Be', niente da dire, se non che
l'esperimento è terminato. Credo di postare presto un nuovo
racconto, a tematica omosessuale però. Per qualcosa di etero
mi ci vuole più tempo. Mille grazie a Mizar19, a tutti
quelli che hanno recensita, a chi l'ha messa nei preferiti, a chi l'ha
seguita e a chi l'ha inserita fra quelle da ricordare.
John
Fitzgerald Baileys era seduto alla sua scrivania, passandosi una mano
fra i
capelli e chiedendosi stanco quale fosse il modo migliore di trattare
il signor
Mackenzie, affetto da una nevrosi patologica e del tutto incapace di
trovare un
periodo di stabilità. Pensò di telefonare allo
psichiatra che si trovava
all’ospedale per sottoporgli il caso e chiedergli se non
fosse il caso di
intervenire con qualche farmaco.
Aveva
appena alzato il cordless e stava cercando nella rubrica il numero
desiderato,
quando sentì bussare alla porta.
Senza
interrompere la sua occupazione, diede il permesso di entrare.
La
sua segretaria, vestita di tutto punto e con i capelli sciolti, quella
volta,
cacciò dentro la testa.
-Dottore,
c’è una ragazza che vuole vedervi-
-Dille
di aspettare, devo fare un’importante telefonata-
La
segretaria, obbediente, riferì il messaggio.
La
porta rimase chiusa, segno che la ragazza aveva accettato di aspettare
senza
repliche.
Il
dottor Baileys stette al telefono non più di dieci minuti,
concordando con lo
psichiatra che avrebbero atteso, prima di procedere con
un’eventuale visita e
prescrizione di farmaci, gli sviluppi del disturbo in un lasso di tempo
più
ampio.
Lo
psicologo, terminata la conversazione, stava per l’appunto
segnandosi tutto ciò
che gli aveva raccomandato lo psichiatra, per poi infilare il tutto nel
fascicolo riguardante il paziente.
Mentre
stava scarabocchiando la parola ‘urgente’,
udì nuovamente bussare.
-Sì?-
-Dottore,
c’è una ragazza che vuole vedervi. Posso farla
entrare o la mando via?-
-La
faccia entrare- comandò lui distrattamente, impegnato a
scrivere.
Era
talmente concentrato sul suo documento che non notò nemmeno
la ragazza che era
entrata nel suo studio e gli era arrivata davanti.
Lei
dovette schiarirsi la voce per essere sicura che lui fosse a conoscenza
della
sua presenza.
Il
dottor Baileys alzò gli occhi, forse irritato per essere
stato interrotto.
-Così
concentrato sembra quasi che tu stia lavorando-
Alex
lo guardò alzando un sopracciglio, le braccia conserte che
reggevano una giacca
e la borsa.
Lui
fu sorpreso di vederla e non trovò immediatamente una
risposta alla sua
battuta.
-Ciao-
disse -come stai?-
-Bene-
fece lei, piuttosto indifferente, cercando qualcosa nella borsetta.
Lo
psicologo esitò prima di dirlo, temendo di offenderla, ma
poi diede voce al
tarlo che l’aveva tormentato per due settimane.
-Non
ti sei fatta più viva-
Come
previsto, un’ombra aleggiò sul viso di lei, che
però fu brava a mascherarla con
un’alzata di spalle.
-Non
avevo più bisogno di parlare con un dottore. E poi sto
andando al college, sono
molto impegnata-
-Pensavo
che avresti avuto voglia di parlare con me- tentò lui, cauto.
Alex
lo guardò, per un momento arrossita alle sue parole, ma poi
riacquistò la
razionalità e gli porse una mazzetta di soldi.
-Ecco.
Questo è quello che le devo per questi due mesi di sedute-
spiegò.
Il
dottore rimase fermo a guardarla, senza afferrare o mostrare il
benché minimo
interesse per i soldi.
-Mi
dispiace-
-Prenda
i soldi e basta! Ho dovuto dare fondo alle mie risorse per pagarla, lo
sa?-
insistette la ragazza, continuando a sventolargli il mazzo davanti agli
occhi.
-Non
li voglio i tuoi soldi- decretò il dottore, deciso.
Poi
si alzò e fece per avvicinarsi a lei; Alex a quel punto
vacillò e fece un
sospiro, abbassando gli occhi.
-Non
mi faccia pentire. Ora lei prende i soldi e io me ne torno a casa mia.
Da sola-
aggiunse, frapponendo le mani fra loro due e indietreggiando di un
passo.
Il
dottor Baileys allungò una mano verso di lei, facendole
voltare la guancia, ma
subito, di riflesso, Alex girò il viso dall’altra
parte.
-Non
serve che ora mi faccia la commedia. Non serve che faccia finta che gli
importi
qualcosa. L’avevo capito che per lei era solo una botta e
via, quella sera-
-Non
è vero-
-Sì
invece-
-No,
non è vero-
-Lei
mi ha solo usato per divertirsi-
-Ma
sei tu che te lo stai dicendo!-
Per
la prima volta da quando lo conosceva, lo aveva sentito alzare la voce,
e
guardandolo negli occhi scoprì che era sinceramente
interessato dalla
questione.
-C’è
un motivo perché non ti ho più cercato, dopo
quella sera- confessò.
-E
sarebbe?-
-Ecco...
io...- lo psicologo arrossì -io temevo che fossi tu, a
considerare il tutto una
botta e via-
Alex
lo fissò bene per cercare di cogliere anche la
più piccola bugia nascosta nei
suoi atteggiamenti. Sorprendentemente, non trovò nulla.
Forse
era proprio sincero, quella volta.
Arrossì
e non poté sostenere oltre il suo sguardo intenso.
-Dottor
Baileys- cominciò – se questa è tutta
una cavolata montata solo per portarmi a
letto, giuro che...-
-Ma
non lo è-
Lo
psicologo fece un sorriso dei suoi soliti, di quei sorrisi che
servivano a
umiliare il destinatario, a farlo sentire inferiore.
Alex,
intercettando quel sorriso arrossì e si arrabbiò
insieme.
-Una
condizione, però-
-Cioè?-
Sorridendogli
complice, si appoggiò alla sua fronte.
-Fammi
un’altra volta quel sorriso idiota e te lo tolgo dalla faccia
a suon di
schiaffi- mormorò, ridendo.
Anche
lui rise, divertito, per poi spegnere l’allegria delle risate
in un bacio.
Il
cellulare di Alex, posato sul comodino, vibrò
all’improvviso, accendendosi.
La
ragazza, coprendosi con il lenzuolo, si allungò per
afferrarlo. Una volta letto
il messaggio, rimase leggermente stupita. Diede uno sguardo alle sue
spalle,
poi coprì il testo che stava scrivendo con una mano.
-Chi
è che ti manda messaggi alle sette della mattina?-
Una
voce assonnata, appagata ma ancora abbastanza presente si
levò dall’altra parte
del letto.
-Nessuno-
rispose lei, chiudendo il cellulare.
-Ecco,
già che tu abbia ricevuto un messaggio da nessuno
è sintomo di bugia- fece
notare l’uomo sdraiato accanto ad Alex, tirandosela contro
con l’ausilio di un
solo braccio.
-Sei
geloso, dottore?-
Alex
fece un largo sorriso e si lasciò abbracciare, accarezzando
a sua volta il
torace dell’uomo.
-Non
sono geloso. Sono preoccupato che tu possa trovare qualcuno
più giovane di me-
rispose, prendendole fra le mani una ciocca di capelli.
-Uff-
sbuffò Alex -come sei complicato-
-Sono
uno psicologo- si giustificò.
Il
dottor Baileys scivolò a baciarle il collo, per poi scendere
ancora più in
basso e farla sorridere maliziosa.
La
ragazza si contorse leggermente sotto il suo tocco, tentando per finta
di
ritrarsi.
-Allora,
di chi era quel messaggio?- riprovò l’uomo.
Di
nuovo Alex rise, una risata maliziosa.
-Allora
sei geloso, vedi?-
-Oh,
va bene. Sono geloso- ammise lui, mettendosi su un fianco per
sovrastarla.
-Non
indovinerai mai chi era-
-Non
so, dimmelo tu-
-Mia
madre. Ha raccomandato di non sfasciare la macchina di papà,
ora che ce l’ho in
prestito-
Lui
alzò un sopracciglio, con divertito sarcasmo.
-Eh,
le madri che appena sveglie pensano alle figlie...- commentò.
-Già
già, che rottura, eh?-
Alex
gli diede un bacio e poi si rituffò dalla sua parte di
letto, chiudendo gli occhi.
-Buonanotte-
Qualche
ora dopo, mentre lo psicologo si trovava nello studio, impegnato con le
sue
visite, Alex mise in moto l’utilitaria di suo padre per
dirigersi verso un
appartamento in centro.
In
realtà, non sapeva perché stesse andando a
quell’incontro. Non sapeva nemmeno
perché non ne avesse parlato al suo cosiddetto fidanzato.
Anche
se tecnicamente ancora non aveva fatto nulla di male, si sentiva un
po’ in
colpa ad andare a trovare Will.
Non
che ci fosse qualcosa fra loro due, dal matrimonio in poi il loro
rapporto non
era stato niente più che una semplice amicizia, tornato al
livello originario
che era sempre stato.
Eppure
quel semplice messaggio, quel ‘vediamoci a casa mia
domani’, suonava come un
qualcosa di scorretto, di proibito, che Alex aveva preferito nascondere.
Così
ora si trovava lì, davanti a quella porta, non sapendo cosa
avrebbe trovato
dall’altra parte.
Chissà
perché, era molto agitata, e quando allungò le
dita per suonare il campanello
la mano le tremò.
Non
aveva motivo di essere in quello stato, non stava facendo niente di che
e non
ne aveva la minima intenzione, però non poté fare
a meno di inquietarsi per
quella visita.
Will
comparve da dietro la porta.
-Ciao-
Will
non era più sorridente, spavaldo e sicuro di sé
come tante volte lo aveva visto
aprirle quella stessa porta. Ora aveva il viso pallido, smunto, come se
fosse
malato, e un bel paio di borse sotto gli occhi.
Tuttavia,
nonostante il suo aspetto inquietante, lui stirò le labbra
tentando di essere
allegro.
Alex
subito entrò dentro e gli prese il viso con una mano,
tastandogli una guancia.
Era molto freddo, e a quel contatto lui tirò su col naso,
pure quello rosso.
Sembrava
un po’ malaticcio.
-Si
può sapere che cosa hai fatto?- domandò, quasi
scioccata nel vederlo in quello
stato.
Il
ragazzo alzò le spalle e si trascinò fino in
cucina, dove Alex lo seguì ben
presto, preoccupata.
-Allora?-
lo incalzò, notando che non voleva risponderle.
Will
finalmente si voltò a guardarla, incrociando le braccia.
-Sono
due settimane che non riesco a dormire, non riesco a stare in questa
casa, non
vado d’accordo con Jamie- spiegò, con un certo
tono risoluto.
-Come
mai?-
A
quella domanda, come se non aspettasse altro, il ragazzo smise la
faccia seria
per divenire tutto ad un tratto implorante.
-È
dal matrimonio che non faccio che pensare a te, che non dormo la notte
perché
mi rodo di gelosia sapendoti con quello lì!-
sbottò, prendendole le mani e
avvicinandola a sé.
Del
tutto spiazzata per quella risposta, Alex dapprima arrossì e
poi indietreggiò.
-Ma
che cavolo dici?- fece, imbarazzata.
-Ogni
volta che ci incontriamo per strada e ti vedo assieme a lui, mi prende
una
voglia di picchiarlo tremenda, perché non sopporto che lui
ti tocchi, che lui
possa dormire con te, che tu passi le tue giornate con lui e non con
me!-
-Will,
tu vaneggi- lei scosse la testa, vedendolo in quello stato a dir poco
patetico,
non volendo credere a tutto quello che le stava raccontando.
-No,
è la verità!- lui le prese una mano e la strinse
fra le sue -Ti prego. Ti
prego. Ti prego, Alex. Lascialo e io lascerò Jamie. Ti
prego- la supplicò.
-Ma-ma....-
balbettò la ragazza, spaesata del suo comportamento.
-Ma
come ti saltano in mente cose del genere? E tu adesso vieni a dirmele?-
sbottò
Alex, guardandolo stranita.
Se
certo le avesse fatto quelle proposte qualche mese addietro, non
avrebbe
incontrato alcuna resistenza. Ora però, quei sentimenti
così forti che aveva
provato per lui, si erano rivolti verso il dottor Baileys, ricambiati,
e non
credeva proprio di poter nuovamente provare per Will un sentimento che
fosse
anche solo lontanamente paragonabile all’amore.
Will
non le piaceva più come prima. Era arrivata a considerarlo
un immaturo
ragazzino, confrontato col suo fidanzato, ciò che sentiva
per lui era solo un
lieve affetto fraterno.
Lieve,
sì, perché non poteva certo dimenticare tutte le
sofferenze che le aveva fatto
patire.
-Alex,
sono settimane che non faccio l’amore con Jamie,
perché non ci riesco, perché
al suo posto vedo te, caspita!- aggiunse il ragazzo, portandosi la sua
mano
alla bocca e posandoci un bacio sopra.
-Ma
tu non sei normale!-
Lei
però, come disgustata, la ritrasse immediatamente e
continuò a guardarlo come
se lo credesse pazzo.
-Will-
cominciò con un sospirò, prendendolo per le
spalle -calmati, okay? Hai avuto un
brutto periodo...-
-Alex,
io mi sono innamorato di te-
Quella
frase la lasciò senza parole e imbarazzandosi non fu capace
di respingerlo,
quando l’attimo dopo Will si premette sulle sue labbra con
impazienza, smanioso
di quel contatto fra le loro bocche.
Una
volta riacquistata la lucidità, Alex gemette contrariata e
lo spintonò via.
-Ma
come ti permetti?- subito, veloce, gli tirò un poderoso
schiaffo sulla guancia.
Will,
tramortito dalla forza della manata, indietreggiò
massaggiandosi la parte
colpita.
-Non
provare a fare mai più una cosa del genere-
sibilò minacciosa lei, digrignando
i denti.
-Scusa,
scusa...- fece lui -non so che mi è preso...-
-Non
farlo mai più-
-Scusa,
non volevo, davvero...-
-E
soprattutto, mettiti in testa una cosa-
Alex
gli afferrò un polso in modo che lui la guardasse ben dritto
negli occhi.
-Io
non sono, e non sarò mai lì sempre pronta ad
aspettarti come se non avessi
altre scelte! Togliti dalla testa quest’idea,
perché io non sarò mai più la tua
amichetta e non starò mai più ai tuoi comodi,
mai- ringhiò, minacciosa -mi hai
capito bene, William?-
-Sì-
gemette flebile lui.
-E
piantala di fare la vittima, non ti riesce affatto bene-
Lui,
risentito, abbassò lo sguardo e non disse nulla.
-Scommetto
che mi hai raccontato un sacco di cazzate- affermò cattiva
Alex, incrociando le
braccia.
-Alex,
parlavo sul serio-
Stavolta
lui drizzò le spalle e parlò con voce seria, come
faceva sempre e per questo
risultò maggiormente credibile.
Visto
che lei non aggiungeva altro, lui domandò:
-Ti
sei arrabbiata?-
-Sì,
e tanto-
Incerto
se dirlo o meno, lui allargò di poco le braccia e disse:
-Davvero,
io mi sono innamorato di te, sul serio, sono pronto a lasciare Jemimah
quando
vuoi tu...-
-Non
me ne frega niente- fu la lapidaria risposta che ricevette, per quella
confessione.
Alex
lo guardò, indifferente a tutte le sue parole, con un
cipiglio altero.
-Dov’eri
quando ero io ad essere innamorata di te? Dov’eri? Nel letto
di Jamie!-
-E
a che pensavi, quando ti chiedevo se mai l’avresti lasciata e
tu mi rispondevi
di sì? Ma chi cazzo credi di essere?- gli
rinfacciò, avvicinandosi per poi
iniziare a dargli dei colpi, come fosse un sacco da boxe.
Will,
stordito della sua reazione, cercò solamente di difendersi.
-Tu
sei il più grande bastardo che io abbia mai conosciuto, mi
hai capito, William?
Sei un enorme e fottuto bastardo, ecco cosa sei!-
-Ahio,
calmati, cazzo!- imprecò il ragazzo, indietreggiando -Mi
dispiace, mi
dispiace!-
-Ti
dispiace mia nonna!- sbottò la ragazza, smettendo di
colpirlo per parlare –Lo
sai, povera tua moglie, povera tua moglie! Poverina, che non ha nessuna
colpa
se non quella di essersi innamorata di un cretino-
-Smettila
di parlarmi così-
-Io
ti parlo come mi pare e piace, dato che per tutti questi mesi a causa
tua ho
vissuto un sacco di complessi e di sofferenze!-
Detto
così, terminato di gettargli addosso tutta la rabbia che si
teneva dentro, Alex
si fermò e fece per andarsene.
-Alex,
e dai- Will provò a rincorrerla -sono cambiato, posso
cambiare, basta cazzeggi,
basta giocare. Davvero. Ti prego!- la implorò.
Lei
si girò sulla soglia della porta, fulminandolo col solo
sguardo per
quell’ultimo tentativo.
-Taci
invece di dire sciocchezze. E vaffanculo, stronzo-
Terminata
la frase ad effetto, uscì dall’appartamento e
sbatté la porta con quanta più
forza riuscì a metterci, immaginando di dargli un altro
schiaffo.
Un
mese dopo
-Allora,
che problema ha?-
Un
dottore dai capelli grigi, seduto dietro la scrivania in un ufficio
ospedaliero
comune, aveva le braccia incrociate e stava attendendo la risposta del
suo
paziente, un ragazzo abbastanza giovane che se ne stava seduto
dall’altra
parte.
-Dottore,
ho bisogno di aiuto-
Will
lo guardò con espressione intensa, con due occhi cerchiati
di viola, certamente
non frutto di cosmetici.
-Mi
dica, sono qui per aiutarla-
-Cioè...c’è
questa ragazza, no? -
-Cioè,
spieghi meglio-
-La
ragazza che amo sta con uno di almeno dieci anni in più.
Solo che prima era la
mia amante. Il problema è che io la notte sogno di fare
l’amore con lei invece
che con mia moglie- pronunciò tutto d’un fiato,
respirando forte poi, con un’espressione
un po’ maniacale.
Il
dottore, dall’altra parte, lo scrutò alzando un
sopracciglio.
-E
altro?-
-Sì.
L’ultima volta che ero a letto con mia moglie non sono
riuscito ad avere
un’erezione. Così come se non bastasse ci si mette
pure lei, quella stronza,
che si è fissata con la storia dei figli-
-Caspita-
-Già.
Non avevo mai avuto questo problema, ora non riesco a pensare a nessun
altra se
non a lei- prese fiato e continuò -e ogni volta che la
incontro per strada è
sempre in compagnia di quell’uomo. E io vorrei ucciderlo.
Pensavo di portarmi
appresso una pistola e spararlo d’un colpo. Pum!-
Will
mimò il gesto con la mano, osservando l’altro in
attesa di un parere.
-Che
ne pensa, sarebbe una buona idea?-
Lo
psichiatra sospirò, roteando gli occhi, e mise le mani
avanti.
-Senta,
io potrei suggerirle alcuni farmaci che la farebbero calmare un
po’, ma credo
che non sia questo il suo problema-
-E
allora come si fa? E no cazzo, lei dovrebbe aiutarmi!-
-Si
calmi. Ecco-
Lo
psichiatra prese una bella penna, e un foglietto, e vi
scarabocchiò sopra
qualcosa.
-Ecco,
mi sento di consigliarle questo psicologo, è molto bravo e
sono sicuro che
assieme a lui troverà la soluzione al suo problema-
Will
afferrò il foglietto, per poi leggere il nome dello
psicologo che gli aveva
consigliato il dottore.
Subito
dopo, in uno scatto d’ira, afferrò il foglio e lo
strappò freneticamente in
quanti più pezzi poteva, ficcandoseli poi tutti in bocca,
sotto lo sguardo
attonito dello psichiatra.
Lui,
fissandolo sbigottito, si domandò cosa mai avesse detto di
sbagliato per farlo
infuriare così, e se non fosse il caso di ricoverarlo
d’urgenza in un manicomio.
Finora
non aveva mai incontrato nessuno che, conoscendolo, avesse sviluppato
una così
grande antipatia per il dottor John Fitzgerald Baileys.
|