UN GRIFONDORO E UN SERPEVERDE
Titolo Originale: A Gryffindor and a Slytherin
Autore: furiosity
E-mail autore: furiosity@gmail.com
Pairing: D/H
Rating: R
Spoilers: SS/PS, CoS, PoA, GoF,
OoTP
Disclaimer: Questa storia è bastata su personaggi e situazioni creati e
di proprietà di JK Rowling.
Note della Traduttrice: Come al mio solito, traduco capitolo per
capitolo, che mi piace moltissimo… Quindi non chiedete
spoiler che tanto è inutile^_^. La fiction è a capitoli e l’originale, già
conclusa, è composta da ben 17 capitoli. Potete
trovarla facilmente all’indirizzo www.schnoogle.com/authorLinks/Furiosity. Cercherò di tradurre meglio e
più velocemente possibile e se trovate errori vi chiedo scusa, sono
disponibilissima a collaborare con un Beta. Infine, vi avviso che traduco molto
a braccio, quindi puristi della lingua, abbiate pietà
^_^.
Sommario: L’anno scolastico sta per arrivare alla conclusione e
Draco non riesce a non pensare a tutto quello che è cambiato negli ultimi 12
mesi. Tutto è cominciato in un assolato pomeriggio di settembre, e tutto si conclude in un altrettanto luminoso pomeriggio di giugno. Tra
bizzarri incidenti, un giornale arrotolato, un edificio ricoperto di edera, un incontro, una domanda a bruciapelo. E una risposta onesta.
***
Capitolo 17: As They Once Were Meant To Be
Molte persone si sentirono sollevate
nel salire a bordo del treno per le vacanze di Pasqua: Hogwarts sembrava molto
meno sicura. Pansy era rimasta attonita nel vedere i Thestral
che trainavano la loro carrozza alla stazione, ma non era stata l’unica a
scorgerli. Oramai, quasi tutti gli studenti erano in grado di
vederli, come se anche l’ultimo stralcio d’innocenza, tipico dell’età degli
studi, fosse scomparso d’improvviso. Un gigante mandato dal Signore Oscuro aveva attaccato la scuola e ucciso un
insegnante e una studentessa. Ripensandoci, sembrava quasi un miracolo che le
perdite, a conti fatto, fossero state così contenute.
I Serpeverde avevano appeso in Sala Comune una fotografia
della Benefattrice, scattata durante una festa del quinto anno, una delle poche
in cui sorrideva felice, mentre porgeva la sua bottiglia di Burrobirra
all’improvvisato fotografo. Nott era seduto al suo fianco, ma guardava da
un’altra parte; che fosse un pazzo o meno, Nott era stato uno di loro, ecco
perché avevano deciso di non toglierlo dalla foto, anche perché confrontato al
gigante, la sua situazione pareva molto meno grave.
Draco era ora maggiorenne e né Piton né Silente riuscirono
ad impedirgli di allontanarsi da Hogwarts per le vacanze. I genitori di Pansy
l’avevano invitato a stare da loro, ma Draco aveva rifiutato. Aveva progettato
di passare una settimana a Londra; dal momento che era
considerato un mago adulto era arrivato, secondo lui, il momento di comportarsi
di conseguenza. Sua madre probabilmente lo riteneva in grado di affrontare la
morte del padre senza aiuto alcuno, si ritrovò a pensare
mentre guardava fuori dal finestrino del treno in corsa. I Parkinson lo
accompagnarono a Diagon Alley
e Draco prese una camera al Paiolo Magico.
“Harry Potter in persona ha dormito in questa stanza,
signore” lo informò Tom, il grottesco locandiere,
mentre gli mostrava la sua camera.
Draco considerò per un attimo la possibilità di chiederne
un’altra, giusto per non abbandonare le abitudini di un tempo, ma chi voleva
prendere in giro? Gli andava bene portarselo a letto ma
non dormire nella stanza che una volta era stata sua? Certi tipi di ipocrisia erano per i Grifondoro, non certo per i
Serpeverde. Si affacciò alla finestra e osservò i babbani che si accalcavano in
strada. Il soggiorno a Londra aveva fatto scontrare Draco con quella sottile
linea che distingue due mondi, fuori dal suo passato
confortevole e dentro un futuro alquanto incerto. Quella sera, per la prima
volta, era sceso dall’Espresso per Hogwarts e non aveva trovato i suoi genitori
ad accoglierlo.
Riuscire a cavarsela da solo non era un grosso guaio con una
chiave della Gringotts in mano, comunque.
Ogni sera, mangiava quel che gli pareva, beveva
frullati da Florian Fortebraccio,
comprava regalini per Pansy e le ragazze e si teneva a debita distanza dal
nuovo negozio di scherzi dei gemelli Weasley. Si avventurò persino a Nocturne Alley una volta, ma
senza avvicinarsi al negozio di Sinister, perché, per
quanto si sforzasse, non era semplice dimenticare suo padre.
Draco accarezzò l’idea di sfruttare il periodo di lontananza
da Hogwarts per scrivere a sua madre, ma non se la sentì di correre il rischio:
aveva lasciato Pandora a scuola e non poteva fidarsi di altri
Gufi, specialmente di quelli dell’Ufficio Postale. E
soprattutto, non riusciva ancora a scordare cosa aveva fatto sua madre
dell’informazione sul gigante. Nonostante il suo
risentimento per non aver ricevuto ancora nessun messaggio stesse pian piano
affievolendosi, Draco era convinto che le cose non sarebbero mai tornate ad
essere quelle di un tempo. Anche se erano una
famiglia, e le famiglie certe cose le superano.
Alla fine delle vacanze quasi non aveva voglia di tornare ad Hogwarts. Quasi.
***
I Grifondoro persero contro i Tassorosso nello scontro
finale di Quidditch: Potter aveva preso il boccino, ma erano talmente tanto
sotto col punteggio che non era stato sufficiente. E per la
prima volta dopo venticinque anni, Tassorosso vinse la Coppa del Quidditch, segno per
Draco che quell’anno era davvero stato diverso da
tutti gli altri. Non c’erano dubbi, sempre secondo il Serpeverde, che un
giorno sarebbe stato ricordato come L’Anno degli Avvenimenti Bizzarri.
Prima di cena, quella sera, Draco diede
un’occhiata alle gigantesche clessidre che contavano i punti delle Case
e vide i Corvonero e i Tassorosso testa a testa, con i Serpeverde e i
Grifondoro ad arrancare dietro. Il biondo scosse la testa e si sedette al suo
tavolo. Bizzarro, parola che decisamente rendeva bene
l’idea.
I professori, dal canto loro, sembravano decisi ad
allontanare qualsiasi pensiero che si ricollegasse a litigi,
guerre o morti e avevano trovato il metodo migliore: caricarli di compiti in
maniera indegna. A volte Draco si chiedeva se fosse il caso di tornare per il
settimo anno oppure no… Se il periodo pre-esami era
un assaggio di quello che li aspettava, sinceramente, era meglio rinunciarci
subito.
Gli eventi dei primi mesi dell’anno sembravano aver
abbattuto le barriere che il progetto di Unità tra
Case non era riuscito a sconfiggere. Oramai, persone di tutte le Casate
studiavano assieme, o si vedevano girare per i giardini, in biblioteca o nei
corridoi. Dal canto suo, Draco si sarebbe opposto a quella rottura con la
tradizione, se non fosse stato per i sorrisi che un certo Grifondoro gli
lanciava di nascosto quando si incrociavano. Draco si
rifiutò di definire quella specie di relazione che lui e Potter avevano
instaurato. Erano semplicemente due giovani gay che
facevano del buon sesso, tutto lì.
Pansy s’era scordata di chiedergli perché aveva salvato
Potter dal gigante e Draco di certo non aveva intenzione di ritirare fuori
l’argomento. Tra l’altro, era praticamente sicuro che
Blaise sospettasse qualcosa, anche se il biondo stava parecchio più attento
nelle sue sparizioni notturne di quanto avesse a suo tempo fatto l’amico.
***
Draco non riusciva a credere di aver terminato gli esami.
Tutti o quasi erano andati ad Hogsmeade, ma Draco non
poteva lamentarsi. Potter l’aveva preso da parte, letteralmente, la sera prima
e l’aveva persuaso a rimanere. Il Serpeverde si chiese se non fosse il caso di
fare una visitina in Infermeria, perché era chiaro che stava diventando pazzo e
stava perdendo il contatto con la realtà. Nel mondo
reale, a Potter non sarebbe stato permesso di usare tecniche persuasive che
implichino l’uso della lingua.
Draco era appoggiato di schiena alla statua di Circe nel
cortile a chiedersi se per caso non fosse stato tutto un sogno e Potter in
realtà non si sarebbe fatto vedere, ma in quel
momento, il Grifondoro uscì dal portone. Il Serpeverde non riuscì a dire se
l’altro gli stava sorridendo o se
piuttosto era una smorfia per il sole che gli illuminava il viso, ma mentre si
perdeva in questi discorsi, Potter lo aveva raggiunto,
lo aveva preso per un fianco e lo aveva baciato senza tanti preamboli.
Draco lo spinse lontano, guardandosi preoccupato attorno. “Che cosa credi di fare, Potter?” sibilò. “Possono vederci!”
“Nah, sono tutti ad Hogsmeade” rispose l’altro.
C’era qualcosa di immorale nascosto dietro
quegli irritanti occhi verdi e Draco si ritrovò a volergli dar ragione,
ma fortunatamente, il buon senso ebbe la meglio. “Non i professori, brutto
idiota”.
La bocca di Potter si incurvò in un
sorrisino. “Bene, allora troviamo un posto un po’ più privato”.
“Se mi lascia andare magari…”
sbottò cercando di suonare arrabbiato, ma non riuscendoci minimamente.
Stavano per rientrare quando Piton
apparve sulla porta. Draco lo odiava quando faceva
così, era impressionante. I due ragazzi fecero un passo indietro e l’insegnante
uscì nel cortile, chiaramente scontento della troppa luce. Aveva in mano un
giornale arrotolato. Guardò accigliato Draco e poi si rivolse a Potter.
“Stava litigando col signor Malfoy?”
“No, signore” rispose Potter in tono scontroso.
“Molto bene. Ho qualcosa per te da parte del professor
Silente. Tienimi questo” disse Piton, allungando verso
il Grifondoro il giornale e infilandosi l’altra mano in tasca.
“Glielo tengo io Professore…” disse Draco e raggiunse il
giornale nello stesso istante di Potter. Sentì uno strappo a livello
dell’ombelico e la sua vista si offuscò; le parole “Potter probabilmente lo
lascerebbe cadere” non lasciarono mai le sue labbra.
Draco sbattè le palpebre. Si
ritrovò nel bel mezzo di una strada sudicia e puzzolente invece che circondato
dalle alte pietre del cortile della scuola.
“Stupido idiota” sibilò Piton a Draco e si riprese il
giornale con uno strattone.
Draco spalancò la bocca e si girò verso Potter che stava in
piedi accanto a loro, ancora con il braccio teso.
Il Grifondoro alzò gli occhi sull’insegnante. “Che posto è
questo?” chiese perplesso.
“Benvenuto a Godric’s Hollow, signor Potter” rispose Piton amaro.
Draco spalancò gli occhi: era il villaggio in cui erano
stati uccisi i genitori di Potter. Si guardò attorno e alla sua destra
intravide le rovine di una casa a due piani, il cui tetto e il piano superiore
erano del tutto crollati; una spessa cortina d’edera ricopriva gran parte
dell’edificio, mentre la porta d’entrata era uscita dai cardini e oscillava pericolosamente mentre un vento gelido spirava tutto intorno
a loro.
“Professore…” disse Potter, la voce bassa e urgente.
Draco alzò lo sguardo su Piton, che lanciava occhiate
esplicite al moro inclinando la testa di lato verso Draco. Il biondo rimase
impietrito a fissare prima l’insegnante e poi l’altro ragazzo, che se ne stava
immobile a fissare il vuoto.
“Ah, Harry, sono felice che tu abbia potuto finalmente
unirti a noi” disse una voce fredda e pungente proveniente dalla porta
sgangherata della casa.
Draco spostò lo sguardo da Potter e vide una figura alta e
scheletrica, dall’orribile volto biancastro. Non gli ci volle molto per capire
chi fosse e il suo stomaco si chiuse improvvisamente
impedendogli quasi di respirare. Non immaginava che il Signore
Oscuro fosse grottesco a tal punto.
“Hai visto, Bella?” disse la creatura alla figura
incappucciata al suo fianco. “Te lo dicevo che di Severus ci si può fidare”. Tornò a fissare Potter, ma notò
Draco. “Chi è l’altro?”
“Harry si è portato l’amichetto?” disse la donna – zia Bellatrix!
– prendendosi gioco dei due e sfilandosi il cappuccio. “È Draco!” disse
ritornando ad un tono normale. “Draco Malfoy, mio nipote”.
“Ah, capisco. Mi spiace per tuo padre e tua madre, ragazzo”
disse il Signore Oscuro, senza minimamente suonare
anche leggermente dispiaciuto.
Il cuore di Draco si fermò per un attimo. Mandò giù. Suo
padre e sua madre? Cosa…
“Perché hai portato l’altro
ragazzo, Severus?” continuo l’essere rivolgendosi a
Piton.
“Era vicino a Potter nell’orario
stabilito, mio Signore. Immaginavo che potesse stare zitto riguardo la nostra… improvvisa sparizione, così ho continuato come
previsto. Sfortunatamente, Draco ha deciso di rendersi utile
quando ho chiesto a Potter di tenermi la Passaporta”
rispose Piton in tono tagliente.
Nemmeno un muscolo sembrava muoversi sul suo viso e Draco
immaginò che l’uomo sapesse di sua madre…
“Molto bene” disse il Signore
Oscuro. “Portalo dentro, lo riporterai indietro con te quando
avremo fatto”.
Draco rimase lì, immobile, capace solo di spalancare e richiudere
la bocca. Quell’uomo aveva appena parlato della morte
di - entrambi - i suoi genitori senza nemmeno degnarlo di uno sguardo?
Piton afferrò il polso di Potter e lo spintonò in avanti
senza troppa grazia. “Andiamo Draco” mormorò. “Andrà tutto bene”.
Draco li seguì mentre entravano
nella casa in rovina; i vetri rotti e le macerie scricchiolavano sotto le sue
scarpe. L’interno non era in condizioni migliori: c’era un odore strano, di
muffa, ma allo stesso tempo acido, come di qualcosa che si sta gustando e Draco
arricciò il naso. Anche dall’interno, riusciva a vedere uno
squarcio di cielo, mentre una parte di soffitto sembrava ancora tenere.
Alcune foglie secche entrarono nella stanza assieme a loro…
“Bentornato a casa, Harry” disse il Signore
Oscuro amabilmente. “Non mi aspetto che tu ricordi questo posto. Qui è dove i tuoi genitori hanno vissuto e sono morti”. Si
concesse una breve risata, il rumore delle unghie che graffiano
la lavagna e Draco rabbrividì. L’altro riprese a parlare. “Ho pensato che fosse
una bella idea farti vedere il posto dove sei nato,
prima che tu muoia”.
Draco lanciò un’occhiata a Potter, che si dibatteva furiosamente mentre Piton gli stringeva ancora il polso con
le labbra tirate.
Il Signore Oscuro parve accorgersi
in quel momento dell’atteggiamento restio del Grifondoro. “La tua persistenza è
davvero ammirabile, Harry, ma dovresti seriamente
pensare ad una cosa: cosa cambierebbe se scappassi? Non c’è posto dove tu possa andare. I miei sono in tutto il villaggio. Ti
riprenderebbero e ti riporterebbero qui. Ti stai semplicemente complicando le
cose da solo”.
Potter si bloccò alzando le spalle. “Chi ha detto che voglio scappare?”
Il Signore Oscuro rise nuovamente. “Ambizione. L’ammiro in un avversario. È un peccato che tu non ti sia unito a me, ragazzo. La pozione, Severus?”
Piton si infilò una mano in tasca,
gli porse una boccetta nera e lunghe dita scheletriche dell’Oscuro si strinsero
attorno al vetro. Draco rabbrividì nuovamente per la repulsione. Quella… quella cosa era davvero il mago più potente del mondo? Non
poteva trasformarsi in qualcosa che avesse almeno
sembianze umane?
“Ho perso troppo tempo con un inutile Auror”
disse il Signore Oscuro. “Non sapeva nulla,
ovviamente. Ma il discorso sul nostro… particolare
legame e sulla Profezia è stato molto interessante. Sfortunatamente, non avevo
calcolato che Silente avrebbe confidato solo a te il contenuto della Profezia e
a nessun altro. Credevo che avrebbe informato il suo prezioso Ordine… Ma non importa!
Scoprirò qual è il particolare
potere che nascondi, vedrai”. Stappò
la bottiglietta e
l’agitò leggermente tra le sue mani. “Diventerò Harry Potter. Qualsiasi potere risieda nel tuo sangue sarà mio per un ora e molto presto
saprò come distruggerti. Severus”.
Piton infilò una mano tra i capelli di Potter e ne strappò
alcuni. Draco chiuse involontariamente gli occhi e riaprendoli, posò lo sguardo
su sua zia, che fissava la scena con un sorriso crudele dipinto sulle labbra.
Assomigliava terribilmente a Narcissa. Se i suoi
capelli non fossero stati neri, i lineamenti meno marcati e il taglio degli
occhi meno minaccioso, avrebbe pensato di avere davanti sua madre. Draco spostò
lo sguardo, incapace di continuare a fissarla. Voleva disperatamente sapere di
sua madre, ma non era decisamente il momento adatto
per chiederlo.
Nel frattempo, Piton aveva passato i capelli di Potter
dentro la bottiglietta dell’Oscuro. Pozione Polisucco. Ma perché? Che cos’era tutto quell discorso
su profezie e poteri? Lanciò un’occhiata a Potter, che fissava il pavimento con
la mascella contratta. Il biondo notò che la mano sinistra del ragazzo si
muoveva con circospezione sul ventre. Quel pazzo stava cercando di raggiungere
la sua bacchetta. Draco si chiese se avrebbe dovuto avvertire sua zia Bellatrix
del piano di Potter, ma in quell’istante, in quel preciso momento, capì.
Capì che sua madre era morta. Non gli importava più come.
Tutto quel che sapeva era che i suoi genitori erano morti e il responsabile era
quell’uomo con la faccia da serpente e la voce
gelida. E la cosa peggiore, era che non sembrava
interessargli. Lucius e Narcissa Malfoy erano stati distrutti da quell’uomo, e alla fine, Draco avrebbe
seguito lo stesso destino. Il biondo osservò come la mano di Potter si muovesse calma e attenta fino alla sua tasca.
Draco notò a malapena il Signore
Oscuro bere la Pozione Polisucco e trasformarsi davanti a lui.
Sentiva in lui un garbuglio indescrivibile di sensazioni, ma il desiderio di
vendetta si fece largo in fretta. L’Oscuro aveva lasciato morire i suoi
genitori. Avrebbe pagato. Potter avrebbe combattuto contro di
lui, Draco lo sapeva. E sapeva perfettamente
anche che lui avrebbe fatto di tutto perché Potter vincesse.
Draco Malfoy stava sempre dalla parte dei vincitori, sempre.
Notò due dita dell’altro sparire dentro la tasca e sentì una
sensazione strana; alzò lo sguardo su Piton. Il professore lo stava fissando.
Gli occhi di Draco scivolarono inavvertitamente sulle dita di Potter e una
sensazione di colpevolezza gli invase lo stomaco. Aveva
incastrato Potter senza volerlo.
Ma con totale sgomento, vide lo
sguardo di Piton posarsi sulla mano di Potter e poi tornare su Draco. Il
ragazzo spalancò gli occhi. Piton era dalla loro parte.
“Bene, bene, bene, la tua vista è un mezzo disastro, Harry”
disse l’Oscuro con la voce di Potter.
Draco rabbrividì nel fissare i due ragazzi identici, ma
rimase colpito da quanto facilmente sapeva riconoscere l’originale. Il vero
Potter non avrebbe mai potuto ghignare a quel modo, nè
apparire così sicuro di sé stesso.
“Prendi la sua bacchetta, Severus”
comandò l’Oscuro, rivolgendosi a Piton con la vista offuscata.
I suoi occhi. Il Signore Oscuro non
aveva gli occhiali. Ora o mai più.
“Petrificus Totalus!”
gridò Draco, estraendo la bacchetta e puntandola verso Bellatrix, che cadde al
suolo con un tonfo.
Il Signore Oscuro si voltò verso di
lui.
Per un attimo, Draco pensò di aver davanti a sé Potter.
Tutto quel che riusciva a vedere, lo sguardo furioso, la
postura aggressiva, la mano stretta attorno alla bacchetta, gli fecero ricordare tutt’altre
situazioni. L’espressione sorpresa di quando si erano baciati, il modo in cui
l’altro gli aveva morso la spalla quella prima volta, quelle mani…
“Stupeficium!” gracchiò il Signore
Oscuro.
Il lampo di luce rossa si lanciò veloce nella sua direzione.
Draco si voltò a guardare indifeso Potter e d’improvviso ritrovò sé stesso: l’altro ragazzo era spaventato e reale… sembrò che nessun altro fosse
nella stanza, eccetto loro due, e per un secondo di delirio, Draco pensò che il
tempo si fosse fermato. Ma poi lo Schiantesimo
lo colpì e il biondo ricadde al suolo in un groviglio di dolore. Tutto quello
che riuscì a vedere fu il viso di Potter, contratto dalla rabbia, gli occhi che
brillavano per foga e … gratitudine? Potter si voltò verso l’Oscuro, ma un velo
nero si posò sugli occhi di Draco e non vide più nulla.
***
Draco aprì gli occhi e sbattè più
volte le palpebre, cercando di allontanare l’oscurità che lo avvolgeva. Era
quello l’Aldilà? Ma non gli pareva che all’altro mondo
ci dovessero essere cuscini e coperte. Voltò il capo di lato e vide Potter
seduto su una sedia, chiaramente addormentato. Aveva le gambe allungate sotto
il letto e, notò il biondo strizzando gli occhi, si stava sbavando sui vestiti.
Ridacchiò piano e gli diede un colpetto sul ginocchio.
“Che…?” biascicò Potter mettendosi
dritto sulla sedia e spingendosi gli occhiali sul naso. “Sei sveglio”.
“Anche tu. Che ci
fai qui, Potter?”
L’altro arrossì. “Io, ehm, non ne sono
sicuro. Mi sono addormentato”. Si passò una mano
tra i capelli.
“Stai bene?”
“Mai stato meglio. L’hai ucciso?”
“Cosa?”
“Hai ucciso il Signore Oscuro?”
“Ehm, no. È scappato,
con tua zia. Di
nuovo” disse flebile fissandosi le mani.
“Seriamente Potter, devo fare tutto da solo?”
Potter si accigliò. “Dra… ehm, Malfoy, che cosa succede?
Non capisco. Tu volevi che lo
uccidessi…”
“Che cosa pensi, che stiamo
chiacchierando amabilmente così, tanto per fare?” chiese Draco sporgendosi in
avanti e afferrandolo per la divisa.
“Perché?” bisbigliò l’altro, col
respiro mozzato.
“Ha ucciso i miei genitori”.
“Anche i miei” rispose
sommessamente.
“Lo ucciderai, non è vero?” chiese Draco, facendosi più
vicino e ritrovandosi naso a naso con l’altro ragazzo.
Improvvisamente, si rese conto del battito impazzito del cuore di Potter contro le sue dita, strette attorno alla camicia.
“Si” bisbigliò Potter, con la voce spezzata. “Ci proverò…”
E baciò Draco, accarezzandogli
morbidamente le labbra con la punta della lingua. Il biondo sospirò e si lasciò
andare, ma subito gli parve di avere diecimila aghi piantati sul petto. Lasciò
andare la presa sull’altro e ricade indietro sul
materasso. Stupido stupido stupido.
“Maldetto… Schiantesimo” sbottò, cercando
di respirare. Uno
schiantesimo in pieno petto e a distanza ravvicinata
non erano qualcosa con cui scherzare. Avrebbe dovuto rimanere immobile, altro che.
“Scusa” disse
Potter, mortificato. “Forse dovrei chiamare Madama…”
“No, sto bene. Devo solo riposare” lo
zittì Draco, recuperando il respiro. L’ultima cosa di cui aveva bisogno
in quel momento era Madama Chips
che gli chiedeva perché si fosse alzato dal materasso.
“Ok, allora io, ehm, vado”. Potter
si mise in piedi, facendo cadere la sedia all’indietro.
Draco strinse i denti: il rumore gli aveva causato una fitta
di dolore dietro gli occhi. Potter rimise in piedi la sedia e rimase immobile
accanto al letto per un attimo. Aprì al bocca come per
dire qualcosa, ma sembrò ripensarci e si voltò per andarsene.
Draco ricordò una cosa. “Potter” lo chiamò.
L’altro si voltò in fretta. “Si?”
“Cosa voleva dire il Signore Oscuro
con il vostro ‘particolare legame’?”
Potter alzò il braccio e si passò due dita sulla cicatrice. “Questo. Lui, bè, può vedere certe
cose. Qualche volta. Se
glielo permetto”.
“Ah, e tu puoi fare lo stesso?”
Potter aveva l’espressione corrucciata. “Si, funziona in tutti e due i modi. Riesce ad entrare se lui lascia entrare
me, comunque”.
“È così che sapevi della fuga da Azkaban?”
Draco fu sicuro che Potter stesse ghignando, nonostante
avesse ancora la vista appannata.
“Sei davvero intelligente, lo sai?
Tu e Hermione andreste d’accordo…”
“Mi stai facendo venir male di
nuovo”
“Si, si. Ci vediamo, Malfoy”.
Draco guardò l’altro allontanarsi, assorto. Potter era
incapace di mentire. Madama Chips non gli avrebbe mai
permesso di addormentarsi sulla sedia, a meno che Silente
non lo avesse direttamente autorizzato a rimanere.
***
Piton fece visita a Draco in
mattinata, per informarlo che Silente sapeva da sempre della visitina a Godric’s Hollow e che li aveva
raggiunti poco dopo il suo svenimento. Il Signore
Oscuro era scappato, così come Bellatrix, che aveva avuto modo di rimettersi
dall’incantesimo. Ma a Draco i dettagli non
interessavano: per ora, gli bastava essere vivo. Il professore aveva
l’espressione stanca mentre gli raccontava di sua
madre… Alla fine si scoprì che Narcissa si era uccisa subito dopo il fallito
attacco a Potter, conclusosi con la morte della Benefattrice. E Piton l’aveva scoperto nello stesso momento in cui l’aveva
saputo Draco.
Draco non avrebbe mai saputo perché sua madre si era uccisa e, cosa più importante, non avrebbe
mai rivisto i suoi genitori. Da un lato ora, vedeva il Signore
Oscuro con i suoi Mangiamorte, dall’altro Silente e il suo Ordine, qualsiasi
cosa fosse, assieme a un Ministero traballante, i vari Weasley e Potter. Che combattessero la loro stupida guerra! Draco avrebbe
finito gli studi e si sarebbe lasciato tutti loro alle spalle…
Madama Chips
decise che il Serpeverde stava bene abbastanza da poter partecipare alla festa
di fine anno. Quando raggiunse il tavolo della sua Casa, venne immediatamente circondato dai compagni, pronti a sommergerlo
di domande a cui Draco non era in grado di dare risposte. Non sapeva
esattamente cosa fosse successo dopo il suo svenimento. E
non voleva saperlo. Aveva già fatto fin troppo e purtroppo
non c’era modo di tornare indietro.
La festa fu favolosa, proprio come le
feste di fine anno non dovrebbero mai essere. Non appena finì di
svuotare il suo piatto, Draco si ricordò di alzare lo sguardo all’intera Sala
Grande, decorata… coi colori di Tassorosso e Corvonero.
Lanciò un’occhiata alle clessidre e vide le due Case appaiate, mentre
Serpeverde e Grifondoro alle loro spalle erano più o meno
nella stessa situazione. Si voltò verso Blaise e annuì in direzione dei conta-punti.
“Si, ho notato le decorazioni” disse il moro. Buttò giù un
sorso di succo di zucca. “Mi chiedo cosa dirà Silente di questa cosa”.
“Vedrai che distribuirà qualche punto extra, tutto lì”
strascicò scocciato Draco. “Cinquemila punti a Grifondoro perché Potter è riuscito a non rimetterci la pelle anche stavolta!”
Blaise storse il naso divertito. “Dalla tua bocca
direttamente all’orecchio del vecchio” disse, ripulendosi le labbra col
tovagliolo. “Ecco appunto…” indicò con un gesto veloce il tavolo degli
insegnanti, dove Silente si era alzato in piedi.
“E un altro anno è giunto alla
fine. È stata, in una sola parola, un’esperienza. Un’esperienza da cui tutti dobbiamo
imparare. Spero, in più di un modo
solo…”
Draco smise di ascoltarlo. Il Preside avrebbe blaterato sull’unità tra case, senza dubbio,
e di guardarsi le spalle dal Signore Oscuro pronto a
colpire. Ma nulla che il vecchio potesse dire, avrebbe
riportato indietro la
Benefattrice, o i suoi genitori. Draco si chiese perché si
ostinasse a sproloquiare, tanto, come al solito,
nessuno lo avrebbe preso sul serio, ma sarebbero tornati a casa e avrebbero
seguito gli insegnamenti dei propri genitori. Draco si sentì mancare per un
attimo. Bè,
quelli che ce li avevano ad aspettarli a casa. Raggiunse il suo
bicchiere di succo di zucca e quasi se lo rovesciò addosso
quando Blaise gli mollò una gomitata.
“Ascolta” gli disse l’amico, ignorando la sua occhiataccia.
“Bè, come da tradizione, è ora di
assegnare la Coppa
delle Case” annunciò Silente con aria importante. “I punti raggiunti sono i
seguenti: davanti a tutti, Tassorosso e Corvonero, con seicentottanta punti a
testa. Molto bene, molto bene!”
Grida di giubilo scoppiarono dalle due tavolate,
ma Silente alzò un braccio per interromperli. “Non è ancora detto tutto,
ragazzi”.
“Ecco, ci siamo” sputò Draco, mettendo giù il bicchiere e
fissando il Preside.
“Ho ancora alcuni punti dell’ultimo minuto da assegnare”
continuò Silente.
Draco avrebbe voluto spaccargli il piatto in testa, con
tutto il suo contenuto. I Corvonero e i Tassorosso ammutolirono.
“Al signor Harry Potter, per aver ancora una volta
dimostrato grande coraggio davanti ai pericoli,
assegno cinquanta punti a Grifondoro!”
Impossibile definire gli strepiti che si
alzarono dalla tavolata rosso-dorata. Draco serrò la mascella fissando
la clessidra di Grifondoro riempirsi fino a raggiungere il livello di quelle
azzurre e gialle.
Aspetta un attimo. Le tre case erano esattamente a parità di
punti…
“E ultimo ma non ultimo, al signor
Draco Malfoy, per la sua azione decisiva al momento opportuno e per aver
cacciato la volpe più astuta dal suo nascondiglio nel pollaio, assegno a
Serpeverde cinquantacinque punti!”.
Draco rimase a bocca aperta. Il silenzio che regnò per un
attimo sembrò non finire mai, ma poco dopo la tavolata della sua Casa esplose
in grida e applausi talmente forti da eclissare quelli dei loro compagni. Le
persone attorno a lui si alzavano in piedi, applaudendo e chiamando il suo
nome. Il biondo non riusciva a fare altro che sbattere gli occhi, incredulo. E
poco dopo, Tassorosso, Corvonero e Grifondoro lasciarono
le sedie per acclamarlo, per acclamare lui!
Blaise lo fissò con un ghigno divertito dipinto sulla faccia e quando Draco
spostò lo sguardo sul tavolo Grifondoro, vide Potter applaudire contento. Era una situazione assolutamente assurda.
E non solo, aveva avuto più punti
lui di Potter! Quando il silenzio fu ristabilito, Silente
sorrise alla sala intera. Draco improvvisamente si ritrovò a pensare di
non aver mai notato lo sguardo dolce e affettuoso dell’uomo, ma si diede da
solo del cretino. Ma che diavolo stava pensando? Dolce e affettuoso! Silente
rimaneva sempre un vecchio pazzo.
“Come avrete notato, questo significa
che tutte le Case sono a pari punti, quindi per quest’anno, la Coppa sarà vinta da tutti
voi contemporaneamente. Spero che siate tanto orgogliosi di voi stessi quanto
lo sono io, perché erano migliaia d’anni che non si raggiungeva una così grande collaborazione tra le Casate. Complimenti!”
Fu la migliore festa di fine anno a cui Draco avesse mai partecipato.
***
Draco guardava fuori dal finestrino
dell’Hogwarts Express, ripensando a tutto ciò che quell’anno
aveva cambiato la sua vita. Vincent e Gregory avevano scelto di fare il viaggio
con Millicent, così, nello scompartimento, c’erano solo Blaise e Pansy con lui,
che chiacchieravano delle prossime vacanze. Almeno
quello, non era cambiato.
Si agitò sullo scomodo sedile chiedendosi dove diavolo fosse
finita la donna del carrello e se per caso avessero già superato Edimburgo, ma
per capirlo avrebbe dovuto trovarsi dall’altro lato
del treno. Decise di raggiungere il corridoio e dare
un’occhiata alla città in movimento. Avrebbe voluto, un giorno o
l’altro, andare a viverci: era grande abbastanza per potercisi
perdere e l’aria che vi si respirava… era qualcosa di particolare, indescrivibile.
Si mise in piedi, risistemandosi i vestiti.
“Vado a vedere se abbiamo superato Edimburgo” disse a
Blaise.
Pansy era totalmente immersa in qualche strana discussione
che suonava d’Italia e lo ignorò del tutto; l’amico annuì.
Draco spalancò la porta.
Potter stava lì, in piedi, con l’espressione spavalda. Draco
lanciò un’occhiata a Blaise, indicandogli Pansy con lo sguardo. Blaise gli strizzò l’occhio, ritornando alla ragazza che, assorta nella sua
conversazione su Milano, non aveva notato nulla. Draco lasciò lo
scompartimento e si chiuse la porta alle spalle, mormorando un incantesimo per
bloccarla.
“Non mi pare che tu abbia molta voglia di invitarmi a sedere
coi tuoi amici, eh?” chiese Potter amaramente.
Draco lo fissò sorpreso. “ Pensavo volessi vedere me. Ma se preferisci sederti di là coi miei amici…”
“No, no, non era quello che volevo dire. Oh lascia perdere” strascicò passandosi una mano tra i capelli
con la mascella serrata.
Draco diede un’occhiata al fondo
del lungo corridoio, e assicurandosi che
nessuno li potesse vedere, aprì la porta che dava alla piattaforma di unione
tra il loro vagone e il successivo, facendo segno a Potter di seguirlo. Era
buio in quel posto, senza ovviamente finestre, e il pavimento era parecchio
instabile. Draco si appoggiò a una delle pareti,
sperando che non fosse troppo sporca: lo spazio era stretto e aveva l’odore
tipico delle stazioni inglesi, di foglie di tè bruciate. Potter lo seguì e
richiuse la porta, lasciandoli nella totale oscurità, interrotta di tanto in
tanto dalla luce filtrata attraverso le fessure.
“Sei preoccupato?” chiese Potter in un tono secco.
“Preoccupato? Preoccupato di cosa?”
“Il Signore Oscuro. Ora che sei tornato…”
“Non sono cose che ti devo interessare. Sono più al sicuro
al Maniero che da qualsiasi altra parte. Gli Auror
non sanno che mia madre è morta, no?”
Potter scosse il capo, guardando da un’altra parte.
“Il Signore Oscuro non verrà a
cercarmi dove ci sono gli Auror a farmi da guardia,
Potter”
“Lui mi ha cercato ovunque”
“Bè, perché sei tu. Non attiro
così tanta attenzione, Potter” disse Draco, stupendosi immediatamente del tono
secco e acido con cui aveva risposto. Era la verità,
ma sentirla faceva male. Persino lì Potter era riuscito a batterlo: persino
l’attenzione del Signore Oscuro non era per il figlio
traditore del suo fedele mangiamorte, ma per il figlio di un suo antico nemico.
Una parte del viso del Grifondoro era illuminata, il resto di lui scompariva nell’ombra. A Draco ricordò il
giorno a Godric’s Hollow e
il modo in cui Potter l’aveva guardato, poco prima che svenisse. Non aveva
negli occhi la stessa paura, ma c’era qualcosa sul suo viso, magari nell’espressione… Quando il suo cuore fece un balzo che aveva
scordato di essere in grado di fare, si sporse in avanti e attirò l’altro più
vicino, lasciandosi attraversare da un brivido quando le mani del moro gli
sfiorarono il petto. Perché
Potter? Perché doveva essere
Potter? E poi le loro labbra si cercarono
e Draco provò una sensazione di totale stordimento che nemmeno nei suoi pensieri
era spiegabile.
Il Grifondoro emise un piccolo gemito e gli si strinse
contro, facendogli scivolare le mani lungo il corpo, alzandogli la camicia e
accarezzando la pelle calda della schiena, del petto, dei fianchi. Draco
sospirò tra le sue labbra e si aggrappò ai suoi
vestiti, cercando di sfilarglieli. Qualche parte della sua mente era occupata a
tormentarsi sulla possibilità che qualcuno spalancasse
la porta, ma allo stesso tempo non gli importava affatto. Mordicchiò piano il
labbro inferiore del ragazzo, beandosi del lamento che ne conseguì e dei
piccoli graffi che le dita di Potter gli facevano sui fianchi
mentre tentavano, agitate, di sfilargli i pantaloni.
Dieci minuti dopo si erano rimessi in ordine meglio che poterono, considerando il buio. Draco fece scivolare una
mano sulla guancia dell’altro e si avvicinò per baciarlo, piano, con dolcezza,
socchiudendo gli occhi per la prima volta dal loro bacio nella Foresta
Proibita. Era stanco. Il fatto che lui volesse
baciare Potter sembrava qualcosa che andava ad aggiungersi a tutto quel che
era successo, ma perché non avrebbe potuto concedersi un’indulgenza? Alla fine,
ora era qualcosa che non interessava nessun altro, se non lui stesso. Non più
sua madre e suo padre.
Si staccarono, ritrovandosi occhi negli occhi.
Quelli del moro brillavano quasi nel buio e Draco seppe che, qualsiasi cosa
fosse successa, quell’istante sarebbe
rimasto con lui per sempre.
“Ci vediamo a settembre?” bisbigliò Potter.
“Se sei fortunato” gli rispose di
rimando il biondo.
“Cretino”
“Idiota”
“Malfoy…”
“Ci vediamo, Potter”.
Sorridendo dell’espressione perplessa dell’altro, Draco
lasciò la piccola piattaforma e sbloccò la porta del suo scompartimento,
cogliendo l’ultima occhiata di Potter prima di sparirvi all’interno.
***
L’Espresso per Hogwarts entrò nella stazione di King Cross poco dopo le sette di sera. Gli studenti si
riversarono nei corridoi, gridando ai più lenti di
darsi una mossa. Draco e i suoi compagni attesero nello scompartimento che la
calca si affievolisse. Avevano parlato così tanto che ora, nessuno osava più fiatare. Il biondo
guardò fuori dal finestrino e gli parve strano non
vedere più il paesaggio sfrecciargli davanti al naso; un sudicio gatto giallo
stava in cima ad un muretto dal lato opposto della stazione. Sembrava
fissarlo diritto negli occhi e per un breve momento, Draco gli restituì
l’occhiata. Poi fu ora di andare. Disse a due del quarto anno di caricare la
sua valigia su un carrello.
Dopo aver oltrepassato la barriera magica tra il binario
Nove e Tre Quarti e il mondo Babbano, salutò Blaise e
Pansy. Avrebbe rivisto l’amico nel giro di qualche giorno: la famiglia
dell’amico l’aveva diseredato, quindi avrebbe recuperato le sue cose Draco
l’avrebbe ospitato, a patto che non gli riempisse la casa di Tassorosso. Pansy
promise di scrivergli, come faceva tutti gli anni. Più o meno,
considerata la sua attitudine alla scrittura, erano due lettere durante tutta
l’estate.
La signora Goyle era arrivata a
recuperare sia Gregory che Vincent; Draco le sorrise,
assicurandole che il figlio si era comportato meglio di chiunque altro durante
l’intero anno. La donna gli fece promettere di far loro visita non appena avesse preso la licenza per Smaterializzarsi. Quando se ne furono andati tutti, Draco osservò gli altri
maghi e streghe che affollavano i binari.
Fino al suo quarto anno passato ad
Hogwarts, le cose erano state diverse. Ora i genitori dei ragazzi, fossero Tassorosso, Grifondoro, Serpeverde o Corvonero, si
occhieggiavano furtivamente, preoccupati. Una linea chiara ed evidente divideva
gli adulti da loro e, forse per la prima volta in vita sua, Draco realizzò
quanto fosse diverso il mondo della scuola da quello
reale. L’Unità regnava tra le pareti di Hogwarts quando
l’avevano lasciata, quella mattina, mentre nel resto ovunque fuori vincevano la
sfiducia e la paura.
In un lampo, Draco realizzò perché Silente aveva insistito
tanto sui loro progetti di unità tra Case; i ragazzi
fanno molto prima a stringere rapporti profondi tra loro e tutti avrebbero
potuto portare il messaggio a casa, cercando di farlo valere. Infondo, è nelle
famiglie che comincia tutto. Draco sorrise amaramente; la sua famiglia, ora, era lui stesso. Era felice che Blaise andasse
a vivere da lui, perché la prospettiva di passare un’altra estate da solo al
Maniero non era di certo invitante.
Draco doveva raggiungere in fretta la stazione di Paddington se voleva riuscire a prendere l’ultimo treno per
Pewsey delle otto e mezza. Non si fidava
delle metropolitane, così si decise a prendere un taxi. Nella sua tasca,
aveva un rotolino di quelle curiose carte che i
Babbani usavano come denaro. L’aveva trovato nella sua cassaforte alla Gringott, durante le vacanze di Pasqua.
Quando fosse giunto a Pewsey, sarebbe servito un altro taxi per arrivare al
Maniero e non era sicuro che quei soldi fossero sufficienti, ma ripensandoci,
ora era maggiorenne. Gli sarebbe bastato un incantesimo di memoria al Babbano di turno per cavarsela. Teoricamente, non era
legale farlo senza licenza, ma non gliene importava poi molto. Afferrò la
maniglia del suo carrello e si avviò all’uscita.
“Hey, Malfoy, aspetta!” lo chiamò
Potter alle sue spalle. Quando Draco aveva iniziato a
riconoscere quella voce così velocemente?
Draco si fermò, voltandosi. L’altro aveva lo sguardo rivolto
da un’altra parte e agitava una mano impazientemente verso qualcosa. Il
Serpeverde diede un’occhiata, scorgendo Lupin e tre Babbani che fissavano il Grifondoro; Lupin annuì, sorridendo, e il moro raggiunse Draco.
“Mi odi ancora?”
Draco rimase a fissarlo intensamente per un istante, prima
di voltarsi e andarsene.
***
31 Giugno, 1997.
Malfoy Manor, Avebury, Whiltshire.
Potter,
l’ultima volta che abbiamo parlato, mi hai
chiesto se io ti odio ancora. Non ti ho risposto allora perché solo un vero
Serpeverde sarebbe stato in grado di conoscere la risposta più immediata. Una
risposta più complicata, comunque, avrebbe richiesto
più tempo di quello che io avevo allora. Penso che cercherò di risponderti
senza compromettermi troppo, nel caso che questa lettera finisca nelle mani di
un Weasley.
Quando ero piccolo, le cose erano semplici.
C’erano i Malfoy e quelli che ci contrastavano, i nostri nemici. Dal giorno in
cui ci siamo presentati, tu sei stato il nemico predestinato nella mia vita. Il
nostro ultimo anno a Hogwarts, però, ha cambiato molto la visione che ho delle cose. Una cosa, ad esempio, è il rendersi conto che
quello che scelgono di fare i miei amici non deve crearmi problemi. Un’altra,
molto meno facile da accettare, era che in qualche modo ero davvero interessato
ad avvicinarmi al mio nemico predestinato.
La faccio breve,
perché sono abbastanza fiducioso nelle tue capacità di leggere tra le righe.
Per quel che conta, hai dimostrato di non essere il tipico nemico di
cartapesta. Sei disgustosamente coraggioso e inopportunamente
generoso. Sei sorprendentemente ambizioso e
stranamente astuto. Se non ti odio più, è
perché sei tanto diverso dai tuoi compagni di Casa in molte cose, quanto simile
a me in altre: allo stesso tempo, un Grifondoro e un Serpeverde.
Draco
Fine
Eccoci qui. Grazie davvero di cuore a tutti, senza di voi queste storie non
potrebbero mai esserci. Grazie a tutti coloro che
hanno commentato, che hanno sopportato, che mi hanno spronato e corretto. Spero che questa storia sia piaciuta a voi almeno la metà di quanto
è piaciuta a me e vi lascio, perché idiota come sono, mi è scappata una lacrimuccia in più. Grazie ancora…
Laura