Acqua viva - scene
Acqua
viva
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
Febbraio - San Valentino
«Scommetto che quello è per me.»
Sopprimendo una risata Ami si staccò dal muro. «Ciao
Yamato-kun.» Aveva
preventivato di poter incontrare anche lui, in fondo si era fermata
davanti all'università.
Shun Yamato - il miglior amico di Alexander - si fermò a tre
passi da lei e continuò a sorridere squadrando il regalo tra
le sue mani, con un divertimento che era insieme
ilarità e riflessione. «Sai
che San Valentino non gli
è mai
piaciuto?»
Non era difficile per lei immaginarne il motivo.
«No,
non perché riceveva montagne di cioccolatini sgraditi. Non
ne ha
mai ricevuti troppi, faceva capire che non gli sarebbe piaciuto.
Però c'erano sempre quelle due o tre ragazze che ci
provavano
comunque. Per Fox rifiutarle era più difficile che dire no
a
cento persone diverse.»
«Non voleva fare loro del
male.»
Lui studiò il muro. «Sì,
ma le considerava stupide comunque.»
L'affermazione non la sorprese: ogni tanto Yamato-kun le
descriveva
Alexander in termini poco lusinghieri,
come se volesse testare se sapere tutta la
verità l'avrebbe portata a rinnegare i propri
sentimenti. Lei giudicava
quei tentativi un'importante fonte di informazioni e poco altro: sapeva
bene che si era trovata un ragazzo con dei difetti. Lei ne aveva a sua
volta, come tutti. «Ha mai
passato San Valentino con una ragazza?»
«No. Stava sempre attento a essere o a diventare single in
tempo
per il quattordici febbraio. Non sia mai che pensassero che per lui era
una
cosa seria.»
Questo dimostrava che Alexander era stato piuttosto freddo in passato,
ma la cosa le faceva piacere, in un certo senso: quel San Valentino
sarebbe
stato unico per entrambi.
Il suo silenzio aveva incuriosito Yamato-kun. «Tranquilla
Ami-san, oggi sembrava allegro e sereno.
Complimenti, hai superato il centesimo scoglio con lui.»
Ami sorrise: Yamato aveva intuito che il
suo
buon umore era inattaccabile e aveva lasciato perdere i suoi test. Era
quasi sicura che non gli fosse piaciuto
troppo metterla alla prova, eppure lo aveva fatto ugualmente: l'amico
di Alexander era contorto come persona.
Centesimo scoglio? «Sai che potrei elencarti i primi
novantanove?»
«Lascia stare,
lo immagino. Ascolta
piuttosto un
aneddoto divertente su Fox e questo giorno: in terza media una
ragazza gli ha chiesto se per caso lui continuava a rifiutare lei e
tutte le altre perché... beh, perché preferiva i
maschi.»
Per non ridere Ami si morse l'incavo della bocca.
«Io e lui passavamo troppo tempo insieme e nessuno di
noi due aveva ancora avuto una ragazza, quindi...»
«Era circolata questa voce che ti ha fatto crepare dalle
risate.» Alexander spuntò da dietro l'angolo del
muro di cinta. «Solo tu sai come hai fatto a
riderne.»
Yamato-kun fece spallucce. «Sapevo la
verità.
Forse tu ti sei arrabbiato perché eri confuso.»
Alexander sfoderò un sorriso letale. «Go to
hell.»
Guardò lei e si illuminò. «È
tutto il giorno che non
vedo l'ora
d'incontrarti.»
«Anche io» annuì Yamato con convinzione.
«Per
poter vedere la faccia di lui in questo momento.»
«Va' al diavolo o a
casa.» Col tono Alexander sorrideva.
«Opto per la seconda.» Yamato
indietreggiò di un paio di passi. «Buon
festeggiamento.»
«Ciao» lo salutò Ami.
Tra Alexander e il suo amico vi fu solo uno sguardo. Si salutavano
sempre così.
Lei si ritrovò ad osservare lo scintillio felice negli occhi
chiari del, suo ragazzo.
«Sai che oggi
mi sono sentito molto... fidanzato?»
Aveva pensato di dargli il regalo come prima cosa, ma
cambiò
idea: avanzò di un passo e sollevò la testa,
verso di lui. Diede e ricevette un bellissimo
bacio romantico, proprio da giorno
degli innamorati. Fu leggero nel contatto e profondo nelle intenzioni,
capace di inumidirle la bocca di calore e il cuore di emozione. Lei
era... in love.
Totalmente e completamente in
love.
Si ritrasse, stringendosi nelle spalle e cercando di non
esplodere di gioia al di fuori delle guance. Non era colpa
sua se arrossiva, non sapeva come altro reagire quando era molto
felice.
Già, il regalo. «Tieni.» Glielo
offrì a braccia tese.
Lui lo prese tra le mani, accarezzando il fiocco verde della confezione
a forma di cuore.
«Non l'ho comprato, l'ho fatto io»
precisò lei.
Alexander annuì. «E ti sei esercitata almeno
un'altra
volta durante la settimana - due, se la prima non ti era venuta
bene.»
Naturalmente. «Ma il primo dolce al cioccolato era
già
buono.» Si era fatta dare la ricetta da Makoto.
Lui rimase a guardarla per un po', in attesa di... cosa?
Alexander sorrise piano. «Buon San Valentino.»
Oh, giusto. L'augurio.
«Anche a te.»
«Dobbiamo nasconderci da qualche parte.»
«Come?»
«Sento un bisogno spasmodico di assalirti mentre ti dichiaro
amore eterno.»
Lei ridacchiò. «Teatrale.»
«Se solo
sapessi.»
Lui iniziò a guardarsi intorno.
«Vieni.» La
afferrò per un braccio e la trascinò da dove era
venuto
lui,
dentro il campus universitario. Non fecero molta strada: arrivarono
accanto ad un grosso albero e si inginocchiarono dietro
un voluminoso cespuglio, in un angolo chiuso.
«Perché ridi?» Alexander interruppe la
domanda con un bacio.
Lei si sporse in avanti, verso di lui, ma perse l'equilibrio e cadde
su un fianco, portando Alexander con sé. Sentire il
fruscio dell'erba sotto i loro cappotti mentre cercavano goffamente di
sistemarsi la rese giocosa, felice.
«I'm happy» gli
sussurrò, le palpebre socchiuse.
Lui la baciò di nuovo e lei premette le labbra contro le
sue,
forte, cercandone il sapore. Tornò in ginocchio,
tentando
di
abbracciarlo nonostante l'ingombro delle gambe, ma dovette staccarsi
per capire come fare.
Alexander l'attirò sopra le proprie ginocchia piegate.
«Ma
allora sei tu che assali
me.»
Per non farsi battere dal rosso alle guance, lei gli coprì
la
bocca con la propria.
Le mani di lui le accarezzarono la nuca, tutte e due, infilandosi tra i
suoi capelli. «Ami.»
Ami quando
la chiamava, Ami
quando la vedeva, Ami
anche quando la abbracciava. Ed Ami
mentre studiavano, passeggiavano e parlavano, aprendo ogni pensiero e
sogno l'uno all'altra. Lei era Ami
più che mai in ogni momento con lui: era una se
stessa senza
confini, priva di limiti.
Si ritrasse adagio e lo osservò.
C'era stato un tempo in cui non lo aveva conosciuto, ma non
riusciva quasi a ricordarlo. Rammentava le sensazioni di quando si
erano incontrati, la sorpresa di quando aveva dato un unico nome alle
emozioni che l'avevano lentamente catturata, ma... Gli
accarezzò la parte alta della guancia, sfiorando l'arco
finale del sopracciglio e una ciocca di capelli. Un piccolo raggio
di sole illuminò le sue dita.
Davvero non ti conoscevo?
La luce regalò ai fili
che si erano appoggiati sopra le sue unghie il colore del grano maturo.
Il sole toccò anche le iridi di lui,
rendendole
acqua cristallina, del verde
e dell'azzurro che insieme creavano le più belle visioni
presenti sulla Terra. Le mani di Alexander le scivolarono sulle sue
spalle, stringendola
piano.
Ami si riempì di un sorriso. «Cosa
c'è?»
«Cerco le parole. Sono rimasto senza.»
Lei gli tracciò la
linea dello zigomo con la morbidezza di un
polpastrello, mantenendosi dolce, soave.
«Non
servono.» Scese sulla guancia e di proposito
risalì su un unico e piccolo punto, cercando una sensazione
di ruvidezza che non le capitava quasi mai di sentire. Giocò
a disegnare un amorevole ellisse, nata dalla
tranquillità del caso. Sulla curva finale scivolò
in basso col dito e ne approfittò per
spostarlo di lato, un pochino. Con un brivido
toccò
le labbra appena umide di lui, asciugate dal freddo, screpolate su
un'unica linea
orizzontale. Il polpastrello accarezzò la pellicina
indebolita in rilievo, finendo intrappolato dentro una bocca viva. Che
sorrise.
«Passiamolo sempre così.»
«Hm?»
«San Valentino.» Alexander salutò il suo
dito con
un bacio prezioso.
«Seduti sull'erba?» sorrise lei.
«No, insieme. Fino alla fine dei nostri tempi.»
Mille anni.
Ci pensò per un istante sfuggente che non fece vincere sulla
certezza di loro due; non in quel momento, non in quel
giorno.
«Magari anche dopo.»
Lui si riempì di gioia.
«E prima, sicuramente.» Il suo non fu un bacio, ma
una carezza. «I love you
deeply, Ami love.»
Forever, please.
«And I love you constantly.» Unì il
respiro a quello di lui. «To the first of many
Valentines to come, my love.»
«To the first.»
Brindarono senza altre parole.
Erano andati prima al planetario e poi a mangiare.
Ad Alexander era parsa una buona idea e si era rivelata proprio tale:
Ami aveva
adorato lo spettacolo di quel giorno. Per le stelle e i particolari
scientifici naturalmente, ma anche per i racconti romantici collegati a
ciascuna costellazione ed astro, illustrati nel dettaglio dal
presentatore.
Dopo cena avevano fatto una breve passeggiata per Ginza. Il freddo
intenso di quella particolare notte di febbraio lo avrebbe spinto a non
suggerire l'uscita, nonostante per lui le temperature basse non fossero
mai
state un problema. Ami però aveva insistito. Lei
amava coprirsi
con
guanti, sciarpe e giacche pesanti; apprezzava
tanto
il caldo quanto il freddo. Anzi, nel gelo sembrava... ravvivarsi,
splendere.
«Ho un'idea» gli mormorò lei
all'orecchio, dopo essersi tolta il casco. Smontò dalla moto
e gli sfiorò un braccio, quasi un invito. «Che ne
dici di venire a
casa mia già oggi?»
... quella sera? «Oggi?»
Ami annuì. «Ho concordato con mamma
la nostra cena della prossima settimana.» Si
voltò,
inquadrando il cancello della villetta unifamiliare in cui viveva.
«Lei dovrebbe esserci ancora adesso, ma sta per
uscire.» Scrollò le spalle.
«Vorrà dire che ti
presenterò con qualche giorno di anticipo.»
La madre di lei stava uscendo?
«Così...»
esitò Ami,
«potrai vedere la mia camera. Io ho
visto
la tua.»
Il lampione non li illuminava direttamente e la penombra gli
impedì di capire se Ami era arrossita, ma, nonostante il
tono leggero e scherzoso, il volume della sua voce non era andato
oltre un mero e invitante soffio.
Lei gli stava offrendo di andare a casa sua. Dentro la sua camera.
«... non vuoi?»
Oh no, voleva.
«Certo. Cioè, salgo. Entro.» Per non
balbettare, non disse più nulla.
Lei sorrise. «Perfetto.» Indietreggiò di
un passo.
Lui assicurò l'equilibrio della moto e scese sul
marciapiede.
Non aveva portato niente!
Ami studiò la sua espressione. «Cosa
c'è?»
«Nulla.» Non aveva portato nulla con
sé.
Ma come avrebbe potuto immaginarsi che già quella sera loro
due...?
Okay. «Ti seguo.» Okay, non- Forse stava correndo
troppo. Ami non era una sprovveduta, se gli stava davvero facendo quel
tipo di offerta, allora non era possibile che non avesse pensato alle
precauzioni che dovevano prendere. O magari sarebbe potuto uscire lui a
prendere il
necessario,
dopo?. O lo aveva preso lei...? No.
Ami tirò fuori le chiavi di casa dalla tasca
della giacca.
Se lei non aveva preso niente, magari... magari quella era un'offerta
nata spontaneamente, sul momento.
Era davvero così fortunato?
No, correva troppo. Forse Ami aveva in mente solo qualche... primo
passo.
Okay, poteva andare bene anche così. Se lei era disposta a
farsi coinvolgere, allora... God,
lui avrebbe fatto pianissimo, tutto quello
che voleva lei, glielo avrebbe reso così piacevole che- Che
era meglio se smetteva di pensarci adesso: erano
già di fronte alla porta d'ingresso.
Ami la tenne aperta anche
per lui. All'interno la luce era accesa. «Mamma?»
«Ciao!» si udì dal piano superiore.
Lui iniziò a togliersi la giacca. Era importante operare una
cancellazione totale dei pensieri
dell'ultimo minuto nel giro di cinque, quattro, tre-
«Come ti è andata?»
Due-
Saeko Mizuno apparve sulle scale. E lo vide.
Cancellato tutto, con un secondo di anticipo.
«Buonasera» sorrise lui. Sorrise e basta.
Ami gli prese la mano, tirandolo piano senza uscire
dall'ingresso. Alexander si rese conto di non essersi ancora tolto le
scarpe.
«Mamma, questo è Alexander.»
Lui mosse i piedi velocissimamente, riuscendo nell'impresa idiota di
far
quasi saltare via l'ultima scarpa.
Ami gli chiese di avanzare
ancora. «E lei è mia madre.»
Sì. «È un piacere
conoscerla.»
Saeko Mizuno era... una donna dall'aspetto colto, maturo. Aveva una
corporatura esile - poche rughe - ma erano soprattutto i vestiti a
caratterizzarla: un maglione
nero a collo alto e una gonna bordeaux alle ginocchia. Capi eleganti,
modesti. Aveva i capelli corti come Ami, ma la sua
acconciatura era più essenziale.
Si era atteso di vedere in lei gli stessi colori a cui si era abituato
in Ami, ma i capelli di Saeko Mizuno erano neri e le sue iridi di un
blu cobalto che pareva quasi
nero.
Quegli occhi continuarono a rimanere fissi sulla sua faccia, in una
reazione che gli risultò indecifrabile.
«Sì» disse infine la signora
Mizuno. «È un piacere anche per me. Ami mi
ha parlato
così tanto di te che... pensavo quasi di
conoscerti.» Non sorrise, ma fu divertita di se stessa.
Alexander comprese: la madre di Ami se lo era immaginato diverso. Okay,
quello era territorio familiare: era stato il suo aspetto a
sorprenderla. Come al solito, c'era solo da approfittarsene.
«Mi conosce, se è stata Ami a parlarle di me. Lei
mi capisce meglio di chiunque altro.»
La signora finì di scendere le scale e lui fece un passo in
avanti. «Io avevo avuto
un'impressione molto materna sentendo parlare di lei.» Saeko
Mizuno lo prese come un gran complimento, ma era ancora niente.
«Ma se non si offende, a prima vista lei non sembra una
madre, ma
solo... un buon medico. Dev'essere il piglio, se lo porta a
casa?»
«Oh.» Saeko
Mizuno si sciolse in un sorriso di delizia.
«Beh,
sì, non stacco mai dal lavoro con la testa.»
Riuscì
a tornare seria. «Io... devo dire che non immaginavo di
conoscerti già oggi.» Guardò sua
figlia. «Avete cambiato i vostri piani?»
Ami non conobbe neppure un momento di esitazione.
«Ho pensato che sono già stata
tante volte
nel suo appartamento e volevo fargli conoscere anche
casa nostra. È stata un'idea improvvisa.»
Certo che era proprio furba e intelligente, pensò Alexander.
Sottolineando che era
già stata in visita a casa sua non dava importanza
particolare all'occasione in cui si trovavano in quel momento.
Lo pensò anche la madre di lei.
«Già.» Gli lanciò un'occhiata
perplessa ed evitò un sospiro rassegnato.
«Va bene, io sto uscendo. Sono certa che Ami ti
farà vedere come ha arredato la sua stanza.»
Cosa?
La signora Saeko lo superò di due passi,
senza smettere
di guardarlo. «La sua camera la rispecchia. Nei quadri,
nell'ordine. Nei tanti libri che vi ha raccolto, tutti suoi personali.
Ami è una ragazza molto studiosa.»
... sì.
«Sei molto intelligente e studioso anche tu, a quanto ho
sentito. Mi
raccomando, aiutala sempre a rimanere concentrata. È quello
che
vuole.»
Lui annuì con un sorriso consapevole. La madre di Ami era
stata sottile, ma al contempo chiara.
Stranamente, i primi dubbi furono proprio di Ami: le sue
guance divennero rosa. «Oh.»
Sembrò sul punto di scuotere
la testa, ma lasciò perdere e sorrise, innocente.
«Lo porto a vedere la mia camera allora. Buonanotte,
mamma.»
«Buonanotte.»
Lui chinò lievemente il capo. «Buonanotte
e buon
lavoro, Mizuno-san.»
«Grazie.»
La madre di lei accolse benevola il saluto e finì di
scendere lo scalino che la portava dentro l'ingresso.
Lui si voltò e seguì Ami su per le scale. Lei
aveva appena lasciato intendere che loro due non avrebbero...?
... si era sbagliato? Sul serio?
Veramente?
Davanti alla porta della propria stanza Ami ridacchiò per un
motivo ignoto. Si voltò per dirgli qualcosa, poi
preferì semplicemente mostrargli la camera.
Lui vi entrò con poco entusiasmo. Lo ritrovò non
appena scorse l'ambiente. «Ehi... era come
diceva tua madre.»
Quadri di paesaggi. Ami gliene aveva parlato, ma vedere personalmente
i soggetti, i colori e la tecnica rafforzò se possibile
ancora di
più l'impressione che aveva avuto di lei.
Calma.
Pace.
«La immaginavi ordinata?»
Lui scosse la testa. «Tua.»
Davanti alla finestra c'era una lunga scrivania. Su un
lato vi era un computer, sull'altro uno spazio vuoto, pronto ad
ospitare almeno tre libri o quaderni senza difficoltà. Il
letto era coperto da un piumino azzurro-lillà, perfettamente
piegato. I cuscini erano bianchi, la moquette era blu e l'armadio che
occupava metà di una parete era in legno chiaro, moderno.
Tra il letto e la scrivania era sistemata una libreria composta da due
parti, ciascuna dotata di almeno sei livelli, tutti colmi.
Ami si avvicinò al quadro appeso accanto alla finestra, a
lato della scrivania. «Questo è l'ultimo che mi ha
mandato mio padre.»
«Esco!» disse la madre di lei dal piano
di sotto.
«A dopo!»
«A dopo mamma!»
Lui si era avvicinato al dipinto ad olio. Era un bosco, con un sentiero
in mezzo. Il gioco di luce ricreato dai colori indicava di seguire la
fine del cammino, che curvava fino a
sparire
dietro la folta vegetazione. Più che un sentiero qualunque,
pareva
la strada verso... quello che si voleva. L'idea d'insieme era semplice
e chiara: serenità.
Ami stava guardando il quadro assieme a lui. «Papà
non
dà mai un titolo ai suoi lavori, ma io ho chiamato questo
'Passaggio'.»
«Passaggio?»
«Sì.» Lei indicò il lato
basso del quadro. «Vedi qui sotto? Il sentiero si
è ristretto entrando nel bosco.
Era diverso prima di questa inquadratura. E lì in
fondo» gli segnalò un punto più alto,
nel centro, tra i tronchi degli alberi, «c'è una
sensazione di azzurro, una spruzzata di colore e di maggior luce, come
se dietro vi fosse solo cielo limpido. Quando guardo questo dipinto
penso ad un bosco in cima ad una scogliera. Ci si arriva deviando
dalla strada principale; questo cammino - creato solo dai passaggi
delle persone - porta sul bordo del
promontorio. Oltre c'è l'azzurro del cielo. Sotto, il
principio dell'oceano.»
Lui guardò di nuovo il quadro e cercò di vedere
quel che aveva scorto Ami. Ci riuscì solo ricordando le
parole che
aveva sentito. «Sei... un'artista.» Lo aveva
lontanamente intuito, ma in quel momento ne ebbe la prova
definitiva.
«Un'artista?» fu la risatina di Ami. «No,
io... non so creare niente.»
«Ma hai un animo artistico» insistette lui.
«Se ti
concedessi il tempo, sono sicuro che creeresti qualcosa.» Al
contrario di lei, lui era
completamente
negato, era capace solamente di osservare le meraviglie create
da
mani e teste altrui. Per questo le meraviglie a cui si sentiva
maggiormente affine avevano origine naturale: matematica,
fisica.
éer lui scoprirne e
apprezzarne l'essenza equivaleva a comprenderne l'intimo funzionamento,
a intuirne le regole. La considerava un'arte in
virtù della passione che quell'analisi gli suscitava, ma era
molto diverso da ciò che riuscivano a creare altre persone
con
la pura
immaginazione.
Ami osservò il quadro. «Hm... io non so dipingere
come papà. Ci ho provato, ma non ho la tecnica per dare vita
alle immagini che mi vengono in mente. Non so creare musica, anche se
ho
tentato anche in questo caso. Preferisco ascoltarla. Per quanto
riguarda lo scrivere
non-» Si fermò.
«Hai scritto qualcosa?»
Lei lo scrutò e prese una decisione.
«Sì.» Si allontanò verso la
sua scrivania. «Non si tratta di racconti, mi prenderebbero
troppo
tempo. Però...» Dopo un momento di esitazione
aprì un cassetto. «A volte ho buttato
giù
qualche...» raccolse un quaderno,
«poesia.»
Perché tanto imbarazzo? «E poi dici che non sei
un'artista?»
«Arte non è solo volersi esprimere, ma anche
saperlo
fare.» Lei strinse il quaderno tra le braccia, come a
cullarlo.
Lui osservò la copertina celeste e le tolse il dubbio.
«Ti conosco, Ami, e dove non ti conosco mi sorprendi solo
positivamente. Se ti fa stare più tranquilla, io sono una
tale frana a capirne di
poesia che i
tuoi versi mi sembreranno geniali.»
«No, ti sembreranno ingenui.» Lei gli porse il
quaderno. «Sorridine pure se vuoi, non
preoccuparti. Lo faccio anche io a volte, solo che... queste
poesie sono come una finestra dentro di me. Penso che tu abbia
già visto un po' di quello c'è dietro.»
Lui prese il quaderno.
Non appena l'ebbe tra le mani, Ami si innervosì.
«Ah... vuoi del tè? Dell'acqua?»
«Acqua.»
«Okay. Acqua.» Lei si dileguò fuori
dalla
stanza.
Alexander aprì il quaderno e cercò una pagina
a caso, verso la metà. Si ritrovò davanti un
breve componimento.
Consapevolezza di luce,
brillante oltre il sole
sotto il manto del
giorno, senza forma o colore.
Odora d'eterno,
intonando presenza reale
Canta il contatto privo
di arti
Tocca.
Sussurra.
Dice.
Dice. Cosa?
La domanda lo stupì. E quella era una poesia ingenua? In
poche
righe aveva coinvolto lui, che, naturalmente, non aveva capito
niente. Provò a rileggerla immaginando il soggetto dei versi.
«Aspetta!» Ami rientrò nella stanza, in
mano una bottiglia e un bicchiere. «Non leggere a caso,
è meglio se te ne mostro io qualcuna.»
«Troppo tardi.»
Lei arrossì di mortificazione.
«Ami» sorrise lui, «è
bella.»
Gliela mostrò. «Spiegamela.»
Leii la rilesse e prima ancora di finirla si fermò.
«Parlavo del... dell'essenza di ogni persona. Non di semplice
animo, ma di un insieme di anima, forza... energia. Credo che esista in
qualunque persona e se si riesce a coglierla, può dirti...
quello che vuoi. Qualcosa di vero.» Toccò l'ultima
riga, l'unica parola lì presente. «Per questo non
ho spiegato cosa dice. È da immaginare. Anche per me, quando
la
rileggo.»
Che incredibili ragionamenti, capaci di creare
una logica nuova, affascinante. «Sei un'artista.»
Lei scosse la testa. «Grazie, però te ne faccio
vedere un'altra.» Gli chiese il quaderno e Alexander glielo
ridiede. Con lo sguardo vagò sulla scrivania e
notò un piccolo
contenitore aperto. «Cosa sono quelle?» Tessere?
Ami lanciò un'occhiata.
«Conservo le tessere che ho avuto. Mi ricordano quello che ho
fatto.» Lei continuò a scandagliare le poesie del
quaderno, voltando
rapidamente
le pagine. «Guardale pure.»
Lui non se lo fece ripetere. La prima tessera era della biblioteca
rionale, datata... molti
anni addietro. Era a nome Ami Mizuno, cointestata a Saeko Mizuno. Ami
allora aveva otto anni.
Sorrise: cos'altro poteva aspettarsi da lei?
Tra le tessere notò un
preciso ordine cronologico. Hm. Preferiva fare un viaggio a ritroso nel
tempo: sarebbe partito
dalla fine, dalla Ami che conosceva meglio.
Nel mucchietto trovò diversi abbonamenti annuali del
treno - lo verificò con una rapida controllata al colore dei
bordi. L'abbonamento dell'anno precedente gli regalò
un'immediata visione del passato: solo un anno prima il viso di Ami era
stato più... giovane.
E a dodici anni com'era lei? Per avere la risposta si impose un
po' di calma. Tra le altre tessere scoprì un abbonamento
fedeltà
a una videoteca del quartiere, una tessera punti relativa all'ultima
campagna indetta dalla libreria internazionale di Shibuya,
il cartoncino di un ristorante take-away - mancavano due
timbri al raggiungimento dei dieci pasti necessari ad ottenerne uno
gratis - e... Riconobbe il nome stampato sul retro della tessera grazie
ad un ricordo
vago. Sorpreso, girò tra le mani il supporto di
plastica,
osservandone la parte frontale. Era arancione, con una scritta in
rilievo di colore giallo brillante,
inconfondibile. Appena sotto, una dicitura chiariva che era la tessera
del membro numero...
La cifra era stata inserita a mano.
Venticinque.
Venticinque?
La tessera numero
venticinque riservata ai membri del fan club dei Three
Lights?
Il silenzio era... anomalo? Ami sollevò gli occhi dalle
pagine del suo quaderno e, quando capì cos'aveva in mano
Alexander, volle morire. «Ah-»
Lui era incredulo.
«Ah, qu-quello è solo... So-solo una
cosa-» Nascose la faccia dietro il quaderno, ma riemerse
subito. «Un errore di
gioventù! V-voglio dire... mi piacevano! Non dico di no,
solo che-»
Serrando con forza le labbra, Alexander le fece quasi sparire dalla
faccia.
Lei lasciò cadere il quaderno sul letto e gli
piantò una mano sopra la bocca. «Non ridere. Per
favore, non ridere!»
Lui scoppiò dietro il suo palmo.
Non si
era mai vergognata tanto in vita sua!
«Nonono!» Alexander le appoggiò la mano
sulla
spalla. «Non fare così, dai è...
normal-» Esplose di nuovo.
Lei piantò un piede a terra. «Insomma! Tu non hai
mai avuto una passione sciocca?»
«No, cioè, sì!» Alexander
cercò di smettere di sussultare. «È
solo che... non rido per prenderti in
giro, ma...
ti immagino mentre vai ai concerti, o ti metti in fila nei negozi per
vedere questi tizi, e mi sembri così...» Trattenne
a
forza una nuova risata. «Buffa. Così poco tu,
eppure mentre
ti penso sei proprio tu e non me sono mai accorto»
«Proprio io, come?» La stava prendendo in giro.
Lui si calmò. Respirò un paio di volte prima di
parlare. «Appassionata. So come sei in grado
di appassionarti per l'uscita di un libro che aspetti da tanto, fino al
punto da visitare una libreria ogni giorno se c'è un ritardo
nella consegna. Non ti immaginavo farlo per dei cantanti, ma... riesco
a crederlo. Ti piacevano così tanto?»
«Sì.» Si era innamorata della loro
musica, senza sapere che a incantarla era stato il
messaggio nascosto dietro ogni parola. Non che fosse stato solo
quello il motivo dietro la sua passione per i Three Lights.
«Mi piaceva anche che fosse un interesse che condividevo
con ragazze normali. Per una volta.»
Lui lanciò un'occhiata alla tessera abbandonata sulla
scrivania. «Ma sei stata la numero venticinque, una delle
prime. Quelli
avevano migliaia di fan.»
Lei arrossì. «Mi era capitato di
ascoltarli durante la prima messa in onda alla radio. Il club era nato
nella mia scuola, quindi mi sono unita subito. La loro musica mi aveva
colpito.» Fu colpita anche da un'intuizione.
«Tu l'hai mai sentita?»
Lui esitò. «Sì. Mi capitava
anche di riascoltare volentieri qualche canzone, se la
passavano
alla
radio. Ma mi sono rifiutato di comprare il disco, mi sarei sentito
troppo
una ragazzina urlante.» Ridacchiò.
«Tu urlavi?»
Lei si impose calma. «No. Andavo ai concerti, ma... incitavo
a voce normale.» Forse. Gli urli di Minako
le avevano impedito di avere una chiara percezione del livello di
rumore attorno a lei, compresa la propria voce.
Alexander guardò di nuovo la tessera. «Ti sono
piaciuti così altri cantanti?»
«No, loro sono gli unici che...» Si accorse
dell'errore. «No, dopo mi è passata.»
Lui inclinò la testa. «Erano così
speciali per te?»
«... no.» Taiki era stato solo... la sua prima
cotta artistica.
Ad Alexander bastò guardarla per capire.
«Sì che lo erano.»
Lei preferì il silenzio e lui l'abbracciò per la
vita. «Raccontamelo. In cambio io
ti racconterò qualcosa di imbarazzante su di me.»
Non sarebbe riuscita a resistere, perciò tanto valeva...
«Comincia tu.»
Alexander annuì. «Visto il tema della giornata,
posso parlarti del mio primo amore, l'unico che ho avuto oltre a
te.»
Eh? No, non
voleva sentire. Lui era già stato innamorato di un'altra?
«Si chiamava Yuko-san» sorrise lui.
Yuko. Sapere quel nome non era divertente, non avrebbe mai pensato che
fosse così insensibile.
«Era la mia maestra dell'asilo.»
... la maestra-
Alexander scoppiò a ridere e lei ebbe la tentazione
di imitarlo, ma ricordò i brevi
momenti di dolore e fece una smorfia. «Sotto i sei anni non
c'è
amore.»
«Dissento. Secondo te mi ricorderei ancora del suo nome, se
non fosse stata importante?»
Ami preferì non commentare.
Lui le concesse il dubbio. «Forse mi ricordo di lei
perché non capivo quasi niente di quello che mi diceva. La
mia era un'ardente passione che superava i confini della
lingua.»
Oh, già. A quei tempi, lui era appena arrivato in Giappone.
Alexander le offrì un sorriso più serio.
«Era gentile con me. Mi ha aiutato con i primi passi di
giapponese.»
Immaginare la scena la intenerì.
Lui ne approfittò. «Allora, adesso racconti
tu?»
E va bene, tanto... Sì, tanto era una cosa
sciocca. Si era sentita molto sciocca allora, però si era
divertita moltissimo e ricordava quel periodo con affetto.
Gioventù. Un assaggio di normale
gioventù per lei. «Anche per me
c'entrava qualcosa di simile
all'amore. Avevo una cotta per uno del gruppo, Taiki Kou.»
Si allontanò da Alexander, unendo le mani alle sue e
guardandole. «Per via degli occhiali e di quello che diceva
nelle
interviste, lui sembrava... intelligente.» Sorrise.
Intelligente e coraggioso, Taiki Kou, così simile a lei.
«Alla fine lo era. L'ho conosciuto perché
è venuto a studiare nel nostro istituto con gli
altri.»
«Nella tua scuola?»
L'inflessione del tono di lui la portò ad alzare gli occhi.
«Sì.»
Alexander non era esattamente infastidito o turbato, eppure... era un
po'
tutte e due le cose.
«Era solo una cotta» chiarì lei.
«La parte più divertente era parlarne con le
altre.»
«Della cotta?»
«No, di... loro, dei Three Lights.»
Lui rimase in silenzio.
«Non è una cosa che dovrebbe darti
fastidio.»
Lui ci rifletté. «Sì. È
anche stupido
dopo che ti ho chiesto di raccontarmerlo, ma...» Con un cenno
della testa, la invitò a sedersi sul letto. Lo fecero
entrambi.
Alexander fissò lo sguardo sulla moquette.
«Non so. Come ti ho detto, tu per me sei stata praticamente
la
prima.» Aggrottò la fronte, come se lui stesso
fosse convinto di dire qualcosa di poco sensato. «Avevo
questa idea che... anche io potessi essere stato il primo per
te.»
Il suo primo amore? Oh no. Lei aveva avuto
altre piccole cotte, più o meno intense, dolci proprio per
quello. Ma poi perché diceva che lei era stata la prima?
«Tu hai avuto altre ragazze.» E a lei il pensiero
non piaceva per nulla, ma se n'era fatta una ragione. Era il passato.
«Sì. Ma io non ho mai provato... molto.»
Com'era possibile? «Allora perché stavi insieme a
loro?» Si rispose da sola. A disagio, aggrottò la
fronte: meglio non andare in quella direzione.
«Non è come pensi.»
Se anche fosse stato così, lui
non sarebbe certo venuto a dirlo a lei.
Non voleva nemmeno pensarci. Si voltò di scatto e gli
prese il volto tra le mani. «Dimmi solo che... Che
questo
è il meglio che tu abbia mai sentito.»
Premette la bocca sulla sua, e fu così che se ne convinse a
sua volta. Conosceva Alexander, conosceva loro due e conosceva i loro
baci. Erano
il meglio di
sempre, per entrambi. Non aveva bisogno di prove.
«Il meglio di sempre» annuì lui.
Ma certo.
«Nemmeno mi ricordo di com'era con altre. Non è
una frase fatta, sai? Non mi ricordo. Non voglio, ma non riesco a
ricordarmi di sensazioni passate neanche se ci
provo.»
Lei gli regalò una smorfia divertita. «Non stare a
provarci.»
Alexander le prese il volto tra le mani e lo coprì col
proprio.
Staccò la bocca da lei solo a malincuore.
«Com'è finita la cotta per Taiki da
strapazzo?»
La risata la fece sussultare. «Da strapazzo?»
«Giuro che li chiamavo così anche prima di sapere
di te e di lui.»
«Non c'era nessun me
e lui.» C'erano stati solo
loro,
guerriere Sailor e
gruppo di amiche, con i Three Lights prima e
le Starlights poi. «La cotta mi è passata in
modo...
semplice: l'ho conosciuto.» Il piccolo bocciolo di adorazione
entusiasta era sparito molto prima di scoprire che Taiki in
realtà era Sailor Star Maker, una ragazza che aveva assunto
una
forma maschile terrestre. «Lui era un bravo ragazzo, ma...
viveva
in una situazione difficile. Faticava a sognare, era un po' arido. La
pensavamo in modo diverso.»
«Una situazione difficile?»
Non poteva spiegargli di quello, della guerra che
Taiki Kou e le sue amiche avevano combattuto sul loro pianeta.
«Non me ne ha parlato, ma si capiva.» Lei in
seguito aveva
compreso molto bene le ragioni dietro i comportamenti di Taiki
e non era riuscita a biasimarlo, ma non era stata
più capace di
percepirlo come un animo affine al proprio.
«Per spiegarti com'eravamo diversi ti posso parlare
di...» Oh. Già e poteva
anche... Portò le
gambe sul materasso. «Sdraiati qui con me. Ti racconto di una
cometa.»
Lui studiò il letto con una lunga occhiata. «...
una cometa?»
Lei si sdraiò su un fianco, dandogli l'esempio.
«Sì. L'aveva scoperta il mio professore di
scienze, il professor Wataru. L'aveva soprannominata
Françoise.» Sorrise. «L'ha avvistata per
la prima volta nel 1979. Torna ad essere visibile dalla Terra ogni
quindici anni.»
Si sdraiò anche lui, rivolto nella sua direzione.
«Me la ricordo.»
Beh, sperava che non ricordasse troppo bene la storia, voleva
raccontargliela lei. «Il giorno
che doveva tornare visibile, nel '94, ha piovuto moltissimo. Lo avevano
previsto»
Alexander appoggiò la testa sul cuscino. Guardò
il soffitto come se, sopra di loro, fosse apparsa la
volta del cielo. «Scommetto che lui è rimasto
attaccato al telescopio per tutto il tempo, sperando di
vederla.»
«Perché passa ogni
quindici anni, dici?»
«No, non per questo. L'aveva scoperta,
perciò era come...
una figlia?» Sorrise. «Le aveva dato un
nome. Doveva credere di vederla, anche se le possibilità
sembravano nulla. Alcune
occasioni sono troppo importanti per rassegnarsi a che non vi sia una
circostanza... magica, che sistemi tutto. Come ad esempio.... una
nuvola, che si dirada
al momento giusto e ti permette di vedere la coda di
quella cometa che aspettavi. Non si sa mai.»
Le speranza di lui era stata la sua.
«Taiki ne sapeva molto sulle stelle, ma pensava che non ci
fosse
niente di magico nel cielo. Era convinto che Françoise non
fosse
speciale. Secondo lui valeva la pena di tentare l'avvistamento solo se
era prevista una schiarita.»
Per quanto la riguardava, nel cosmo vi sarebbe sempre stata magia.
Forse le stelle erano Sailor, e lei le aveva viste nella loro versione
peggiore, intente a
distruggersi l'un l'altra, ma si rifiutava di smettere di... credere.
Magia era soprattutto crederci,
avere fiducia che la propria convinzione potesse dare vita a fenomeni
straordinari, chissà come e chissà
perché. Da guerriera Sailor, da 'stella', era più
che mai
consapevole che l'universo funzionava anche secondo logiche magiche,
salvifiche. «Taiki alla fine si è
ricreduto ed
è
andato comunque a casa del professor Wataru quella sera.
Così ha visto anche lui la cometa. Il cielo si era liberato
solo
qualche minuto prima.»
Alexander la accarezzò su un fianco. «L'hai vista
anche tu, vero?»
«Sì. Io ci ho
sempre creduto.» Appoggiò la fronte contro la sua
spalla. «Ero
sicura che ci avresti creduto anche tu.»
«C'è un po' di arte anche in me. In poche cose, ma
buone.»
Arte? «Sogno.»
«Hm?»
«È sogno. Non arte.»
Lui ci pensò su. «Con l'arte dai forma al sogno.
L'arte è anche la capacità
di trasmettere emozioni. Per me è arte la tua attitudine
a percepire livelli di realtà a cui basta
l'immaginazione per esistere. La mia arte si esprime tramite il
decifrare e lo sperare.»
«In che senso?»
«La fisica decifra l'essenza materiale di ogni cosa nel
mondo. Sono schemi tanto sofisticati che abbiamo la
ragionevole certezza che non sapremo mai
tutto. Qui entra in
gioco la speranza. Io la applico ai miei studi, ai miei esercizi - non
quelli sul libro.» Rise. «Mi devo impegnare, mi
devo torturare di lavoro e fatica, ma se c'è una
possibilità infinitesima che io becchi la soluzione, allora
so
che la
troverò. Prima o poi, di sicuro. Arte, no? Decifro e mostro
schemi invisibili, apro la mente mia e di altri alla
comprensione della realtà che ci circonda.
Per alcuni è come 'vedere' per la prima volta. Alla fine,
per trasmettere emozioni sfrutto spudoratamente le meraviglie create da
entità superiori, ma... so fare solo questo.»
Lei lo abbracciò. «Penso che il tuo sia un
bellissimo sogno artistico.» Forse lui non ne era troppo
convinto, ma lei avrebbe continuato a
ripeterglielo anche in futuro. A prescindere dalle
parole, Alexander
anelava proprio alla passione della scoperta, quando studiava: per lui
era un motore di azione vitale.
Socchiudendo le palpebre, lei inspirò dal tessuto contro cui
si
sfregava il suo naso. Non sentì alcun profumo particolare,
solo l'odore di buono che conosceva bene. E così,
pensò, avevano battezzato anche la sua stanza. Erano
abbracciati anche lì, pacificamente, nel giorno che
glorificava l'amore. Ne sorrise. «Povera
mamma.»
«Perché?»
«Non sapeva perché ti avevo invitato
qui stasera.» Sentì Alexander respirare,
quasi
come se stesse per ridere anche lui. «Non ci conosce, ma
imparerà a fidarsi di te,
vedrai.»
«... già.» Lui la
guardò negli occhi. «Ma visto che tu mi conosci,
sai che
io...» Le accarezzò un braccio. «Io...
io adoro baciarti.»
Lei avvampò serena. «Piace
anche a me.»
«Tanto?»
Hm? «Sì.»
«E ti senti anche tu come se non potessi... contenerti? Come
se non volessi farlo?»
Sì. «Sento
che mi scoppia il petto. E poi
voglio abbracciarti e non staccarmi mai più da te.»
Lui rimase in silenzio, colpito. Esalò aria calda, quasi un
sospiro.
«Anche io.» La strinse a sé.
Ami nascose il viso contro il suo petto.
Happy Valentine.
Era stato un bellissimo giorno, dedicato solo a loro due.
Happy Valentine, my love.
Nda:
Wow, non aggiornavo questa storia dal 31 Marzo?
Sarà che sto trattando Ami e Alexander in 'Verso l'alba'
così tanto, ma non mi sembrava fosse passato tanto tempo :D
Questo capitolo contiene 50 kb di testo, alla faccia delle scenette
rapide. Avevo in mente tante piccole cose per questa scena, per questo
ho preferito non limitarmi. Una volta deciso cosa dire, sono riuscita a
scriverla in fretta. Spero che abbiate gradito :) Se avete un pensiero
qualunque, fatemeli pure sapere, mi fa sempre molto piacere :)
Oh, la poesia di Ami l'ho inventata io (infatti non è 'sto
granché), non cercate un significato troppo diverso da
quello che ha descritto lei nella scena ;)
Alcune traduzioni:
'deeply' = 'profondamente'
'constantly' = 'costantemente'
'To the first of many
Valentines to come' = 'Al primo di molti San Valentino a venire' (frase
per una sorta di celebrazione, brindisi).
Risposta
alle recensioni:
chichilina:
sigh, poi non sei riuscita ad approfondire il commento, sono triste :(
Scherzo :D Grazie anche solo per la riga di parole, volevo che la
precedente scena suscitasse proprio un sentimento di 'love, love, love'
;)
Poi è stato proprio la tua segnalazione a permettere a
questa storia di entrare tra le scelte, perciò ti ringrazio
tantissimo. Non so se Alexander sia un personaggio stupendo come dici,
di certo è un ragazzo complesso che, poverino, sta subendo
una serie di piccole delusioni che Ami non sa nemmeno di dargli :D
Tanto sappiamo che si riscatteranno alla grande (nel giro di una decina
di mesi, ma meglio non dirlo troppo forte :D)
maryusa:
sì, sono carini e zuccherosi :D Sono caratteristiche che
descrivono bene questa coppia che ho creato. Ho sempre pensato che Ami
avesse bisogno di veder alimentata la vena di dolcezza che era in lei.
Mi diverte molto scrivere zucchero su questi due (nonostante tutto, non
li trovo smielati, tra loro sono genuini, non costruiti). Grazie del
commento!
Nicoranus83:
Ciao! È tanto che non ti sento, spero che tu stia bene.
Sì,
la schermaglia amorosa del precedente capitolo era 'sublime', dolce :)
Fino a questo momento (parlo anche di 'Verso l'alba') questi due non
hanno mai veramente litigato. Sto meditando da un po' di farlo
accadere, potrebbe essere necessario.
Grazie mille della recensione :)
amayuccia:
'Assolutamente Ami e assolutamente sublime' è un complimento
bellissimo (°///°). Grazie!
Per questa recensione che avevi fatto ormai trovavi Alexander
antipatico :D A me non suscita questa reazione, però l'ho
descritto in modo che possa suscitarla, altrimenti era un personaggio
troppo piatto :D
Rispondiamo ad alcune domande :9 Sì, la fossettina sul mento
Alexander l'ha presa da suo padre. Sua madre ha una faccia che
è tutta zigomi alti e belle linee, di cui è
orgogliosissima e fiera :D In parte, gliel'ha anche trasmessa.
Come vedi, Alexander soffre per qualcosa e soffrirà da
questo Febbraio fino a Dicembre. Ami non ha pietà con lui :D
(ma non lo sa nemmeno)
Utilizzare carezze e complimenti insieme è una mossa
infigarda? Alexander è infigardo e furbo, lui sfrutta tutte
le armi a sua disposizione :) Certo che se avesse preso più
coraggio e lo avesse fatto anche con Ami si sarebbe reso felice prima
:D:D:D
Non ti preoccupare, un giorno vedrò di far avverare i sogni
scientifici di Alexander Foster e Shun Yamato. Ne avranno di occasioni.
Oh, avevo risposto alla tua domanda sulla nascita di Alex in un post
del forum, ma lo riporto anche qui:
"L'idea di base me l'ha data la stessa Ami ;) In uno speciale manga, la
Takeuchi aveva creato una storia in cui Ami si metteva in testa di
battere ai test nazionali uno che si faceva chiamare 'Mercurius'. In
quella storia, Ami rispondeva ad una domanda di Minako dicendo, con
fare sognante, 'Il mio uomo ideale? Credo sia uno come
Einstein, l'uomo che ha scoperto la teoria della relatività'
(da qui la battuta che ho inserito in 'Oltre le stelle - scene' ;))
Ami era mezza invaghita di questo Mercurius, un rivale che non aveva
mai visto. Alla fine le ragazze scoprivano che questo tipo somigliava
un sacco a Umino/Ubaldo e, per non deludere Ami, Minako tirava fuori il
poster di un bel cantante, dicendole che Mercurius era un tipo come
lui. Il commento di Ami? 'Lo sapevo! Il ritratto di Einstein da
giovane.' Minako nella sua testa commentava che per essere un'idealista
Ami dava un po' troppa importanza all'aspetto. È una cosa
che io ho
ricavato anche dall'appartenenza di Ami al fan club dei Three Lights:
ad Ami piacevano carini ;) In questo almeno era normale :D:D:D
Sommando tutto ciò, le ho dato tutto quel che voleva nel
personaggio di Alexander, con in mente però anche una
persona diversa da lei quel tanto che bastava a farla evolvere."
Ecco qui :)
L'anniversario! Ahhh! Devo ancora decidere quand'è di
preciso e quindi fare un paio di calcoli :D
La scena dell'incontro con Mamoru? Penso che potrebbe essere la
prossima. Sì, ci sarà un pochettino di attrito
tra loro (cioè, da parte di Alexander verso Mamoru, Mamoru
non troverà alcun motivo per prendersela con lui... diciamo
anche che Alexander sarà soprattutto piccato dal fatto che
Mamoru chiami Ami, 'Ami-chan' :D).
Ciao!
hotaru: ehi,
grazie mille per la recensione! Ho scritto la parte della piscina nel
capitolo 3 pensando appositamente alla puntata in cui Ami e Michiru si
sfidavano, sono contenta che te l'abbia ricordata :) Oh, sì:
ad Ami l'azzurro piace un sacco e occhi colore dell'acqua le piacciono
tantissimo. Non l'ha mai nascosto a Alexander, e finora non
è che io l'abbia fatto vedere, ma per ottenere qualcosa da
lei Alexander in genere punta molto sul farsi guardare negli occhi :D
Sfrutta il punto debole, assolutamente.
La parte di 'Acqua viva' in cui Ami era appesa al galleggiante e
preferiva non farsi toccare, mentre Alexander stavo proprio cercando di
toccarla era un punto che ritenevo molto importante nella fanfic. Sono
felice di avertelo fatto 'vedere' :)
Grazie ancora per aver commentato quella parte, specie tanto tempo dopo
la fine della storia :)
Naco: Ciao!
Non mi aspettavo assolutamente di risentirti con una recensione a
questa storia, grazie! Oh sì, nemmeno io sono troppo brava a
scacchi, ma ho immaginato che questi due dovessero essere dei geni. La
scena che hai recensito doveva proprio veicolare una sensazione di
calma che però non cancellava lo spirito battagliero di Ami
Mizuno, sempre presente dentro di lei.
Come ti ho anticipato nella risposta privata, Alexander
dovrà attendere fino alla fine dell'anno per 'farcela' con
Ami. Prima di allora lo attendono tanti e tanti sospiri di
rassegnazione :D
Grazie ancora del commento! Ciao!
Alla prossima!
ellephedre
|