Dark Gig Of Wonders

di Erin Inkhand
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30 Marzo 2010.

Sappiamo che è assurdo pubblicare il terzo capitolo di una storia dopo così tanto tempo dall’ultimo aggiornamento, ma ci siamo ritrovate stamattina a ripensare al sogno che abbiamo vissuto esattamente un anno fa.

E ci è sembrato giusto celebrare in qualche modo questi dolci ricordi – anche perché non è mai stata nostra intenzione lasciare Dark Gig Of Wonders incompiuta.

Questo capitolo è dedicato a chiunque abbia voglia di sognare ancora un po’ con noi.

 

Ely & Ceci


III – Once we had a dream, and this is it.

 

A tutti i Nightwishers di EFP,

e ad Ely, naturalmente.

 

Ore 19.00

 

Il Palabam, assediato da una folla palpitante, si erge maestoso e scarlatto sul piazzale punteggiato di bancarelle.

E le bancarelle…

– Guarda, Ceci… GUARDA! –

Sono oscuri scrigni delle meraviglie, colmi dei tesori che avevamo sempre desiderato: magliette.

Una distesa di sfolgoranti magliette su cui campeggiano le effigi dei Nightwish: l’angelo di pietra di “Once”, il pendolo affilato di “Dark Passion Play”, e tutti gli altri emblemi che i nostri occhi esperti sanno riconoscere anche da lontano.

– Ma è meraviglioso! – trilliamo, entusiaste, – come faremo a sceglierne solo una a testa?! –

– Eh, sarà un dilemma esistenziale… – commenta Claudio, parcheggiando l’auto.

– Vedo che finalmente comprendi l’importanza dell’evento! – replica Ceci, in tono soddisfatto.

Lui non può trattenere un risolino sospeso tra sconcerto e ironia, avviandosi verso il perpetuo rumoreggiare del vasto piazzale. Noi due trotterelliamo dietro di lui con inusuale rapidità.

Ovunque ci giriamo, è idillio per i nostri occhi di fan; e ovunque ci giriamo, c'è qualcuno davanti alla sua bancarella che ci ferma e chiede: – Volete una maglietta, ragazze? –

Iniziamo ad essere piuttosto inclini a preoccupanti capogiri, ma continuiamo imperterrite: quelle magliette devono essere nostre.

Tutte.

– Papà, mai come in questo momento ho bisogno della tua collaborazione – comincia Ceci, con  tono fermo e vibrante d'emozione – I liquidi in nostro possesso sono al sicuro in hotel, e tutto ti sarà restituito, ma abbiamo assoluto bisogno di quelle magliette, ora. Credo concorderai con me sull'unicità della possibilità, no? –

– Insomma, ve le devo pagare io – commenta lui, senza nessun accenno di domanda o sorpresa nella voce.

– Sì – rispondiamo all'unisono, impassibili.

 

Una nube di stordimento sembra avvolgerci in un’alienata lontananza: come in un’onirica visione, pare che tutto sia etereo e remoto, ovattato e curiosamente inspiegabile.

Il flusso di folla brulicante.

Le sbarre nitide dei cancelli.

La voce ironica di Claudio: – Credo che abbiano da ridire sull’abbigliamento di quel

tipo… –

Superata l’entrata, ci guardiamo intorno vagamente trasognate: – Chi? Che cosa? –

Lui ci squadra perplesso: – Non avete visto? La sicurezza stava discutendo piuttosto animatamente con uno che cercava con notevole ardore di entrare a torso nudo… –

– Oh. – commentiamo, con la stessa enfasi che mostreremmo davanti all’annuncio di un compito di Greco.

– Be’, perché ci siamo fermati? – riprende Ely, come se entrambe ci dimenticassimo d’un tratto dello stato di torpore nel quale eravamo scivolate.

Claudio aggrotta le sopracciglia, e un lampo di sconcerto palpita per un istante nel suo sguardo; ormai rassegnato alla temporanea perdita della nostra coerenza intellettiva, riprende il cammino, seguendoci.

– Noi abbiamo i biglietti per il secondo anello: che scalinata dobbiamo prendere? – Decidendo che è meglio non lasciare la situazione in mano a noi, mostra i biglietti al responsabile della sicurezza che presiedeva all’ingresso.

– Qui, a sinistra. – risponde lui, distrattamente.

– Perfetto, grazie! – cinguettiamo, precipitandoci nel groviglio di scalini.

Una musica pulsava nel metallo della gradinata, fremendo sotto le nostre mani: la sua intensità cresceva ad ogni passo.

La salita termina, e noi ci ritroviamo in un buio screziato di ragnatele lucenti.

 

Ci lasciamo cadere sui lucidi sedili, estasiate: il palco, incastonato di fari saettanti, sfolgora esattamente davanti a noi; le Indica, fasciate in gonne vaporose e scenografiche, salutano il pubblico con gli ultimi accordi, mentre noi tentiamo ancora di capacitarci di essere relamente lì.

All’ennesimo incontro dei nostri occhi increduli, Ceci bisbiglia con tono tremulo: – Ely, ma tu ci credi? –

– No – sussurra lei.

Ma le nostre dita si strigono attorno alla plastica dei sedili, le luci si infrangono sui nostri volti e l’aria vibra di un’attesa innegabilmente reale.

 

Ore 20.30

 

– Hai scattato? – domanda Ely, tentando di non mutare la posa in cui ci siamo cristallizzate: sorrisi estatici, spalle cinte dalle reciproche braccia, pollice, indice e mignolo sollevati verso l’obiettivo.

– Aspettate un istante… ecco! – risponde Claudio, gridando per sovrastare il frastuono dell’ennesima, dannatissima band di supporto.

– Perfetto! – esclama Ceci, prima che un lampo di panico attraversi il suo sguardo: – E lo striscione dov’è? –

– Qui, fedele ai miei piedi – la rassicura Ely, sollevando l’ampio cilindro di cartone nero frutto delle nostre fatiche del sabato appena trascorso, e srotolandolo: un angelo, dai fiammeggianti capelli scarlatti e dalle argentee ali spiegate, si libra al di sopra di uno scrigno spalancato; e i caratteri d’indaco dei versi di Dark Chest Of Wonders rifulgono al suo fianco, pallidamente scintillanti.

Ceci sospira di sollievo, lasciando vagare lo sguardo sulle gradinate immerse nella semioscurità.

– Noi teoricamente dovremmo essere seduti laggiù… – osserva d’un tratto, indicando un punto indistinto tra le ombre a sinistra del palco.

– Ma si sta benissimo qui! – ribatte Ely, – e in fondo è dove ci hanno indirizzate… – aggiunge ammiccando, prima di appoggiare il mento al palmo.

Sbuffa, chiudendo per un istante gli occhi: – Ma perché i minuti non passano più? –

 

Ore 21.40


Le ultime note della canzone che abbiamo sentito senza ascoltare vibrano nelle assi del palco, mentre quelli che si erano presentati come i Volbeat salutano finalmente il pubblico.

Il buio cala, e in un istante sospeso ci rendiamo conto che tra noi e Loro non vi è che l’ostacolo di pochi minuti.

E il nodo allo stomaco si stringe ancora, fin quasi a far male, ma è un dolore che vorremmo provare sempre.

Come se le anime di tutti fossero intrecciate dalla folle adorazione, d’un tratto un grido unanime si leva impetuoso, scuotendo l’aria satura di eccitazione:

– NIGHTWISH! NIGHTWISH! NIGHTWISH! –

Il velo di oscurità è trapunto dai frammenti di luce dei flash che scattano come impazziti.

– NIGHTWISH! NIGHTWISH! NIGHTWISH! –

Il fiato sospeso, non riusciamo a muoverci.

– NIGHTWISH! NIGHTWISH! NIGHTWISH! –

Un brivido fiotta nelle vene.

– NIGHTWISH! NIGHTWISH! NIGHTWISH! –

E poi, bagliori azzurri nel buio. Una melodia dolente ci accarezza e freme come dita ammalianti.

Abbiamo rincorso un sogno. Ed è questo.

 





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