l'energia dei quattro elementi
L’energia dei quattro elementi
La corrente ascensionale
curvava le bianche e maculate membrane alari di Pharnasius in strane
forme,
mentre lei concentrava la sua attenzione sulle mutevoli carezze e
spinte che
l’aria le esercitava sulle ali.
Non doveva assolutamente
perdere la concentrazione: le pareti del Tempio erano troppo vicine ed
ogni
minimo errore l’avrebbe sicuramente spinta contro il muro
intonacato di malta.
Sotto di lei scorrevano i
giganteschi cappelli brunastri di una improbabile foresta di funghi
mastodontici, dai gambi larghi e legnosi come tronchi d’albero,
la quale
prosperità era forse dovuta alla presenza delle tumultuose
acquee di un fiume
che scorreva lì vicino.
Quel soffitto di cupole
viventi era stato la prima cosa che aveva accolto la comparsa di
Pharnasius nei
pressi del tempio; la quale era stata letteralmente scaraventata
lì, senza
tante cerimonie, dalla magia del Maestro delle Ombre.
Le occorsero qualche secondo
per liberarsi dalla sensazione di estrema confusione, risultato
dell’incantesimo che aveva appena subito, prima di guardarsi
attorno e
focalizzare il proprio obiettivo: una mastodontica costruzione di
pietra
scolpita, metallo e calce, che nonostante si stesse visibilmente
deteriorando
conservava ugualmente la sua suggestiva magnificenza.
La dragonessa era rimasta
per qualche momento in contemplazione dell’edificio; prima per
placare la sua
fame di bellezza e poi, una volta abbandonato l’edonismo, per una
motivazione
decisamente più pragmatica: trovare il modo di entrare nel
tempio senza essere
notata.
-Dovrai agire di notte, con discrezione e
cautela: è
assolutamente necessario che nessuno ti veda…-
Le aveva raccomandato
Malefor, una volta che lei aveva stretto il patto con lui.
-… se vuoi ritornare indietro sana e
salva, non
devono accorgersi della tua presenza-
Aveva poi aggiunto il drago
antico con una punta di malignità nel tono di voce, scoccandole
uno sguardo
talmente enigmatico da lasciare spazio alle più differenti
interpretazioni.
Era buio là fuori: una notte
perfetta per mettere in atto losche macchinazioni come quella che la
guerriera
viola si stava accingendo a compiere senza che alcun senso di colpa o
gioia le
gravasse sulla coscienza.
D’altronde era capitata in
quello strano pianeta solo per un tiro mancino del caso.
“Che questi draghi
combattano pure le loro scaramucce: la cosa non mi tange, tanto tra
breve sarò
fuori di qua…”
Considerò lei, eseguendo una
brusca cabrata per sfuggire ad un ingannevole mulinello d’aria.
“… mi farò
“teletrasportare”
e qui una smorfia di tra il disgusto e lo scetticismo le distorse le
labbra “in
una stazione di lancio interplanetare, là troverò
un’altra nave e potrò così
continuare il mio viaggio fino...”
-Pharnasius, credo di aver trovato
un possibile accesso-
Era stata Belta a parlarle,
il sistema operativo della sua nave ormai distrutta, il quale cervello
era
stato trasferito in un dispositivo compatto che la guerriera teneva
ancorato ai
foderi delle pistole.
La manta olografica si
discostò da lei per gettarsi in picchiata verso il terreno
sottostante e
librarsi nei pressi di una grata di sbarre di ferro che consentiva
l’accesso
delle acque di un piccolo ruscello all’interno delle mura.
Pharnasius atterrò a ridosso
della barriera, si guardò fugacemente attorno ed estrasse una
delle sue lame
laser dal suo bracciale destro.
Un sol colpo ben assestato
bastò a mandare in frantumi quella ridicola barriera.
“Dovrebbe sicuramente
trattarsi del sistema di approvvigionamento idrico del tempio”
considerò la
guerriera, intrufolandosi nel tunnel e divaricando gli arti in maniera
tale da
poter procedere per contrasto lungo le pareti, senza la noia di dover
sguazzare
nell’acqua.
Nonostante il liquido che le
scorreva sotto il ventre fosse fresco e pulito, anni ed anni di
umidità e
scarsa circolazione d’aria avevano creato una cappa quasi
soffocante di sentori
muschiati che subito fecero bruciare la gola a Pharnasius, la quale non
osò
pensare a cosa avrebbe dovuto sopportare se si fosse intrufolata in un
fetido
canale di scolo.
Non fece molta strada che
subito il condotto si diramò in diverse direzioni.
La dragonessa si lasciò
sfuggire una imprecazioni a denti stretti, sentendo i propri arti
indebolire
sempre di più la presa sulle scivolose pietre; quale sarebbe
stata la strada
giusta?
Quel dubbio l’agitò a
tal
punto che poteva avvertire delle gocce di sudore rigarle il dorso:
stava per
imboccare un labirinto, ed ora? Cosa avrebbe mai fatto?
La risposta fu semplice:
calmarsi.
Esalando un sospiro pieno di
tensione, Pharnasius realizzò che stava stupidamente cadendo nel
panico per una
questione di così poca rilevanza e questo era un errore assai
grave per un
guerriero come lei.
Così imboccò con
decisione
il tunnel che si apriva proprio di fronte a lei, considerando che,
trattandosi
del ruscello che alimentava le scorte d’acqua del tempio,
qualsiasi direzione
avesse scelto l’avrebbe sicuramente condotta da qualche cisterna
comunicante
con una sala dell’edificio.
Brancolò a lungo nella
semioscurità rischiarata dalla tenue luce delle sue lame fino a che un brusco allargarsi delle pareti la colse
impreparata e lei, priva ormai di un qualche punto d’appoggio, si
ritrovò di
punto in bianco a piombare a peso morto nelle acque sottostanti.
L’impatto
con l’acqua gelida le tolse il
fiato, ma fortuna volle che il livello delle acquee fosse poco
profondo, tanto
che la guerriera potette poggiare comodamente le zampe sul fondo,
evitando così
di annaspare ed aggiungere altro rumore al tonfo che aveva provocato
con la
caduta.
Purtroppo, o per fortuna, un
sistema di sicurezza incorporato ai suoi bracciali, fece disattivare i
laser
per evitare il possibile verificarsi di disastrosi cortocircuiti,
lasciando
però Pharnasius nell’oscurità più totale.
Ripresasi dalla momentanea
sorpresa, Pharnasius si immobilizzò, cercando di affinare il
proprio udito per
assicurarsi che nessuno si fosse accorto dei suoi movimenti nei
sotterranei.
Rassicurata da nessun rumore
di passi affrettati o di alcun segnale d’allarme, la dragonessa
rivolse l’attenzione
all’ambiente che la circondava.
Nonostante le tenebre
l’accerchiassero,
dopo i primi istanti di totale cecità, i suoi occhi riuscirono a
fornirle le
immagini di ciò che la circondava, per quanto queste
risultassero completamente
in bianco e nero e leggermente sfocate in lontananza.
Si trovava in una cisterna:
un ampio camerone circolare in mattoni, le cui pareti si alzavano fino
a
formare una sorta di cupola.
Dalla parte opposta da dove
si trovava la dragonessa, il canale continuava la sua corsa
chissà dove,
tuffandosi nuovamente nel buio, impenetrabile persino per i suoi
sensibili
occhi.
Generazioni e generazioni
vissute nelle profondità della terra, avevano fatto sviluppare
un’efficiente
vista notturna tra la gente di Pharnasius.
Le pupille della dragonessa
potevano infatti espandersi a dismisura, fino ad occupare
l’intero bulbo
oculare visibile, trasformando i suoi occhi in un inquietante paio di
perle
nere traslucide.
Affinché questa
capacità
potesse funzionare, abbisognava però che nell’ambiente vi
fosse dispersa una
minima quantità di radiazione luminosa, per quanto debole.
Pharnasius si guardò attorno
alla ricerca dell’esiguo spiraglio di luce, in quanto luce
significava uscita.
Alzando lo sguardo, la
guerriera trovò subito quel che cercava.
Si trattava di un ridicolo
filo, sottile come una ragnatela, che disegnava una circonferenza
piuttosto
ampia.
La sensibilità acuta delle
sue pupille, le mostrarono la possibile via come un sole nero i cui
raggi
fuggissero dal disco centrale disegnando un tessuto sfilacciato.
“Sembra quasi si sia
verificata un’eclissi totale”
Considerò distrattamente
Pharnasius, contemplando il soffitto della volta.
Ricordava la prima ed unica
volta che aveva assistito ad una vera e propria eclissi totale.
Quel giorno, Loki aveva
insistito affinché abbandonassero i sotterranei per recarsi nel
deserto.
I radar non segnalavano
alcuna presenza delle temibili macchine comandate da Oscar e Pharnasius
non
riusciva a spiegarsi la fretta che animava l’emaciato drago
d’oro.
Una volta fuori nel deserto
ebbe la propria risposta.
Impercettibilmente, la
torrida temperatura che infuocava ogni cosa aveva iniziato a vacillare,
cedendo
il passo ad un gelo intenso e pungente che si era steso come una
coperta sul
mondo circostante.
Allarmata, la guerriera si
era guardata attorno con frenesia, incapace di immaginare quale
terribile
nemico potesse mai divorare la luce ed il calore in quella maniera.
Gentilmente, Loki prese il
suo muso tra le zampe, puntandolo verso lo spettacolare anello di luce
che si
era dipinto sulla nera calotta di un cielo di ossidiana.
Mai Pharnasius
avrebbe
dimenticato la sua meraviglia, e mentre se ne stava con le zampe a
mollo,
sentendo il gelo dell’acqua risalirle fino alla cresta dorsale,
la dragonessa
rivide l’espressione gioiosa e soddisfatta di Loki, mentre la
stringeva a sé
per proteggerla da quel freddo innaturale.
Subito però, quella piega
gentile sul muso dorato di lui si distorse, e Pharnasius si
ritrovò ad
osservare un paio di occhi estranei che cercavano in ogni maniera di
fuggire
intimoriti il suo sguardo.
Questo ultimo ricordo le
fece male, così come una lama rigirata nella ferita appena
inferta.
Un cupo rombo le salì alla
gola mentre con un balzo si proiettò in aria, battendo un paio
di volte le ali
per raggiungere il cerchio di luce.
Il volto di Loki scomparve e
nella sua mente rimase soltanto la preoccupazione di non scivolate,
mentre tendeva
ogni fibra del suo possente corpo per tenersi a ridosso della grata,
aggrappandosi agli interstizi tra un mattone all’altro con gli
artigli delle
zampe e della sommità delle sue particolari ali.
Quando finalmente ebbe
trovato una certa stabilità, fece saettare la coda verso il
disco metallico che
occludeva l’uscita, spostandolo a poco a poco dalla propria sede,
quanto era
pesante.
Appena possibile, Pharnasius
effettuò un piccolo balzo, afferrando con le zampe anteriori i
bordi
dell’apertura per poi issarsi su a forza di braccia.
Le sue pupille ebbero una
dolosa contrazione, mentre in tutta fretta cercavano di ridurre il
proprio
diametro per adattarsi al tenue bagliore ambrato che accarezzava tutto
ciò che
si trovava nella sala.
La luminescenza proveniva da
enormi cristalli incastonati alla parete.
Pharansius non aveva la
benché minima idea di come ciò fosse possibile,
inizialmente pensò ad una sorta
di luce chimica od ad una qualche coltura di batteri, ma subito
scartò queste
ipotesi, considerando la ridicola tecnologia dei draghi di quel pianeta.
La parola magia le fluttuò
nella mente, facendole rizzare le scaglie violacee dal disagio.
Subito cessò le inopportune
divagazioni per concentrarsi sul motivo della sua presenza nel Tempio.
Le mani artigliate
sfiorarono una tasca della cintura dove aveva riposto quattro grosse
gemme,
limpide e pure come il diamante, che costituivano il fulcro della
missione.
Malefor le aveva fatte
comparire sul palmo della propria zampa, per farle poi fluttuare sopra
quegli
artigli spropositati, così come un prestigiatore avrebbe potuto
far spuntare
dal nulla delle carte da gioco.
-Il tempio è la dimora dei quattro
Guardiano degli
Elementi-
Aveva poi iniziato a
spiegarle, contemplando quasi ipnotizzato lo scintillante sfavillio dei
cristalli che gli orbitavano attorno alla zampa come i cavallini di una
giostra.
-L’energia propria del fuoco, del
fulmine, del
ghiaccio e della terra scorre nelle vene di quei vecchi pazzi…-
E qui un sorriso sarcastico
svelò parzialmente una letale chiostra di denti aguzzi
-… ho bisogno di
quell’energia! Certamente potrei
fornirla io stesso in quanto, come mi auguro tu già sappia, noi
draghi viola
siamo l’unica varietà che racchiude in sé tutte le
energia fondamentali del
cosmo; ma avrei assolutamente bisogno di tutte le mie forze per portare
a
termine il compito e non vorrei sprecarle per qualche cosa che posso
comodamente carpire altrove … tieni-
Il
girotondo di gemme si era così rotto per
tuffarsi nella sua direzione.
Pharnasius provava una certa
repulsione per quegli strani oggetti, ma l’istinto fece muovere
la sua zampa
che con una fulminea mossa afferrò i gioielli, intercettando il
loro volo.
Il freddo di quelle stupende
superfici contro le proprie scaglie le metteva a disagio, così
si affrettò a
deporre i manufatti in una delle tante tasche che costellavano la
cintura delle
pistole.
-Trattali bene: sono
cristalli purissimi, gli unici
capaci di assorbire l’energia e di trasferirla altrove senza
alterarla o
disperderla-
-Tutto quello che dovrai fare è di
deporre un
cristallo sopra la fronte di ciascun guardiano e sgattaiolare fuori dal
Tempio-
La guerriera aggrottò le
sopracciglia dubbiosa: che razza di compito era mai quello, non aveva
senso! Ma
esaminando la questione con un pizzico di pazienza in più,
Pharnasius considerò
che nulla aveva poi tanta logica da un bel po’ di tempo.
Era così assorta nelle
proprie considerazioni che sobbalzò leggermente dalla sorpresa
quando si era
ritrovata lo sguardo di Malefor a poca distanza dal suo.
L’antico drago stette
qualche attimo immobile fissandola in muso con fare pensoso ed
insistente,
quasi avrebbe voluto fotografarla con i raggi x.
Pharnasius sostenne quel
muto esame senza battere ciglio, approfittando dell’occasione per
considerare
ulteriormente la figura che torreggiava su di lei.
Confermò a se stessa che
Malefor era il drago dall’aspetto più inquietante che
avesse mai visto; ma,
nonostante tutto, dovette ammettere che avesse un certo fascino e che,
a suo
modo, poteva considerarsi persino bello.
-Cerca di stare allerta e di non farti
acciuffare,
non che questo mi importi … ma trovo sempre un certo fastidio
nel non
rispettare i patti-
Detto questo, le poggiò la
zampa sulla spalla mentre il mondo iniziò a trasformarsi in una
oscura trottola
impazzita.
Quando ogni cosa tornò
finalmente al suo posto, la volta rocciosa era stata sostituita da
innumerevoli
cappelli di fungo gigante.
La prima parte della
missione era stata portata a termine con successo: Pharnasius era
riuscita ad
entrare furtivamente del tempio, ora non rimaneva che trovare quei
maledetti
guardiani.
Belta la raggiunse,
spuntando dal buco del pavimento e dichiarando con la sua vocetta
metallica
-Potrei attivare i miei sensori
temici, così potremo rintracciare i guardiani
tramite il calore dei loro corpi
e …-
-Schhhhhhhhhhh!-
La interruppe bruscamente la
dragonessa viola, portandosi un dito alle labbra.
-Tieni bassa la tua vocina
artificiale e dai un’occhiata attorno… umph! Sensori
termici.-
Dopo aver bisbigliato la sua
risposta in tono sgarbato, la guerriera fece un eloquente gesto volto
ad
invitare la manta olografica a rivolgere l’attenzione al
pavimento.
Erano state fortunate.
Quattro vecchi draghi se ne
stavano sdraiati sui mosaici, assopiti in un profondo e tranquillo
sonno, inconsapevolmente
serviti su un piatto d’argento.
-Ok, Belta… diamoci da fare
e facciamola finita-
Con passo felpato, si
avvicinò al primo anziano disponibile.
Si trattava di un robusto
drago dalle scaglie verde bosco, così massiccio da sembrare una
statua scolpita
nella roccia che era stata poi ricoperta dai muschi con il passare
degli anni.
Con delicatezza, la dragonessa
viola poggiò il diamante sulla fronte di lui e subito
balzò indietro
trattenendo a stento una esclamazione di spavento.
Il cristallo, grande come
una mela, aveva iniziato a colorarsi di verde.
Pharnasius non aveva mai
visto un verde di quella tonalità, esso non era semplicemente
colore ma qualche
cosa di vivo, che serpeggiava danzando all’interno del cristallo,
come
intricate volute d’incenso, per poi fluire all’esterno,
convogliandosi in
un'unica colonna di energia elementare che si innalzava verso
l’alto per pochi
metri, prima di scomparire.
Man mano che il cristallo
trasferiva l’energia rubata, questi sublimava, riducendo sempre
di più le
proprie dimensioni per poi svanire.
Lo stesso meraviglioso
fenomeno si verificò per tutti gli altri gioielli, che si
colorarono
diversamente a seconda dell’energia con cui avevano a che fare.
Il cristallo divenne rosso
fuoco presso un drago dal muso simile a quello di un vecchio gufo, si
tinse
dell’azzurro dei ghiacciai presso un esile guardiano che, persino
mentre dormiva,
conservava una fastidiosa espressione altezzosa.
Infine divenne oro
incandescente presso il drago dorato, che durante il sonno aveva
l’abitudine di
girarsi e rigirarsi in continuazione, borbottando frasi sconnesse e
rendendo
particolarmente difficile il compito della guerriera.
Dopo svariati tentativi
andati a vuoto, la dragonessa viola ce la fece, ma sfortuna volle che
il
guardiano dell’elettricità le cingesse una zampa
anteriore, stringendosela al
petto come un cucciolo avrebbe potuto fare con il proprio animaletto di
pezza
preferito.
Pharnasius si immobilizzò
dall’orrore, sentendo il sudore freddo che le bagnava la fronte
ed il dorso.
Questa complicazione proprio
non ci voleva, ed ora cosa mai avrebbe potuto fare?
La risposta fu aspettare,
forse nel sonno quel dannato vecchio l’avrebbe lasciata
andare… ma il tempo
passava ed il guardiano non accennava minimamente ad allentare la
presa, così
Pharnasius cominciò pian piano a sfilare la zampa dalle grinfie
di lui.
Fu un lavoro stremante,
soprattutto per la grande concentrazione che richiese, ma infine ce la
fece con
successo.
Con un sorrisetto
soddisfatto tutto zanne, la dragonessa si era girata sui tacchi
apprestandosi a
raggiungere il foro che l’avrebbe ricondotta all’acquedotto
quando sentì
qualche cosa che la tratteneva.
Una colorita imprecazione le
sfuggì quando si accorse che il guardiano l’aveva
nuovamente afferrata nel
sonno, questa volta però per la coda.
-Non mollare la presa o la
balena non potrà mai entrare nella cruna dell’ago…-
Stava borbottando il drago
dorato tra un sospiro e l’altro.
-Molla la mia coda o non so
dove te la ficco la balena…-
Rispose l’esasperata
Pharnasius, ringhiando sommessamente.
Tentò nuovamente di
liberarsi, ma la frustrazione ed il fastidio le rese impossibile
ricorrere alle
precedenti maniere vellutate, tanto che ora lei stava letteralmente
tirando la
propria coda con forti strattoni, ma l’altro non accennava a
mollare né,
fortunatamente, a svegliarsi.
Di punto in bianco, il
guardiano sciolse la stretta di ferro, cogliendo la guerriera di
sorpresa e
mandandola rovinosamente a capitombolare contro il coperchio metallico
del foro.
Ci fu un gran baccano.
Mezza stordita dalla
capocciata che aveva dato contro il disco in ghisa, Pharnasius se ne
restò
immobile, stesa sul mosaico, convinta che il rumore avesse destato i
guardiani
e che ora stessero per balzarle addosso per acciuffarla.
Ma ciò non accadde.
La dragonessa osò una
speranzosa sbirciata ed un’ondata di sollievo la travolse quando
si accorse che
nessuno si era accorto di nulla.
Sarebbe stato facile uscire
da lì, un balzo nel foro e via… ma il destino ci mise lo
zampino.
Sparx non riusciva a prender
sonno.
Da ore e ore era alla
ricerca di una posizione comoda, giacendo nell’incavo creato
dalla zampa flessa
del suo fratellone … per quanto possa sembrare bizzarro il fatto
che una
libellula abbia un cucciolo di drago viola come fratello.
Si stese sul fianco, poi si
mise supino o ancora semi seduto, appoggiando la schiena alata al collo
di
Spyro per poi abbandonare quei futili tentativi e rivolgere
l’attenzione al
vero motivo della sua insonnia, per l’ennesima volta.
Cinerea riposava quasi
addossata alla parete opposta della sala, dando loro le spalle.
Sparx la osservò con cupo
sospetto: la dragonessa nera sembrava dormire profondamente ma la
libellula
sospettava che stesse fingendo, elaborando chissà quale meschino
piano da
mettere in atto una volta che lui avesse cessato di sorvegliarla con
insistenza.
Erano notti che andava
avanti questa storia, con il risultato che Sparx quasi stentava a
mantenersi in
volo durante il giorno, a causa del sonno perduto fissando un
indistinto
ammasso scuro di scaglie che non accennava a muoversi.
-Spyro, dovrebbe starsene
dietro le sbarre di una gabbia o incatenata al muro … è
una follia lasciarla
libera di muoversi a suo piacimento per il tempio, chissà cosa
potrebbe
combinare, cosa potrebbe farci!-
E qui ebbe un sobbalzo, come
se potesse avvertire gli affilati artigli di lei che lo dilaniavano.
-Ricorda solo questo
fratellone: ha tentato di ucciderci! Cosa le vieterebbe di provarci
un’altra
volta? Spyro, Spyro… mi stai ascoltando?-
Il cucciolo di drago viola
sollevò appena il mento dalle zampe anteriori, guardando senza
vederla quella
sfera luminosa che gli ronzava avanti alle iridi offuscate dalle nebbie
del
sogno che non accennavano a diradarsi.
Sparx guardò con una
pungente irritazione l’amico che girava la testa dall’altra
parte, bofonchiando
suoni inarticolati prima di scivolare nuovamente nel sonno più
profondo.
Così strinse i pugni con
fare indignato: la mancanza di sonno lo aveva reso particolarmente
suscettibile.
-Ok, fai come vuoi, vado a
dormire fuori io … credi mi possa importare il fatto che un
idiota come te si
faccia squartare così facilmente? Benissimo, come vuoi tu allora
… e non dire
che non ti avevo avvertito!-
Di tutta risposta, il drago
si limitò a grugnire, coprendosi il capo cornuto con le zampe;
mentre la
libellula ronzava tutta impettita fuori dalla stanza.
Aveva assolutamente bisogno
di calmarsi ed una salutare boccata d’aria, presa dal balcone
affacciato sulla
foresta di funghi, non avrebbe fatto altro che giovargli.
Aveva trascorso tutta la sua
vita nella tranquillità della palude in cui era nato, sentendosi
circondato e
protetto da quella lussureggiante ed impenetrabile vegetazione
costellata di
acquitrini, ed ora si era ritrovato, di punto in bianco, ad essere
travolto da
un gioco dove le sorti del mondo venivano contese, e questo lo stava
schiacciando.
Per accedere al balcone,
Sparx dovette attraversare la sala dove i guardiani erano soliti
riposare.
Udì un clangore metallico,
unito ad un pesante tonfo ed ad un semi soffocato gemito di dolore, che
lo
indusse ad affrettarsi per verificare cosa stesse succedendo.
Sarà forse perché
solitamente si tende a concentrare la propria attenzione su ciò
che si avvicini
il più possibile alle nostre proporzioni, o semplicemente il
fatto che ore di
insonnia avevano annebbiato la sua mente acuendo però la fame, o
per altri
motivazioni ancora; tutto sta che la prima ed unica anomalia che Sparx
notò non
era la dragonessa viola che stava rimettendosi sulle zampe, ma un
esserino che
fluttuava lì vicino, simile ad una farfalla.
Il suo stomaco borbottò di
desiderio, mentre lui si gettava su quella appetitosa farfalla
lapislazzuli.
Le sue mani ghermirono
l’aria, attraversando il corpo della preda come se fosse fatto di
aria.
La cosa lo pietrificò
dall’orrore, ed il panico in lui crebbe quando quell’essere
etereo si voltò,
fissandolo direttamente negli occhi con le sue pupille luminose, prima
di
dissolversi nel nulla e scomparire.
Sparx cacciò un urlo
spropositato
per le sue esigue dimensioni, mentre si precipitava da dove era venuto
blaterando riguardo ad uno spettro di farfalla che era giunto per
tormentarlo.
A quelle acute urla, che
trapanarono dolorosamente i timpani di Pharnasius, i guardiani si
destarono di
colpo.
Lo stupore da parte di
entrambe le fazioni sembrò alitare sulla stanza, congelando la
scena: gli
attori di quella tragico-comica commedia restarono infatti immobili,
fissandosi
per qualche secondo prima che il tempo riprendesse a scorrere, quasi
accelerando il suo corso per recuperare.
La guerriera viola scattò
come un fulmine verso l’apertura nel pavimento, ma il massiccio
drago verde si
mosse assai più velocemente di lei, sbarrandole il passaggio con
la sua
ragguardevole mole e gettandosi al contempo in avanti per ghermirla.
Furono i riflessi pronti a
salvarla, facendola buttare a terra e rotolare di lato con consumata
abilità.
Immediatamente, si ritrovò a
dover far fronte agli attacchi degli altri guardiani che, per quanto
fossero
avanti con gli anni, si dimostrarono degli avversari valenti ed abili,
la quale
rapidità di movimenti non le diede modo di ricorrere alle armi
di cui era
equipaggiata.
Non trovando altra
alternativa, Pharnasius spiccò un balzo verso l’alto,
utilizzando le ali come
perno per rigirarsi a mezz’aria ed atterrare con leggerezza alla
spalle dei
suoi avversari.
-Presto! Da questa parte!-
Belta le si era
materializzata al fianco, avviandosi verso la direzione da cui era
giunta la
libellula responsabile di quel disastro.
Immediatamente, Pharnasius
si affrettò verso l’uscita quando due cuccioli di drago
comparvero nel vano
della porta.
Nei loro musetti, ancora
lontane dallo sbocciare in quello di un adulto, era dipinta la medesima
espressione di stupore dei guardiani, unita però ad una cupa
determinazione che
divertì particolarmente la guerriera.
Quei due la stavano
aspettando, con gli acerbi corpicini pronti all’azione, come se
credessero di
essere in grado di fermarla.
Pharnasius non accennò
minimamente a rallentare la propria corsa: non era il momento di
giocare e se
qui cuccioli non si fossero spostati di loro spontanea volontà,
li avrebbe
spintonati di lato senza indugio … troppo tardi si rese conto di
aver nettamente
sottovalutato quei due avversari in miniatura.
Un ruggente torrente
infuocato per poco non la investì.
La guerriera scartò di lato
appena in tempo e rimase terrorizzata a fissare quell’inferno che
scaturiva
direttamente dalle fauci spalancate del cucciolo che aveva il suo
stesso colore
delle scaglie.
Ne aveva viste di stranezze,
ma questa superava nettamente ogni più perversa immaginazione:
draghi che
emettevano fuoco dalla bocca!
Era rimasta talmente
interdetta che non si accorse di una massa ombrosa che stava caricando
verso di
lei, piombandole addosso e trasformando ogni cosa attorno a lei in una
realtà
fumosa colma delle dolorose sferzate di artigli e coda che le
arrivavano da
ogni dove.
Colta da un bruciante senso
di impotenza, Pharnasius tentò di sottrarsi all’ombra che
la martoriava, solo
per ritrovarsi avvinghiata da innumerevoli liane che le si erano
avvolte
attorno, letteralmente spuntando dal nulla!
Il serio pericolo in cui ora
si trovava, fece riacquistare alla guerriera il controllo delle proprie
azioni.
Attivò le lame dei suoi
bracciali e manovrando con esse, nel limite del possibile,
cominciò a recidere
i legacci che la imprigionavano.
Non terminò mai la sua opera
in quanto il cucciolo viola balzò su di lei, rigirandosi
agilmente in aria e
sferrandole una micidiale frustata di coda in pieno muso.
Innumerevoli stelle le
esplosero nel campo visivo, mentre cadeva a peso morto
all’indietro, rimanendo
poi stordita a fissare il soffitto, con la vista che andava
annebbiandosi
sempre di più.
Un paio di zampe adulte
l’afferrarono rudemente, costringendola ad assumere una posizione
seduta, con
la schiena addossata alla fredda parete.
Per qualche istante il mondo
prese a vorticare innanzi a lei, così velocemente che Pharnasius
ebbe l’ardente
desiderio di rigurgitare.
Poi la testa cessò di
pulsarle così ferocemente e lei potette finalmente mettere a
fuoco gli sguardi
seriosi che la circondavano: era nei guai.
Ignitus era confuso e
sbigottito, mentre osservava con angoscia la dragonessa intrappolata
dalle
liane, che spostava freneticamente lo sguardo su ognuno di loro,
palesando una
disperata ricerca di un’idea che però non voleva prender
forma nella mente in
tumulto, confusa come lo erano quelle dei suoi aguzzini.
I guardiani non riuscivano a
credere ai propri occhi, mentre fissavano con orrore il colore delle
scaglie
dell’intrusa: viola.
La cosa non aveva senso,
quella leggendaria e rarissima razza di drago compariva una volta ogni
dieci
generazioni, influenzando il mondo sia per il bene che per il male, e
mai si
sarebbe sospettata l’esistenza di un altro esemplare di drago
viola oltre a
Spyro e Malefor.
Come se la cosa non
bastasse, la struttura fisica di lei aveva qualcosa di inusuale, per
non
parlare delle ali e degli strani aggeggi che erano ancorati alla sua
persona.
Sembrava quasi che la
prigioniera provenisse da un altro mondo.
-Chi sei? E cosa ci fai
qui?-
Dovettero ripetere la
domanda una seconda volta prima che una scintilla di vitalità
tornasse nei
nerissimi occhi della dragonessa, lavando via lo smarrimento e la paura.
Lei rivolse loro uno sguardo
colmo di dignità e fierezza.
-
Il mio nome è Pharnasius e sono
venuta per conto di
Malefor-
Pharnasius avvertì con
sgomento la propria bocca pronunciare le ultime parole della risposta
contro la
sua volontà.
Avrebbe voluto tacere il
movente della sua incursione, ma per qualche spaventoso motivo non
riuscì a
frenare la lingua, per quanto cercasse di opporsi
all’inspiegabile forza che la
comandava come una marionetta.
Ignitus sorrise soddisfatto,
inarcando il collo e notando con piacere che il suo semplice
incantesimo della
verità stava facendo effetto.
Ma il piccolo momento di
esultanza venne prontamente celato sul nascere quando in nome di
Malefor venne
pronunciato.
-Malefor ha una nuova pedina
da giocare, un nuovo pezzo sulla sua subdola scacchiera intrisa di
piani oscuri
e nefasti … a quanto pare ha trovato qualcun altro che obbedisca
ai suoi ordini
al posto di Cinerea (ora che non è più sotto la sua
influenza, intendo dire)…
ma la cosa più allarmante, pericolosa, disorientante ed
incredibile è che abbia
trovato un altro leggendario drago viola per questo…. Ora la
questione è
scottante, pericolosa, precaria…-
-Non credo che questo ci
abbia portato troppe difficoltà…-
Tagliò Spyro, troncando il
logorroico torrente di eloquenza che sempre si riversava fuori ogni
volta che
Volter, il guardiano dell’elettricità, proferiva parola.
A quanto pare quel
dannatissimo drago d’oro era solito parlare molto anche quando
non era immerso
dal sonno, considerò Pharanasius tra sé, con una
bruciante punta d’acido.
-… come poteri non è
proprio
un gran che, considerando la facilità con cui l’abbiamo
battuta-
Offesa, la dragonessa
rivolse un piccolo ringhio di avvertimento al cucciolo.
Di contro, Spyro le rivolse
uno sguardo che esprimeva una ferrea sicurezza nelle capacità
personali, frutto
di innumerevoli battaglie.
Pharnasius si prese del
tempo per scrutare i due cuccioli e dovette ammettere che si trovava di
fronte
a dei guerrieri navigati, nonostante la loro giovane età.
Guardò i loro corpi
precocemente privi delle mollezze della fanciullezza, mentre rivedeva
il fuoco
fuoriuscire da quella boccuccia piegata in un sorriso di sfida …
ed ebbe un
fremito di repulsione: in che razza di spaventoso mondo era capitata?
-Come sei finita al suo
servizio? E qual’era esattamente la tua missione nel Tempio?-
Aveva aggiunto Ciryl, il
guardiano del ghiaccio, esibendo una voce acuta da primadonna.
Sospinta dall’incantesimo
come un veliero dal vento, la guerriera si ritrovò a narrare la
propria
vicenda, incapace di trattenere le parole e sentendole con sgomento
sfuggirle
tra gli artigli serrati della propria volontà.
Parlò dell’esilio,
della sua
fuga dai pirati, di come fosse precipitata dentro la sua navicella in
fiamme e
del proprio incontro con Malefor.
-Non ho mai sentito una
storia più bizzarra di questa…-
Proferì cinerea, non curando
di nascondere il piacere che le dava ascoltare quel racconto colmo di
assurdità
e cose incredibili.
-… certo che ne hai di
fantasia!-
-Sicuro che il tuo incantesimo
stia funzionando Ignitus?-
Chiese la voce tonante di
Terrador, guardiano della terra, con un timbro “roccioso”
che rendeva onore alla
sua carica.
-Sì, l’incantesimo
è attivo,
non ci sono dubbi… forse tutto questo è realmente
accaduto.-
La cosa avrebbe spiegato il
bizzarro aspetto di Pharasius, ma l’idea che vi fossero altre
civiltà di draghi
oltre alla loro, sparse chissà dove, era un qualche cosa di
troppo grande da
afferrare, meraviglioso e disarmante allo stesso tempo.
Quando poi la dragonessa
narrò
dell’accordo pattuito con Malefor, e di come avesse appena
barattato le loro
energie elementari con la possibilità di fuggire dal pianeta,
ogni immagine del
mondo tecnologico dipinto da Pharansius svanì, lasciando il
posto ad una
dolorosa consapevolezza.
Il destino del mondo stava
precipitando!
-Infine Malefor è riuscito
ad avere le nostre energie elementari… ciò significa che
ora è perfettamente in
grado di risvegliare il Distruttore…-
-Non posso crederci, se
dovesse riuscirci tutto sarà perduto! Dobbiamo assolutamente
agire!-
-Forse è già troppo
tardi…
forse lui sta già eseguendo i riti necessari ad evocare quella
bestia …-
Pharanasius poteva avvertire
l’odore della loro angoscia e paura, mentre i guardiani
confabulavano tra di
loro, in preda ad un palese tormento.
Cosa mai stava succedendo?
-Scusate ragazzi…-
Pharnasius si era infine
decisa ad intrufolarsi nel colloquio, esigendo spiegazioni.
-… sareste così
gentile di
spiegarmi cosa cavolo sta succedendo e perché vi state
improvvisamente agitando
come polli impazziti? Cos’è questo dannato Distruttore che
temete tanto?-
-Come, non lo sai? Tu hai
distrutto anni ed anni di lotta e non sai minimamente a cosa sta
portando il
tuo stupido patto?!-
Le urlò praticamente contro
Ciryl con gli occhi lampeggianti di furia assassina.
Pharnasius resistette
imperturbabile alla sua rabbia, così come uno scoglio nel mezzo
della
mareggiata, scuotendo con calma il capo in senso di diniego.
Ciryl ringhiò esasperato,
palesemente
pronto a gettarsi su di lei per dilaniarla, quando Ignitus esalò
un sospiro
colmo di stanchezza prima di calmarlo, poggiandogli una zampa sulla
spalla.
-Se quel che racconti
corrisponde a verità, non vedo proprio come tu possa
saperlo… la leggenda del
Distruttore è antica, vecchia quanto la nostra
civiltà… si tratta di una bestia
mastodontica, il cui risveglio segnerà la fine del nostro mondo
e la
distruzione completa di quel che conosciamo.-
Qui fece una pausa, abbassò
la testa e puntò i suoi saggi occhi da gufo nelle polle
d’inchiostro di lei,
quando parlò di nuovo, nella sua voce si potevano avvertire
tutti gli anni che
gravavano sulle sue vecchie ali.
-Malefor sta tentando in
tutte le maniere di scatenare la distruzione, servendosi di questa
antica
creatura che dorme nelle viscere della terra… se ci
riuscirà, ogni cosa diverrà
tenebra e freddo.-
Occorse qualche secondo
prima che la guerriera potesse afferrare pienamente la gravità
di quelle
parole.
Il suo corpo iniziò a
tremare mentre rivedeva tutta la verde esplosione di vita della Valle
di Avalar
tramutarsi nello sterile deserto che dominava il suo pianeta
d’origine.
Con orrore realizzò che
Malefor stesse tentando in tutti i modi di perseguire i medesimi piani
di
distruzione di Oscar.
Ora quel paradiso aveva
accelerato il passo verso la propria fine ed il pensiero che lei fosse
la causa
di tutto ciò le lacerava l’anima in minuscoli brandelli
sanguinanti.
Quello non era il suo mondo,
non era la sua casa, ma qualche cosa dentro di lei stava urlando dalla
disperazione: doveva porre rimedio ai propri errori.
-Liberatemi!-
Urlò con rabbia, iniziando a
strattonare le liane.
-Liberatemi! Forse posso
avere qualche possibilità di fermarlo.-
-Come potremmo mai fidarci
di te!-
Le sputò Ciryl sul muso.
-Hai già combinato
abbastanza guai.-
Pharnasius era furiosa,
arrabbiata per la cecità e l’ottusità dei guardiani.
Iniziò a divincolarsi con
ferocia, strattonando le liane resistenti come cavi d’acciaio.
-Lascia perdere, è inutile.
Stai sprecando solo energia-
Con un ruggito di rabbia,
Pharnasius attivò le lame laser dei bracciali, premendole
furiosamente contro
le corde, mentre la preoccupazione e l’urgenza di agire le davano
la forza
necessaria a recidere i sui legami in un sol colpo.
Subito Ignitus le si parò
davanti, tentando di trattenerla; ma la guerriera lo colse in
contropiede,
sfoderando un colpo che mai sarebbe stato concepibile per lo stile di
combattimento della sua civiltà.
Il guardiano la vide
sgomento alzarsi sui posteriori e correre verso di lui con un
equilibrio
impossibile per un drago; poi Pharnasius saltò e nel pieno del
balzo gli
afferrò la testa, mandandola a sbattere contro il ginocchio che
stava alzando
in contemporanea.
Si sentì il rumore
nauseabondo di ossa e denti fracassati, mentre Ignitus cadeva a terra
incosciente con il muso tramutato in una maschera sanguinolenta, e la
dragonessa viola svaniva oltre il buco nel pavimento.
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