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Autore: dragoargento    27/09/2010    3 recensioni
Pharnasius è un'indomita e temeraria dragonessa viola, in lotta per cercare di salvare le briciole di un mondo morto da tempo, appassito sotto le perverse grinfie del malvagio Oscar. Una serie di avvenimenti la coinvolgerà in una battaglia che si sta svolgendo in un mondo che non le appartiene, dove la sua e l'altrui lotta del bene contro il male si fonderanno assieme, assumendo pieghe inaspettate.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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l'energia dei quattro elementi

L’energia dei quattro elementi

La corrente ascensionale curvava le bianche e maculate membrane alari di Pharnasius in strane forme, mentre lei concentrava la sua attenzione sulle mutevoli carezze e spinte che l’aria le esercitava sulle ali.

Non doveva assolutamente perdere la concentrazione: le pareti del Tempio erano troppo vicine ed ogni minimo errore l’avrebbe sicuramente spinta contro il muro intonacato di malta.

Sotto di lei scorrevano i giganteschi cappelli brunastri di una improbabile foresta di funghi mastodontici, dai gambi larghi e legnosi come tronchi d’albero, la quale prosperità era forse dovuta alla presenza delle tumultuose acquee di un fiume che scorreva lì vicino.

Quel soffitto di cupole viventi era stato la prima cosa che aveva accolto la comparsa di Pharnasius nei pressi del tempio; la quale era stata letteralmente scaraventata lì, senza tante cerimonie, dalla magia del Maestro delle Ombre.

Le occorsero qualche secondo per liberarsi dalla sensazione di estrema confusione, risultato dell’incantesimo che aveva appena subito, prima di guardarsi attorno e focalizzare il proprio obiettivo: una mastodontica costruzione di pietra scolpita, metallo e calce, che nonostante si stesse visibilmente deteriorando conservava ugualmente la sua suggestiva magnificenza.

La dragonessa era rimasta per qualche momento in contemplazione dell’edificio; prima per placare la sua fame di bellezza e poi, una volta abbandonato l’edonismo, per una motivazione decisamente più pragmatica: trovare il modo di entrare nel tempio senza essere notata.

-Dovrai agire di notte, con discrezione e cautela: è assolutamente necessario che nessuno ti veda…-

Le aveva raccomandato Malefor, una volta che lei aveva stretto il patto con lui.

-… se vuoi ritornare indietro sana e salva, non devono accorgersi della tua presenza-

Aveva poi aggiunto il drago antico con una punta di malignità nel tono di voce, scoccandole uno sguardo talmente enigmatico da lasciare spazio alle più differenti interpretazioni.

Era buio là fuori: una notte perfetta per mettere in atto losche macchinazioni come quella che la guerriera viola si stava accingendo a compiere senza che alcun senso di colpa o gioia le gravasse sulla coscienza.

D’altronde era capitata in quello strano pianeta solo per un tiro mancino del caso.

“Che questi draghi combattano pure le loro scaramucce: la cosa non mi tange, tanto tra breve sarò fuori di qua…”

Considerò lei, eseguendo una brusca cabrata per sfuggire ad un ingannevole mulinello d’aria.

“… mi farò “teletrasportare” e qui una smorfia di tra il disgusto e lo scetticismo le distorse le labbra “in una stazione di lancio interplanetare, là troverò un’altra nave e potrò così continuare il mio viaggio fino...”

-Pharnasius, credo di aver trovato un possibile accesso-

Era stata Belta a parlarle, il sistema operativo della sua nave ormai distrutta, il quale cervello era stato trasferito in un dispositivo compatto che la guerriera teneva ancorato ai foderi delle pistole.

La manta olografica si discostò da lei per gettarsi in picchiata verso il terreno sottostante e librarsi nei pressi di una grata di sbarre di ferro che consentiva l’accesso delle acque di un piccolo ruscello all’interno delle mura.

Pharnasius atterrò a ridosso della barriera, si guardò fugacemente attorno ed estrasse una delle sue lame laser dal suo bracciale destro.

Un sol colpo ben assestato bastò a mandare in frantumi quella ridicola barriera.

“Dovrebbe sicuramente trattarsi del sistema di approvvigionamento idrico del tempio” considerò la guerriera, intrufolandosi nel tunnel e divaricando gli arti in maniera tale da poter procedere per contrasto lungo le pareti, senza la noia di dover sguazzare nell’acqua.

Nonostante il liquido che le scorreva sotto il ventre fosse fresco e pulito, anni ed anni di umidità e scarsa circolazione d’aria avevano creato una cappa quasi soffocante di sentori muschiati che subito fecero bruciare la gola a Pharnasius, la quale non osò pensare a cosa avrebbe dovuto sopportare se si fosse intrufolata in un fetido canale di scolo.

Non fece molta strada che subito il condotto si diramò in diverse direzioni.

La dragonessa si lasciò sfuggire una imprecazioni a denti stretti, sentendo i propri arti indebolire sempre di più la presa sulle scivolose pietre; quale sarebbe stata la strada giusta?

Quel dubbio l’agitò a tal punto che poteva avvertire delle gocce di sudore rigarle il dorso: stava per imboccare un labirinto, ed ora? Cosa avrebbe mai fatto?

La risposta fu semplice: calmarsi.

Esalando un sospiro pieno di tensione, Pharnasius realizzò che stava stupidamente cadendo nel panico per una questione di così poca rilevanza e questo era un errore assai grave per un guerriero come lei.

Così imboccò con decisione il tunnel che si apriva proprio di fronte a lei, considerando che, trattandosi del ruscello che alimentava le scorte d’acqua del tempio, qualsiasi direzione avesse scelto l’avrebbe sicuramente condotta da qualche cisterna comunicante con una sala dell’edificio.

Brancolò a lungo nella semioscurità rischiarata dalla tenue luce delle sue lame fino a  che un brusco allargarsi delle pareti la colse impreparata e lei, priva ormai di un qualche punto d’appoggio, si ritrovò di punto in bianco a piombare a peso morto nelle acque sottostanti.

 L’impatto con l’acqua gelida le tolse il fiato, ma fortuna volle che il livello delle acquee fosse poco profondo, tanto che la guerriera potette poggiare comodamente le zampe sul fondo, evitando così di annaspare ed aggiungere altro rumore al tonfo che aveva provocato con la caduta.

Purtroppo, o per fortuna, un sistema di sicurezza incorporato ai suoi bracciali, fece disattivare i laser per evitare il possibile verificarsi di disastrosi cortocircuiti, lasciando però Pharnasius nell’oscurità più totale.

Ripresasi dalla momentanea sorpresa, Pharnasius si immobilizzò, cercando di affinare il proprio udito per assicurarsi che nessuno si fosse accorto dei suoi movimenti nei sotterranei.

Rassicurata da nessun rumore di passi affrettati o di alcun segnale d’allarme, la dragonessa rivolse l’attenzione all’ambiente che la circondava.

Nonostante le tenebre l’accerchiassero, dopo i primi istanti di totale cecità, i suoi occhi riuscirono a fornirle le immagini di ciò che la circondava, per quanto queste risultassero completamente in bianco e nero e leggermente sfocate in lontananza.

Si trovava in una cisterna: un ampio camerone circolare in mattoni, le cui pareti si alzavano fino a formare una sorta di cupola.

Dalla parte opposta da dove si trovava la dragonessa, il canale continuava la sua corsa chissà dove, tuffandosi nuovamente nel buio, impenetrabile persino per i suoi sensibili occhi.

Generazioni e generazioni vissute nelle profondità della terra, avevano fatto sviluppare un’efficiente vista notturna tra la gente di Pharnasius.

Le pupille della dragonessa potevano infatti espandersi a dismisura, fino ad occupare l’intero bulbo oculare visibile, trasformando i suoi occhi in un inquietante paio di perle nere traslucide.

Affinché questa capacità potesse funzionare, abbisognava però che nell’ambiente vi fosse dispersa una minima quantità di radiazione luminosa, per quanto debole.

Pharnasius si guardò attorno alla ricerca dell’esiguo spiraglio di luce, in quanto luce significava uscita.

Alzando lo sguardo, la guerriera trovò subito quel che cercava.

Si trattava di un ridicolo filo, sottile come una ragnatela, che disegnava una circonferenza piuttosto ampia.

La sensibilità acuta delle sue pupille, le mostrarono la possibile via come un sole nero i cui raggi fuggissero dal disco centrale disegnando un tessuto sfilacciato.

“Sembra quasi si sia verificata un’eclissi totale”

Considerò distrattamente Pharnasius, contemplando il soffitto della volta.

Ricordava la prima ed unica volta che aveva assistito ad una vera e propria eclissi totale.

Quel giorno, Loki aveva insistito affinché abbandonassero i sotterranei per recarsi nel deserto.

I radar non segnalavano alcuna presenza delle temibili macchine comandate da Oscar e Pharnasius non riusciva a spiegarsi la fretta che animava l’emaciato drago d’oro.

Una volta fuori nel deserto ebbe la propria risposta.

Impercettibilmente, la torrida temperatura che infuocava ogni cosa aveva iniziato a vacillare, cedendo il passo ad un gelo intenso e pungente che si era steso come una coperta sul mondo circostante.

Allarmata, la guerriera si era guardata attorno con frenesia, incapace di immaginare quale terribile nemico potesse mai divorare la luce ed il calore in quella maniera.

Gentilmente, Loki prese il suo muso tra le zampe, puntandolo verso lo spettacolare anello di luce che si era dipinto sulla nera calotta di un cielo di ossidiana.

Mai Pharnasius avrebbe dimenticato la sua meraviglia, e mentre se ne stava con le zampe a mollo, sentendo il gelo dell’acqua risalirle fino alla cresta dorsale, la dragonessa rivide l’espressione gioiosa e soddisfatta di Loki, mentre la stringeva a sé per proteggerla da quel freddo innaturale.

Subito però, quella piega gentile sul muso dorato di lui si distorse, e Pharnasius si ritrovò ad osservare un paio di occhi estranei che cercavano in ogni maniera di fuggire intimoriti il suo sguardo.

Questo ultimo ricordo le fece male, così come una lama rigirata nella ferita appena inferta.

Un cupo rombo le salì alla gola mentre con un balzo si proiettò in aria, battendo un paio di volte le ali per raggiungere il cerchio di luce.

Il volto di Loki scomparve e nella sua mente rimase soltanto la preoccupazione di non scivolate, mentre tendeva ogni fibra del suo possente corpo per tenersi a ridosso della grata, aggrappandosi agli interstizi tra un mattone all’altro con gli artigli delle zampe e della sommità delle sue particolari ali.

Quando finalmente ebbe trovato una certa stabilità, fece saettare la coda verso il disco metallico che occludeva l’uscita, spostandolo a poco a poco dalla propria sede, quanto era pesante.

Appena possibile, Pharnasius effettuò un piccolo balzo, afferrando con le zampe anteriori i bordi dell’apertura per poi issarsi su a forza di braccia.

Le sue pupille ebbero una dolosa contrazione, mentre in tutta fretta cercavano di ridurre il proprio diametro per adattarsi al tenue bagliore ambrato che accarezzava tutto ciò che si trovava nella sala.

La luminescenza proveniva da enormi cristalli incastonati alla parete.

Pharansius non aveva la benché minima idea di come ciò fosse possibile, inizialmente pensò ad una sorta di luce chimica od ad una qualche coltura di batteri, ma subito scartò queste ipotesi, considerando la ridicola tecnologia dei draghi di quel pianeta.

La parola magia le fluttuò nella mente, facendole rizzare le scaglie violacee dal disagio.

Subito cessò le inopportune divagazioni per concentrarsi sul motivo della sua presenza nel Tempio.

Le mani artigliate sfiorarono una tasca della cintura dove aveva riposto quattro grosse gemme, limpide e pure come il diamante, che costituivano il fulcro della missione.

Malefor le aveva fatte comparire sul palmo della propria zampa, per farle poi fluttuare sopra quegli artigli spropositati, così come un prestigiatore avrebbe potuto far spuntare dal nulla delle carte da gioco.

-Il tempio è la dimora dei quattro Guardiano degli Elementi-

Aveva poi iniziato a spiegarle, contemplando quasi ipnotizzato lo scintillante sfavillio dei cristalli che gli orbitavano attorno alla zampa come i cavallini di una giostra.

-L’energia propria del fuoco, del fulmine, del ghiaccio e della terra scorre nelle vene di quei vecchi pazzi…-

E qui un sorriso sarcastico svelò parzialmente una letale chiostra di denti aguzzi

-… ho bisogno di quell’energia! Certamente potrei fornirla io stesso in quanto, come mi auguro tu già sappia, noi draghi viola siamo l’unica varietà che racchiude in sé tutte le energia fondamentali del cosmo; ma avrei assolutamente bisogno di tutte le mie forze per portare a termine il compito e non vorrei sprecarle per qualche cosa che posso comodamente carpire altrove … tieni-

 Il girotondo di gemme si era così rotto per tuffarsi nella sua direzione.

Pharnasius provava una certa repulsione per quegli strani oggetti, ma l’istinto fece muovere la sua zampa che con una fulminea mossa afferrò i gioielli, intercettando il loro volo.

Il freddo di quelle stupende superfici contro le proprie scaglie le metteva a disagio, così si affrettò a deporre i manufatti in una delle tante tasche che costellavano la cintura delle pistole.

-Trattali bene: sono cristalli purissimi, gli unici capaci di assorbire l’energia e di trasferirla altrove senza alterarla o disperderla-

-Tutto quello che dovrai fare è di deporre un cristallo sopra la fronte di ciascun guardiano e sgattaiolare fuori dal Tempio-

La guerriera aggrottò le sopracciglia dubbiosa: che razza di compito era mai quello, non aveva senso! Ma esaminando la questione con un pizzico di pazienza in più, Pharnasius considerò che nulla aveva poi tanta logica da un bel po’ di tempo.

Era così assorta nelle proprie considerazioni che sobbalzò leggermente dalla sorpresa quando si era ritrovata lo sguardo di Malefor a poca distanza dal suo.

L’antico drago stette qualche attimo immobile fissandola in muso con fare pensoso ed insistente, quasi avrebbe voluto fotografarla con i raggi x.

Pharnasius sostenne quel muto esame senza battere ciglio, approfittando dell’occasione per considerare ulteriormente la figura che torreggiava su di lei.

Confermò a se stessa che Malefor era il drago dall’aspetto più inquietante che avesse mai visto; ma, nonostante tutto, dovette ammettere che avesse un certo fascino e che, a suo modo, poteva considerarsi persino bello.

-Cerca di stare allerta e di non farti acciuffare, non che questo mi importi … ma trovo sempre un certo fastidio nel non rispettare i patti-

Detto questo, le poggiò la zampa sulla spalla mentre il mondo iniziò a trasformarsi in una oscura trottola impazzita.

Quando ogni cosa tornò finalmente al suo posto, la volta rocciosa era stata sostituita da innumerevoli cappelli di fungo gigante.

 

La prima parte della missione era stata portata a termine con successo: Pharnasius era riuscita ad entrare furtivamente del tempio, ora non rimaneva che trovare quei maledetti guardiani.

Belta la raggiunse, spuntando dal buco del pavimento e dichiarando con la sua vocetta metallica

-Potrei attivare i miei sensori temici, così potremo rintracciare i guardiani tramite il calore dei loro corpi  e -

-Schhhhhhhhhhh!-

La interruppe bruscamente la dragonessa viola, portandosi un dito alle labbra.

-Tieni bassa la tua vocina artificiale e dai un’occhiata attorno… umph! Sensori termici.-

Dopo aver bisbigliato la sua risposta in tono sgarbato, la guerriera fece un eloquente gesto volto ad invitare la manta olografica a rivolgere l’attenzione al pavimento.

Erano state fortunate.

Quattro vecchi draghi se ne stavano sdraiati sui mosaici, assopiti in un profondo e tranquillo sonno, inconsapevolmente serviti su un piatto d’argento.

-Ok, Belta… diamoci da fare e facciamola finita-

Con passo felpato, si avvicinò al primo anziano disponibile.

Si trattava di un robusto drago dalle scaglie verde bosco, così massiccio da sembrare una statua scolpita nella roccia che era stata poi ricoperta dai muschi con il passare degli anni.

Con delicatezza, la dragonessa viola poggiò il diamante sulla fronte di lui e subito balzò indietro trattenendo a stento una esclamazione di spavento.

Il cristallo, grande come una mela, aveva iniziato a colorarsi di verde.

Pharnasius non aveva mai visto un verde di quella tonalità, esso non era semplicemente colore ma qualche cosa di vivo, che serpeggiava danzando all’interno del cristallo, come intricate volute d’incenso, per poi fluire all’esterno, convogliandosi in un'unica colonna di energia elementare che si innalzava verso l’alto per pochi metri, prima di scomparire.

Man mano che il cristallo trasferiva l’energia rubata, questi sublimava, riducendo sempre di più le proprie dimensioni per poi svanire.

Lo stesso meraviglioso fenomeno si verificò per tutti gli altri gioielli, che si colorarono diversamente a seconda dell’energia con cui avevano a che fare.

Il cristallo divenne rosso fuoco presso un drago dal muso simile a quello di un vecchio gufo, si tinse dell’azzurro dei ghiacciai presso un esile guardiano che, persino mentre dormiva, conservava una fastidiosa espressione altezzosa.

Infine divenne oro incandescente presso il drago dorato, che durante il sonno aveva l’abitudine di girarsi e rigirarsi in continuazione, borbottando frasi sconnesse e rendendo particolarmente difficile il compito della guerriera.

Dopo svariati tentativi andati a vuoto, la dragonessa viola ce la fece, ma sfortuna volle che il guardiano dell’elettricità le cingesse una zampa anteriore, stringendosela al petto come un cucciolo avrebbe potuto fare con il proprio animaletto di pezza preferito.

Pharnasius si immobilizzò dall’orrore, sentendo il sudore freddo che le bagnava la fronte ed il dorso.

Questa complicazione proprio non ci voleva, ed ora cosa mai avrebbe potuto fare?

La risposta fu aspettare, forse nel sonno quel dannato vecchio l’avrebbe lasciata andare… ma il tempo passava ed il guardiano non accennava minimamente ad allentare la presa, così Pharnasius cominciò pian piano a sfilare la zampa dalle grinfie di lui.

Fu un lavoro stremante, soprattutto per la grande concentrazione che richiese, ma infine ce la fece con successo.

Con un sorrisetto soddisfatto tutto zanne, la dragonessa si era girata sui tacchi apprestandosi a raggiungere il foro che l’avrebbe ricondotta all’acquedotto quando sentì qualche cosa che la tratteneva.

Una colorita imprecazione le sfuggì quando si accorse che il guardiano l’aveva nuovamente afferrata nel sonno, questa volta però per la coda.

-Non mollare la presa o la balena non potrà mai entrare nella cruna dell’ago…-

Stava borbottando il drago dorato tra un sospiro e l’altro.

-Molla la mia coda o non so dove te la ficco la balena…-

Rispose l’esasperata Pharnasius, ringhiando sommessamente.

Tentò nuovamente di liberarsi, ma la frustrazione ed il fastidio le rese impossibile ricorrere alle precedenti maniere vellutate, tanto che ora lei stava letteralmente tirando la propria coda con forti strattoni, ma l’altro non accennava a mollare né, fortunatamente, a svegliarsi.

Di punto in bianco, il guardiano sciolse la stretta di ferro, cogliendo la guerriera di sorpresa e mandandola rovinosamente a capitombolare contro il coperchio metallico del foro.

Ci fu un gran baccano.

Mezza stordita dalla capocciata che aveva dato contro il disco in ghisa, Pharnasius se ne restò immobile, stesa sul mosaico, convinta che il rumore avesse destato i guardiani e che ora stessero per balzarle addosso per acciuffarla.

Ma ciò non accadde.

La dragonessa osò una speranzosa sbirciata ed un’ondata di sollievo la travolse quando si accorse che nessuno si era accorto di nulla.

Sarebbe stato facile uscire da lì, un balzo nel foro e via… ma il destino ci mise lo zampino.

 

Sparx non riusciva a prender sonno.

Da ore e ore era alla ricerca di una posizione comoda, giacendo nell’incavo creato dalla zampa flessa del suo fratellone … per quanto possa sembrare bizzarro il fatto che una libellula abbia un cucciolo di drago viola come fratello.

Si stese sul fianco, poi si mise supino o ancora semi seduto, appoggiando la schiena alata al collo di Spyro per poi abbandonare quei futili tentativi e rivolgere l’attenzione al vero motivo della sua insonnia, per l’ennesima volta.

Cinerea riposava quasi addossata alla parete opposta della sala, dando loro le spalle.

Sparx la osservò con cupo sospetto: la dragonessa nera sembrava dormire profondamente ma la libellula sospettava che stesse fingendo, elaborando chissà quale meschino piano da mettere in atto una volta che lui avesse cessato di sorvegliarla con insistenza.

Erano notti che andava avanti questa storia, con il risultato che Sparx quasi stentava a mantenersi in volo durante il giorno, a causa del sonno perduto fissando un indistinto ammasso scuro di scaglie che non accennava a muoversi.

-Spyro, dovrebbe starsene dietro le sbarre di una gabbia o incatenata al muro … è una follia lasciarla libera di muoversi a suo piacimento per il tempio, chissà cosa potrebbe combinare, cosa potrebbe farci!-

E qui ebbe un sobbalzo, come se potesse avvertire gli affilati artigli di lei che lo dilaniavano.

-Ricorda solo questo fratellone: ha tentato di ucciderci! Cosa le vieterebbe di provarci un’altra volta? Spyro, Spyro… mi stai ascoltando?-

Il cucciolo di drago viola sollevò appena il mento dalle zampe anteriori, guardando senza vederla quella sfera luminosa che gli ronzava avanti alle iridi offuscate dalle nebbie del sogno che non accennavano a diradarsi.

Sparx guardò con una pungente irritazione l’amico che girava la testa dall’altra parte, bofonchiando suoni inarticolati prima di scivolare nuovamente nel sonno più profondo.

Così strinse i pugni con fare indignato: la mancanza di sonno lo aveva reso particolarmente suscettibile.

-Ok, fai come vuoi, vado a dormire fuori io … credi mi possa importare il fatto che un idiota come te si faccia squartare così facilmente? Benissimo, come vuoi tu allora … e non dire che non ti avevo avvertito!-

Di tutta risposta, il drago si limitò a grugnire, coprendosi il capo cornuto con le zampe; mentre la libellula ronzava tutta impettita fuori dalla stanza.

Aveva assolutamente bisogno di calmarsi ed una salutare boccata d’aria, presa dal balcone affacciato sulla foresta di funghi, non avrebbe fatto altro che giovargli.

Aveva trascorso tutta la sua vita nella tranquillità della palude in cui era nato, sentendosi circondato e protetto da quella lussureggiante ed impenetrabile vegetazione costellata di acquitrini, ed ora si era ritrovato, di punto in bianco, ad essere travolto da un gioco dove le sorti del mondo venivano contese, e questo lo stava schiacciando.

Per accedere al balcone, Sparx dovette attraversare la sala dove i guardiani erano soliti riposare.

Udì un clangore metallico, unito ad un pesante tonfo ed ad un semi soffocato gemito di dolore, che lo indusse ad affrettarsi per verificare cosa stesse succedendo.

Sarà forse perché solitamente si tende a concentrare la propria attenzione su ciò che si avvicini il più possibile alle nostre proporzioni, o semplicemente il fatto che ore di insonnia avevano annebbiato la sua mente acuendo però la fame, o per altri motivazioni ancora; tutto sta che la prima ed unica anomalia che Sparx notò non era la dragonessa viola che stava rimettendosi sulle zampe, ma un esserino che fluttuava lì vicino, simile ad una farfalla.

Il suo stomaco borbottò di desiderio, mentre lui si gettava su quella appetitosa farfalla lapislazzuli.

Le sue mani ghermirono l’aria, attraversando il corpo della preda come se fosse fatto di aria.

La cosa lo pietrificò dall’orrore, ed il panico in lui crebbe quando quell’essere etereo si voltò, fissandolo direttamente negli occhi con le sue pupille luminose, prima di dissolversi nel nulla e scomparire.

Sparx cacciò un urlo spropositato per le sue esigue dimensioni, mentre si precipitava da dove era venuto blaterando riguardo ad uno spettro di farfalla che era giunto per tormentarlo.

A quelle acute urla, che trapanarono dolorosamente i timpani di Pharnasius, i guardiani si destarono di colpo.

Lo stupore da parte di entrambe le fazioni sembrò alitare sulla stanza, congelando la scena: gli attori di quella tragico-comica commedia restarono infatti immobili, fissandosi per qualche secondo prima che il tempo riprendesse a scorrere, quasi accelerando il suo corso per recuperare.

La guerriera viola scattò come un fulmine verso l’apertura nel pavimento, ma il massiccio drago verde si mosse assai più velocemente di lei, sbarrandole il passaggio con la sua ragguardevole mole e gettandosi al contempo in avanti per ghermirla.

Furono i riflessi pronti a salvarla, facendola buttare a terra e rotolare di lato con consumata abilità.

Immediatamente, si ritrovò a dover far fronte agli attacchi degli altri guardiani che, per quanto fossero avanti con gli anni, si dimostrarono degli avversari valenti ed abili, la quale rapidità di movimenti non le diede modo di ricorrere alle armi di cui era equipaggiata.

Non trovando altra alternativa, Pharnasius spiccò un balzo verso l’alto, utilizzando le ali come perno per rigirarsi a mezz’aria ed atterrare con leggerezza alla spalle dei suoi avversari.

-Presto! Da questa parte!-

Belta le si era materializzata al fianco, avviandosi verso la direzione da cui era giunta la libellula responsabile di quel disastro.

Immediatamente, Pharnasius si affrettò verso l’uscita quando due cuccioli di drago comparvero nel vano della porta.

Nei loro musetti, ancora lontane dallo sbocciare in quello di un adulto, era dipinta la medesima espressione di stupore dei guardiani, unita però ad una cupa determinazione che divertì particolarmente la guerriera.

Quei due la stavano aspettando, con gli acerbi corpicini pronti all’azione, come se credessero di essere in grado di fermarla.

Pharnasius non accennò minimamente a rallentare la propria corsa: non era il momento di giocare e se qui cuccioli non si fossero spostati di loro spontanea volontà, li avrebbe spintonati di lato senza indugio … troppo tardi si rese conto di aver nettamente sottovalutato quei due avversari in miniatura.

Un ruggente torrente infuocato per poco non la investì.

La guerriera scartò di lato appena in tempo e rimase terrorizzata a fissare quell’inferno che scaturiva direttamente dalle fauci spalancate del cucciolo che aveva il suo stesso colore delle scaglie.

Ne aveva viste di stranezze, ma questa superava nettamente ogni più perversa immaginazione: draghi che emettevano fuoco dalla bocca!

Era rimasta talmente interdetta che non si accorse di una massa ombrosa che stava caricando verso di lei, piombandole addosso e trasformando ogni cosa attorno a lei in una realtà fumosa colma delle dolorose sferzate di artigli e coda che le arrivavano da ogni dove.

Colta da un bruciante senso di impotenza, Pharnasius tentò di sottrarsi all’ombra che la martoriava, solo per ritrovarsi avvinghiata da innumerevoli liane che le si erano avvolte attorno, letteralmente spuntando dal nulla!

Il serio pericolo in cui ora si trovava, fece riacquistare alla guerriera il controllo delle proprie azioni.

Attivò le lame dei suoi bracciali e manovrando con esse, nel limite del possibile, cominciò a recidere i legacci che la imprigionavano.

Non terminò mai la sua opera in quanto il cucciolo viola balzò su di lei, rigirandosi agilmente in aria e sferrandole una micidiale frustata di coda in pieno muso.

Innumerevoli stelle le esplosero nel campo visivo, mentre cadeva a peso morto all’indietro, rimanendo poi stordita a fissare il soffitto, con la vista che andava annebbiandosi sempre di più.

Un paio di zampe adulte l’afferrarono rudemente, costringendola ad assumere una posizione seduta, con la schiena addossata alla fredda parete.

Per qualche istante il mondo prese a vorticare innanzi a lei, così velocemente che Pharnasius ebbe l’ardente desiderio di rigurgitare.

Poi la testa cessò di pulsarle così ferocemente e lei potette finalmente mettere a fuoco gli sguardi seriosi che la circondavano: era nei guai.

 

Ignitus era confuso e sbigottito, mentre osservava con angoscia la dragonessa intrappolata dalle liane, che spostava freneticamente lo sguardo su ognuno di loro, palesando una disperata ricerca di un’idea che però non voleva prender forma nella mente in tumulto, confusa come lo erano quelle dei suoi aguzzini.

I guardiani non riuscivano a credere ai propri occhi, mentre fissavano con orrore il colore delle scaglie dell’intrusa: viola.

La cosa non aveva senso, quella leggendaria e rarissima razza di drago compariva una volta ogni dieci generazioni, influenzando il mondo sia per il bene che per il male, e mai si sarebbe sospettata l’esistenza di un altro esemplare di drago viola oltre a Spyro e Malefor.

Come se la cosa non bastasse, la struttura fisica di lei aveva qualcosa di inusuale, per non parlare delle ali e degli strani aggeggi che erano ancorati alla sua persona.

Sembrava quasi che la prigioniera provenisse da un altro mondo.

-Chi sei? E cosa ci fai qui?-

Dovettero ripetere la domanda una seconda volta prima che una scintilla di vitalità tornasse nei nerissimi occhi della dragonessa, lavando via lo smarrimento e la paura.

Lei rivolse loro uno sguardo colmo di dignità e fierezza.

-          Il mio nome è Pharnasius e sono venuta per conto di Malefor-

Pharnasius avvertì con sgomento la propria bocca pronunciare le ultime parole della risposta contro la sua volontà.

Avrebbe voluto tacere il movente della sua incursione, ma per qualche spaventoso motivo non riuscì a frenare la lingua, per quanto cercasse di opporsi all’inspiegabile forza che la comandava come una marionetta.

Ignitus sorrise soddisfatto, inarcando il collo e notando con piacere che il suo semplice incantesimo della verità stava facendo effetto.

Ma il piccolo momento di esultanza venne prontamente celato sul nascere quando in nome di Malefor venne pronunciato.

-Malefor ha una nuova pedina da giocare, un nuovo pezzo sulla sua subdola scacchiera intrisa di piani oscuri e nefasti … a quanto pare ha trovato qualcun altro che obbedisca ai suoi ordini al posto di Cinerea (ora che non è più sotto la sua influenza, intendo dire)… ma la cosa più allarmante, pericolosa, disorientante ed incredibile è che abbia trovato un altro leggendario drago viola per questo…. Ora la questione è scottante, pericolosa, precaria…-

-Non credo che questo ci abbia portato troppe difficoltà…-

Tagliò Spyro, troncando il logorroico torrente di eloquenza che sempre si riversava fuori ogni volta che Volter, il guardiano dell’elettricità, proferiva parola.

A quanto pare quel dannatissimo drago d’oro era solito parlare molto anche quando non era immerso dal sonno, considerò Pharanasius tra sé, con una bruciante punta d’acido.

-… come poteri non è proprio un gran che, considerando la facilità con cui l’abbiamo battuta-

Offesa, la dragonessa rivolse un piccolo ringhio di avvertimento al cucciolo.

Di contro, Spyro le rivolse uno sguardo che esprimeva una ferrea sicurezza nelle capacità personali, frutto di innumerevoli battaglie.

Pharnasius si prese del tempo per scrutare i due cuccioli e dovette ammettere che si trovava di fronte a dei guerrieri navigati, nonostante la loro giovane età.

Guardò i loro corpi precocemente privi delle mollezze della fanciullezza, mentre rivedeva il fuoco fuoriuscire da quella boccuccia piegata in un sorriso di sfida … ed ebbe un fremito di repulsione: in che razza di spaventoso mondo era capitata?

-Come sei finita al suo servizio? E qual’era esattamente la tua missione nel Tempio?-

Aveva aggiunto Ciryl, il guardiano del ghiaccio, esibendo una voce acuta da primadonna.

Sospinta dall’incantesimo come un veliero dal vento, la guerriera si ritrovò a narrare la propria vicenda, incapace di trattenere le parole e sentendole con sgomento sfuggirle tra gli artigli serrati della propria volontà.

Parlò dell’esilio, della sua fuga dai pirati, di come fosse precipitata dentro la sua navicella in fiamme e del proprio incontro con Malefor.

-Non ho mai sentito una storia più bizzarra di questa…-

Proferì cinerea, non curando di nascondere il piacere che le dava ascoltare quel racconto colmo di assurdità e cose incredibili.

-… certo che ne hai di fantasia!-

-Sicuro che il tuo incantesimo stia funzionando Ignitus?-

Chiese la voce tonante di Terrador, guardiano della terra, con un timbro “roccioso” che rendeva onore alla sua carica.

-Sì, l’incantesimo è attivo, non ci sono dubbi… forse tutto questo è realmente accaduto.-

La cosa avrebbe spiegato il bizzarro aspetto di Pharasius, ma l’idea che vi fossero altre civiltà di draghi oltre alla loro, sparse chissà dove, era un qualche cosa di troppo grande da afferrare, meraviglioso e disarmante allo stesso tempo.

Quando poi la dragonessa narrò dell’accordo pattuito con Malefor, e di come avesse appena barattato le loro energie elementari con la possibilità di fuggire dal pianeta, ogni immagine del mondo tecnologico dipinto da Pharansius svanì, lasciando il posto ad una dolorosa consapevolezza.

Il destino del mondo stava precipitando!

-Infine Malefor è riuscito ad avere le nostre energie elementari… ciò significa che ora è perfettamente in grado di risvegliare il Distruttore…-

-Non posso crederci, se dovesse riuscirci tutto sarà perduto! Dobbiamo assolutamente agire!-

-Forse è già troppo tardi… forse lui sta già eseguendo i riti necessari ad evocare quella bestia …-

Pharanasius poteva avvertire l’odore della loro angoscia e paura, mentre i guardiani confabulavano tra di loro, in preda ad un palese tormento.

Cosa mai stava succedendo?

-Scusate ragazzi…-

Pharnasius si era infine decisa ad intrufolarsi nel colloquio, esigendo spiegazioni.

-… sareste così gentile di spiegarmi cosa cavolo sta succedendo e perché vi state improvvisamente agitando come polli impazziti? Cos’è questo dannato Distruttore che temete tanto?-

-Come, non lo sai? Tu hai distrutto anni ed anni di lotta e non sai minimamente a cosa sta portando il tuo stupido patto?!-

Le urlò praticamente contro Ciryl con gli occhi lampeggianti di furia assassina.

Pharnasius resistette imperturbabile alla sua rabbia, così come uno scoglio nel mezzo della mareggiata, scuotendo con calma il capo in senso di diniego.

Ciryl ringhiò esasperato, palesemente pronto a gettarsi su di lei per dilaniarla, quando Ignitus esalò un sospiro colmo di stanchezza prima di calmarlo, poggiandogli una zampa sulla spalla.

-Se quel che racconti corrisponde a verità, non vedo proprio come tu possa saperlo… la leggenda del Distruttore è antica, vecchia quanto la nostra civiltà… si tratta di una bestia mastodontica, il cui risveglio segnerà la fine del nostro mondo e la distruzione completa di quel che conosciamo.-

Qui fece una pausa, abbassò la testa e puntò i suoi saggi occhi da gufo nelle polle d’inchiostro di lei, quando parlò di nuovo, nella sua voce si potevano avvertire tutti gli anni che gravavano sulle sue vecchie ali.

-Malefor sta tentando in tutte le maniere di scatenare la distruzione, servendosi di questa antica creatura che dorme nelle viscere della terra… se ci riuscirà, ogni cosa diverrà tenebra e freddo.-

Occorse qualche secondo prima che la guerriera potesse afferrare pienamente la gravità di quelle parole.

Il suo corpo iniziò a tremare mentre rivedeva tutta la verde esplosione di vita della Valle di Avalar tramutarsi nello sterile deserto che dominava il suo pianeta d’origine.

Con orrore realizzò che Malefor stesse tentando in tutti i modi di perseguire i medesimi piani di distruzione di Oscar.

Ora quel paradiso aveva accelerato il passo verso la propria fine ed il pensiero che lei fosse la causa di tutto ciò le lacerava l’anima in minuscoli brandelli sanguinanti.

Quello non era il suo mondo, non era la sua casa, ma qualche cosa dentro di lei stava urlando dalla disperazione: doveva porre rimedio ai propri errori.

-Liberatemi!-

Urlò con rabbia, iniziando a strattonare le liane.

-Liberatemi! Forse posso avere qualche possibilità di fermarlo.-

-Come potremmo mai fidarci di te!-

Le sputò Ciryl sul muso.

-Hai già combinato abbastanza guai.-

Pharnasius era furiosa, arrabbiata per la cecità e l’ottusità dei guardiani.

Iniziò a divincolarsi con ferocia, strattonando le liane resistenti come cavi d’acciaio.

-Lascia perdere, è inutile. Stai sprecando solo energia-

Con un ruggito di rabbia, Pharnasius attivò le lame laser dei bracciali, premendole furiosamente contro le corde, mentre la preoccupazione e l’urgenza di agire le davano la forza necessaria a recidere i sui legami in un sol colpo.

Subito Ignitus le si parò davanti, tentando di trattenerla; ma la guerriera lo colse in contropiede, sfoderando un colpo che mai sarebbe stato concepibile per lo stile di combattimento della sua civiltà.

Il guardiano la vide sgomento alzarsi sui posteriori e correre verso di lui con un equilibrio impossibile per un drago; poi Pharnasius saltò e nel pieno del balzo gli afferrò la testa, mandandola a sbattere contro il ginocchio che stava alzando in contemporanea.

Si sentì il rumore nauseabondo di ossa e denti fracassati, mentre Ignitus cadeva a terra incosciente con il muso tramutato in una maschera sanguinolenta, e la dragonessa viola svaniva oltre il buco nel pavimento.

 

  
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