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Autore: San e Rachel    30/03/2010    0 recensioni
Alcune persone cercano di vivere la vita senza peccato, per poter raggiungere la perfezione, per assaporare l'eternità e, alla fine di tutto, ritrovarsi in un posto migliore. Ma se la tua intera vita fosse già una dannazione eterna? Se non potessi cambiare le cose e fossi costretto ad un perpetuo tormento, vivendo sulla terra un inferno perenne?
Una guerra aperta da secoli, un nuovo nemico comune che mina le fondamenta di entrambe le razze, due gemelle che si troveranno a dover fare i conti con sentimenti proibiti ed un ragazzo che detiene la chiave della risoluzione della vicenda... ma saprà utilizzarla? Scontri, sangue, passioni, creature e leggende, perché questa canzone, intrisa di amore e morte, continui ad echeggiare per l'eternità.
«La guardò con terrore, gli occhi ora rossi di lei lo guardavano spietati, intanto che si passava la lingua sulle labbra e sui denti, due canini bianchissimi ed affilati spuntavano minacciosi, mentre la sua espressione indicava che stava già pregustando il banchetto: fu così che, probabilmente per la prima volta nella storia proprio sotto agli occhi di un cacciatore, un vampiro si era rivelato in ogni sua forma negativa.»
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 8


Uscì dallo spogliatoio, ravvivandosi i capelli, si stiracchiò sentendosi ora decisamente meglio. Alzò lo sguardo al cielo, per notare che malgrado ci avesse messo tanto tempo, il sole era ancora alto. Sorrise, incamminandosi in direzione dei campi sportivi e quando fu in prossimità di questi, non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse accadendo che la figura di Natsu le era già piombata addosso, spalmandola a terra.

«Himichan!» si lamentò, corrucciando lo sguardo come un bambino offeso «Perché ci hai messo tanto? Ti sei persa la mia gara!». Lei lo guardò con un cipiglio, mentre le guance si tinsero di un delizioso color porpora, realizzando che il viso del biondo stava a pochi centimetri dal suo e la sua mente già elaborava strani pensieri su quanto fossero invitanti le sue labbra.

Cercò di allontanarlo, ma lui sembrava essersi avvinghiato saldamente a lei e al terreno, così che ogni tentativo fu del tutto inutile. «Uhm, sì... ehm... e com'é andata?» chiese titubante, cercando di guardare ovunque, tranne che il suo viso così vicino. Lui sorrise a trentadue denti, le prese il volto tra le mani e strofinò il naso contro il suo, in uno slancio d'affetto «Ho vinto!» esultò trionfante, alzandosi infine e tirando su anche lei. «Davvero? Oh, wow! Grande!» sorrise davvero contenta per il biondo, nonostante l'imbarazzo che ancora non accennava a lasciarla. «Sì, sì, modestamente, sono troppo un Dio nei mille metri.» sghignazzò, prendendo poi con due dita il laccio blu che teneva appesa al suo collo la medaglia d'oro e lo alzò, in modo da farla dondolare ad altezza del suo viso. «Visto che brilla?». «Sì sì, lo vedo… ma stai pur certo che se avessi partecipato anch’io, non la porteresti così fieramente al collo ora!» gli fece una linguaccia, ridendo divertita, mentre Natsu assumeva un tono di sfida. «Vogliamo scommettere?» la provocò, indicando un albero che stava ad un centinaio di metri da loro. «Giochiamocela. Se vinco io, tu dovrai darmi un premio a mia scelta, senza possibilità di opporti.». Himiko ammiccò in sua direzione, sicura di se stessa. «E se vinco io?» domandò, tirando appena il nastro della medaglia, attirandolo verso di sé «Mi darai tu un premio?».

Lui la guardò piuttosto scosso, il suo viso era così vicino, al diavolo la sfida, avrebbe potuto baciarla così, no? In un modo o nell'altro sentiva che non lo avrebbe rifiutato, ne era sicuro, ma poi sorrise ed annuì. «Qualsiasi premio vorrai.» rispose infine, dopotutto era meglio giocare pulito. Lei lasciò andare la medaglia, schioccò la lingua contro il palato aprendosi in un'espressione d'apprezzamento, per voltarsi poi entrambi verso l'albero. «Chi sale prima in cima, vince. D'accordo?» decise tutto da solo, ed attese conferma. «VIA!» urlò solamente lei, iniziando a correre in direzione dell’arbusto, lasciandosi scappare una risata liberatoria, mentre consumava le sue energie per velocizzarsi e non lasciare che lui la raggiungesse. «Non è leale!» ululò il biondo, che stava poche falcate dietro di lei, abbandonandosi poi anche lui, ridendo divertito «Sappi che ciò lo sconterai al momento in cui deciderò il mio premio!». Arrivarono nello stesso momento all’altezza dell’albero, iniziando la salita, scalandolo facilmente arrampicandosi sui rami spessi, quando Himiko sentì la testa iniziare a girarle fortemente e si fermò, rimanendo seduta su uno di questi, abbracciata al tronco. Maledì quel dannato di Akira, che le levava tutte le energie che possedeva, senza darle un attimo di tregua per stabilirsi, cibandosi di lei tutti i giorni e a volte anche più.

Natsu raggiunse la cima in men che non si dica «PRIMOOOO!» esultò ridendo, guardando poi in basso per vedere lei dov'era e si meravigliò nel non trovarla proprio dietro di sé. «Himiko?» chiese incerto, allungando il collo per guardare i rami sottostanti e vide la folta chioma rossa parecchio più in basso, almeno quattro metri più giù. «Himichan?» chiese ancora, ripercorrendo i rami a ritroso per portarsi ad altezza di quello dov'era lei, appollaiandosi però su di un altro perché il loro peso non sarebbe stato retto da un solo arbusto. «Che hai? Ti senti male?» era piuttosto pallida e si chiese se ciò non fosse dovuto a quel maledetto succhiasangue parassita. Lei scosse la testa, senza però muoversi di un millimetro, ben conscia che all’altezza in cui stava, in quelle condizioni, avrebbe potuto precipitare facilmente. «Sto bene… » sibilò, alzando lo sguardo e sorridendo appena, non volendo che lui ricollegasse il suo malessere ad Akira. Sapeva quanto l’avrebbe fatto infuriare. «Ti ho fatto vincere apposta, che credi?» si lasciò scappare una risatina nervosa, allungando i tempi, frattanto che la testa sembrava iniziare a smettere di girare. Natsu però non la bevve, assolutamente. Scese un paio di rami, giusto per arrivare a stare sotto di lei al che, in piedi, poteva stare alla sua altezza. Le portò una mano sul viso, appoggiandola su una delle pallide guance, l’aria preoccupata. «Non mi dire bugie.» lamentò, mentre lo sguardo della rossa passava da divertito a colpevole, ben conscia che non era un allocco e sapeva bene come stava e perché si trovasse in quelle condizioni. «Scusa… » sussurrò, la voce leggermente incrinata, mentre abbassava gli occhi dai suoi, non reggendo lo sguardo. «Non ti arrabbiare, per favore, non voglio parlare di Akira e delle sue conseguenze ora.».

Il biondo non rispose nulla. Allargò le braccia e le fece segno di aggrapparsi. «Lascia che ti porti giù, dai.» Himiko non disse nulla, semplicemente appoggiò le braccia sulle sue spalle e lasciò che lui cingesse il suo corpo esile, prendendola in braccio. Con un paio di agili salti da un ramo all'altro, giunsero a terra, lui in ginocchio per attutire la caduta senza rischio di farsi male e lei aggrappata al suo corpo, ora seduta sulle sue ginocchia. «Vuoi che ti porti da Hagumi? Magari con i suoi poteri curativi... » lei gli poggiò un dito sulle labbra e scosse la testa, sorridendo. «Haguchan é con Shiki, da soli, nello spogliatoio delle ragazze. Credo sia il caso di non disturbarli.». Natsu ci pensò un attimo, la guardò pensieroso, poi arrossì violentemente fin dietro le orecchie. «Ah.» rispose solo, prima di ridacchiare assieme a lei. «E allora cosa posso fare?» chiese una volta arrestate le risatine. Lei sorrise radiosa, appoggiando il viso nell’incavo fra la spalla e il collo di lui, le braccia ancora ben salde a circondargli il collo. «Fai già a sufficienza, anche troppo, sempre.» disse, seriamente convinta di quello che diceva. Il biondo però non capiva a cosa si riferisse, in fondo cos’è che aveva fatto per lei? Se doveva pensarci bene, si sentiva davvero inutile, l’unica cosa importante che doveva fare, ovvero sottrarla dalle grinfie di Akira, gli era risultato impossibile e per di più si struggeva in quanto lei fosse in quelle pessime condizioni per colpa di una legge della sua stirpe. Strinse di più la presa intorno al suo corpo, cingendola all’altezza della vita sottile, lasciando che la testa si abbandonasse contro quella di lei.

Le accarezzò piano la nuca, prima di abbassare lo sguardo sul suo viso, così bello da mozzargli il fiato. «Vorrei poter fare molto più di quanto non riesca, Himichan, credimi.» disse spostandole una ciocca di capelli rossi, ancora un po' umidi dalla doccia appena fatta, dietro un orecchio. Lei lo guardò intenerita, il cuore stretto in un sentimento dolce, dolce. «Ti ricordi cosa ti dissi sul tetto della scuola?» continuò, sfiorandole la fronte con le labbra, prima di tornare ad osservarla. Himiko annuì, sussurrando una risposta affermativa molto flebile ed arrossendo vistosamente. «Sai, ogni giorno che passa, ciò che ti ho detto di provare aumenta sempre di più. Ti amo, sempre di più, Himiko.» le ultime parole le sussurrò all'orecchio dietro il quale aveva appena spostato i capelli, in un sibilo così intriso d'amore da farle quasi perdere la ragione. Si strinse forte a lui, sentiva che era il momento giusto, anche lei doveva dirgli cosa provava: «Natsu, anc--». «EEEEKKK! L'HO TROVATO, ECCOLO LÌÌÌÌÌÌÌÌ!» solo una voce spaccatimpani interruppe le sue parole, prima di essere travolti pesantemente da quella che sembrava una mandria di bufali inferociti; ma erano solo le fans di Natsu, che avevano già spintonato via Himiko in chissà quale modo ed avevano accerchiato il biondo, urlacchiando soddisfatte ed appiccicandosi a lui come tanti piccoli koala. «EHI!» lamentò lei, lo sguardo infuriato, mentre già rinunciava all’idea di intrufolarsi in quella mandria di pazze. Come minimo l’avrebbero uccisa prima che avesse potuto raggiungerlo o, se fosse riuscita nel suo intento, l’avrebbero fatto subito dopo. Sospirò affranta, ringraziando di essere ancora viva dopo che l’avevano vista insieme a lui, soprattutto così vicini, immaginando che non fosse proprio destino in quel momento, convinta che questo le avrebbe regalato un attimo ancora più prezioso. Si guardò intorno, sconsolata, incamminandosi in direzione dei campi sportivi, famosa meta che non aveva mai raggiunto, notando Oda pochi metri più in là di lei che, appoggiato alla parete dell’edificio di fronte, le faceva ciao ciao con una mano, invitandola ad avvicinarsi. Lo vide come un colpo di fortuna e corse in sua direzione, felice di trovare un viso amico, inconscia che in realtà aveva appena incontrato la sua sfortuna.

 

***

Richiusero la porta a chiave, si tenevano ancora per mano ed erano entrambi visibilmente riluttanti a lasciarsi andare, lei un po' di più. «Vado a cercare i miei, saranno indiavolati.» disse seccamente il moro, mentre si voltava a guardare Hagumi accanto a sé, le guance ancora tinte di un rosso delizioso che faceva fatica a cacciar via e forse non ci sarebbe riuscita per tutto il resto della giornata. «Mh, sì, immagino di sì.» rispose tenendo lo sguardo basso, puntato sulle punte delle scarpette bianche, sportive, che aveva sapientemente ripulito assieme agli abiti, prima di rindossarli, ed erano ancora un po' umidi addosso. Shiki accarezzò con lo sguardo i bei lineamenti ancora vagamente infantili e, dopo essersi guardato attorno con fare losco e circospetto, si piegò verso di lei, lasciandole un bacio su una guancia, pericolosamente in prossimità delle labbra. Hagumi sussultò e si voltò verso di lui, i nasi si sfiorarono mentre si perdeva in quelle pozze scure che la guardavano con dolcezza. «Ti va di uscire assieme, in questi giorni?» la reazione della rosa fu di puro stupore, mentre spalancava la boccuccia e boccheggiava senza possibilità di dire nulla, la bocca straordinariamente arida. «Ehi, ti sconvolge così tanto la proposta? Se vuoi la ritiro!» scherzò e lei si affrettò a scuotere la testa «No, no, assolutamente no! Anzi, mi rende felicissima.». Sorrise con dolcezza, mentre lui tornava dritto e le lasciava una carezza tra i capelli, sciolti ed ondulati. «Allora va bene, poi ci mettiamo d'accordo. Vado!» solo un'altra carezza sul viso, prima di lasciarle a malincuore la mano ed allontanarsi. Lo guardò andar via con gli occhi incollati sulla sua schiena finché non scomparve dalla sua vista e il sorrisino beato si trasformò in una smorfia di dispiacere. Possibile sentisse già così tanto la sua mancanza? Sbuffò, dandosi un pugnetto da sola su di una tempia. «Scema, riprenditi.» ordinò, quasi impose a se stessa, per il bene della sua sanità mentale. Si voltò dunque anche lei e procedette in direzione opposta, dove aveva scorto la sorella non appena uscita dallo spogliatoio, seduta in lontananza sulle scalette d'emergenza dell'edificio. Era un luogo che Himiko apprezzava molto, vi si recava spesso per riflettere in solitudine, perciò guardare in quella direzione le era venuto piuttosto naturale. Si affrettò a raggiungerla, avevano troppo di cui parlare e troppo poco tempo per farlo.
«Himichan!» la richiamò, alzando il braccio e muovendo la manina in segno di saluto. La rossa alzò lo sguardo, ripescata dai suoi pensieri, giusto in tempo per vedere la sorella raggiungerla e sedersi al suo fianco. Sorrise, dandole una gomitatina nelle costole. «Allora, com’è andata? Sembri felice.» Non le era sfuggito il sorriso radioso della confettina ed era più che certa che i due avessero sistemato tutto. Hagumi arrossì fin dietro le orecchie, annuendo timidamente. «Sì, lo sono. È stato, insomma… UAAAAH!» cacciò un urletto eccitato, mentre il viso ora cambiava diverse tonalità purpuree, ricordando i momenti di poco prima insieme a Shiki. Buttò le braccia al collo della sorella, strusciando affettuosamente la guancia contro la sua ed Himiko giurò quasi di sentirla fare le fusa, frattanto che continuava a ripetere “sono felice, felice, felice!”.
«Calma, calma!» rise, facendole qualche carezza sulla testa e scollandola poi da sé, per guardarla negli occhi. «Spiegami.».
Hagumi si portò le manine davanti al viso e continuava ad agitare la testolina, senza seguire alcuna logica, se non quella della vergogna. «In doccia... » pigolò, senza aggiungere altro, cosa che fece intenerire ancora di più Himiko. «Oh, siete già a questo punto?» chiese con un ghigno, abbassandosi appena per entrare nel campo visivo della sorella, afferrandole i polsi per allontanarle le manine dal viso e guardarla negli occhi. «E com'é stato, meglio o peggio dell'altra volta?» incalzò divertita, mentre Hagumi quasi iniziava a fumare dalle orecchie. «Divinooooooooooo!» urlacchiò, prima di buttare il visetto sulle ginocchia della sorella, seduta un gradino più su di lei e nascondersi mentre i flash di quegli istanti continuavano a scorrere nella sua testa, in una carrellata infinita.

«Oh… » esclamò Himiko, portandosi una mano sotto il mento, l’aria di chi sta elaborando qualche pensiero contorto «Significa quindi che non c’è bisogno che ti regali il libro del Kamasutra? Oppure lo vuoi lo stesso? Chissà! Potrebbe tornarvi utile per provare qualche nuovo giochetto.». La stava ovviamente prendendo in giro, ma la confettina non poté fare a meno di credere parlasse sul serio ed era veramente interessata all’argomento. Sbatté le palpebre un paio di volte, dopo aver alzato la testa per guardarla negli occhi, improvvisamente seria.
«Dici che potrei imparare qualcosa di utile da, insomma... » fece una pausa di qualche secondo, cercando di sconfiggere la vergogna «Potrei procurargli un piacere maggiore?». Himiko scoppiò in una fragorosa risata, afferrandola per la testolina e scompigliandole la chioma con un pugnetto, in modo affettuoso.
«Non ti preoccupare sorellina! Non penso siate già così annoiati da dover provare cose nuove.».

Hagumi strabuzzò gli occhi un paio di volte, prima di seguire la sorella con qualche ridolino inconsulto. «Credo tu abbia ragione. Annoiati? Non ancora, direi, anzi... » lasciò cadere il discorso, mentre il rossore sul volto si estendeva un po' ovunque «Himiko, avevi ragione sai. Sono proprio innamorata persa e anche lui mi ha detto che mi ama. L'avresti mai detto?». Effettivamente era una situazione quasi surreale. Himiko non disse nulla, semplicemente sorrise, perché dopotutto lo sapeva già. «Beh, ad ogni modo, devo parlarti di altro adesso, i dettagli te li propino dopo» aggiunse la signorina in rosa, tornando a sedere composta ed iniziando a giocare con una ciocchetta di capelli ondulati, lo sguardo nuovamente puntato sulle proprie scarpette «Ho parlato con papà, prima.». La rossa la guardò ora curiosa, inclinò appena il capo strabuzzando gli occhioni smeraldo, come ad invitarla a continuare. La rosetta sospirò «Vedi, non pensavo sai, ma si è accorto della situazione fra me e Shin.» a queste parole Himiko la guardò un po’ preoccupata della reazione che credeva avesse potuto avere il suo papà, ma Hagumi si affrettò a rassicurarla «Era un po’ preoccupato, ma come succo della questione ha detto solamente che si fida di noi e confida in nostre scelte razionali. Mi ha chiesto anche di prendermi cura di lui.».
La gemella annuì appena, assimilando la notizia. «Capisco. In fondo era normale che prima o poi anche papà o mamma se ne accorgessero, Shin non è molto bravo a celare i suoi sentimenti.» ridacchiò, ricordando momenti in cui il ragazzo si trovava ad arrossire teneramente anche in presenza dei genitori, quando Hagumi gli faceva qualche carezzina affettuosa o gli dava attenzioni «Sei preoccupata per questo? Hai paura di deluderlo?». La confettina abbassò lo sguardo triste, certo che era preoccupata. Shin era innamorato di lei, probabilmente l’unica vera cosa che avrebbe potuto fare per renderlo felice era ricambiare i suoi sentimenti, ma questo non poteva farlo. Nel suo cuore si era radicato Shiki e il legame che la legava al bruno non riusciva a vederlo evoluto, egoisticamente voleva continuare a tenerlo al suo fianco come fratello, sicuramente la peggior tortura che potesse infliggerli.
«Sai Hagu, non è vero che non puoi essergli realmente vicina, che non puoi prenderti cura di lui se non ricambi i suoi sentimenti. È la vita, infondo, nessuno può decidere di chi innamorarsi o chi far innamorare di sé.».
La sorella annuì a queste parole e le sorrise grata, prima di abbacchiarsi di nuovo «Ne sono perfettamente consapevole. È solo che far soffrire Shin mi fa... così male.». Terminò la frase mentre si rendeva conto del grande senso di vuoto che questa situazione le provocava. «Io sono innamorata di Shiki, ma non sono del tutto indifferente a Shin; inoltre penso continuamente che se non avessi incontrato Shiki, starei con Shin, sarei innamorata di lui, e questo mi fa sentire ancora peggio, perché vuol dire che dopotutto so che il mio cuore può amarlo ed è forse la mia mente a non volerlo.
Razionalmente parlando, é più facile innamorarsi di qualcuno che, in diciassette anni, non hai mai visto come un fratello.». Himiko scosse il capo, non era d'accordo «Shiki é un cacciatore, il tuo acerrimo rivale, eppure il tuo cuore non vuole saperne, lo ami comunque, no?». Hagumi la guardò sorpresa, totalmente presa alla sprovvista, come se una grande rivelazione fosse calata su di lei: la gemella aveva perfettamente, indubbiamente e totalmente ragione. Oltretutto anche Himiko era certa di avere ragione: non si stava, forse, innamorando perdutamente anche lei? Non stava forse per gettarsi come la sorella in una storia proibita, senza via di uscita e dal lieto fine incerto, se non quasi del tutto impossibile?
E proprio a quel proposito, la rossa sospirò, notando in lontananza Natsu che si dirigeva probabilmente verso gli spogliatoi, scherzando allegro con il gruppo di fans scalmanate che sembravano non volerlo mollare più. Hagumi la guardò divertita, dimentica per un istante del dilemma di pochi istanti prima, non potendo fare a meno di pensare che fosse decisamente gelosa e che ciò su cui stava riflettendo era quindi presumibilmente veritiero.
«Eh sì, Natsu-chan ha veramente tante ammiratrici.» la punzecchiò un po’, desiderosa di vedere la reazione della gemella, per togliersi ogni dubbio. Questa, infatti, in un primo momento non rispose e poco dopo assunse un tono piuttosto acidognolo. «Sì, ho avuto modo di accorgemene. Riguardo Shin, comunque… » non poté finire la frase, Hagumi l’aveva già interrotta.
«Oh, lascia perdere la storia con Shin ora, tanto non ne verrò a capo lo stesso, non serve parlarne, devo fare chiarezza dentro me.» e lo disse con un vigore che sorprese molto sua sorella. «Piuttosto, parliamo di Natsu. Ormai lo sanno anche i muri che é perso di te, cosa intendi fare?». Himiko le aveva raccontato della dichiarazione di Natsu durante la convalescenza per il colpo subito da Misa, ma ci sarebbe arrivato chiunque anche senza saperlo, persino un cieco, bastava già solo sentire la voce di Natsu e il cambiamento di tono quando si rivolgeva alla rossa, con un affetto infinito, ed anche un po' d'imbarazzo, tant'era che delle volte si acutizzava di un'ottava.

Fu ora il turno di Himiko di sentirsi in imbarazzo, le gote che iniziavano a tingersi di un bel rosso acceso. «Ecco… » si trovò una totale idiota. Non aveva mai realmente aperto il suo cuore riguardo l’argomento “amore”, tant’é che non riusciva a trovare le parole per esprimersi al meglio. Decise quindi di andare sul semplice. «Lui mi piace.» buttò lì, frattanto che Hagumi annuiva. «Questo lo so, l’ho capito nel momento in cui l’hai baciato davanti a tutti, il giorno in cui scopristi del tuo destino con Akira. Eri strana, avevi una bizzarra luce negli occhi, non eri la solita Himiko che si sbaciucchia il primo bel ragazzo che trova per la serata, l’ho notato subito. Io voglio sapere se intendi rispondere positivamente alla sua dichiarazione e provare ad avere qualcosa di serio con lui!» il cuore che batteva forte, mentre già immaginava il suo migliore amico e la sua adorata sorellina in una storia d’amore. La rossa sembrò avere un’illuminazione, lo sguardo che assumeva una nota preoccupata e triste al contempo. «A proposito di dichiarazioni, oggi mentre eravamo chiusi in bagno, Akira ed io intendo, per il suo pasto giornaliero, mi ha confessato di essere innamorato di me. Credo scherzasse e volesse prendersi gioco di me, chiaramente, però… ».
Hagumi scoppiò in una risata cristallina, tappandosi subito la bocca allo sguardo omicida della sorella. «Coff cough... » dissimulò con qualche colpetto di tosse, prima di schiarirsi la voce e proseguire. «Uhm, Himichan, guarda che era palese. Nessun nuovo vampiro é così deliziato dall'idea di bere il sangue, come lui lo é quando sta per bere il tuo. Sono tutti disgustati all'inizio, lui invece non ha avuto un solo attimo di titubanza e sono certa che questo sia legato al fatto che quando ti morde sente i tuoi sentimenti, anche i più reconditi. Ora, non so se sia proprio amore, perché é una cosa forse abbastanza immorale, quasi da squilibrati, ma che sia assuefatto di te... beh... non ti offendere, ma l'avevo capito persino io.» il che era grave, se si pensa quanto riuscisse ad essere ingenua e tonta in certe questioni.

Himiko portò l’indice a grattarle la guancia, mentre sembrava riflettere, un po’ imbarazzata dall’affermazione della sorella. «Io non me n’ero accorta, forse perché ritengo che il suo non sia amore. Se fosse davvero infatuato come dici, percependo quanto mi ferisce ogni volta, avrebbe già smesso; perché, in fondo, quando ami qualcuno vuoi il suo bene e la sua felicità, no?».
Hagumi si ritrovò d’accordo. «Sì hai ragione, di norma funziona così, ma alcune volte, quando l’amore ti prende al punto di diventare la tua vita, non puoi far a meno di diventare un po’ egoista e pensare anche a te stesso, alla tua felicità.».
Si sorprese di se stessa e di quanto fosse arguta in quel momento e si convinse che sicuramente vedendo le cose con occhi esterni, le sembrava tutto più logico. Si ritrovò a pensare a quanto sarebbe stato comodo vedere, di tanto in tanto, i propri problemi dall’esterno, con occhi altrui.
Himiko rifletté qualche istante e non trovò nulla di sensato da dire alle affermazioni della sorella. «No, mi rifiuto di crederci.» esclamò infine, alzandosi in piedi e saltando il gradino dov'era seduta la sorella, per atterrare su quello successivo, più in basso. Si voltò a guardarla e cercò di scrollarsi quella brutta sensazione di dosso. «Vado da mamma e papà, saranno preoccupati. Tu non vieni? A quest'ora Shin starà gareggiando con la sezione universitaria, sai.». Hagumi scosse il capo, in segno affermativo e s'alzò imitandola, massaggiandosi appena i glutei sui quali, separati dalle insenature dei gradini d'acciaio soltanto dai bloomers sottili, erano rimasti i segni rigati e un po' dolenti. «Ti raggiungo, sì, però avviati, devo prima fare una cosa.» lo sguardo balzò su Natsu e le sue fans in lontananza, solo per un istante, prima di tornare sulla sorella e sorriderle. La rossa fece spallucce ed annuì, avviandosi in direzione dei familiari. Lo sguardo di Hagumi cambiò radicalmente, così come la sua espressione. A passo da elefante, tanto che Natsu credette ci fosse stata una scossa di terremoto, si avviò in direzione del bel biondo, ora poco distante da lei trovandosi vicino all’entrata dello spogliatoio maschile, arrivando davanti al gruppetto con l’aria di chi è infuriato nero.
«Vi do dieci secondi per cambiare aria, altrimenti non risponderò di me.» tuonò, minacciando le ragazze che ancora lo accerchiavano, con alcune di queste avvinghiate al corpo del ragazzo. Aveva già avuto modo di affrontarle in passato, quando ancora credevano che lui fosse innamorato di lei, e sapeva come prenderle e che queste avevano paura di cosa avrebbe potuto far loro, infatti presero a correre nelle più disparate direzioni, liberando il ragazzo dalla loro ossessiva e soffocante presenza.
«Haguchan graz… » fece per abbracciare la confettina, ma questa gli spalmò una mano in faccia, frenando il suo slancio, tirandogli poi uno scappellotto dietro la nuca.
«Si può sapere che diavolo stavi facendo?» domandò stizzita, preoccupata che questo, seppure innamorato di Himiko, volesse sfogare i suoi istinti sessuali, vista l’incertezza in cui navigava nel rapporto con la rossa.
Lui si massaggiò il volto, piagnucolando «Ma... ma... ma... Haguchan!» era scandalizzato, come poteva trattarlo a quel modo, lei sempre tanto dolce e graziosa? «Stai diventando manesca come tua sorella? Ahiuo!» mosse un po' la mascella, controllando che non si fosse slogata a causa del manrovescio. La rosetta lo guardò un po' dispiaciuta, forse aveva esagerato, però poteva farlo anche da solo lo sforzo di cacciarle via. «Sei un don giovanni da strapazzo, Himiko non starà mai con te finché gironzolerai con quelle lì abbarbicate ovunque sul tuo corpo. Era una visione quasi oscena, una ti stava anche mettendo la mano nei pantaloni. Cerca di darti un contegno, per l'amor del cielo, Natsu.».

«Errr… » mugugnò il ragazzo, non ben convinto di cosa risponderle. «Cerca di capirmi Haguchan… » pigolò solamente, lo sguardo colpevole, ma lei quella volta non si dimostrò comprensiva come suo solito.
«Cosa dovrei capire? Che finché Himiko non ti ricambierà continuare a scorrazzare in cerca della prima sgualdrina che te la dia, per non stare in astinenza?» domandò con un cipiglio, le mani ora che si erano appoggiate sui fianchi, in tono rimproverevole.
Il biondo scosse il capo, indignato: «Ehi! Non ho mai detto nulla del genere, mi pare. Semplicemente... beh... Credo che non mi ricambierà mai, Haguchan.» disse infine, afflosciandosi su se stesso, per poi acchiappare la confettina tra le braccia ed affondare il viso sulla sua testa rosa, cercando di trattenere il pianto, anche se liberarsi gli sarebbe stato utile. Lei mugolò qualcosa d’indecifrabile, abbracciandolo poi a sua volta. Povero Natsu, doveva essere davvero a pezzi per rendersi così vulnerabile davanti a lei. Alzò un braccio e portò la mano sulla sua testa bionda, ad accarezzargli la nuca. «Su! Non fare così, Natsuchan.». «Non ho speranze.» farfugliò di nuovo lui, stringendola un po' di più. «Non dovresti fasciarti la testa prima di essertela rotta, chi ti ha detto questa baggianata?». Lo spinse un po' per guardarlo in volto. «Dritto e sguardo fiero, espressione allegra e sicurezza in te stesso, fatti vedere così da lei, stalle accanto senza essere invadente, sii dolce quanto basta e prendila anche un po' in giro, bisticciando come piace a voi. Insomma, sii te stesso. L'unica cosa che potrebbe allontanarla da te sono quelle oche che ti porti in giro a scuola. Allontanale e vedrai che andrà tutto per il meglio!».
«Ne sei sicura?» domandò, poco convinto della cosa, poi sbuffò. «Se almeno lei mi desse qualche segno positivo… » si lagnò e a queste parole la confettina gli strizzò le guance, chiedendosi se fosse cieco o realmente ottuso.
«Non predicare di amarla follemente, se non riesci neanche a riconoscere ciò che per lei sono gesti importanti e significativi!» sorrise amabilmente, mentre lo sguardo si addolciva e gli faceva una carezzina affettuosa. «Abbi pazienza ed osserva attentamente i suoi comportamenti con gli altri e con te, forse riuscirai ad avere qualche delucidazione, in fondo vi conoscete da molto.».

La guardò, sorpreso, chiedendosi chi l'avesse resa così saggia in affari di cuore. Fece spallucce e decise di non pensarci, chiunque fosse, aveva tutta la sua gratitudine, perché grazie a lei ora si sentiva un po' meglio e riusciva a vedere la cosa da un'altra prospettiva. «Sì, hai ragione. Lo farò!» si mise in posa statuaria, teatralissima, puntando un dito verso l'orizzonte. Lei ridacchiò e si mise accanto a lui, indicando nella stessa direzione, con la stessa posa buffa «Sì!» decretò infine, prima che entrambi scoppiassero a ridere. Il discorso, per adesso, era finito.

 

***

Erano ormai le cinque del pomeriggio e il clima iniziava a rinfrescarsi. Si ritrovò a tapparsi per l’ennesima volta le orecchie, in un vano tentativo di ignorare il professore di educazione fisica che le abbaiava contro dandole della lumaca, per l’ennesima volta.
«Ma professor Hirojima, è pesante!» si lamentò, lasciando cadere l’ostacolo, che andò a finire proprio sul piede dell’uomo, facendolo saltellare ed ululare dal dolore. «Ups… » squittì, frattanto che se la ghignava sotto i baffi.
«Ti aiuto io.» la voce di Misa, alle sue spalle, che fece per aiutarla a sollevare la barriera massiccia, ma qualcuno fu più veloce di lei, sollevandola al suo posto.
«Ah! Ragazze debolucce, lasciate fare agli uomini questi lavori.». Era la voce di Natsu, che sghignazzava portandosi quell'affare pesante sulle spalle, ammiccando poi verso Himiko e voltandosi per andare a posarlo. Himiko arrossì, senza dar peso a Misa che sbraitava "Deboluccia a chi?" e guardava invece Natsu allontanarsi, intensamente. Le passò una mano davanti agli occhi, poi sbottò qualcosa perplessa e se ne andò anche lei, stizzita. Himiko, invece, raggiunse il biondo. «Ti aiuto, davvero. Non sono mica così debole, sai.» lui abbassò lo sguardo ed osservò la fanciulla al proprio fianco, con dolcezza. «Lo so, ma permettimi di fare l'uomo. Sostenerti e proteggerti è un mio compito, no?» lei scosse il capo «È inutile che fai il ruffiano, non me lo dimentico che mi hai mollata a terra, mentre ti facevi circondare da quelle pazze.». Lui si offese. «Che ruffiano? Sono serissimo!».
«Quindi non hai intenzione di fare nulla per farti perdonare?» domandò, mettendo il broncio e fingendosi offesa. «Me ne ricorderò.». Lui rise un po’, avvicinandosi a lei e scompigliandole dolcemente i lunghi capelli.
«E com’è che ancora non mi hai mollato qui da solo?». Himiko sembrò rifletterci per un momento, prima di pizzicargli il naso. «Non iniziare con i pensieri contorti, ovviamente sto attendendo che tu ti decida a farti perdonare!». La sua espressione cambiò radicalmente, come se una vena di tristezza l’avesse invasa, abbassando lo sguardo dai suoi occhi. «Scherzavo, ovviamente!» pigolò tornando a guardarlo, abbozzando un sorriso «Sei libero nelle tue azioni, non mi devi nulla!».
Natsu aggrottò le sopracciglia, lasciò scivolare giù dalle spalle l'ostacolo e si portò davanti a lei, in modo da fermare la sua avanzata ed esserle di fronte. «Che dici?» chiese confuso, quel cambio repentino di umore non gli era stato molto chiaro. Lei sbatté le palpebre, altrettanto perplessa. Aveva specificato perché non voleva essere fraintesa, scherzava davvero, non si sarebbe mai permessa di pretendere scuse da lui su una cosa che, non essendo impegnato con lei, era liberissimo di fare. «Himichan, ti conosco ormai, lo so quando sei ironica e quando no. Lo avevo capito, che bisogno c'era di correre ai ripari? Mi hai fatto sentire un po' stupido, sinceramente.» specificare che fosse tutto uno scherzo lo aveva piuttosto scosso, in realtà nemmeno lui sapeva per quale motivo. La ragazza scrutò negli occhi profondi e turchesi, ma non seppe cosa dire, come reagire, men che meno se ci fosse qualche gesto da compiere. Lui le appoggiò le mani sulle spalle, guardandola seriamente. «Se devo essere sincero, scherzo o meno, non c'era bisogno di dirmelo, volevo già chiederti scusa. Chiederti scusa per averti rovesciato addosso tutti i miei sentimenti ed averti poi lasciata lì, facendomi trascinare via da quelle. In realtà avevo solo paura di un tuo rifiuto, quando loro sono arrivate ero sollevato... insomma, non avrei resistito ad un tuo allontanamento. Scusami se sono stato un codardo, ma credimi se ti dico che ti amo e che quelle lì... quelle lì, per me, non sono niente, te lo giuro.».
«Lo so, anche io ti conosco a sufficienza da sapere quando sei serio con una ragazza e quando no.» ammise, in fin dei conti in quel campo erano fatti della stessa pasta. Si passò una mano nervosamente fra i capelli, piuttosto imbarazzata dalla gaffe che aveva appena compiuto. Nel suo contorsionismo di non fargli capire che in realtà ci era rimasta un po’ male, era riuscita solo a dimostrargli il contrario, cosa che però lui sembrava non aver colto. «Perché avevi paura di un mio rifiuto?» gli domandò a bruciapelo, tornando ad osservare le sue pozze celesti «Ho fatto qualcosa che ti abbia fatto intendere che io voglia allontanarti?».
Il biondo scosse il capo, portandosi poi una mano dietro la nuca, imbarazzato. «No, beh... in realtà... é solo che non mi hai ancora dato una risposta da quel giorno sul terrazzo della scuola, sai. Mi hai baciato di tua spontanea volontà a casa tua e da lì più nulla, non una parola o un segnale. Ho pensato che per non dirmi nulla, semplicemente non ti piacessi e non sapessi come rifiutarmi, perché sei troppo gentile per farlo in modo brutale.» spiegò tutto d'un fiato, voltando poi lo sguardo altrove, ad osservare una coccinella che camminava su un muro, come se fosse la cosa più interessante del mondo.
Lei appoggiò una mano sul suo viso, facendolo voltare e tornare nuovamente a guardarla, sorridendo radiosa. «Scusa.» disse seriamente intenerita, alzandosi in punta di piedi, appoggiando una mano sulla sua spalla come leva e lasciare che, quella precedentemente sul suo volto, andasse a giocare con il ciuffo dei suoi capelli che gli ricadeva ribelle su questo, scostandolo appena. Arrossì un poco sulle gote, accorgendosi solo in quel momento di essere volontariamente a pochi centimetri dal suo viso. «Sono dell’idea che il tuo cervello si perda sempre in troppi pensieri contorti e assurdi, perché io non sono così buona come credi tu. Se avessi voluto scaricarti, credimi, l’avrei già fatto da un bel pezzo.». Lo punzecchiò un pochino, forse per spezzare la tensione, o semplicemente nel tentativo di calmare se stessa, mentre il cuore batteva all’impazzata nel suo petto, al punto che arrivò a credere volesse uscire da questo. Il volto del biondo sembrò illuminarsi mentre cercava di assimilare le parole della rossa, voleva forse intendere che non lo stava rifiutando? Che poteva sperare di essere ricambiato? Aguzzò le orecchie, avido di sentire ciò che lei aveva da dirgli.
Lei rise, quando vide che lui ancora non diceva nulla e sembrava paralizzato. «Ehi, intelligentone, ti sto dicendo che non ho intenzione di rifiutare i tuoi sentimenti.» s’alzò di più' sulle punte, mentre lui assumeva un'espressione mista tra gioia e incredulità. «Himichan... » sussurrò solo, piegandosi verso il suo viso, le labbra così vicine s’attiravano le une verso le altre come in una sorta di magnetismo ineluttabile. Ed Himiko, mentre chiudeva gli occhi per assaporare ciò che stava per arrivare, decise che era giunto il momento di rivelare anche i propri sentimenti: «Natsu, io ti--». Se in quel momento avesse potuto continuare, sarebbe certamente stato più semplice il percorso delle settimane successive, ma il destino volle essere crudele. Il destino o qualcun'altro? Una vocina, comunque, interruppe le parole della ragazza: «Ehi! È proprio vero, i mostri polipi quando si attaccano si succhiano a vicenda!». I due si girarono e, non notando nessuno, abbassarono lo sguardo, per scorgere un bambino all’incirca dell’età di cinque anni, che li guardava dal basso, con la boccuccia aperta, come fossero la cosa più interessante del mondo. Himiko scattò indietro, sciogliendosi dalla presa di Natsu, totalmente rossa in viso, d’imbarazzo e di rabbia. Possibile che ogni volta che cercasse di dichiararsi dovesse succedere qualcosa che glielo impediva? Natsu s’abbassò all’altezza del bimbo, l’aria divertita.
«No no, i polipi non si succhiano per lottare! Quando attaccano, usano i loro tentacoli per picchiarsi!».
Il bambino e Natsu scambiarono qualche battuta allegramente, mentre la rossa si chiedeva come potesse essere già così disinvolto, lei si sentiva tutto un fremito, mentre portava le mani sulle guance e si accorse che emanava fuoco dalla pelle. «Che seccatura!» sbottò in una perfetta imitazione di Shiki e il suo modo di dire preferito, prima di alzare lo sguardo per caso ed individuare Oda appoggiato al muro poco più in là, braccia conserte, sigaretta tra le labbra ed espressione soddisfatta mentre guardava la scena con occhi penetranti. Cosa cavolo stava succedendo?

Una venuzza iniziò a pulsare sulla sua tempia, la testa che sembrava fumare di rabbia, mentre già s’avvicinava al bruno, afferrandolo per il colletto della camicia.
«Oooooda!» ululò, scuotendolo appena «Mi stai forse pedinando?». E ne era certa, perché lui non stava mai in un posto per puro caso e quel giorno era già la seconda volta che lo incontrava in una casualità troppo sospetta.
Lui sorrise divertito, afferrando delicatamente la mano di lei e facendole mollare la presa. «Dai piccola, me la sgualcisci.». Aspirò un altro tiro dalla paglia, buttando fuori il fumo con fare rilassato, al che Himiko non ci vide più. La sua faccetta colpevole l’avrebbe riconosciuta fra mille.
La guardò divertito, prima di gettare la sigaretta ormai finita in una pattumiera lì vicino, con una mira quasi surreale. «Dai, lo ammetto, il marmocchio ve l'ho spedito io. E anche le tipe di prima. Piaciuti i miei pacchi regalo? Mi sento un po' Babbo Natale!» rise, mentre lei quasi ringhiava dalla rabbia. Natsu osservò la scena da lontano, accarezzò la testolina del bimbo e si allontanò da lui, avvicinandosi ai due. «Che succede?» chiese al bruno, che di colpo si fece serio. «Succede che una persona mi ha affidato il compito di occuparmi di Himiko, assicurarmi che stesse bene e che non soffrisse, e se questo significa espellerti dalla band pur di non farvi avvicinare più di così, per quanto tu possa essere bravo, mi sta bene. Himiko é un VAMPIRO e tu sei un CACCIATORE, non ho la minima intenzione di lasciartela.» tirò a sé la ragazza e la strinse forte, mentre quelle parole colpivano i due come docce gelide in pieno inverno.

Lei si voltò appena, limitata dalla stretta di lui, facendo ciò di cui si sarebbe pentita probabilmente per il resto della sua vita. Gli mollò un cinquino in pieno viso, facendo più male a se stessa di quanto realmente fosse il dolore fisico provato da Oda.
«Non ti permettere!» tuonò, mentre il cuore sanguinava per una nuova ferita piuttosto profonda. L’unica persona su cui aveva sempre creduto di poter contare, l’unica che era sicura l’avrebbe sempre sostenuta in modo maturo, aiutandola nelle scelte della vita, le stava ora imponendo un suo egoistico volere in un modo altamente infantile. «Chi sei tu? Tu non sei il mio Oda. E se lo sei, vuol dire che allora non ho mai veramente capito nulla di te e hai sempre celato il tuo vero io o una parte di questo. Ciò mi addolora, ma se deciderai di volermi imporre delle scelte, allora sappi che io non ci sto!».
«Io non ti sto imponendo una mia scelta. Io ti sto mettendo dinnanzi ad un dato di fatti, Himiko. Cosa diamine possono saperne due mocciosi come voi della guerra, eh?» secco, irritato, non si massaggiò nemmeno la guancia arrossata, ma li guardò entrambi severamente, come un padre. «Le cose non stanno bene, ragazzi. C'è burrasca, Okura sta facendo di tutto per tenere rapporti civili, ma voi… » guardò sprezzante Natsu «… maledetti state rovinando tutto con il vostro orgoglio, come sempre, come già duemila anni fa avete fatto. Siete feccia e non permetterò che Himiko, anzi, che entrambe le gemelle, rimangano ferite a causa vostra e a causa della guerra che state minacciando di far riscoppiare.».
«Che colpa ne abbiamo Shiki ed io se le nostre famiglie sono in conflitto con le vostre? Quale diritto avete di impedirci di stare bene insieme, solo perché fra di voi vigono conflitti?» domandò serio, i pugni in una morsa, mentre lo sguardo si faceva gelido, nel guardare il bruno davanti a sé. «Che male c’è nell’amare qualcuno anche se diverso da noi?» calcò la mano, seriamente incredulo di ciò che Oda andava dicendo. Certo che molte guerre erano scoppiate e avrebbero continuato a crearsi, se le loro mentalità seguitavano a navigare in un oblio, rimanendo chiuse nel loro mondo senza accettare nessun’infiltrazione dall’esterno, positiva o negativa che fosse.
Oda scosse il capo «Non hai capito un cazzo, Natsu. A noi vampiri non frega nulla di voi, siete voi che continuare a cercarci, minacciare di ucciderci ad ogni sgarro, siete voi il problema, voi che odiate Okura a morte, voi che ci perseguitate e ci rendete la vita impossibile. Dopo duemila anni da che le nostre strade si sono separate, continuate a trattarci come se fossimo dei mostri. No, non lascerò che Himiko venga a contatto con te e la tua gente più di così, le fareste solo del male. Cosa farebbero i tuoi genitori, se sapessero, eh Natsu?» chiese, prima di incalzare, infuriato «COSA FAREBBERO?». Natsu tacque, così anche la rossa. Cosa dovevano dire? Era troppo chiaro ad entrambi che l'avrebbero cacciata fino a che non l'avessero uccisa e la guerra allora sarebbe scoppiata davvero, senza troppi ripensamenti. Stava per dire qualcosa, ma non sapeva davvero come rispondere, perché sapeva perfettamente chi é che aveva ragione. Oda continuò, dopo essersi calmato. «Himiko sarà un vampiro per l'eternità, continuerà ad avere bisogno di sangue, non vive di cibo umano, che tu lo voglia o no, quello ci fa gola solo per il buon sapore, ma non ci sfama e non lo farà mai. Si nutrirà perennemente del sangue di animali o di sacche ematiche che ci passano i vampiri che lavorano in ospedale... e poi? Se un giorno avesse una crisi e ti azzannasse? Cosa accadrebbe, Natsu? Lo sai cosa succede ai cacciatori che vengono morsi da vampiri? LO SAI?!».
Natsu abbassò lo sguardo, ben conscio di dove avesse voluto andare a parare il bruno. Diventare un ibrido, beh, per lei sarebbe stato disposto anche a questo, se avesse potuto godere di momenti felici al suo fianco, ma sapeva bene che non era ciò che voleva intendere Oda, che la sua preoccupazione era tutt’altra. Non seppe veramente cosa rispondere, così come anche Himiko, che era rimasta in silenzio, scossa da quelle parole, mentre sentiva il cuore spezzarsi in mille e più frammenti. Guardò alternativamente i due ai suoi fianchi opposti, realizzando solo in quel momento ciò che Hagumi volesse intendere con l’egoismo in amore e sì, in quel momento si sentiva la persona più egoista del pianeta. Sapeva a cosa andava incontro, ma non voleva rinunciare a lui per questo e se Natsu si fosse fidato di lei a sufficienza, avrebbe lottato fino allo stremo delle forze per la causa in cui credeva.
«Scusa Oda, non posso farmi intimorire da quello che dici. Lo sai, mi conosci, lotto per le cose in cui credo e io non credo in questa guerra. Per quanto le tue ragioni siano reali e pericolose, non ho intenzione di limitare la mia vita, di vivere di proibizioni e rimpianti, solo perché c’è chi cerca continuamente conflitto. Non posso. È vero, non ho una vita da vivere, ho davanti l’eternità, ma non per questo è una motivazione valida per non vivere appieno ogni momento pensando che il futuro mi darà altre opportunità, magari migliori, da cogliere.».
Oda sembrò placarsi un istante e guardare Himiko con infinita dolcezza. «Sei sicura, Himichan? Io sono un anziano, se ti ficchi nei guai con lui, non potrò aiutarti.» chiaro e conciso, cristallino, mentre Himiko lo guardava spaesata. In pratica era come scegliere tra l'amore per Natsu e l'amicizia con Oda, giusto? «Oda... » bisbigliò appena, prima di reprimere un singulto, premendo una mano sulle labbra. «Mi dispiace.» fu tutto ciò che riuscì a dire, mentre la vista si appannava. Non poteva piangere davanti a lui, aveva scelto e lui non poteva più essere il suo appiglio. Si voltò, dandogli le spalle. «Grazie di tutto. Me la caverò, davvero.» aggiunse infine, prima di allontanarsi a passo svelto, sconvolta e scossa dai singhiozzi.

***

Batté impazientemente il piede sul terreno, guardandosi intorno con fare scocciato. L’aveva cercato per ben due ore e di lui nessuna traccia, ma era certo non fosse un codardo e che non si stesse nascondendo. Sbuffò e fece per voltarsi, pronto a riprendere le ricerche, quando scorse la sua figura al di là del cortile.
«Ehi, ti sei dimenticato la nostra sfida?».
Il bruno portò una mano sugli occhi, a proteggerli dai fiacchi ed aranciati raggi del tramonto, il sole maestoso che si ergeva alle spalle del ragazzo di fronte a lui. «Ovvio che no. Piuttosto tu, stai andando via? Fuggi?» chiese con un ghigno «Mi sembra sia tu a non esserti fatto vedere in giro, Shiki, io dovrei pensarlo di te.» precisò pacato, abbassò la mano e procedette in sua direzione, Shiki fece altrettanto e s’incontrarono a metà strada. «Uhm, sì, sono stato occupato.» Meglio glissare con chi lo fosse stato. «Ah sì? La sfida l'hai lanciata tu, ricordi?».
Il moro lo guardò di sbieco. «Ovviamente.». Si fermò ad osservare un istante il cielo, per poi tornare a guardare Shin davanti a lui.
«Allora che sfida preferisci?» domandò il bruno, impaziente di fargli vedere chi fosse il migliore e vincere la possibilità di stare una giornata intera con la sua Hagumi, senza Shiki tra i piedi. «Da parte mia non ho preferenze, scegli pure ciò in cui sei avvantaggiato, non ho intenzione di perdere.».
L’altro sembrò rifletterci un po’, prima di scuotere la testa, l’aria annoiata. «Nessuna.» esordì, lasciando sbigottito Shin. Cosa significava “nessuna”?
«Non guardarmi in quel modo.» sorrise, mentre si accendeva una sigaretta e tirava un'ampia boccata «Oggi ho semplicemente deciso di essere una persona di buon cuore e fare una buona azione.». Shin aggrottò la fronte, sentendosi preso per i fondelli «Non sono un idiota Shiki, che stai dicendo? Non vuoi più sfidarmi?». «Voglio dire» riprese parola l'altro «Che non m’interessa più sfidarti, ho cambiato idea. Passa una giornata solo con Hagumi, invitala ad uscire, comunicami quando sarà e prometto che non verrò a romperti le uova nel paniere. Non ne ho bisogno, in effetti.» terminò serio, senza prese in giro né altro. Hagumi ormai era sua, ne aveva avuto la conferma, si fidava ciecamente di lei e lasciarla a Shin per un giorno gli sembrava un buon compromesso. «Ah, questo ovviamente sottintende che non allungherai le mani su una ragazza impegnata, anche se immagino che per uno che si é innamorato della propria sorella, certe questioni etiche le abbia un po' sfalsate, nel cervello.».

Il bruno boccheggiò un paio d’istanti, incredulo, poi sorrise sornione.
«Ah quindi ti sei finalmente deciso a far sul serio con lei?» lo punzecchiò, schernendolo con una risata «Siete già arrivati al punto di parlare in termini di proprietà? Deve essere proprio un grande passo per uno come te.».
Si avvicinò al moro e gli picchiò una mano sulla spalla, come a volerlo rassicurare dei suoi buoni propositi. «Va bene, accetterò questa situazione… » improvvisamente si fece serio, minaccioso «Sappi, però, che se le farai del male io ti ammazzo.».
Lasciò andare la stretta, che si era fatta piuttosto pesante, salutandolo con un cenno della mano. «E poi, chissà che Hagu in quella giornata che mi hai gentilmente concesso, non cambi idea… ».
Shiki sorrise, per una volta senza ironia, e fece spallucce «Credo sia impossibile. Tu provaci, se vuoi, magari sarà questa la nostra vera sfida.». Tanto sapeva di non avere nulla di cui preoccuparsi, perché Hagumi amava lui ed era certo: dal modo in cui lo guardava, dal modo in cui sussurrava quelle due parole come se fossero la cosa più preziosa del mondo, persino dal modo in cui pigolava il suo nome, mentre erano sotto la doccia, travolti dalla passione, e gli aveva confessato di essere il primo ed unico ragazzo per il quale avesse finalmente desiderato di diventare donna, abbandonando il corpo da ragazzina in cui si era rinchiusa da troppo tempo. Forse sarebbe cresciuta così in fretta, sotto i loro nasi, che si sarebbero accorti della metamorfosi accelerata solo una volta che questa si fosse completata. A lui, comunque, non importava, Hagumi gli sarebbe piaciuta anche vecchia e grinzosa probabilmente, semplicemente perché era il suo cuore, quello che amava e desiderava tenere con sé e difendere più di ogni cosa al mondo.
Shin fece spallucce, fermando la sua camminata, voltandosi nuovamente verso il bel moro fece per rispondere, ma un urlo spacca timpani attirò la loro attenzione.
«DANNATO MOCCIOSOOO!» l’acuta voce di Naoko rimbombò per l’intero cortile mentre rincorreva un bambino biondo all’apparenza d’incirca otto anni che andò a nascondersi proprio dietro le gambe di Shiki, facendo la linguaccia alla mora.
«Ridammelo subito!» sbottò lei, allungando la mano in direzione del bimbo, affaticata per la corsa. Shiki la guardò, scuotendo la testa. « Ti sembra il modo di andare in giro? Sei indecente.» commentò acidulo, notando che la cugina era tutta scomposta, la canottierina bianca aderente che mostrava tutta la mercanzia.
«Shii-chan! Questo moccioso mi ha rubato il reggiseno!» urlò stizzita, mentre ricominciava a rincorrerlo intorno alla figura del moro, senza riuscire ad acciuffarlo. Fu però Shin che, prendendolo per la collottola della maglietta, lo sollevò leggermente da terra.
«Forza Yosuke! Ridaglielo.» gli impose, il tono che non ammetteva repliche.
«Conosci questo bambino, Minamoto?» chiese Shiki con un ghigno, mentre Naoko rispondeva per il bruno «CERTO CHE LO CONOSCE, HA CERCATO DI MORDERMI LE TETTE, MALEDETTO VAMPIRO!». Shiki alzò un sopracciglio, rimanendo impassibile: un vampiro, eh? Sembrava quasi si fossero dati tutti appuntamento in quella scuola. Shin sospirò stancamente, mentre afferrava il reggiseno della mora dalle manine del marmocchio, non senza diventare prima di tutti i colori, lui che non aveva mai toccato intimo femminile in vita sua, se non per puro caso quando ancora abitava con le gemelle ed entrando nella lobby trovava tutto sottosopra e metteva pazientemente in ordine. Tirò via il capo d’intimo da Yosuke e lo porse a Naoko, guardando altrove per l'imbarazzo. «Ecco... tieni.» farfugliò impacciato, mentre la ragazza si calmava, troppo presa a violentarlo con lo sguardo, quando faceva il timido era ancora più bello. «Grazie!» squittì cercando di imitare Hagumi, che tanto ormai l'avevano capito anche i muri che Shin non fosse indifferente alla sorella e Shiki la guardò disgustato. «Risparmiaci.» ordinò secco.
Il moro la osservò per un momento, l’aria divertita, sorridendo glaciale. «Ti ricordo che anche il tuo adorato Shin-chan è un maledetto vampiro.». Fu come una doccia gelata per la mora, che si accasciò a terra, affranta, frattanto che Shin guardava Shiki come a volergli dire “guarda che sono qui”. Yosuke si avvicinò alla ragazza, inginocchiandosi davanti a lei, sorridendo serafico.
«Non pensare a quell’idiota di mio cugino, ci sono io qua, per te.» gongolò, abbracciandola ed affondando la testa nelle sue morbide protuberanze.
«MA ALLORA SEI UN BAMBINO PERVERSO!» si riprese subito Naoko, alzandosi e mollando un pugno al bambino che schizzò qualche metro più indietro, dritto, dritto tra le braccia di qualcuno che era appena arrivato. «Yosuke!» la voce squillante di Hagumi, che aveva afferrato al volo il moccioso e ora lo teneva tra le braccia, attirò l'attenzione di tutti i presenti, che si voltarono a guardarla, sbiancando alla vista che gli si parò di fronte: Yosuke affondò la testa anche tra i seni di Hagumi che, nonostante fossero piccoli, diceva, erano morbidi e profumati; alla gamba della ragazza invece era avvinghiato Okura, che piagnucolava qualcosa del tipo che la confetta dovesse trasferirsi da lui, perché non poteva più vivere senza lei. Una tempia pulsò furiosamente sia sulla testa di Shin, che su quella di Shiki.
Partirono in contemporanea in direzione della rosetta liberandola dai due indesiderati, Shin recuperando la piccola peste e Shiki colpendo Okura, che era rimasto spiaccicato a terra dolorante, continuando a farfugliare il nome di Hagumi.
Quando il biondo si riprese e vide il bimbo, davanti a lui, cacciò un urletto che ricordava tanto quello di una donnetta in panico.
«AHHH SEI QUI!» in una scena teatrale si rialzò da terra, in panico, correndo a nascondersi dietro la confettina «DIMMI CHE NON C’È ANCHE LEI!».
Il bambino lo guardò con un cipiglio, mentre il viso si contorceva in una smorfia divertita, usando Shin come appoggio, le braccia conserte.
«Oh, la mamma… » ma non terminò la frase che una donna bionda come il bimbo, gli occhi ambrati e il portamento come quello di una modella, accentuato dalla vita stretta e i seni giganteschi, finì per lui.
«Sì, sono qui, Okura.» la voce fu gelida e tagliente, mentre la statuaria figura avanzò anchegginando e raggiungendo il gruppetto, sguardo fiero e mani posate sui fianchi. «Zia Akiko!» cinguettò Hagumi, saltando tra le braccia dell'adorata zia, che con la ragazzina si addolcì infinitamente. «Haguchan, come sei cresciuta e che bella sei diventata!» disse teneramente, guardandola con amore «E tua sorella?» chiese guardandosi in giro in cerca della rossa. «E mia sorella?» domandò poi, ovviamente si riferiva ad Ai, sua sorella maggiore. Okura, che per l'allontanamento di Hagumi era rimasto senza riparo, si accucciò a terra ed iniziò a tremare come un cagnolino infreddolito, gli occhietti chiusi e le mani sul viso. Shiki, in piedi proprio accanto a lui, lo guardò pensieroso: come poteva, quell'idiota, essere capo degli anziani? Cosa aveva di particolare per ricoprire la carica più importante nel mondo dei vampiri? Non riusciva proprio a capirlo e per un genio come lui era frustrante. Aveva in realtà notato molte cose, che agli occhi degli altri probabilmente erano futili dettagli, era certo di avere la soluzione del dilemma a portata di mano, ma come riordinare i tasselli? Gli mancava forse la chiave di tutto. Si scosse e tornò ad osservare la scena, mentre la bellissima bionda, forse l'adulta più bella mai vista, anche più di Ai, ordinava a Yosuke di smetterla di fare marachelle alle belle signorine e si muoveva verso Okura, portandosi di fronte a lui. «Il solito codardo, noto. Abbiamo un conto in sospeso noi due, mi pare. Vogliamo chiuderlo adesso?». Okura sbiancò e si sentì sprofondare in un vortice oscuro.
«No, no, no! Via Akiko! Sciò!» singhiozzò, portando le mani davanti a sé in segno di protezione.
La donna scosse la testa, ravvivandosi i capelli.
«Akiko-chan!» la voce di Ai fece capolino, mentre la sorella si voltava in sua direzione, sorridendole radiosa e gesticolando con una mano.
«Ai-chan!» canticchiò, stritolandola in una morsa affettuosa, facendo poi lo stesso con il cognato. «Kojiro-chan, che bello vedervi!».
Okura si afflosciò su se stesso, tirando un sospiro di sollievo. «Ai-chaaaan! Mia salvatrice. Ti aaaamooooo!» piagnucolò disperato, strisciando verso di loro, mentre Akiko, stizzita, si voltava verso di lui e gli piantava una pedata sul viso. «A CHI DICI "TI AMO"? BRUTTO DON GIOVANNI DA STRAPAZZO, DÌ DI NUOVO UNA COSA DEL GENERE A MIA SORELLA E TI SVENTRO VIVO!» era così indiavolata che gli occhi lampeggiavano dall'ambra al rosso sangue e i lunghissimi capelli biondi svolazzavano attorno al suo corpo, avvolti da un'aura terrificante. Shiki, Shin, Hagumi e Naoko erano in fila ad osservare la scena spiazzati, mentre Ai ridacchiava divertita e Kojiro cercava di placare l'animo della cognata, e tutti e quattro erano decisamente sconvolti. «Non sapevo che anche zia Akiko conoscesse Okura.» buttò lì Shin ed Hagumi scosse il capo negativamente. «No, neanche io. Questo mi fa credere che Okura sia legato alla nostra famiglia più di quanto possiamo immaginare.» abbassò il capo, inquieta, e Shin le lasciò una carezza sulla nuca, senza dire nulla. Gli sorrise grata, prima che un altro grido spezzasse la quiete di quel buio e del silenzio ormai calato sulla scuola, alla fine della festa sportiva. In lontananza, Himiko correva con un'espressione tirata e contrita, come se stesse trattenendo le lacrime, e Natsu la seguiva pochi metri più indietro, dicendole di fermarsi. Sotto gli occhi di tutti, l'afferrò per il polso dopo un veloce ed agile scatto verso di lei. «Lasciami parlare, ti prego. Non allontanarti da me, ora che hai deciso. Non rinchiuderti in te stessa, non abbandonarmi, ti prego!» lei alzò lo sguardo lucido verso di lui, gli occhi cerchiati di rosso come quelli di un coniglietto, e stava per gettargli le braccia al collo e lasciarsi andare ad un pianto liberatorio tra le sue braccia, quando si accorse che non erano soli. Paralizzati, si voltarono verso il resto del gruppo, tutti altrettanto immobili e pietrificati, e questi si scossero, facendo finta di non aver visto nulla. Okura, Kojiro, Ai ed Akiko improvvisarono una partitella a carte seduti a terra con un mazzo tirato fuori da chissà dove, Yosuke si appolipò di nuovo a Naoko e Shin cercava di tirarlo via, Shiki era seduto a terra ed Hagumi inginocchiata dietro di lui gli faceva pettinature buffe, urtandogli, tra l'altro, non poco i nervi, il moro si chiedeva perché doveva essere coinvolto in quella scena comica e far finta di nulla, se comunque aveva visto e sentito tutto?

Entrambi arrossirono di botto fin dietro le orecchie, mentre la scenetta del gruppo rendeva il tutto ancora più ovvio.
«Himiko-chan!» scattò Yosuke, scocciato di dover far finta di nulla, quando non vedeva l’ora di saltare al collo della cuginetta. Corse in sua direzione e, come poco prima con Hagumi, si slanciò per appendersi al collo di lei e affondare il viso fra i suoi seni, strofinandolo fra questi. Quando riemerse, lei gli fece una carezza affettuosa sulla testolina bionda mentre sembrava dimenticare ciò che l’affliggeva, dando un bacio sulla guancia del bimbo in segno di saluto. Questo però girò velocemente la testolina, ben conscio che la rossa avrebbe mancato il bersaglio, finendo per centrare le sue labbra.
Natsu spalancò la bocca, totalmente incredulo. Come si permetteva quel moccioso di prendersi tante libertà con Himiko? Lei
si allontanò perplessa dal volto del bambino, che la guardava angelico, e sorrise un po' stringendolo a sé: il solito furbetto! Natsu lì accanto stringeva i pugni e digrignava i denti, non aveva idea di chi diavolo fosse quel moccioso, ma sentiva di odiarlo già, dal profondo del cuore, perché era riuscito in mezzo secondo a fare ciò che lui tentava da settimane e in cui non aveva ancora avuto successo. Poteva mica essere più impedito di un bambino di sei, sette o quanti cavolo di anni poi avesse? «Himichan... » farfugliò trattenendo una risatina isterica «Chi diavolo é questo moccioso?» si corresse ad un'occhiataccia della rossa «Questo ADORABILE moccioso.» corresse sottolineando con disgusto la parola centrale. «È il nostro cuginetto, si chiama Yosuke e va in seconda elementare.» disse mettendo giù il bambino, che ormai era troppo pesante per tenerlo appeso al collo senza ripercussioni sulla spina dorsale. «Ma... che... simpaaaaticooooo... » sibilò, afferrando le guance del marmocchio con due pizzicotti decisi e tirandogliele, irritato.
Hagumi si avvicinò ai due, dando una pacchetta di conforto al suo migliore amico, Shiki al seguito, che in uno scatto si portò davanti alla confettina, in segno di protezione. Un gruppo d’ibridi stava piombando dal tetto della struttura scolastica, cadendo proprio sopra di loro in fase di attacco. «ATTENZIONE!» urlò Okura, schivando uno di questi e voltandosi dapprima verso la figura di Ai, poi verso le gemelle, assumendo l’aspetto di vampiro completo. Si rivoltò giusto in tempo per fermare l’attacco di un ibrido, che l’aveva puntato in seguito alla sua distrazione e scaraventarlo via con una potenza inaudita, travolgendo anche quello che stava per colpire alle spalle Naoko, frattanto che era impegnata nel combattimento con un altro di questi.
«Non ho bisogno del tuo aiuto nonnetto!» tuonò lei, congiungendo le mani al petto, fra le quali apparve una katana con cui, in un gesto seccò, tranciò la testa del nemico davanti a lei.

Tutti i vampiri presenti si trasformarono, mentre Shiki prese per un polso Hagumi e la strattonò per portarla accanto a sé. «Vai via di qui, Hagu!» le intimò, senza ammettere obiezioni. «Ma voglio aiutare anch’io!» rispose frustrata. «Non puoi, non hai poteri combattivi, non saresti in grado di... ATTENZIONE!» la prese tra le braccia e le fece scudo col corpo, mentre artigli affilati si piantavano nella sua schiena, trattenne a stento un urlo di dolore, non voleva che la ragazza si spaventasse. «Vai via, ho detto!». Hagumi lo guardò disperata, poi guardò attorno a sé: Himiko era in difficoltà nonostante i suoi poteri da marionettista, i nemici erano troppi e il suo spirito con cui formava i fili invisibili per sottometterli al proprio volere non bastava per tutti quelli che la circondavano. Natsu provò a correrle incontro per aiutarla, ma la sua strada fu sbarrata da cinque mutanti, di cui doveva sbarazzarsi prima, se voleva raggiungere la bella rossa; per fortuna arrivò Oda, attirato da tutto il potere che c'era nell'aria mentre era altrove, e con lui Hiro, che diedero man forte.

Eppure ancora non bastava. Kojiro era intento a tranciare in due un nemico con le lame di vento che era in grado di creare, taglienti come spade affilate, mentre Ai, spalle a spalle con il marito, ne trafiggeva svariati con stalattiti di ghiaccio appuntite che schizzavano fuori dai palmi delle sue mani ad una velocità impressionante. Okura, cosa che meravigliò tutti, non sfoggiò nessun potere particolare, se non una conoscenza delle arti marziali approfondita ed una forza ed una velocità di movimenti sovrumana, dando filo da torcere a tutti. «Hagu, maledizione, guardami, non puoi rimanere qui, non sai combattere.» la strattonò ancora Shiki, per riportarla con l'attenzione su di sé. «Sono l'unica a non poter essere utile in battaglia, ma posso curare i feriti e... ». «NON ORA!» tuonò minaccioso, prima di spintonarla via da sé e farla cadere verso la loro destra, lui invece si buttò verso sinistra e con una capriola riatterrò e tornò in piedi. Un ibrido aveva appena tentato di tagliare loro le braccia ed ora era tra i due, dava la schiena a Shiki e puntava Hagumi, famelico. Si avventò su di lei con uno slancio inaudito e le era praticamente addosso quando irruppe Hiro e con un calcio lo spinse via, riatterrando oltre Hagumi e facendole da scudo, il suo corpo avvolto da un'aura argentata che, convogliata lungo gli arti, conferiva ai colpi fisici dei vampiri una forza incredibile, ed era la stessa tecnica che stava usando Okura. Hiro cadde in ginocchio, stravolto, non era ancora in grado di mantenere quella modalità a lungo. La rosetta si affrettò a creare l’aura bianca curativa nelle sue mani, ridonando energie all’albino, che la ringraziò, ma le intimò di uscire dalla battaglia.

Hagumi si arrese e fece per andarsene, quando notò i suoi compagni tutt’intorno a sé, ristretti in cerchio dall’intero gruppo d’ibridi. Erano decisamente troppi.

«Sono più forti di quanto potessimo immaginare.» commentò Okura, lo sguardo grave, mentre temeva per la sorte di tutto il gruppo. Oda annuì in segno di consenso. «Neanche un attacco combinato potrebbe aiutarci ora, siamo decisamente in svantaggio numerico.».
Un fischio acuto si diffuse nell’aria e, mentre tutti i vampiri e i cacciatori presenti si tapparono le orecchie sofferenti, il gruppo d’ibridi sembrò reagire a questo come un richiamo. Con dei balzi si allontanarono, raggiungendo in un primo momento il tetto scolastico, per poi scomparire dietro questo. Okura alzò faticosamente lo sguardo, lottando contro gli acuti che gli perforavano le orecchie, notando sorpreso una figura umana in controluce al sole, proprio nel punto in cui scomparivano i nemici. Ebbe quasi la sensazione che questa sorridesse di trionfo e, quando anche l’ultimo ibrido scomparve, lei li seguì. Non poté fare a meno che rabbrividire, ben conscio della sfida che era appena stata loro lanciata.

... continua...
  
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