6. And every time I try to pick
it up like falling sand, as fast as I pick it up it runs away through
my clutching hands…
L’aereo atterrò all’aeroporto berlinese
a mezzogiorno in punto. L’aria era fresca, quasi fredda ed
Elise alzò il bavero della giacca nera, coprendosi il viso.
Rick, al suo fianco, le cingeva la vita quasi a volerle infondere
calore. Nei suoi gesti non c’era nulla di possessivo o
studiato, Rick era mosso solo dal sentimento pulito e totalmente
sincero che nutriva nei confronti di Elise fin dalla prima volta che
l’aveva incontrata. La loro, a voler guardare, era una favola
al contrario, perché di solito è la principessa a
perdersi in sinfonie amorose, sogni a tinte rosa e battiti impazziti
del cuore. In questo caso, invece, era Rick quello più
romantico, quello che era in grado di passare una giornata intera ad
osservare la sua dolce metà senza parlare o a sognare di lei
anche se ce l’aveva sempre accanto.
“Chiamo un taxi, aspetta” le disse, dirigendosi
verso il parcheggio. Dopo pochi istanti le fece un cenno ed Elise lo
raggiunse alla macchina, dove un autista caricò i loro
bagagli e li scortò fino all’hotel.
All’accettazione, un impiegato dall’aria stanca ed
annoiata controllò la loro prenotazione e li fece scortare
nella suite imperiale che Rick aveva scelto per lei.
“Ti piace?” domandò il ragazzo, non
appena furono soli.
“E’ magnifica”
La stanza era gigantesca, anche se stanza non era il termine
appropriato. Era più una specie di piccolo appartamento,
suddiviso in due zone per il giorno e per la notte.
L’arredamento era elegante mantenendo comunque un profilo
sobrio ed nell’aria si avvertiva un lieve aroma di muschio
bianco, uno dei profumi preferiti da Elise, tanto che la ragazza
sospettò che quel tipo di deodorante non fosse stato
spruzzato a caso. Del resto, nulla sembrava essere lasciato al caso, in
quell’alloggio. La posizione dei mobili, il colore delle
lenzuola, la disposizione dei soprammobili, perfino le piastrelle del
bagno corrispondevano alla perfezione ai suoi gusti. Si
immaginò Rick, all’agenzia viaggi, intento a
spulciare le foto di ogni singola suite fino a trovare quella perfetta
per lei e fu in quell’istante che si ritrovò a
paragonare suo marito a Tom. Tom che non sapeva nulla di lei, che non
conosceva i suoi colori preferiti ne i suoi gusti musicali, che non
aveva la minima idea di quando compisse gli anni o di quale fosse il
suo cibo prediletto. In fondo, erano anche queste le piccole cose che
davano vita ad un grande amore, quello che Rick provava per lei. E Tom
che c’entrava in tutto questo? Perché aveva
ceduto? Perché gli aveva promesso quell’incontro
che, sicuramente, avrebbe causato più danni che benefici?
Eppure, nonostante sapesse che tutta quella faccenda era tremendamente
sbagliata, era intenzionata a rivederlo. Solo così avrebbe
potuto, finalmente, cominciare una nuova vita con Rick.
“Se non ti scoccia, io mi stenderei un attimo. Il volo mi ha
fatto venire mal di testa”
“Certo, dormi un po’. Io ne approfitto per fare un
giro”
“Da sola? Sicura che non ti scocci?”
domandò lui, apprensivo.
“Non ti preoccupare, saprò cavarmela!”
lo baciò sulla guancia ed uscì dalla stanza.
Non prese l’ascensore ma fece le scale quasi di corsa, fino a
ritrovarsi nella hall con il fiatone. Quando fu in strada,
cercò il cellulare e selezionò il numero di Tom
dal menu delle chiamate ricevute. Il rasta rispose immediatamente ed
Elise pensò che stesse attendendo quella chiamata dalla sera
precedente.
“Sono al Majestic Hotel, dove posso trovarti?”
esordì, senza salutarlo.
“Ti vengo a prendere io”
“NO!” urlò Elise, accorgendosi solo in
un secondo momento di aver usato un tono davvero eccessivo
“No, meglio di no. Dammi un indirizzo, il nome di un bar,
qualsiasi cosa. Prendo un taxi”
“Giant Bar, è vicino a casa mia”
“Quanto dista dal mio hotel?”
“Circa due chilometri, metro più metro
meno”
“Va bene, aspettami lì”
**
Il Giant Bar non era altro che un piccolo pub aperto anche di giorno,
accogliente e silenzioso. In un angolo, Elise scorse un piccolo palco
sul quale, probabilmente, erano soliti esibirsi artisti locali.
Scrutò il locale in cerca del ragazzo e quando non lo vide,
provò l’impulso di tornare in albergo. Mentre
faceva dietrofront, si ritrovò il torace del rasta a pochi
centimetri da lei, rischiando così di finirgli direttamente
fra le braccia. Alzò la testa lentamente e
incontrò gli occhi di Tom.
Nella sua mente, una giravolta di ricordi rischiò di farla
svenire e le mani presero a tremarle.
“Ciao Elise” mormorò lui, in tedesco. Ad
Elise parve che quelle parole fossero musica.
“C-ciao”
“Ci sediamo?”
Senza dire nulla, seguì il rasta ad un tavolino appartato e
poco dopo vennero raggiunti da un ragazzo che chiese loro cosa
volessero da bere. Tom ordinò una bibita mentre Elise
optò per un caffè. Forte.
“E’ un piacere rivederti” disse lui,
poggiandosi contro lo schienale della sedia. Elise notò che
gli tremava leggermente la voce.
“Non dovrei essere qui”
“Il punto è che ora ci sei”
“Tom, ho pensato spesso a te in questi giorni e non so
nemmeno il motivo” esordì. Aspettare a fargli quel
discorso non sarebbe servito a nulla “Sono passati quasi due
anni da quell’estate e io sono sposata”
Gli occhi di Tom cercarono l’anulare di Elise,
istintivamente, e vi scorsero una fede.
“Vedo” mormorò.
“Ecco, appunto. Mio marito non sa che sono qui e non sa
nemmeno di noi. Non gli ho mai parlato di te, non ne ho avuto il
coraggio. Ora, devo sapere perché mi hai cercata.
Perché?”
“Ho letto un articolo che parlava di te e delle tue nozze. Da
quel giorno, ho continuato a pensare a te, incessantemente. Ho creduto
di impazzire, mi è sembrato di tornare indietro, di tornare
a quell’estate. Ho sofferto quando te ne sei andata,
Elise” appoggiò le mani sul tavolo e gli venne
voglia di allungarne una a cercare quella di Elise, ma
lasciò perdere.
Il cameriere interruppe per un attimo il loro discorso. Solo quando se
ne fu andato, Tom riprese “Poi ho cercato di scriverti una
lettera, ma non ne sono capace. Così ho spulciato la rubrica
del cellulare e ho scoperto di non aver mai cancellato il tuo
numero”
“Perché mi hai chiamata?”
“Volevo sentirti” sospirò.
“Tom, certe cose non si possono cambiare. Avremmo dovuto
pensarci prima ma tu avevi tuo tour e io Rick” disse, prima
di buttare giù il caffè tutto d’un
fiato.
“Il tour non c’entra nulla, tu mi hai lasciato per
tuo marito” pronunciò quella parola con rabbia,
come se gli risultasse impossibile associarla ad Elise.
“Io non ho lasciato nessuno” rispose lei, irritata
“ Tu non hai mai espresso la volontà di volere
qualcosa di serio!”
“Avresti dovuto capire!” Tom strinse i pugni, in
preda alla rabbia. Gli occhi erano delle fessure. Era arrabbiato con
sé stesso, per non averle detto quanto l’amava e
con Elise, per non essersene accorta o per averlo ignorato.
“Devo andare, Tom. Scordiamoci questa storia, la vita
prosegue. E’ l’unica soluzione, io non posso
divorziare e tu… tu volevi solo verificare se il tuo sex
appeal funzionasse ancora. Beh, come vedi no!” si
alzò, girò sui tacchi ed uscì dal
locale, lasciandolo solo e frustrato come mai si era sentito in vita
sua.
7. But there’s
nothing else I can really do…
Pochi secondi dopo l’uscita di Elise, Tom si alzò
velocemente dalla sedia, pagò le consumazioni in fretta
facendo cadere il portafoglio e tutti gli spiccioli che conteneva, e
dopo averli raccolti frettolosamente uscì dal locale di
corsa, voltando la testa a destra e a sinistra nel tentativo di
scorgere Elise.
La vide a pochi metri da lui, mentre camminava impettita, il bavero
della giacca tirato fin sulle orecchie e i capelli mossi dalla brezza
berlinese.
La rincorse e quando la raggiunse le toccò un gomito,
facendola sussultare.
“Sei scemo?” gracchiò la ragazza,
strozzandosi con la sua stessa saliva “Mi hai quasi fatto
venire un infarto! Cosa vuoi ancora?”
“Non ho ancora finito di parlarti”
Elise si fermò in mezzo al marciapiede, le braccia conserte
e lo sguardo che cercava di sfuggire a quello di Tom che, invece, la
fissava dritto negli occhi verdi.
“Cos’altro devi dirmi?”
“Possiamo tornare a sederci?”
“No, non ho tempo. Rick fra poco si sveglierà e
non voglio che mi chiami proprio mentre sono con te. Lui non si merita
tutte queste bugie”
“Mi pare un po’ tardi, no?”
commentò Tom, sfoggiando il suo miglior sorriso, quello che
una volta Elise aveva definito “da conquiste”.
“Senti Tom, le cose sono cambiate rispetto a due estati fa.
Ora sono sposata, sto iniziando una vita nuova accanto a Rick e tu non
ne fai più parte” alzò la testa e
finalmente riuscì a guardarlo negli occhi.
“Sei tu che mi hai proposto l’incontro,
Elise”
“E’ vero, ed ho sbagliato. Volevo solo essere certa
che fosse tutto finito e che il tuo fantasma non mi perseguitasse
più”
“Concedimi ancora mezz’ora, poi sparirò
per sempre dalla tua vita se è questo che desideri. Vieni
con me”
Elise, nell’arco di cinque secondi, analizzò
velocemente i pro e i contro. Se fosse andata con lui avrebbe rischiato
di trovarsi in una situazione assai compromettente, dal momento che Tom
“Rasta” Kaulitz esercitava ancora un certo fascino
su di lei.
D’altro canto, se non l’avesse seguito, si sarebbe
domandata all’infinito come sarebbe stata la sua vita se quel
giorno, a Berlino, avesse dato ascolto alla richiesta di Tom.
Decise così che un rimorso sarebbe stato comunque meglio di
un rimpianto e accettò.
Tom, visibilmente tronfio, la condusse a casa sua dove, le
assicurò, nessuno li avrebbe disturbati.
“Non voglio che mi vedano, Tom. Non voglio incontrare tuo
fratello o i tuoi amici, sia chiaro” precisò
Elise, camminando al suo fianco.
“Non li incontrerai. Bill non è in casa e Georg e
Gustav non abitano con noi”
Il resto del breve tragitto che li separava dalla casa dei Kaulitz lo
passarono in religioso silenzio. Più di una volta Tom
represse l’istinto di cingerle le spalle con un braccio,
bloccandosi solo per il timore che Elise si infuriasse e scappasse via.
Una volta varcata la soglia di casa, al riparo da sguardi indiscreti,
Elise cercò di rilassarsi per quanto fosse possibile
coniugare la parola “relax” con “Tom
Kaulitz” e “casa vuota”, specie sapendo
di avere un marito a pochi chilometri di distanza che, ignaro di tutto,
dormiva beato credendo che la moglie fosse a passeggio.
Tom la fece accomodare in salotto, prese la sua giacca e, da perfetto
padrone di casa, la appese in corridoio e le domandò se
volesse qualcosa da bere o da mangiare. Elise rifiutò
entrambe le proposte e si accinse ad ascoltare quello che Tom aveva da
dire.
“Quindi?” esordì, dopo un lunghissimo
minuto di pesante silenzio.
“Hai così fretta di andare via?”
“Tom, forse non ci siamo capiti” Elise
poggiò le mani in grembo e, seduta con la schiena
perfettamente dritta, aggiunse “Mio marito è in
albergo e crede che io sia a passeggio per Berlino. Se mi dovesse
chiamare per chiedermi dove sono, mi spieghi cosa dovrei
dirgli?” e poi, portandosi il pollice all’orecchio
e il mignolo alla bocca a mo’ di telefono, disse
“Oh amore guarda, sono a casa di Tom Kaulitz. Sì,
certo, quello con il quale ti ho tradita due anni fa anche se non te
l’ho mai confessato e al quale pensavo anche mentre ti
raggiungevo all’altare! Ma non preoccuparti, io ti amo
eh!” quando terminò il vivace monologo, aveva la
faccia rossa e gli occhi quasi fuori dalle orbite.
“Pensavi a me anche il giorno delle tue nozze?”
Tom, che non si era lasciato sfuggire quel particolare, eluse la
domanda di Elise.
“Non è questo il punto”
ribatté lei, ricomponendosi.
“Rispondimi”
“Sì” mormorò
“Più di qualsiasi altro giorno”
Tom, che fino a quel momento era rimasto in piedi di fronte a lei, le
si sedette accanto, prendendole una mano.
“Pensavo a quanto è stato bello due anni
fa” continuò Elise, gli occhi fissi sulle loro
mani intrecciate “E a come la vita, a volte, è
strana. Non ho mai amato Rick, in tutti questi anni, tanto quanto ho
amato te in un mese e non sono stata in grado di dirtelo. Ho fatto di
tutto per scordarmi di te, compreso l’accettare il matrimonio
anche se sentivo che era troppo presto. Io amo mio marito, lo
giuro” alzò gli occhi e incontrò quelli
del chitarrista “ma tu occupi i miei pensieri da
sempre”
Tom si avvicinò a lei cercando di baciarla ma Elise lo
fermò “Tom, ti prego. Non so se sarò in
grado di fermarmi, dopo”
“E chi dice che dobbiamo fermarci?”
sussurrò Tom, tentando nuovamente di darle quel bacio che
aspettava da due lunghissimi anni. Ancora una volta Elise si
tirò indietro.
“Sono sposata da tre giorni. Solo tre giorni. Ho
già tradito Rick una volta e non ho intenzione di farlo mai
più”
“Ma sentivi il bisogno di vedermi, altrimenti mi avresti
mandato a quel paese la sera in cui ti ho telefonato”
“Sento il bisogno di rivederti fin da quando sono partita due
anni fa! Ma, delle volte, bisogna scegliere. Io ho scelto la strada
più facile, lo ammetto. Ho scelto Rick e una vita normale,
mentre con te sarebbe stato tutto più complicato”
“Dicono che la strada migliore è sempre quella
meno battuta” commentò lui.
“Sarà anche la migliore, sarà anche
quella che da più soddisfazioni., ma io non ho avuto il
coraggio di percorrerla. Senza contare che la sera in cui ci siamo
salutati, tu non hai fatto nulla per fermarmi”
“Cosa avrei dovuto fare? Buttarmi a terra implorandoti di
restare? Io volevo te, non la tua pietà”
Elise tacque per un attimo, ripensando a quella sera e alla sua vita
nei mesi successivi. Mai come in quel momento si pentì di
non avere avuto la forza di dare un taglio netto con il passato. O,
forse, di non avere dato un taglio netto alla sua storia con Rick.
Il suo animo era combattuto. Le pareva assurdo che, dopo tanto tempo
passato insieme, Rick fosse semplicemente scomparso dal suo cuore
eppure il calore che la mano di Tom emanava, la faceva stare
così bene che le sembrava impossibile convincersi del
contrario
Era certa di amare il marito ma la domanda che le attraversò
la testa fu rivelatrice: che tipo di amore era? Era l’amore
di due amanti o l’amore di due amici?
Pensò anche che una coppia di lunga data, come loro due,
attraversava degli alti e bassi, ma non era normale a tre giorni dalle
nozze.
“Devo andare” Elise si alzò lasciando la
mano di Tom e si diresse verso il corridoio.
Fu un attimo: Tom la rincorse, la prese per un braccio e la spinse
dolcemente contro il muro, sovrastandola con il suo corpo. Elise, dopo
un debolissimo tentativo di fuga, si lasciò completamente
andare a quella presa fino a quando le loro labbra non si incontrarono
e tutto il resto sembrò sparire.
Tom la prese in braccio e la portò in stanza, la
adagiò sul letto e la spogliò velocemente. Si
stese sopra di lei e la fece sua in un attimo, perché non
c’era tempo per le carezze o per le frasi d’amore,
non c’era tempo per lunghi baci o per dolci promesse.
Il tempo o il destino gliel’avevano già portata
via una volta e, in quel momento, Tom desiderava solo risentirla contro
di sé, sentire i suoi gemiti e le sue mani sulla schiena.
Non c’era nulla che desiderasse di più.
**
“Pff, speravo che la nuova collezione fosse già
uscita invece devo aspettare la prossima settimana. Dannazione, la
prossima settimana non so nemmeno dove diamine
sarò!”
Bill, salendo le scale di casa, sbuffava e imprecava da solo ad alta
voce, insoddisfatto dopo il suo giro di shopping. Andreas lo aveva
accompagnato su e giù per negozi tutta mattina ma il moro,
nonostante fosse rincasato con varie borse piene di acquisti, lo aveva
comunque avvisato che anche il giorno seguente sarebbero dovuti tornare
in centro, perché aveva visto “degli occhiali da
sole che….”
Con le mani occupate da tutte le sportine, Bill abbassò la
maniglia della porta con il gomito ma, stranamente, non notò
la presenza di un cappotto appeso in corridoio. Si diresse
così a passo spigliato verso la camera del gemello e
aprì la porta senza bussare, come era solito fare da sempre,
specie se credeva che Tom fosse solo.
“Tom, guarda cosa ti ho comprato!”
esordì, spalancando l’uscio. Per poco le borse non
gli caddero dalle mani.
Prima di richiudere velocemente la porta, fece in tempo a scorgere una
signorina nuda seduta sul bacino del fratello. Entrambi erano
chiaramente impegnati in una danza “senza veli”.
Rosso in volto, raggiunse la cucina con ancora le mille borse in mano e
le lasciò cadere sul pavimento. Non era di certo una
novità il fatto che Tom portasse a casa le sue conquiste,
come non lo era il fatto che il gemello avesse una vivace vita
sessuale, ma era la prima volta che Bill lo beccava in atteggiamenti
così esplicitamente intimi e questo lo scosse.
Era un po’ come immaginarsi i propri genitori a letto:
imbarazzante.
Sorseggiando un bicchiere di acqua, aspettò in silenzio fino
a quando Tom non lo raggiunse. Era ancora nudo, aveva solo un
asciugamano in vita e le ciabatte ai piedi.
“Non si usa bussare?” lo ammonì, rosso
in volto.
“Tom scusa! Non credevo che… cioè, non
c’erano macchine in cortile, né indumenti strani
in giro”
“C’è il suo cappotto appeso in
corridoio, come hai fatto a non accorgertene? Noti sempre
tutto!”
“Non l’ho visto, ero di fretta, stavo imprecando,
non…” poi si fermò a riprendere fiato
“Mi dispiace, è imbarazzante questa
cosa!”
“Abbastanza”
“Lei chi è?” chiese Bill, per smorzare
la tensione.
“Non credo vorresti saperlo” disse il rasta, che
non aveva raccontato a Bill della sua telefonata né
dell’arrivo di Elise.
“Non dirmi che si tratta di quella tizia dell’altra
sera, quella odiosa e completamente rifatta! Era orribile e
volgare!”
“No…”
“E quindi?”
“Elise”
**
Siete delle lettrici splendide! *_* Mi piace tantissimo leggere i
vostri commenti, mi piace sapere che vi fate delle idee proprie sulla
storia! Grazie, grazie davvero di cuore! *_*
Kate
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