Cuore di Spettro
Prologo
Quando
Ren era piccolo la nonna gli
raccontava storie di fantasmi e spiriti, tutte leggende che
provenivano dal Giappone, il paese in cui era nata e cresciuta, e che
sua nonna le raccontava tanti anni prima. C'era la storia di O Ko e
il suo fermaglio dorato, di Hase, della principessa della luna, del
ciliegio piantato per placare uno spirito inquieto, e innumerevole
altre. Non erano storie spaventose, a volte insegnavano persino una
morale, non dovevano terrorizzare. Alcune storie erano tristi, ma a Ren
piacevano comunque, gli piacevano da morire.
Una
volta l'anno però la nonna metteva
da parte le storie della sua infanzia per raccontare al nipote tutta
un'altra storia: la storia di Danielle.
-Danielle
aveva solo diciassette
anni quando morì, proprio in questa stessa casa.-
La storia
cominciava sempre così.
Viveva li con la mamma, il papà, e i
due fratelli minori. I suoi genitori erano persone per bene e
amorevoli, e non le facevano mancare nulla, ma la sua era una
famiglia diversa dalle altre. Il papà non usciva per andare
a
lavorare ogni mattina come tutti gli altri padri, era la mamma che
mandava avanti la famiglia. Danielle era solo una bambina, ma capiva
che la sua era una famiglia strana. Non sapeva perché, ma a
volte
suo padre non faceva proprio niente. Stava sempre sul divano, prima
accanto alla radio e poi, anni dopo, davanti ad una cosa nuova
chiamata televisore. A volte sembrava assorto e assente, e chiamava
persone che lei non conosceva. - Kennet!Laslo!Alcott!-
Urlava,
e poi tornava in se ed era tutto come prima.
A volte, nel cuore della notte, lo
sentiva urlare e piangere e allora piangeva anche lei, di spavento e
di tristezza. Con l'innocenza dell'infanzia una volta chiese alla
mamma perché il papà piangeva, ma lei le rispose
seccata dicendole
di non impicciarsene.
Gli anni passavano, Danielle cresceva e
con lei le crisi di suo padre, sempre più frequenti,
incontrollabili
e violente. Piano piano aveva cominciato a capire cosa succedeva in
casa loro e perché non capitava nelle case degli altri. Suo
padre
era stato in guerra, si era arruolato spinto dal senso del dovere
verso la loro grande nazione e da un profondo patriottismo. Ne era
tornato distrutto se non nel corpo nello spirito. Era riuscito a
tornare a casa, ma era come se fosse morto dentro, su quello stesso
campo di battaglia dove avevano perso la vita i suoi compagni d'armi.
-Quando vedi la morte una volta, ne
sarai perseguitato per tutta la vita.- Aggiungeva
la nonna con voce roca e un po' spettrale, a quel punto della storia.
- Ti lascia segni nell'anima che non si possono cancellare. -
-Neanche con un bagno?- Chiedeva
ingenuamente il nipote, che immaginava questi fantomatici segni come
innocenti scarabocchi . Per lui la morte era solo un bambino
dispettoso che giocava con i pennarelli, non sapeva cosa fosse, tanto
più che se la si poteva vedere doveva essere per forza
qualcosa di
reale.
-Neppure con un bagno! Caro mio, non
sono cose che l'acqua può portare via!- Rispondeva
sicura la
nonna: inutile spiegare al bambino che l'anima non si può
lavare,
avrebbe capito poco o nulla.
Danielle era diventata una delle più
belle ragazze di Pepperbelt, bionda com'era, con un nasino alla
francese che le veniva invidiato da tutte e una pelle di porcellana
di cui andava molto fiera. Aveva tante amiche e un ragazzo, un certo
Colin Olson. Ma nessuno era mai stato a casa sua, nessuno sapeva di
suo padre. A tutti raccontava che era malato da tempo e non poteva
alzarsi dal letto.
Quella terribile notte l'uomo si
svegliò di soprassalto, ma non urlò. Sentiva
qualcuno respirargli
accanto e in preda al terrore si voltò lentamente. Non vide
sua
moglie addormentata accanto a se. Davanti ai suoi occhi c'era un
uomo, il nazista che gli aveva ucciso uno dei compagni quand'era in
guerra. Senza esitare gli schiacciò un cuscino sul volto,
soffocandolo. Poi si butto a terra, e strisciò ventre a
terra per
tutto il corridoio, come fosse sotto il fuoco nemico. Nel silenzio
lui le sentiva sibilare tutto intorno a se quelle pallottole.
Si affacciò nella camera dei ragazzi,
ma non vide altro che i loro corpicini avvolti nelle lenzuola. Si
mosse allora verso la camera di Danielle. Li, lo vide ancora, ancora
quell'uomo tremendo sdraiato sul letto al posto della figlia. Gli
saltò addosso senza esitare, colpendolo ovunque potesse fino
a
tramortirlo, pieno di rabbia e terrore insieme. Alla fine, quando fu
privo di sensi, volle assicurarsi di finirlo una volta per tutte:
prese la lampada dal comodino della ragazza e lo colpì con
forza.
Non si rese mai conto di cosa aveva
fatto e a chi. Non accetto mai che il sangue sulle sue mani e sui
suoi vestiti fosse quello della sua bambina. Quando chiamò
la
polizia perché venissero a prendere il corpo, non si
aspettava di
venire ammanettato e portato via. Continuò a dirsi innocente
fino
all'ultimo dei suoi giorni, chiuso nella cella di un manicomio. Ogni
tanto la notte urla ancora, alla ricerca di Kennet, di Laslo, di
Alcott e qualche volta di sua figlia.
Danielle aveva assistito impotente
mentre il suo corpo che veniva portato via insieme a quello di sua
madre, con gli stessi capelli biondi che spuntavano da sotto le
lenzuola bianche che le coprivano entrambe, mentre i fratellini
piangevano e venivano portati via anche loro, senza sapere cosa fosse
successo ai loro cari.
Vennero in tanti a vedere la casa degli
orrori, vennero con le macchine fotografiche e taccuini, vennero con
le divise e le pistole. Vennero in tanti ma nessuno la vide mai. Uno
inconsapevolmente le scattò anche una foto, accanto al letto
coperto
di sangue. Non capiva cosa le fosse successo. Urlava, urlava, ma
nessuno la sentiva, cercava di toccarli ma non le riusciva. Era come
incorporea, era come... Un fantasma.
Il suo spirito era rimasto. La paura,
l'orrore e la violenza l'avevano incatenata al mondo dei vivi. Niente
era più reale, anche il dolore era solo il fantasma del
sentimento
che una volta era stato.
I suoi fratellini vennero affidati ai
nonni materni, che abitavano lontano da Pepperbelt, e lei non li vide
mai più.
In tanti piansero per quella giovane
vita stroncata così brutalmente, il suo ragazzo si
buttò giù dal
tetto di casa per la disperazione. Si dice fosse impazzito per il
dolore.
Il tempo cominciò a passare, lento e
inesorabile. Cinquant'anni sono un tempo infinitamente lungo. Si dice
che lei stia ancora aspettando che qualcuno venga a liberarla.
-Danielle sta aspettando... Da
cinquant'anni sta aspettando...- Così
la storia sempre terminava.
A quel
punto di solito interveniva la madre di Ren, chiedendo all'eccentrica
suocera di non raccontare al piccolo di quella terribile faccenda.
Gli avrebbe fatto venire gli incubi, diceva. In realtà
l'unica ad
avere gli incubi era lei. A Ren quelle storie piacevano, piacevano da
morire.
L'angolo
dell'autrice.
Oddio non ci credo di aver davvero pubblicato questo
prologo. Anche perchè ho scritto solo questo finora! Questa
storia sta partendo con il piede sbagliato! XD
Scherzo, troverò il tempo per portarla avanti, anche se la
priorità va ovviamente a Hopelessly devoted to you.
Ho scritto l'orrore qui sopra qualche mese fa in realtà.
Questo prologo che mi faceva impazzire, perchè l'avevo
chiaro in mente ma non riuscivo a figurarmi un eventuale seguito. Ora
invece ho qualche idea, e ho deciso di pubblicarlo per, come dire,
sondare il terreno. Mi chiedo cosa possa suscitare, se incuriosisce, se
interessa, se dovrebbe essere migliorato o fa semplicemente schifio.
Questa NON
É UNA RICHIESTA DI RECENSIONI!!! Ci tengo a
precisarlo a scanso di equivoci, le recensioni sono sempre graditissime
ma pure se non dovessi riceverne nemmeno una continuerei a scrivere. Se
volete farmi sapere cosa ne pensate potete contattarmi anche per via
privata se non volete lasciare una recensione, non siete costretti a
farlo.
Giusto per mettere in chiaro che non intendo mettere in atto
la politica del "se non recensite non continuo", una cosa che
personalmente detesto e mi fa cliccare immediatamente sulla X
là in alto.
Ultima cosa: sono stata indecisa fino all'ultimo su dove inserire
questa storia: sezione romantico o sovrannaturale? Alla fine ho optato
per il primo, perché in fondo di una storia d'amore si
tratta. Se dovessi aver toppato non fatevi scrupoli ad avvertirmi, e
provvederò a spostare la storia in un luogo più
consono. ^_^
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