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Autore: ellephedre    29/08/2010    16 recensioni
Un anno e mezzo dopo la battaglia con Galaxia, Ami Mizuno ha davanti a sé una lunga vita, un destino da guerriera Sailor e paure che preferirebbe dimenticare. Ma incontrerà chi la costringerà ad affrontarle. A vincerle.
"Ami Mizuno aveva capelli tanto scuri e lucenti da aver passato il limite del nero. Erano blu i fili corti che le adornavano la testa, schiariti da un sole che aveva deciso che il colore della notte era troppo cupo per lei. Una spiegazione romantica, a giustificare la differenza con le chiome corvine dei suoi genitori.
Sailor Mercury aveva il colore dei capelli di sua madre. Un poco più scuri, una differenza quasi irrilevante. Il taglio degli occhi era identico: grandi occhi dolci, le avevano detto le sue amiche, con lunghe ciglia e palpebre vispe che non si sarebbero mai azzardate a pesarle sullo sguardo. La bocca. Le era sempre piaciuta. La luce artificiale faceva brillare il rosa scuro delle sue labbra come un frutto maturo e delicato; il sole le donava la tonalità di un bel fiore in boccio."

Oltre il quarto capitolo la storia continua con delle scene.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Acqua viva - scene
Acqua viva

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


Febbraio - San Valentino


«Scommetto che quello è per me.»
Sopprimendo una risata Ami si staccò dal muro.
«Ciao Yamato-kun.» Aveva preventivato di poter incontrare anche lui, in fondo si era fermata davanti all'università. 
Shun Yamato - il miglior amico di Alexander - si fermò a tre passi da lei e continuò a sorridere squadrando il regalo tra le sue mani, con un divertimento che era insieme ilarità e riflessione. «Sai che San Valentino non gli è mai piaciuto?»
Non era difficile per lei immaginarne il motivo.
«No, non perché riceveva montagne di cioccolatini sgraditi. Non ne ha mai ricevuti troppi, faceva capire che non gli sarebbe piaciuto. Però c'erano sempre quelle due o tre ragazze che ci provavano comunque. Per Fox rifiutarle era più difficile che dire no a cento persone diverse.»
«Non voleva fare loro del male.»
Lui studiò il muro. «Sì, ma le considerava stupide comunque.»
L'affermazione non la sorprese: ogni tanto Yamato-kun le descriveva Alexander in termini poco lusinghieri, come se volesse testare se sapere tutta la verità l'avrebbe portata a rinnegare i propri sentimenti. Lei giudicava quei tentativi un'importante fonte di informazioni e poco altro: sapeva bene che si era trovata un ragazzo con dei difetti. Lei ne aveva a sua volta, come tutti. «Ha mai passato San Valentino con una ragazza?»
«No. Stava sempre attento a essere o a diventare single in tempo per il quattordici febbraio. Non sia mai che pensassero che per lui era una cosa seria.»
Questo dimostrava che Alexander era stato piuttosto freddo in passato, ma la cosa le faceva piacere, in un certo senso: quel San Valentino sarebbe stato unico per entrambi.
Il suo silenzio aveva incuriosito Yamato-kun. 
«Tranquilla Ami-san, oggi sembrava allegro e sereno. Complimenti, hai superato il centesimo scoglio con lui.»
Ami sorrise: Yamato aveva intuito che 
il suo buon umore era inattaccabile e aveva lasciato perdere i suoi test. Era quasi sicura che non gli fosse piaciuto troppo metterla alla prova, eppure lo aveva fatto ugualmente: l'amico di Alexander era contorto come persona.
Centesimo scoglio? «Sai che potrei elencarti i primi novantanove?»
«Lascia stare, lo immagino. Ascolta piuttosto un aneddoto divertente su Fox e questo giorno: in terza media una ragazza gli ha chiesto se per caso lui continuava a rifiutare lei e tutte le altre perché... beh, perché preferiva i maschi.»
Per non ridere Ami si morse l'incavo della bocca.
«Io e lui passavamo troppo tempo insieme e nessuno di noi due aveva ancora avuto una ragazza, quindi...»
«Era circolata questa voce che ti ha fatto crepare dalle risate.» Alexander spuntò da dietro l'angolo del muro di cinta. «Solo tu sai come hai fatto a riderne.»
Yamato-kun fece spallucce. «Sapevo la verità. Forse tu ti sei arrabbiato perché eri confuso.»
Alexander sfoderò un sorriso letale. «Go to hell.» Guardò lei e si illuminò. «È tutto il giorno che non vedo l'ora d'incontrarti.»
«Anche io» annuì Yamato con convinzione. «Per poter vedere la faccia di lui in questo momento.»
«Va' al diavolo o a casa.» Col tono Alexander sorrideva.
«Opto per la seconda.» Yamato indietreggiò di un paio di passi. «Buon festeggiamento.»
«Ciao» lo salutò Ami.
Tra Alexander e il suo amico vi fu solo uno sguardo. Si salutavano sempre così.
Lei si ritrovò ad osservare lo scintillio felice negli occhi chiari del, suo ragazzo.
«Sai che oggi mi sono sentito molto... fidanzato?»
Aveva pensato di dargli il regalo come prima cosa, ma cambiò idea: avanzò di un passo e sollevò la testa, verso di lui. Diede e ricevette un bellissimo bacio romantico, proprio da giorno degli innamorati. Fu leggero nel contatto e profondo nelle intenzioni, capace di inumidirle la bocca di calore e il cuore di emozione. Lei era... in love. Totalmente e completamente in love.
Si ritrasse, stringendosi nelle spalle e cercando di non esplodere di gioia al di fuori delle guance. Non era colpa sua se arrossiva, non sapeva come altro reagire quando era molto felice.
Già, il regalo. «Tieni.» Glielo offrì a braccia tese.
Lui lo prese tra le mani, accarezzando il fiocco verde della confezione a forma di cuore.
«Non l'ho comprato, l'ho fatto io» precisò lei.
Alexander annuì. «E ti sei esercitata almeno un'altra volta durante la settimana - due, se la prima non ti era venuta bene.»
Naturalmente. «Ma il primo dolce al cioccolato era già buono.» Si era fatta dare la ricetta da Makoto.
Lui rimase a guardarla per un po', in attesa di... cosa?
Alexander sorrise piano. «Buon San Valentino.»
Oh, giusto. L'augurio. «Anche a te.»
«Dobbiamo nasconderci da qualche parte.»
«Come?»
«Sento un bisogno spasmodico di assalirti mentre ti dichiaro amore eterno.»
Lei ridacchiò. «Teatrale.»
«Se solo sapessi.»
Lui iniziò a guardarsi intorno. «Vieni.» La afferrò per un braccio e la trascinò da dove era venuto lui, dentro il campus universitario. Non fecero molta strada: arrivarono accanto ad un grosso albero e si inginocchiarono dietro un voluminoso cespuglio, in un angolo chiuso.
«Perché ridi?» Alexander interruppe la domanda con un bacio.
Lei si sporse in avanti, verso di lui, ma perse l'equilibrio e cadde su un fianco, portando Alexander con sé. Sentire il fruscio dell'erba sotto i loro cappotti mentre cercavano goffamente di sistemarsi la rese giocosa, felice. «I'm happy» gli sussurrò, le palpebre socchiuse.
Lui la baciò di nuovo e lei premette le labbra contro le sue, forte, cercandone il sapore. Tornò in ginocchio, tentando di abbracciarlo nonostante l'ingombro delle gambe, ma dovette staccarsi per capire come fare.
Alexander l'attirò sopra le proprie ginocchia piegate. «Ma allora sei tu che assali me.»
Per non farsi battere dal rosso alle guance, lei gli coprì la bocca con la propria.
Le mani di lui le accarezzarono la nuca, tutte e due, infilandosi tra i suoi capelli. «Ami.»
Ami quando la chiamava, Ami quando la vedeva, Ami anche quando la abbracciava. Ed Ami mentre studiavano, passeggiavano e parlavano, aprendo ogni pensiero e sogno l'uno all'altra. Lei era Ami più che mai  in ogni momento con lui: era una se stessa senza confini, priva di limiti.
Si ritrasse adagio e lo osservò.
C'era stato un tempo in cui non lo aveva conosciuto, ma non riusciva quasi a ricordarlo. Rammentava le sensazioni di quando si erano incontrati, la sorpresa di quando aveva dato un unico nome alle emozioni che l'avevano lentamente catturata, ma... Gli accarezzò la parte alta della guancia, sfiorando l'arco finale del sopracciglio e una ciocca di capelli. Un piccolo raggio di sole illuminò le sue dita.
Davvero non ti conoscevo?
La luce regalò ai fili che si erano appoggiati sopra le sue unghie il colore del grano maturo. Il sole toccò anche le iridi di lui, rendendole acqua cristallina, del verde e dell'azzurro che insieme creavano le più belle visioni presenti sulla Terra. Le mani di Alexander le scivolarono sulle sue spalle, stringendola piano.
Ami si riempì di un sorriso. «Cosa c'è?»
«Cerco le parole. Sono rimasto senza.»
Lei gli tracciò la linea dello zigomo
con la morbidezza di un polpastrello, mantenendosi dolce, soave. «Non servono.» Scese sulla guancia e di proposito risalì su un unico e piccolo punto, cercando una sensazione di ruvidezza che non le capitava quasi mai di sentire. Giocò a disegnare un amorevole ellisse, nata dalla tranquillità del caso. Sulla curva finale scivolò in basso col dito e ne approfittò per spostarlo di lato, un pochino. Con un brivido toccò le labbra appena umide di lui, asciugate dal freddo, screpolate su un'unica linea orizzontale. Il polpastrello accarezzò la pellicina indebolita in rilievo, finendo intrappolato dentro una bocca viva. Che sorrise.
«Passiamolo sempre così.»
«Hm?»
«San Valentino.» Alexander salutò il suo dito con un bacio prezioso.
«Seduti sull'erba?» sorrise lei.
«No, insieme. Fino alla fine dei nostri tempi.»
Mille anni.
Ci pensò per un istante sfuggente che non fece vincere sulla certezza di loro due; non in quel momento, non in quel giorno. «Magari anche dopo.»
Lui si riempì di gioia. «E prima, sicuramente.» Il suo non fu un bacio, ma una carezza. «I love you deeply, Ami love.»
Forever, please. «And I love you constantly.» Unì il respiro a quello di lui. «To the first of many Valentines to come, my love.»
«To the first.»
Brindarono senza altre parole.

Erano andati prima al planetario e poi a mangiare.
Ad Alexander era parsa una buona idea e si era rivelata proprio tale: Ami aveva adorato lo spettacolo di quel giorno. Per le stelle e i particolari scientifici naturalmente, ma anche per i racconti romantici collegati a ciascuna costellazione ed astro, illustrati nel dettaglio dal presentatore.
Dopo cena avevano fatto una breve passeggiata per Ginza. Il freddo intenso di quella particolare notte di febbraio lo avrebbe spinto a non suggerire l'uscita, nonostante per lui le temperature basse non fossero mai state un problema. Ami però aveva insistito. Lei amava coprirsi con guanti, sciarpe e giacche pesanti; apprezzava tanto il caldo quanto il freddo. Anzi, nel gelo sembrava... ravvivarsi, splendere.
«Ho un'idea» gli mormorò lei all'orecchio, dopo essersi tolta il casco. Smontò dalla moto e gli sfiorò un braccio, quasi un invito. «Che ne dici di venire a casa mia già oggi?»
... quella sera? «Oggi?»
Ami annuì. «Ho concordato con mamma la nostra cena della prossima settimana.» Si voltò, inquadrando il cancello della villetta unifamiliare in cui viveva. «Lei dovrebbe esserci ancora adesso, ma sta per uscire.» Scrollò le spalle. «Vorrà dire che ti presenterò con qualche giorno di anticipo.»
La madre di lei stava uscendo?
«Così...
» esitò Ami, «potrai vedere la mia camera. Io ho visto la tua.»
Il lampione non li illuminava direttamente e la penombra gli impedì di capire se Ami era arrossita, ma, nonostante il tono leggero e scherzoso, il volume della sua voce non era andato oltre un mero e invitante soffio.
Lei gli stava offrendo di andare a casa sua. Dentro la sua camera.
«... non vuoi?»
Oh no, voleva. «Certo. Cioè, salgo. Entro.» Per non balbettare, non disse più nulla.
Lei sorrise. «Perfetto.» Indietreggiò di un passo.
Lui assicurò l'equilibrio della moto e scese sul marciapiede.
Non aveva portato niente!
Ami studiò la sua espressione. «Cosa c'è?»
«Nulla.» Non aveva portato nulla con sé. Ma come avrebbe potuto immaginarsi che già quella sera loro due...? Okay. «Ti seguo.» Okay, non- Forse stava correndo troppo. Ami non era una sprovveduta, se gli stava davvero facendo quel tipo di offerta, allora non era possibile che non avesse pensato alle precauzioni che dovevano prendere. O magari sarebbe potuto uscire lui a prendere il necessario, dopo?. O lo aveva preso lei...? No.
Ami tirò fuori le chiavi di casa dalla tasca della giacca.
Se lei non aveva preso niente, magari... magari quella era un'offerta nata spontaneamente, sul momento.
Era davvero così fortunato?
No, correva troppo. Forse Ami aveva in mente solo qualche... primo passo.
Okay, poteva andare bene anche così. Se lei era disposta a farsi coinvolgere, allora... God, lui avrebbe fatto pianissimo, tutto quello che voleva lei, glielo avrebbe reso così piacevole che- Che era meglio se smetteva di pensarci adesso: erano già di fronte alla porta d'ingresso.
Ami la tenne aperta anche per lui. All'interno la luce era accesa. «Mamma?»
«Ciao!» si udì dal piano superiore.
Lui iniziò a togliersi la giacca. Era importante operare una cancellazione totale dei pensieri dell'ultimo minuto nel giro di cinque, quattro, tre-
«Come ti è andata?»
Due-
Saeko Mizuno apparve sulle scale. E lo vide.
Cancellato tutto, con un secondo di anticipo. «Buonasera» sorrise lui. Sorrise e basta.
Ami gli prese la mano, tirandolo piano senza uscire dall'ingresso. Alexander si rese conto di non essersi ancora tolto le scarpe.
«Mamma, questo è Alexander.»
Lui mosse i piedi velocissimamente, riuscendo nell'impresa idiota di far quasi saltare via l'ultima scarpa.
Ami gli chiese di avanzare ancora. «E lei è mia madre.»
Sì. «È un piacere conoscerla.»
Saeko Mizuno era... una donna dall'aspetto colto, maturo. Aveva una corporatura esile - poche rughe - ma erano soprattutto i vestiti a caratterizzarla: un maglione nero a collo alto e una gonna bordeaux alle ginocchia. Capi eleganti, modesti. Aveva i capelli corti come Ami, ma la sua acconciatura era più essenziale. 
Si era atteso di vedere in lei gli stessi colori a cui si era abituato in Ami, ma i capelli di Saeko Mizuno erano neri e le sue iridi di un blu cobalto che pareva quasi nero.
Quegli occhi continuarono a rimanere fissi sulla sua faccia, in una reazione che gli risultò indecifrabile.
«Sì» disse infine la signora Mizuno. «È un piacere anche per me. Ami mi ha parlato così tanto di te che... pensavo quasi di conoscerti.» Non sorrise, ma fu divertita di se stessa.
Alexander comprese: la madre di Ami se lo era immaginato diverso. Okay, quello era territorio familiare: era stato il suo aspetto a sorprenderla. Come al solito, c'era solo da approfittarsene. «Mi conosce, se è stata Ami a parlarle di me. Lei mi capisce meglio di chiunque altro.»
La signora finì di scendere le scale e lui fece un passo in avanti. «Io avevo avuto un'impressione molto materna sentendo parlare di lei.» Saeko Mizuno lo prese come un gran complimento, ma era ancora niente. «Ma se non si offende, a prima vista lei non sembra una madre, ma solo... un buon medico. Dev'essere il piglio, se lo porta a casa?»
«Oh.» Saeko Mizuno si sciolse in un sorriso di delizia. «Beh, sì, non stacco mai dal lavoro con la testa.» Riuscì a tornare seria. «Io... devo dire che non immaginavo di conoscerti già oggi.» Guardò sua figlia. «Avete cambiato i vostri piani?»
Ami non conobbe neppure un momento di esitazione. «Ho pensato che sono già stata tante volte nel suo appartamento e volevo fargli conoscere anche casa nostra. È stata un'idea improvvisa.» 
Certo che era proprio furba e intelligente, pensò Alexander. Sottolineando che era già stata in visita a casa sua non dava importanza particolare all'occasione in cui si trovavano in quel momento.
Lo pensò anche la madre di lei. «Già.» Gli lanciò un'occhiata perplessa ed evitò un sospiro rassegnato. «Va bene, io sto uscendo. Sono certa che Ami ti farà vedere come ha arredato la sua stanza.»
Cosa?
La signora Saeko lo superò di due passi, senza smettere di guardarlo. «La sua camera la rispecchia. Nei quadri, nell'ordine. Nei tanti libri che vi ha raccolto, tutti suoi personali. Ami è una ragazza molto studiosa.»
... sì.
«Sei molto intelligente e studioso anche tu, a quanto ho sentito. Mi raccomando, aiutala sempre a rimanere concentrata. È quello che vuole.»
Lui annuì con un sorriso consapevole. La madre di Ami era stata sottile, ma al contempo chiara.
Stranamente, i primi dubbi furono proprio di Ami: le sue guance divennero rosa. «Oh.» Sembrò sul punto di scuotere la testa, ma lasciò perdere e sorrise, innocente. «Lo porto a vedere la mia camera allora. Buonanotte, mamma.»
«Buonanotte.»
Lui chinò lievemente il capo. «Buonanotte e buon lavoro, Mizuno-san.»
«Grazie.» La madre di lei accolse benevola il saluto e finì di scendere lo scalino che la portava dentro l'ingresso.
Lui si voltò e seguì Ami su per le scale. Lei aveva appena lasciato intendere che loro due non avrebbero...?
... si era sbagliato? Sul serio?
Veramente?
Davanti alla porta della propria stanza Ami ridacchiò per un motivo ignoto. Si voltò per dirgli qualcosa, poi preferì semplicemente mostrargli la camera.
Lui vi entrò con poco entusiasmo. Lo ritrovò non appena scorse l'ambiente. «Ehi... era come diceva tua madre.»
Quadri di paesaggi. Ami gliene aveva parlato, ma vedere personalmente i soggetti, i colori e la tecnica rafforzò se possibile ancora di più l'impressione che aveva avuto di lei. Calma. Pace.
«La immaginavi ordinata?»
Lui scosse la testa. «Tua.»
Davanti alla finestra c'era una lunga scrivania. Su un lato vi era un computer, sull'altro uno spazio vuoto, pronto ad ospitare almeno tre libri o quaderni senza difficoltà. Il letto era coperto da un piumino azzurro-lillà, perfettamente piegato. I cuscini erano bianchi, la moquette era blu e l'armadio che occupava metà di una parete era in legno chiaro, moderno.
Tra il letto e la scrivania era sistemata una libreria composta da due parti, ciascuna dotata di almeno sei livelli, tutti colmi.
Ami si avvicinò al quadro appeso accanto alla finestra, a lato della scrivania. «Questo è l'ultimo che mi ha mandato mio padre.»
«Esco!» disse la madre di lei dal piano di sotto.
«A dopo!»
«A dopo mamma!» 
Lui si era avvicinato al dipinto ad olio. Era un bosco, con un sentiero in mezzo. Il gioco di luce ricreato dai colori indicava di seguire la fine del cammino, che curvava fino a sparire dietro la folta vegetazione. Più che un sentiero qualunque, pareva la strada verso... quello che si voleva. L'idea d'insieme era semplice e chiara: serenità.
Ami stava guardando il quadro assieme a lui. «Papà non dà mai un titolo ai suoi lavori, ma io ho chiamato questo 'Passaggio'.»
«Passaggio?»
«Sì.» Lei indicò il lato basso del quadro. «Vedi qui sotto? Il sentiero si è ristretto entrando nel bosco. Era diverso prima di questa inquadratura. E lì in fondo» gli segnalò un punto più alto, nel centro, tra i tronchi degli alberi, «c'è una sensazione di azzurro, una spruzzata di colore e di maggior luce, come se dietro vi fosse solo cielo limpido. Quando guardo questo dipinto penso ad un bosco in cima ad una scogliera. Ci si arriva deviando dalla strada principale; questo cammino - creato solo dai passaggi delle persone - porta sul bordo del promontorio. Oltre c'è l'azzurro del cielo. Sotto, il principio dell'oceano.»
Lui guardò di nuovo il quadro e cercò di vedere quel che aveva scorto Ami. Ci riuscì solo ricordando le parole che aveva sentito. «Sei... un'artista.» Lo aveva lontanamente intuito, ma in quel momento ne ebbe la prova definitiva. 
«Un'artista?» fu la risatina di Ami. «No, io... non so creare niente.»
«Ma hai un animo artistico» insistette lui. «Se ti concedessi il tempo, sono sicuro che creeresti qualcosa.» Al contrario di lei, lui era completamente negato, era capace solamente di osservare le meraviglie create da mani e teste altrui. Per questo le meraviglie a cui si sentiva maggiormente affine avevano origine naturale: matematica, fisica. éer lui scoprirne e apprezzarne l'essenza equivaleva a comprenderne l'intimo funzionamento, a intuirne le regole. La considerava un'arte in virtù della passione che quell'analisi gli suscitava, ma era molto diverso da ciò che riuscivano a creare altre persone con la pura immaginazione.
Ami osservò il quadro. «Hm... io non so dipingere come papà. Ci ho provato, ma non ho la tecnica per dare vita alle immagini che mi vengono in mente. Non so creare musica, anche se ho tentato anche in questo caso. Preferisco ascoltarla. Per quanto riguarda lo scrivere non-» Si fermò. 
«Hai scritto qualcosa?»
Lei lo scrutò e prese una decisione. «Sì.» Si allontanò verso la sua scrivania. «Non si tratta di racconti, mi prenderebbero troppo tempo. Però...» Dopo un momento di esitazione aprì un cassetto. «A volte ho buttato giù qualche...» raccolse un quaderno, «poesia.»
Perché tanto imbarazzo? «E poi dici che non sei un'artista?»
«Arte non è solo volersi esprimere, ma anche saperlo fare.» Lei strinse il quaderno tra le braccia, come a cullarlo.
Lui osservò la copertina celeste e le tolse il dubbio. «Ti conosco, Ami, e dove non ti conosco mi sorprendi solo positivamente. Se ti fa stare più tranquilla, io sono una tale frana a capirne di poesia che i tuoi versi mi sembreranno geniali.»
«No, ti sembreranno ingenui.» Lei gli porse il quaderno. «Sorridine pure se vuoi, non preoccuparti. Lo faccio anche io a volte, solo che... queste poesie sono come una finestra dentro di me. Penso che tu abbia già visto un po' di quello c'è dietro.»
Lui prese il quaderno.
Non appena l'ebbe tra le mani, Ami si innervosì. «Ah... vuoi del tè? Dell'acqua?»
«Acqua.»
«Okay. Acqua.» Lei si dileguò fuori dalla stanza.
Alexander aprì il quaderno e cercò una pagina a caso, verso la metà. Si ritrovò davanti un breve componimento.

Consapevolezza di luce, brillante oltre il sole
sotto il manto del giorno, senza forma o colore.
Odora d'eterno, intonando presenza reale
Canta il contatto privo di arti
Tocca.
Sussurra.
Dice.

Dice. Cosa?
La domanda lo stupì. E quella era una poesia ingenua? In poche righe aveva coinvolto lui, che, naturalmente, non aveva capito niente. Provò a rileggerla immaginando il soggetto dei versi.
«Aspetta!» Ami rientrò nella stanza, in mano una bottiglia e un bicchiere. «Non leggere a caso, è meglio se te ne mostro io qualcuna.»
«Troppo tardi.»
Lei arrossì di mortificazione.
«Ami» sorrise lui, «è bella.» Gliela mostrò. «Spiegamela.»
Leii la rilesse e prima ancora di finirla si fermò. «Parlavo del... dell'essenza di ogni persona. Non di semplice animo, ma di un insieme di anima, forza... energia. Credo che esista in qualunque persona e se si riesce a coglierla, può dirti... quello che vuoi. Qualcosa di vero.» Toccò l'ultima riga, l'unica parola lì presente. «Per questo non ho spiegato cosa dice. È da immaginare. Anche per me, quando la rileggo.»
Che incredibili ragionamenti, capaci di creare una logica nuova, affascinante. «Sei un'artista.»
Lei scosse la testa. «Grazie, però te ne faccio vedere un'altra.» Gli chiese il quaderno e Alexander glielo ridiede. Con lo sguardo vagò sulla scrivania e notò un piccolo contenitore aperto. «Cosa sono quelle?» Tessere?
Ami lanciò un'occhiata. «Conservo le tessere che ho avuto. Mi ricordano quello che ho fatto.» Lei continuò a scandagliare le poesie del quaderno, voltando rapidamente le pagine. «Guardale pure.»
Lui non se lo fece ripetere. La prima tessera era della biblioteca rionale, datata... molti anni addietro. Era a nome Ami Mizuno, cointestata a Saeko Mizuno. Ami allora aveva otto anni.
Sorrise: cos'altro poteva aspettarsi da lei?
Tra le tessere notò un preciso ordine cronologico. Hm. Preferiva fare un viaggio a ritroso nel tempo: sarebbe partito dalla fine, dalla Ami che conosceva meglio.
Nel mucchietto trovò diversi abbonamenti annuali del treno - lo verificò con una rapida controllata al colore dei bordi. L'abbonamento dell'anno precedente gli regalò un'immediata visione del passato: solo un anno prima il viso di Ami era stato più... giovane.
E a dodici anni com'era lei? Per avere la risposta si impose un po' di calma. Tra le altre tessere scoprì un abbonamento fedeltà a una videoteca del quartiere, una tessera punti relativa all'ultima campagna indetta dalla libreria internazionale di Shibuya, il cartoncino di un ristorante take-away - mancavano due timbri al raggiungimento dei dieci pasti necessari ad ottenerne uno gratis - e... Riconobbe il nome stampato sul retro della tessera grazie ad un ricordo vago. Sorpreso, girò tra le mani il supporto di plastica, osservandone la parte frontale. Era arancione, con una scritta in rilievo di colore giallo brillante, inconfondibile. Appena sotto, una dicitura chiariva che era la tessera del membro numero...
La cifra era stata inserita a mano.
Venticinque.
Venticinque?
La tessera numero venticinque riservata ai membri del fan club dei Three Lights?

Il silenzio era... anomalo? Ami sollevò gli occhi dalle pagine del suo quaderno e, quando capì cos'aveva in mano Alexander, volle morire. «Ah-»
Lui era incredulo.
«Ah, qu-quello è solo... So-solo una cosa-» Nascose la faccia dietro il quaderno, ma riemerse subito. «Un errore di gioventù! V-voglio dire... mi piacevano! Non dico di no, solo che-»
Serrando con forza le labbra, Alexander le fece quasi sparire dalla faccia.
Lei lasciò cadere il quaderno sul letto e gli piantò una mano sopra la bocca. «Non ridere. Per favore, non ridere!»
Lui scoppiò dietro il suo palmo.
Non si era mai vergognata tanto in vita sua!
«Nonono!» Alexander le appoggiò la mano sulla spalla. «Non fare così, dai è... normal-» Esplose di nuovo.
Lei piantò un piede a terra. «Insomma! Tu non hai mai avuto una passione sciocca?»
«No, cioè, sì!» Alexander cercò di smettere di sussultare. «È solo che... non rido per prenderti in giro, ma... ti immagino mentre vai ai concerti, o ti metti in fila nei negozi per vedere questi tizi, e mi sembri così...» Trattenne a forza una nuova risata. «Buffa. Così poco tu, eppure mentre ti penso sei proprio tu e non me sono mai accorto»
«Proprio io, come?» La stava prendendo in giro.
Lui si calmò. Respirò un paio di volte prima di parlare. «Appassionata. So come sei in grado di appassionarti per l'uscita di un libro che aspetti da tanto, fino al punto da visitare una libreria ogni giorno se c'è un ritardo nella consegna. Non ti immaginavo farlo per dei cantanti, ma... riesco a crederlo. Ti piacevano così tanto?»
«Sì.» Si era innamorata della loro musica, senza sapere che a incantarla era stato il messaggio nascosto dietro ogni parola. Non che fosse stato solo quello il motivo dietro la sua passione per i Three Lights. «Mi piaceva anche che fosse un interesse che condividevo con ragazze normali. Per una volta.»
Lui lanciò un'occhiata alla tessera abbandonata sulla scrivania. «Ma sei stata la numero venticinque, una delle prime. Quelli avevano migliaia di fan.»
Lei arrossì. «Mi era capitato di ascoltarli durante la prima messa in onda alla radio. Il club era nato nella mia scuola, quindi mi sono unita subito. La loro musica mi aveva colpito.» Fu colpita anche da un'intuizione. «Tu l'hai mai sentita?»
Lui esitò. «Sì. Mi capitava anche di riascoltare volentieri qualche canzone, se la passavano alla radio. Ma mi sono rifiutato di comprare il disco, mi sarei sentito troppo una ragazzina urlante.» Ridacchiò. «Tu urlavi?»
Lei si impose calma. «No. Andavo ai concerti, ma... incitavo a voce normale.» Forse. Gli urli di Minako le avevano impedito di avere una chiara percezione del livello di rumore attorno a lei, compresa la propria voce.
Alexander guardò di nuovo la tessera. «Ti sono piaciuti così altri cantanti?»
«No, loro sono gli unici che...» Si accorse dell'errore. «No, dopo mi è passata.»
Lui inclinò la testa. «Erano così speciali per te?»
«... no.» Taiki era stato solo... la sua prima cotta artistica.
Ad Alexander bastò guardarla per capire. «Sì che lo erano.»
Lei preferì il silenzio e lui l'abbracciò per la vita. «Raccontamelo. In cambio io ti racconterò qualcosa di imbarazzante su di me.»
Non sarebbe riuscita a resistere, perciò tanto valeva... «Comincia tu.»
Alexander annuì. «Visto il tema della giornata, posso parlarti del mio primo amore, l'unico che ho avuto oltre a te.»
Eh? No, non voleva sentire. Lui era già stato innamorato di un'altra?
«Si chiamava Yuko-san» sorrise lui.
Yuko. Sapere quel nome non era divertente, non avrebbe mai pensato che fosse così insensibile.
«Era la mia maestra dell'asilo.»
... la maestra-
Alexander scoppiò a ridere e lei ebbe la tentazione di imitarlo, ma ricordò i brevi momenti di dolore e fece una smorfia. «Sotto i sei anni non c'è amore.»
«Dissento. Secondo te mi ricorderei ancora del suo nome, se non fosse stata importante?»
Ami preferì non commentare.
Lui le concesse il dubbio. «Forse mi ricordo di lei perché non capivo quasi niente di quello che mi diceva. La mia era un'ardente passione che superava i confini della lingua.»
Oh, già. A quei tempi, lui era appena arrivato in Giappone.
Alexander le offrì un sorriso più serio. «Era gentile con me. Mi ha aiutato con i primi passi di giapponese.»
Immaginare la scena la intenerì.
Lui ne approfittò. «Allora, adesso racconti tu?»
E va bene, tanto... Sì, tanto era una cosa sciocca. Si era sentita molto sciocca allora, però si era divertita moltissimo e ricordava quel periodo con affetto. Gioventù. Un assaggio di normale gioventù per lei. «Anche per me c'entrava qualcosa di simile all'amore. Avevo una cotta per uno del gruppo, Taiki Kou.»
Si allontanò da Alexander, unendo le mani alle sue e guardandole. «Per via degli occhiali e di quello che diceva nelle interviste, lui sembrava... intelligente.» Sorrise. Intelligente e coraggioso, Taiki Kou, così simile a lei. «Alla fine lo era. L'ho conosciuto perché è venuto a studiare nel nostro istituto con gli altri.»
«Nella tua scuola?»
L'inflessione del tono di lui la portò ad alzare gli occhi. «Sì.»
Alexander non era esattamente infastidito o turbato, eppure... era un po' tutte e due le cose.
«Era solo una cotta» chiarì lei. «La parte più divertente era parlarne con le altre.»
«Della cotta?»
«No, di... loro, dei Three Lights.»
Lui rimase in silenzio.
«Non è una cosa che dovrebbe darti fastidio.»
Lui ci rifletté. «Sì. È anche stupido dopo che ti ho chiesto di raccontarmerlo, ma...» Con un cenno della testa, la invitò a sedersi sul letto. Lo fecero entrambi.
Alexander fissò lo sguardo sulla moquette. «Non so. Come ti ho detto, tu per me sei stata praticamente la prima.» Aggrottò la fronte, come se lui stesso fosse convinto di dire qualcosa di poco sensato. «Avevo questa idea che... anche io potessi essere stato il primo per te.»
Il suo primo amore? Oh no. Lei aveva avuto altre piccole cotte, più o meno intense, dolci proprio per quello. Ma poi perché diceva che lei era stata la prima? «Tu hai avuto altre ragazze.» E a lei il pensiero non piaceva per nulla, ma se n'era fatta una ragione. Era il passato.
«Sì. Ma io non ho mai provato... molto.»
Com'era possibile? «Allora perché stavi insieme a loro?» Si rispose da sola. A disagio, aggrottò la fronte: meglio non andare in quella direzione.
«Non è come pensi.»
Se anche fosse stato così, lui non sarebbe certo venuto a dirlo a lei.
Non voleva nemmeno pensarci. Si voltò di scatto e gli prese il volto tra le mani. «Dimmi solo che... Che questo è il meglio che tu abbia mai sentito.» Premette la bocca sulla sua, e fu così che se ne convinse a sua volta. Conosceva Alexander, conosceva loro due e conosceva i loro baci. Erano il meglio di sempre, per entrambi. Non aveva bisogno di prove.
«Il meglio di sempre» annuì lui.
Ma certo.
«Nemmeno mi ricordo di com'era con altre. Non è una frase fatta, sai? Non mi ricordo. Non voglio, ma non riesco a ricordarmi di sensazioni passate neanche se ci provo.»
Lei gli regalò una smorfia divertita. «Non stare a provarci.»
Alexander le prese il volto tra le mani e lo coprì col proprio. Staccò la bocca da lei solo a malincuore. «Com'è finita la cotta per Taiki da strapazzo?»
La risata la fece sussultare. «Da strapazzo?»
«Giuro che li chiamavo così anche prima di sapere di te e di lui.»
«Non c'era nessun me e lui.» C'erano stati solo loro, guerriere Sailor e gruppo di amiche, con i Three Lights prima e le Starlights poi. «La cotta mi è passata in modo... semplice: l'ho conosciuto.» Il piccolo bocciolo di adorazione entusiasta era sparito molto prima di scoprire che Taiki in realtà era Sailor Star Maker, una ragazza che aveva assunto una forma maschile terrestre. «Lui era un bravo ragazzo, ma... viveva in una situazione difficile. Faticava a sognare, era un po' arido. La pensavamo in modo diverso.»
«Una situazione difficile?»
Non poteva spiegargli di quello, della guerra che Taiki Kou e le sue amiche avevano combattuto sul loro pianeta. «Non me ne ha parlato, ma si capiva.» Lei in seguito aveva compreso molto bene le ragioni dietro i comportamenti di Taiki e non era riuscita a biasimarlo, ma non era stata più capace di percepirlo come un animo affine al proprio. «Per spiegarti com'eravamo diversi ti posso parlare di...» Oh. Già e poteva anche... Portò le gambe sul materasso. «Sdraiati qui con me. Ti racconto di una cometa.»
Lui studiò il letto con una lunga occhiata. «... una cometa?»
Lei si sdraiò su un fianco, dandogli l'esempio. «Sì. L'aveva scoperta il mio professore di scienze, il professor Wataru. L'aveva soprannominata Françoise.» Sorrise. «L'ha avvistata per la prima volta nel 1979. Torna ad essere visibile dalla Terra ogni quindici anni.»
Si sdraiò anche lui, rivolto nella sua direzione. «Me la ricordo.»
Beh, sperava che non ricordasse troppo bene la storia, voleva raccontargliela lei. «Il giorno che doveva tornare visibile, nel '94, ha piovuto moltissimo. Lo avevano previsto» 
Alexander appoggiò la testa sul cuscino. Guardò il soffitto come se, sopra di loro, fosse apparsa la volta del cielo. «Scommetto che lui è rimasto attaccato al telescopio per tutto il tempo, sperando di vederla.»
«Perché passa ogni quindici anni, dici?»
«No, non per questo. L'aveva scoperta, perciò era come... una figlia?» Sorrise. «Le aveva dato un nome. Doveva credere di vederla, anche se le possibilità sembravano nulla. Alcune occasioni sono troppo importanti per rassegnarsi a che non vi sia una circostanza... magica, che sistemi tutto. Come ad esempio.... una nuvola, che si dirada al momento giusto e ti permette di vedere la coda di quella cometa che aspettavi. Non si sa mai.»
Le speranza di lui era stata la sua. «Taiki ne sapeva molto sulle stelle, ma pensava che non ci fosse niente di magico nel cielo. Era convinto che Françoise non fosse speciale. Secondo lui valeva la pena di tentare l'avvistamento solo se era prevista una schiarita.»
Per quanto la riguardava, nel cosmo vi sarebbe sempre stata magia. Forse le stelle erano Sailor, e lei le aveva viste nella loro versione peggiore, intente a distruggersi l'un l'altra, ma si rifiutava di smettere di... credere. Magia era soprattutto crederci, avere fiducia che la propria convinzione potesse dare vita a fenomeni straordinari, chissà come e chissà perché. Da guerriera Sailor, da 'stella', era più che mai consapevole che l'universo funzionava anche secondo logiche magiche, salvifiche. «Taiki alla fine si è ricreduto ed è andato comunque a casa del professor Wataru quella sera. Così ha visto anche lui la cometa. Il cielo si era liberato solo qualche minuto prima.»
Alexander la accarezzò su un fianco. «L'hai vista anche tu, vero?»
«Sì. Io ci ho sempre creduto.» Appoggiò la fronte contro la sua spalla. «Ero sicura che ci avresti creduto anche tu.»
«C'è un po' di arte anche in me. In poche cose, ma buone.»
Arte? «Sogno.»
«Hm?»
«È sogno. Non arte.»
Lui ci pensò su. «Con l'arte dai forma al sogno. L'arte è anche la capacità di trasmettere emozioni. Per me è arte la tua attitudine a percepire livelli di realtà a cui basta l'immaginazione per esistere. La mia arte si esprime tramite il decifrare e lo sperare.»
«In che senso?»
«La fisica decifra l'essenza materiale di ogni cosa nel mondo. Sono schemi tanto sofisticati che abbiamo la ragionevole certezza che non sapremo mai tutto. Qui entra in gioco la speranza. Io la applico ai miei studi, ai miei esercizi - non quelli sul libro.» Rise. «Mi devo impegnare, mi devo torturare di lavoro e fatica, ma se c'è una possibilità infinitesima che io becchi la soluzione, allora so che la troverò. Prima o poi, di sicuro. Arte, no? Decifro e mostro schemi invisibili, apro la mente mia e di altri alla comprensione della realtà che ci circonda. Per alcuni è come 'vedere' per la prima volta. Alla fine, per trasmettere emozioni sfrutto spudoratamente le meraviglie create da entità superiori, ma... so fare solo questo.»
Lei lo abbracciò. «Penso che il tuo sia un bellissimo sogno artistico.» Forse lui non ne era troppo convinto, ma lei avrebbe continuato a ripeterglielo anche in futuro. A prescindere dalle parole, Alexander anelava proprio alla passione della scoperta, quando studiava: per lui era un motore di azione vitale.
Socchiudendo le palpebre, lei inspirò dal tessuto contro cui si sfregava il suo naso. Non sentì alcun profumo particolare, solo l'odore di buono che conosceva bene. E così, pensò, avevano battezzato anche la sua stanza. Erano abbracciati anche lì, pacificamente, nel giorno che glorificava l'amore. Ne sorrise. «Povera mamma.»
«Perché?»
«Non sapeva perché ti avevo invitato qui stasera.» Sentì Alexander respirare, quasi come se stesse per ridere anche lui. «Non ci conosce, ma imparerà a fidarsi di te, vedrai.»
«... già.» Lui la guardò negli occhi. «Ma visto che tu mi conosci, sai che io...» Le accarezzò un braccio. «Io... io adoro baciarti.»
Lei avvampò serena. «Piace anche a me.»
«Tanto?»
Hm? «Sì.»
«E ti senti anche tu come se non potessi... contenerti? Come se non volessi farlo?»
Sì. «Sento che mi scoppia il petto. E poi voglio abbracciarti e non staccarmi mai più da te.»
Lui rimase in silenzio, colpito. Esalò aria calda, quasi un sospiro. «Anche io.» La strinse a sé.
Ami nascose il viso contro il suo petto.
Happy Valentine.
Era stato un bellissimo giorno, dedicato solo a loro due.
Happy Valentine, my love.



Nda: Wow, non aggiornavo questa storia dal 31 Marzo?
Sarà che sto trattando Ami e Alexander in 'Verso l'alba' così tanto, ma non mi sembrava fosse passato tanto tempo :D
Questo capitolo contiene 50 kb di testo, alla faccia delle scenette rapide. Avevo in mente tante piccole cose per questa scena, per questo ho preferito non limitarmi. Una volta deciso cosa dire, sono riuscita a scriverla in fretta. Spero che abbiate gradito :) Se avete un pensiero qualunque, fatemeli pure sapere, mi fa sempre molto piacere :)
Oh, la poesia di Ami l'ho inventata io (infatti non è 'sto granché), non cercate un significato troppo diverso da quello che ha descritto lei nella scena ;)

Alcune traduzioni:
'deeply' = 'profondamente'
'constantly' = 'costantemente'
'To the first of many Valentines to come' = 'Al primo di molti San Valentino a venire' (frase per una sorta di celebrazione, brindisi).



Risposta alle recensioni:
chichilina: sigh, poi non sei riuscita ad approfondire il commento, sono triste :(
Scherzo :D Grazie anche solo per la riga di parole, volevo che la precedente scena suscitasse proprio un sentimento di 'love, love, love' ;)
Poi è stato proprio la tua segnalazione a permettere a questa storia di entrare tra le scelte, perciò ti ringrazio tantissimo. Non so se Alexander sia un personaggio stupendo come dici, di certo è un ragazzo complesso che, poverino, sta subendo una serie di piccole delusioni che Ami non sa nemmeno di dargli :D Tanto sappiamo che si riscatteranno alla grande (nel giro di una decina di mesi, ma meglio non dirlo troppo forte :D)
maryusa: sì, sono carini e zuccherosi :D Sono caratteristiche che descrivono bene questa coppia che ho creato. Ho sempre pensato che Ami avesse bisogno di veder alimentata la vena di dolcezza che era in lei. Mi diverte molto scrivere zucchero su questi due (nonostante tutto, non li trovo smielati, tra loro sono genuini, non costruiti). Grazie del commento!
Nicoranus83: Ciao! È tanto che non ti sento, spero che tu stia bene. Sì, la schermaglia amorosa del precedente capitolo era 'sublime', dolce :) Fino a questo momento (parlo anche di 'Verso l'alba') questi due non hanno mai veramente litigato. Sto meditando da un po' di farlo accadere, potrebbe essere necessario.
Grazie mille della recensione :)
amayuccia: 'Assolutamente Ami e assolutamente sublime' è un complimento bellissimo (°///°). Grazie!
Per questa recensione che avevi fatto ormai trovavi Alexander antipatico :D A me non suscita questa reazione, però l'ho descritto in modo che possa suscitarla, altrimenti era un personaggio troppo piatto :D
Rispondiamo ad alcune domande :9 Sì, la fossettina sul mento Alexander l'ha presa da suo padre. Sua madre ha una faccia che è tutta zigomi alti e belle linee, di cui è orgogliosissima e fiera :D In parte, gliel'ha anche trasmessa.
Come vedi, Alexander soffre per qualcosa e soffrirà da questo Febbraio fino a Dicembre. Ami non ha pietà con lui :D (ma non lo sa nemmeno)
Utilizzare carezze e complimenti insieme è una mossa infigarda? Alexander è infigardo e furbo, lui sfrutta tutte le armi a sua disposizione :) Certo che se avesse preso più coraggio e lo avesse fatto anche con Ami si sarebbe reso felice prima :D:D:D
Non ti preoccupare, un giorno vedrò di far avverare i sogni scientifici di Alexander Foster e Shun Yamato. Ne avranno di occasioni.
Oh, avevo risposto alla tua domanda sulla nascita di Alex in un post del forum, ma lo riporto anche qui:
"L'idea di base me l'ha data la stessa Ami ;) In uno speciale manga, la Takeuchi aveva creato una storia in cui Ami si metteva in testa di battere ai test nazionali uno che si faceva chiamare 'Mercurius'. In quella storia, Ami rispondeva ad una domanda di Minako dicendo, con fare sognante, 'Il mio uomo ideale? Credo sia uno come Einstein, l'uomo che ha scoperto la teoria della relatività' (da qui la battuta che ho inserito in 'Oltre le stelle - scene' ;))
Ami era mezza invaghita di questo Mercurius, un rivale che non aveva mai visto. Alla fine le ragazze scoprivano che questo tipo somigliava un sacco a Umino/Ubaldo e, per non deludere Ami, Minako tirava fuori il poster di un bel cantante, dicendole che Mercurius era un tipo come lui. Il commento di Ami? 'Lo sapevo! Il ritratto di Einstein da giovane.' Minako nella sua testa commentava che per essere un'idealista Ami dava un po' troppa importanza all'aspetto. È una cosa che io ho ricavato anche dall'appartenenza di Ami al fan club dei Three Lights: ad Ami piacevano carini ;) In questo almeno era normale :D:D:D
Sommando tutto ciò, le ho dato tutto quel che voleva nel personaggio di Alexander, con in mente però anche una persona diversa da lei quel tanto che bastava a farla evolvere."
Ecco qui :)
L'anniversario! Ahhh! Devo ancora decidere quand'è di preciso e quindi fare un paio di calcoli :D
La scena dell'incontro con Mamoru? Penso che potrebbe essere la prossima. Sì, ci sarà un pochettino di attrito tra loro (cioè, da parte di Alexander verso Mamoru, Mamoru non troverà alcun motivo per prendersela con lui... diciamo anche che Alexander sarà soprattutto piccato dal fatto che Mamoru chiami Ami, 'Ami-chan' :D).
Ciao!
hotaru: ehi, grazie mille per la recensione! Ho scritto la parte della piscina nel capitolo 3 pensando appositamente alla puntata in cui Ami e Michiru si sfidavano, sono contenta che te l'abbia ricordata :) Oh, sì: ad Ami l'azzurro piace un sacco e occhi colore dell'acqua le piacciono tantissimo. Non l'ha mai nascosto a Alexander, e finora non è che io l'abbia fatto vedere, ma per ottenere qualcosa da lei Alexander in genere punta molto sul farsi guardare negli occhi :D Sfrutta il punto debole, assolutamente.
La parte di 'Acqua viva' in cui Ami era appesa al galleggiante e preferiva non farsi toccare, mentre Alexander stavo proprio cercando di toccarla era un punto che ritenevo molto importante nella fanfic. Sono felice di avertelo fatto 'vedere' :)
Grazie ancora per aver commentato quella parte, specie tanto tempo dopo la fine della storia :)
Naco: Ciao! Non mi aspettavo assolutamente di risentirti con una recensione a questa storia, grazie! Oh sì, nemmeno io sono troppo brava a scacchi, ma ho immaginato che questi due dovessero essere dei geni. La scena che hai recensito doveva proprio veicolare una sensazione di calma che però non cancellava lo spirito battagliero di Ami Mizuno, sempre presente dentro di lei.
Come ti ho anticipato nella risposta privata, Alexander dovrà attendere fino alla fine dell'anno per 'farcela' con Ami. Prima di allora lo attendono tanti e tanti sospiri di rassegnazione :D
Grazie ancora del commento! Ciao!

Alla prossima!
ellephedre
   
 
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