Past.
Passarono parecche settimane,
da quel pomeriggio che avevamo passato insieme, durante il quale mi
aveva detto che non sapeva come facessero l'amore due uomini.
Più ci pensavo, più mi chiedevo come facesse a
non averne idea...insomma, bastava sapere come succedeva fra un uomo ed
una donna e provare ad usare un po' d'immaginazione, tutto
lì. Mi venne quasi il dubbio che non lo volesse fare,
perchè riuscivamo a spingerci solo fino a del
superficialissimo petting. Il problema era che la mia voglia del suo
corpo, inevitabilmente, stava aumentando parecchio, soprattutto in quei
giorni.
Stava arrivando l'estate e Subaru cominciava a spogliarsi... Vedere il
suo corpo attraverso la leggera camicia a manica corta della divisa era
più che una tortura..! Per non parlare delle canotte, dei
pantaloncini o delle magliette leggermente attillate che indossava. Era
una tentazione vagante e nemmeno se ne accorgeva...
Un pomeriggio, ci recammo al centro commerciale per qualche acquisto e
passammo davanti ad un negozio di animali che aveva appena aperto.
Subaru insistette per entrare e, alla fine, lo accontentai. C'erano un
sacco di animali carini, ma noi non potevamo tenerli, al dormitorio,
senza prima aver chieto l'approvazione del preside, quindi cercai di
farlo desistere, ma lui, ormai, si era innamorato: erano due piccoli
conigli, uno bianco ed uno nero.
«Ti prego, Shosuke! Guarda che
musetti... Questo è carinissimo!»
esclamò, prendendo in braccio quello nero,
avvicinando il suo naso a quello del cucciolo, strofinandolo appena.
«Lo
chiamerò Sho-chan.» Usò un
tono fin troppo dolce, per pronunciare quelle parole, tanto che non
riuscii a resistergli.
«E va bene...»
lo accontentai, prendendo quello bianco. Mi piaceva farlo felice, ma
sarebbe stata la volta buona, quella, per chiedergli in cambio
qualcosa. Ormai erano tre mesi che stavamo ufficialmente insieme ed era
arrivato il momento, secondo me. Doveva mettere da parte le sue paure e
cercare di aprirsi a me in maniera più profonda.
Preso tutto l'occorrente per i cuccioli, compresa una grossa gabbia per
ospitarli entrambi, tornammo a scuola. Il tempo, per fortuna, quel
giorno, era fresco, così chiesi a Subaru se volesse passare
per il giardino esterno. Lui annuì, tutto contento, e ci
fermammo dove non c'era nessuno, seduti sull'erba. Guardai l'ora e
trovai la spiegazione al fatto che fossimo completamente soli: erano le
sei e mezza e i ragazzi, a quell'ora, si preparavano per andare a cena,
quindi avremmo potuto parlare con calma.
«Subaru, visto
che oggi sono tre mesi che stiamo insieme, che ne dici se quelli
fossero una specie di regalo per l'anniversario? Come una specie di
anello di fidanzamento...»
Quello che gli proposi m'imbarazzo, ma, più di tutto, al mio
imbarazzo, contribuì la sua risata. Per fortuna,
però, accettò e mi diede un bacio su una guancia.
Mi voltai verso di lui, a quel punto, e gli posai una mano sul volto,
fissandolo, serio, per qualche attimo, dritto negl'occhi. Notai anche
la sua espressione farsi più seria e la cosa non
potè che farmi piacere.
Abbassammo entrambi le palpebre e poi, finalmente, le nostre labbra si
toccarono. Provai un forte brivido, segno che ormai il tempo era
scaduto. Lo volevo, desideravo tutto, di lui, più di ogni
altra cosa sulla faccia della Terra.
Lentamente, ci ritrovanno distesi sull'erba, mentre le nostre labbra,
ora dischiuse, si assaporavano e le nostre lingue si cercavano,
raccogliendo tutto il sapore dell'altro. Lasciai passare ancora qualche
minuto e, poi, mi staccai con un leggero schiocco dalle sue labbra,
sedendomi quasi sul suo bacino. Lo guardai un attimo e mi sfilai la
maglietta, appoggiandola sull'erba. L'espressione di Subaru in quel
momento era strana, ma comunque dolce. Annuì, quasi come a
dirmi che sarebbe stato perfetto, quel momento, e poi fece come me: si
sfilò la maglietta, lasciando scoperta la metà
superiore del suo splendido corpo, permettendomi, poi, di assaggiarla, almeno
superficialmente.
Il suo respiro non impiegò molto a diventare pesante e,
ormai, qualcosa cominciava a pulsare sia nei miei che nei suoi
pantaloni, che slacciai per primi, sfilandoglieli, dopo le scarpe e le
calze. Eravamo lontani da occhi indiscreti, nascosti a pochi passi
dalla grande fontana che troneggiava in giardino, mentre gl'altri si
stavano preparando per la cena. Non ci avrebbero visti, ma anche se
fosse successo, non mi sarebbe importato... Di lì a poco, ci
ritrovammo completamente nudi. Percepivo perfettamente quel calore del
quale non riuscivo più a fare a meno e sentivo la pelle
bruciare, quasi...
«Subaru...»
lo chiamai, mentre una delle mie mani gli massaggiava lentamente una
coscia. «Non devi avere paura... Non ti
farò male, specialmente se sarai rilassato...»
lo avvertii, in un lieve sussurro. Lo amavo talmente tanto che non
sarei riuscito a ferirlo, mai.
«Mi fido, Shosuke.»
Sorrisi, allungando una mano verso i miei pantaloni, dalla cui tasca
estrassi un preservativo. Non che me lo portassi dietro nella speraza
che succedesse qualcosa... Beh, forse solo un pochino...ma,
soprattutto, perchè non volevo farmi trovare impreparato,
nel caso in cui fosse, appunto, successo. Lo tirai fuori e, piano, me
lo infilai, guardando Subaru, dolcemente. Mi avvicinai al suo volto e,
dopo aver fatto sfregare leggermente i nostri nasi, chiusi gl'occhi,
tornando incollato alle sue labbra. Nel frattempo, la mano che avevo
sulla sua coscia di spostò in mezzo alle sue gambe e scese,
fino ad arrivare ad accarezzare quella parte di lui che ci avrebbe
permesso di unirci, fino a formare una persona sola.
Lo preparai per un po', cercando di ammorbidire le pareti del suo
corpo, per evitare di fargli male, e, appena lo ritenni abbastanza
pronto, mi sistemai in mezzo alle sue gambe, che mi cinsero la vita.
«Ti amo.»
sussurrai, spingendomi appena verso di lui, che strizzò
gl'occhi, mordendosi il labbro inferiore. Mi fermai, lasciando che si
abituasse, e lo vidi prendere un respiro profondo.
«A-Anch'io...»
mi rispose, sorridente, sollevando una mano ad accarezzarmi il volto,
lentamente. La presi e ne baciai il palmo, mentre mi spingevo ancora di
più nel suo corpo, guadagnando spazio, dentro di lui, poco
alla volta.
Una lacrima gli solcò il volto, ma solo quella.
Andò tutto a meraviglia, i nostri corpi combaciavano alla
perfezione e le nostre anime facevano lo stesso. Eravamo più
vicini che mai, sia fisicamente che spiritualmente e non avrei potuto
essere più felice. L'aria, attorno a noi, era calda e piena
dei nostri sospiri, mugolii e gemiti. Non mi ero mai sentito
così vivo, in vita mia...e, in quel momento, mi accorsi
quanto mi fosse mancato, averlo accanto. Mi ero perso otto anni della
nostra vita insieme e tante cose, di lui... Avevo saputo di sua madre
ma non avevamo ancora toccato il discorso e mi aveva detto che ora Kana
e Tadahiko stavano dai suoi nonni. Anche a lui, probabilmente, era
mancata una figura di appoggio e, di quello, ero immensamente
dispiaciuto.
Una lacrima mi solcò il volto ed ero indeciso se attribuirla
alla tristezza per i momenti perduti o all'estrema felicità
che provavo in quel momento, mentre entrambi raggiungevamo quel piacere
immenso e quella consapevolezza di essere completi, finalmente. Ero
contento che fosse lui, anche se ero convinto che non potesse essere
altrimenti.
«O tu o nessuno.»