
é che aveva ragione.
Oda continuò, dopo essersi calmato. «Himiko
sarà un vampiro per l'eternità,
continuerà ad avere bisogno di sangue, non vive di cibo
umano, che tu lo voglia
o no, quello ci fa gola solo per il buon sapore, ma non ci sfama e non
lo farà
mai. Si nutrirà perennemente del sangue di animali o di
sacche ematiche che ci
passano i vampiri che lavorano in ospedale... e poi? Se un giorno
avesse una
crisi e ti azzannasse? Cosa accadrebbe, Natsu? Lo sai cosa succede ai
cacciatori che vengono morsi da vampiri? LO SAI?!».
Natsu abbassò lo sguardo, ben conscio
di dove avesse voluto andare a parare il bruno. Diventare un ibrido,
beh, per
lei sarebbe stato disposto anche a questo, se avesse potuto godere di
momenti
felici al suo fianco, ma sapeva bene che non era ciò che
voleva intendere Oda,
che la sua preoccupazione era tutt’altra. Non seppe veramente
cosa rispondere,
così come anche Himiko, che era rimasta in silenzio, scossa
da quelle parole,
mentre sentiva il cuore spezzarsi in mille e più frammenti.
Guardò
alternativamente i due ai suoi fianchi opposti, realizzando solo in
quel momento
ciò che Hagumi volesse intendere con l’egoismo in
amore e sì, in quel momento
si sentiva la persona più egoista del pianeta. Sapeva a cosa
andava incontro,
ma non voleva rinunciare a lui per questo e se Natsu si fosse fidato di
lei a
sufficienza, avrebbe lottato fino allo stremo delle forze per la causa
in cui
credeva.
«Scusa Oda, non posso farmi
intimorire da quello che dici. Lo sai, mi conosci, lotto per le cose in
cui
credo e io non credo in questa guerra. Per quanto le tue ragioni siano
reali e
pericolose, non ho intenzione di limitare la mia vita, di vivere di
proibizioni
e rimpianti, solo perché c’è chi cerca
continuamente conflitto. Non posso. È
vero, non ho una vita da vivere, ho davanti
l’eternità, ma non per questo è una
motivazione valida per non vivere appieno ogni momento pensando che il
futuro
mi darà altre opportunità, magari migliori, da
cogliere.».
Oda sembrò
placarsi un istante e guardare Himiko con infinita dolcezza.
«Sei sicura,
Himichan? Io sono un anziano, se ti ficchi nei guai con lui, non
potrò
aiutarti.» chiaro e conciso, cristallino, mentre Himiko lo
guardava
spaesata. In pratica era come scegliere tra l'amore per Natsu e
l'amicizia con
Oda, giusto? «Oda... » bisbigliò appena,
prima di reprimere un singulto,
premendo una mano sulle labbra. «Mi dispiace.» fu
tutto ciò che riuscì a
dire, mentre la vista si appannava. Non poteva piangere davanti a lui,
aveva
scelto e lui non poteva più essere il suo appiglio. Si
voltò, dandogli le
spalle. «Grazie di tutto. Me la caverò,
davvero.» aggiunse infine, prima
di allontanarsi a passo svelto, sconvolta e scossa dai singhiozzi.
***
Batté
impazientemente il piede sul
terreno, guardandosi intorno con fare scocciato. L’aveva
cercato per ben due
ore e di lui nessuna traccia, ma era certo non fosse un codardo e che
non si
stesse nascondendo. Sbuffò e fece per voltarsi, pronto a
riprendere le
ricerche, quando scorse la sua figura al di là del cortile.
«Ehi, ti sei dimenticato la nostra
sfida?».
Il bruno portò una mano sugli
occhi, a proteggerli dai fiacchi ed aranciati raggi del tramonto, il
sole
maestoso che si ergeva alle spalle del ragazzo di fronte a lui.
«Ovvio che
no. Piuttosto tu, stai andando via? Fuggi?» chiese con un
ghigno «Mi
sembra sia tu a non esserti fatto vedere in giro, Shiki, io dovrei
pensarlo di
te.» precisò pacato, abbassò la mano e
procedette in sua direzione, Shiki
fece altrettanto e s’incontrarono a metà strada.
«Uhm, sì, sono stato
occupato.» Meglio glissare con chi lo fosse stato.
«Ah sì? La sfida l'hai
lanciata tu, ricordi?».
Il moro lo guardò di sbieco.
«Ovviamente.». Si fermò ad osservare un
istante il cielo, per poi tornare
a guardare Shin davanti a lui.
«Allora che sfida preferisci?»
domandò il bruno, impaziente di fargli vedere chi fosse il
migliore e vincere
la possibilità di stare una giornata intera con la sua
Hagumi, senza Shiki tra
i piedi. «Da parte mia non ho preferenze, scegli pure
ciò in cui sei
avvantaggiato, non ho intenzione di perdere.».
L’altro sembrò rifletterci un po’,
prima di scuotere la testa, l’aria annoiata.
«Nessuna.» esordì, lasciando
sbigottito Shin. Cosa significava “nessuna”?
«Non guardarmi in quel
modo.» sorrise, mentre si accendeva una sigaretta e tirava
un'ampia boccata «Oggi ho semplicemente deciso di essere una
persona di buon cuore e fare una
buona azione.». Shin aggrottò la fronte,
sentendosi preso per i fondelli «Non sono un idiota Shiki,
che stai dicendo? Non vuoi più sfidarmi?».
«Voglio dire» riprese parola l'altro «Che
non m’interessa più
sfidarti, ho cambiato idea. Passa una giornata solo con Hagumi,
invitala ad
uscire, comunicami quando sarà e prometto che non
verrò a romperti le uova nel
paniere. Non ne ho bisogno, in effetti.» terminò
serio, senza prese in giro
né altro. Hagumi ormai era sua, ne aveva avuto la conferma,
si fidava
ciecamente di lei e lasciarla a Shin per un giorno gli sembrava un buon
compromesso. «Ah, questo ovviamente sottintende che non
allungherai le mani
su una ragazza impegnata, anche se immagino che per uno che si
é innamorato della
propria sorella, certe questioni etiche le abbia un po' sfalsate, nel
cervello.».
Il bruno
boccheggiò un paio d’istanti, incredulo, poi
sorrise sornione.
«Ah quindi ti sei finalmente deciso
a far sul serio con lei?» lo punzecchiò,
schernendolo con una risata «Siete già arrivati al
punto di parlare in termini di proprietà? Deve essere
proprio un grande passo per uno come te.».
Si avvicinò al moro e gli picchiò una
mano sulla spalla, come a volerlo rassicurare dei suoi buoni propositi.
«Va
bene, accetterò questa situazione… »
improvvisamente si fece serio,
minaccioso «Sappi, però, che se le farai del male
io ti ammazzo.».
Lasciò andare la stretta, che si era
fatta piuttosto pesante, salutandolo con un cenno della mano.
«E poi, chissà
che Hagu in quella giornata che mi hai gentilmente concesso, non cambi
idea… ».
Shiki sorrise, per una volta
senza ironia, e fece spallucce «Credo sia impossibile. Tu
provaci, se vuoi,
magari sarà questa la nostra vera sfida.». Tanto
sapeva di non avere nulla
di cui preoccuparsi, perché Hagumi amava lui ed era certo:
dal modo in cui lo
guardava, dal modo in cui sussurrava quelle due parole come se fossero
la cosa
più preziosa del mondo, persino dal modo in cui pigolava il
suo nome, mentre
erano sotto la doccia, travolti dalla passione, e gli aveva confessato
di
essere il primo ed unico ragazzo per il quale avesse finalmente
desiderato di
diventare donna, abbandonando il corpo da ragazzina in cui si era
rinchiusa da
troppo tempo. Forse sarebbe cresciuta così in fretta, sotto
i loro nasi, che si
sarebbero accorti della metamorfosi accelerata solo una volta che
questa si
fosse completata. A lui, comunque, non importava, Hagumi gli sarebbe
piaciuta
anche vecchia e grinzosa probabilmente, semplicemente perché
era il suo cuore,
quello che amava e desiderava tenere con sé e difendere
più di ogni cosa al
mondo.
Shin fece spallucce, fermando la sua
camminata, voltandosi nuovamente verso il bel moro fece per rispondere,
ma un
urlo spacca timpani attirò la loro attenzione.
«DANNATO MOCCIOSOOO!» l’acuta
voce di Naoko rimbombò per l’intero cortile mentre
rincorreva un bambino biondo
all’apparenza d’incirca otto anni che
andò a nascondersi proprio dietro le
gambe di Shiki, facendo la linguaccia alla mora.
«Ridammelo subito!» sbottò lei,
allungando la mano in direzione del bimbo, affaticata per la corsa.
Shiki la
guardò, scuotendo la testa. « Ti sembra il modo di
andare in giro? Sei
indecente.» commentò acidulo, notando che la
cugina era tutta scomposta, la
canottierina bianca aderente che mostrava tutta la mercanzia.
«Shii-chan! Questo moccioso mi ha
rubato il reggiseno!» urlò stizzita, mentre
ricominciava a rincorrerlo
intorno alla figura del moro, senza riuscire ad acciuffarlo. Fu
però Shin che,
prendendolo per la collottola della maglietta, lo sollevò
leggermente da terra.
«Forza Yosuke! Ridaglielo.» gli
impose, il tono che non ammetteva repliche.
«Conosci questo
bambino, Minamoto?» chiese Shiki con un ghigno, mentre Naoko
rispondeva per
il bruno «CERTO CHE LO CONOSCE, HA CERCATO DI MORDERMI LE
TETTE, MALEDETTO
VAMPIRO!». Shiki alzò un sopracciglio, rimanendo
impassibile: un vampiro,
eh? Sembrava quasi si fossero dati tutti appuntamento in quella scuola.
Shin
sospirò stancamente, mentre afferrava il reggiseno della
mora dalle manine del
marmocchio, non senza diventare prima di tutti i colori, lui che non
aveva mai
toccato intimo femminile in vita sua, se non per puro caso quando
ancora
abitava con le gemelle ed entrando nella lobby trovava tutto sottosopra
e
metteva pazientemente in ordine. Tirò via il capo
d’intimo da Yosuke e lo porse
a Naoko, guardando altrove per l'imbarazzo. «Ecco...
tieni.» farfugliò
impacciato, mentre la ragazza si calmava, troppo presa a violentarlo
con lo
sguardo, quando faceva il timido era ancora più bello.
«Grazie!» squittì cercando
di imitare Hagumi, che tanto ormai l'avevano capito anche i muri che
Shin non
fosse indifferente alla sorella e Shiki la guardò
disgustato. «Risparmiaci.» ordinò secco.
Il moro la osservò per un momento,
l’aria divertita, sorridendo glaciale. «Ti ricordo
che anche il tuo adorato
Shin-chan è un maledetto vampiro.». Fu come una
doccia gelata per la mora,
che si accasciò a terra, affranta, frattanto che Shin
guardava Shiki come a
volergli dire “guarda che sono qui”. Yosuke si
avvicinò alla ragazza,
inginocchiandosi davanti a lei, sorridendo serafico.
«Non pensare a quell’idiota di mio
cugino, ci sono io qua, per te.» gongolò,
abbracciandola ed affondando la
testa nelle sue morbide protuberanze.
«MA ALLORA SEI UN BAMBINO
PERVERSO!» si riprese subito Naoko, alzandosi e mollando un
pugno al bambino
che schizzò qualche metro più indietro, dritto,
dritto tra le braccia di
qualcuno che era appena arrivato. «Yosuke!» la voce
squillante di Hagumi,
che aveva afferrato al volo il moccioso e ora lo teneva tra le braccia,
attirò
l'attenzione di tutti i presenti, che si voltarono a guardarla,
sbiancando alla
vista che gli si parò di fronte: Yosuke affondò
la testa anche tra i seni di
Hagumi che, nonostante fossero piccoli, diceva, erano morbidi e
profumati; alla
gamba della ragazza invece era avvinghiato Okura, che piagnucolava
qualcosa del
tipo che la confetta dovesse trasferirsi da lui, perché non
poteva più vivere
senza lei. Una tempia pulsò furiosamente sia sulla testa di
Shin, che su quella
di Shiki.
Partirono in contemporanea in direzione
della rosetta liberandola dai due indesiderati, Shin recuperando la
piccola
peste e Shiki colpendo Okura, che era rimasto spiaccicato a terra
dolorante,
continuando a farfugliare il nome di Hagumi.
Quando il biondo si riprese e vide il
bimbo, davanti a lui, cacciò un urletto che ricordava tanto
quello di una
donnetta in panico.
«AHHH SEI QUI!» in una scena
teatrale si rialzò da terra, in panico, correndo a
nascondersi dietro la
confettina «DIMMI CHE NON C’È ANCHE
LEI!».
Il bambino lo guardò con un cipiglio,
mentre il viso si contorceva in una smorfia divertita, usando Shin come
appoggio, le braccia conserte.
«Oh, la mamma… » ma non
terminò
la frase che una donna bionda come il bimbo, gli occhi ambrati e il
portamento
come quello di una modella, accentuato dalla vita stretta e i seni
giganteschi,
finì per lui.
«Sì, sono qui, Okura.»
la voce fu gelida e tagliente, mentre la statuaria figura
avanzò anchegginando
e raggiungendo il gruppetto, sguardo fiero e mani posate sui fianchi.
«Zia
Akiko!» cinguettò Hagumi, saltando tra le braccia
dell'adorata zia, che con
la ragazzina si addolcì infinitamente. «Haguchan,
come sei cresciuta e che
bella sei diventata!» disse teneramente, guardandola con
amore «E tua
sorella?» chiese guardandosi in giro in cerca della rossa.
«E mia
sorella?» domandò poi, ovviamente si riferiva ad
Ai, sua sorella maggiore.
Okura, che per l'allontanamento di Hagumi era rimasto senza riparo, si
accucciò
a terra ed iniziò a tremare come un cagnolino infreddolito,
gli occhietti
chiusi e le mani sul viso. Shiki, in piedi proprio accanto a lui, lo
guardò
pensieroso: come poteva, quell'idiota, essere capo degli anziani? Cosa
aveva di
particolare per ricoprire la carica più importante nel mondo
dei vampiri? Non
riusciva proprio a capirlo e per un genio come lui era frustrante.
Aveva in
realtà notato molte cose, che agli occhi degli altri
probabilmente erano futili
dettagli, era certo di avere la soluzione del dilemma a portata di
mano, ma
come riordinare i tasselli? Gli mancava forse la chiave di
tutto. Si scosse e
tornò ad osservare la scena, mentre la bellissima bionda,
forse l'adulta più
bella mai vista, anche più di Ai, ordinava a Yosuke di
smetterla di fare marachelle
alle belle signorine e si muoveva verso Okura, portandosi di fronte a
lui. «Il solito codardo, noto. Abbiamo un conto in sospeso
noi due, mi pare.
Vogliamo chiuderlo adesso?». Okura sbiancò e si
sentì sprofondare in un
vortice oscuro.
«No, no, no! Via Akiko! Sciò!»
singhiozzò, portando le mani davanti a sé in
segno di protezione.
La donna scosse la testa, ravvivandosi
i capelli.
«Akiko-chan!» la voce di Ai fece
capolino, mentre la sorella si voltava in sua direzione, sorridendole
radiosa e
gesticolando con una mano.
«Ai-chan!» canticchiò,
stritolandola in una morsa affettuosa, facendo poi lo stesso con il
cognato. «Kojiro-chan, che bello vedervi!».
Okura si afflosciò su se
stesso, tirando un sospiro di sollievo. «Ai-chaaaan! Mia
salvatrice. Ti
aaaamooooo!» piagnucolò disperato, strisciando
verso di loro, mentre Akiko,
stizzita, si voltava verso di lui e gli piantava una pedata sul viso.
«A CHI
DICI "TI AMO"? BRUTTO DON GIOVANNI DA STRAPAZZO, DÌ DI NUOVO
UNA COSA
DEL GENERE A MIA SORELLA E TI SVENTRO VIVO!» era
così indiavolata che gli
occhi lampeggiavano dall'ambra al rosso sangue e i lunghissimi capelli
biondi
svolazzavano attorno al suo corpo, avvolti da un'aura terrificante.
Shiki,
Shin, Hagumi e Naoko erano in fila ad osservare la scena spiazzati,
mentre Ai
ridacchiava divertita e Kojiro cercava di placare l'animo della
cognata, e
tutti e quattro erano decisamente sconvolti. «Non sapevo che
anche zia Akiko
conoscesse Okura.» buttò lì Shin ed
Hagumi scosse il capo negativamente. «No, neanche io. Questo
mi fa credere che Okura sia legato alla nostra
famiglia più di quanto possiamo immaginare.»
abbassò il capo, inquieta, e
Shin le lasciò una carezza sulla nuca, senza dire nulla. Gli
sorrise grata,
prima che un altro grido spezzasse la quiete di quel buio e del
silenzio ormai
calato sulla scuola, alla fine della festa sportiva. In lontananza,
Himiko
correva con un'espressione tirata e contrita, come se stesse
trattenendo le
lacrime, e Natsu la seguiva pochi metri più indietro,
dicendole di fermarsi.
Sotto gli occhi di tutti, l'afferrò per il polso dopo un
veloce ed agile scatto
verso di lei. «Lasciami parlare, ti prego. Non allontanarti
da me, ora che
hai deciso. Non rinchiuderti in te stessa, non abbandonarmi, ti
prego!» lei
alzò lo sguardo lucido verso di lui, gli occhi cerchiati di
rosso come quelli
di un coniglietto, e stava per gettargli le braccia al collo e
lasciarsi andare
ad un pianto liberatorio tra le sue braccia, quando si accorse che non
erano
soli. Paralizzati, si voltarono verso il resto del gruppo, tutti
altrettanto
immobili e pietrificati, e questi si scossero, facendo finta di non
aver visto
nulla. Okura, Kojiro, Ai ed Akiko improvvisarono una partitella a carte
seduti
a terra con un mazzo tirato fuori da chissà dove, Yosuke si
appolipò di nuovo a
Naoko e Shin cercava di tirarlo via, Shiki era seduto a terra ed Hagumi
inginocchiata dietro di lui gli faceva pettinature buffe, urtandogli,
tra
l'altro, non poco i nervi, il moro si chiedeva perché doveva
essere coinvolto
in quella scena comica e far finta di nulla, se comunque aveva visto e
sentito
tutto?
Entrambi arrossirono di botto fin
dietro le orecchie, mentre la scenetta del gruppo rendeva il tutto
ancora più
ovvio.
«Himiko-chan!» scattò Yosuke,
scocciato di dover far finta di nulla, quando non vedeva
l’ora di saltare al
collo della cuginetta. Corse in sua direzione e, come poco prima con
Hagumi, si
slanciò per appendersi al collo di lei e affondare il viso
fra i suoi seni,
strofinandolo fra questi. Quando riemerse, lei gli fece una carezza
affettuosa
sulla testolina bionda mentre sembrava dimenticare ciò che
l’affliggeva, dando
un bacio sulla guancia del bimbo in segno di saluto. Questo
però girò
velocemente la testolina, ben conscio che la rossa avrebbe mancato il
bersaglio, finendo per centrare le sue labbra.
Natsu spalancò la bocca, totalmente incredulo.
Come si permetteva quel moccioso di prendersi tante libertà
con Himiko? Lei
si allontanò
perplessa dal volto del bambino, che la guardava angelico, e sorrise un
po'
stringendolo a sé: il solito furbetto! Natsu lì
accanto stringeva i pugni e
digrignava i denti, non aveva idea di chi diavolo fosse quel moccioso,
ma
sentiva di odiarlo già, dal profondo del cuore,
perché era riuscito in mezzo
secondo a fare ciò che lui tentava da settimane e in cui non
aveva ancora avuto
successo. Poteva mica essere più impedito di un bambino di
sei, sette o quanti
cavolo di anni poi avesse? «Himichan... »
farfugliò trattenendo una
risatina isterica «Chi diavolo é questo
moccioso?» si corresse ad
un'occhiataccia della rossa «Questo ADORABILE
moccioso.» corresse sottolineando
con disgusto la parola centrale. «È il nostro
cuginetto, si chiama Yosuke e
va in seconda elementare.» disse mettendo giù il
bambino, che ormai era
troppo pesante per tenerlo appeso al collo senza ripercussioni sulla
spina
dorsale. «Ma... che... simpaaaaticooooo... »
sibilò, afferrando le guance
del marmocchio con due pizzicotti decisi e tirandogliele, irritato.
Hagumi si avvicinò ai due, dando una
pacchetta di conforto al suo migliore amico, Shiki al seguito, che in
uno
scatto si portò davanti alla confettina, in segno di
protezione. Un gruppo d’ibridi
stava piombando dal tetto della struttura scolastica, cadendo proprio
sopra di
loro in fase di attacco. «ATTENZIONE!»
urlò Okura, schivando uno di
questi e voltandosi dapprima verso la figura di Ai, poi verso le
gemelle,
assumendo l’aspetto di vampiro completo. Si
rivoltò giusto in tempo per fermare
l’attacco di un ibrido, che l’aveva puntato in
seguito alla sua distrazione e
scaraventarlo via con una potenza inaudita, travolgendo anche quello
che stava
per colpire alle spalle Naoko, frattanto che era impegnata nel
combattimento
con un altro di questi.
«Non ho bisogno del tuo aiuto
nonnetto!» tuonò lei, congiungendo le mani al
petto, fra le quali apparve
una katana con cui, in un gesto seccò, tranciò la
testa del nemico davanti a
lei.
Tutti
i vampiri presenti si
trasformarono, mentre Shiki prese per un polso Hagumi e la
strattonò per
portarla accanto a sé. «Vai via di qui,
Hagu!» le intimò, senza ammettere
obiezioni. «Ma voglio aiutare anch’io!»
rispose frustrata. «Non puoi,
non hai poteri combattivi, non saresti in grado di...
ATTENZIONE!» la prese
tra le braccia e le fece scudo col corpo, mentre artigli affilati si
piantavano
nella sua schiena, trattenne a stento un urlo di dolore, non voleva che
la ragazza
si spaventasse. «Vai via, ho detto!». Hagumi lo
guardò disperata, poi
guardò attorno a sé: Himiko era in
difficoltà nonostante i suoi poteri da
marionettista, i nemici erano troppi e il suo spirito con cui formava i
fili
invisibili per sottometterli al proprio volere non bastava per tutti
quelli che
la circondavano. Natsu provò a correrle incontro per
aiutarla, ma la sua strada
fu sbarrata da cinque mutanti, di cui doveva sbarazzarsi prima, se
voleva
raggiungere la bella rossa; per fortuna arrivò Oda, attirato
da tutto il potere
che c'era nell'aria mentre era altrove, e con lui Hiro, che diedero man
forte.
Eppure
ancora non bastava.
Kojiro era intento a tranciare in due un nemico con le lame di vento
che era in
grado di creare, taglienti come spade affilate, mentre Ai, spalle a
spalle con
il marito, ne trafiggeva svariati con stalattiti di ghiaccio appuntite
che
schizzavano fuori dai palmi delle sue mani ad una velocità
impressionante.
Okura, cosa che meravigliò tutti, non sfoggiò
nessun potere particolare, se non
una conoscenza delle arti marziali approfondita ed una forza ed una
velocità di
movimenti sovrumana, dando filo da torcere a tutti. «Hagu,
maledizione,
guardami, non puoi rimanere qui, non sai combattere.» la
strattonò ancora
Shiki, per riportarla con l'attenzione su di sé.
«Sono l'unica a non poter
essere utile in battaglia, ma posso curare i feriti e... ».
«NON ORA!»
tuonò minaccioso, prima di spintonarla via da sé
e farla cadere verso la loro
destra, lui invece si buttò verso sinistra e con una
capriola riatterrò e tornò
in piedi. Un ibrido aveva appena tentato di tagliare loro le braccia ed
ora era
tra i due, dava la schiena a Shiki e puntava Hagumi, famelico. Si
avventò su di
lei con uno slancio inaudito e le era praticamente addosso quando
irruppe Hiro
e con un calcio lo spinse via, riatterrando oltre Hagumi e facendole da
scudo,
il suo corpo avvolto da un'aura argentata che, convogliata lungo gli
arti,
conferiva ai colpi fisici dei vampiri una forza incredibile, ed era la
stessa
tecnica che stava usando Okura. Hiro cadde in ginocchio, stravolto, non
era
ancora in grado di mantenere quella modalità a lungo. La
rosetta si affrettò a
creare l’aura bianca curativa nelle sue mani, ridonando
energie all’albino, che
la ringraziò, ma le intimò di uscire dalla
battaglia.
Hagumi
si arrese e fece per
andarsene, quando notò i suoi compagni
tutt’intorno a sé, ristretti in cerchio
dall’intero gruppo d’ibridi. Erano decisamente
troppi.
«Sono
più forti di quanto
potessimo immaginare.» commentò Okura, lo sguardo
grave, mentre temeva per
la sorte di tutto il gruppo. Oda annuì in segno di consenso.
«Neanche un
attacco combinato potrebbe aiutarci ora, siamo decisamente in
svantaggio
numerico.».
Un fischio acuto si diffuse nell’aria e, mentre tutti i
vampiri e i cacciatori
presenti si tapparono le orecchie sofferenti, il gruppo
d’ibridi sembrò reagire
a questo come un richiamo. Con dei balzi si allontanarono, raggiungendo
in un
primo momento il tetto scolastico, per poi scomparire dietro questo.
Okura alzò
faticosamente lo sguardo, lottando contro gli acuti che gli perforavano
le
orecchie, notando sorpreso una figura umana in controluce al sole,
proprio nel
punto in cui scomparivano i nemici. Ebbe quasi la sensazione che questa
sorridesse di trionfo e, quando anche l’ultimo ibrido
scomparve, lei li seguì.
Non poté fare a meno che rabbrividire, ben conscio della
sfida che era appena
stata loro lanciata.
...
continua...