Anche gli Oni hanno sentimenti umani 2
La
voce profonda di Amagiri la svegliò bruscamente,
costringendola a
sollevare di scatto la testa dal petto di Harada, su cui si era
accasciata durante la veglia notturna.
La
giovane lo guardò indecisa sul daffarsi. Non che non si
fidasse del
gigante che nel frattempo le si era seduto affianco. La
verità era
che voleva godere fino a che le fosse stato possibile della compagnia
di Harada, compagnia che non appena il soggetto in questione si fosse
svegliato, le sarebbe stata negata.
La
ragazza sprofondò gli occhi grigi in quelli azzurri e
perennemente
seri di Amagiri, il quale si mostrava tenero solo con lei. L'aveva
vista nascere e crescere, trasformarsi in una giovane donna,
innamorarsi e trasformarsi in una bambola inespressiva la cui unica
ragione di esistere era salvare la vita a quel testone umano sdraiato
dinanzi a loro.
-
[Amagiri... se...]
-
Se dovesse avere una crisi ti
chiamerò, sta' tranquilla – la interruppe,
sorridendole in un ghigno quasi sinistro, tanto poco era avvezzo al
sorriso, sebbene gli occhi rivelassero un affetto sincero per la
giovane.
-
[Grazie...] - fu la replica di Gin che,
stancamente, abbandonò la posizione assunta per recarsi
nelle proprie stanze.
-
Occhi d'argento *... - la
richiamò il gigante, costringendola a voltarsi verso di lui,
sul volto un'espressione che lo invitava a continuare.
-
Finora non ho detto niente a Kyo circa il
fatto che in questi giorni hai più volte nutrito l'uomo con
il tuo sangue... Sei debolissima e fatichi a stare in piedi. Spero tu
non mi costringa a fare diversamente
-
[Ho capito...] - fu la risposta laconica di
Gin che tornò sui propri passi, uscendo dalla stanza.
Quando
si fu chiusa lo shoji alle spalle, si concesse il lusso di poggiarsi
ad esso: la testa le vorticava ed il pavimento sembrava spalancarsi
sotto i suoi piedi.
Amagiri
aveva ragione, aveva preteso troppo dal suo corpo, ma quella era
l'unica cosa per cui aveva ancora una qualche utilità.
Riprese
il cammino verso la propria stanza, sorridendo al pensiero di come si
era scoperta addormentata al momento del risveglio, la sensazione
della pelle calda dell'uomo sotto le proprie mani e la guancia
sinistra, il volto girato in direzione di quello di Harada.
Un
pensiero fastidioso e doloroso ne mutò l'espressione serena
in una
intrisa di tristezza, mentre la consapevolezza che stava
approfittando di un momento che le avrebbe lasciato solo dei ricordi
da custodire con gioia la gettava nella disperazione più
profonda.
Un
paio di occhi viola, intanto, ne scrutavano il volto con
preoccupazione.
Ti
spezzerai sorellina...
***
Stava
spazzando via le foglie dal giardino quando la visione le fece
perdere ogni contatto con la realtà. La scopa rudimentale le
cadde
di mano, mentre gli occhi si facevano fissi, senza vedere niente di
ciò che la circondava. Fu un attimo, improvvisa, come era
arrivata,
la visione si dissolse, lasciandola frastornata.
Si
voltò verso la struttura in cui Harada stava riprendendosi
lentamente dalle ferite, chiedendosi come agire. Si fosse trattato di
qualcuno di diverso, di un umano qualunque, avrebbe lasciato correre
senza indugio. Ma quel ragazzo era uno Shinsengumi, un amico di
Harada. Un umano che non le avrebbe mai fatto quello che le avevano
fatto i suoi simili. Insomma, aveva difeso quella ragazza del loro
clan, quella Chizuru, in più di un'occasione. E l'aveva
sempre
rispettata.
Sentiva
di dovergli qualcosa. E di doverlo anche a Harada.
Scosse
il capo, inquieta, chinandosi poi a raccogliere la scopa per
riprendere il lavoro interrotto a causa dell'ennesima visione di
morte.
E
decise.
Avrebbe
aspettato la reazione di Harada al suo risveglio, solo allora avrebbe
stabilito come agire.
***
-
Non puoi chiedermi di reggerti il gioco fino
a questo punto
-
…
-
Mi rifiuto, Gin. Non posso vederti...
-
…
-
Dannazione, sei mia...
-
…
-
Ho capito, manterrò il segreto ma
se...
-
…
-
No. Se dovessi...
-
…
-
No, a quel punto interverrò. O
accetti questo ultimatum oppure gli dirò la
verità.
-
…
-
Bene.
Harada
sentì quel discorso molto ovattato, come se fosse
lontanissimo, ma
questo non gli impedì di chiedersi con chi parlasse
Shiranui, dal
momento che non sentiva la voce del suo interlocutore.
Pochi
istanti dopo, un lieve raggio si luce filtrò attraverso lo
shoji, da
cui entrarono Shiranui ed un ragazzino sui diciassette anni la cui
somiglianza con l' Oni che lo accompagnava aveva dell'incredibile,
sebbene la fisicità dei due fosse diversa, innegabilmente:
Kyo era
alto e dalla muscolatura scattante, l'alto era esile; il primo aveva
lineamenti affilati, l'altro aveva un volto delicato, quasi
effeminato, sebbene i tratti ne palesassero la parentela con l'uomo
più maturo; i capelli di entrambi erano lunghi, scuri, folti
e
lucenti, della stessa esatta tonalità. La cosa che li
differenziava,
in maniera eclatante, era il diverso colore degli occhi: viola quelli
dell'uomo, grigio argento quelli del ragazzino.
Harada
era pronto a scommettere che il ragazzino fosse quel Gin* con cui
Shiranui parlava fino a pochi attimi prima.
-
Bene! Vedo che ti sei svegliato! - gli si
rivolse Shiranui.
-
Già... - rispose Harada debolmente
-
Dove mi trovo?
-
Sei presso il nostro quartier generale. A
tal proposito devo chiederti di non girovagare, se non scortato da me o
Gin, e di non uscire dal perimetro del tempio.
-
Bastardi. Mi avete salvato la vita solo per
tenermi prigioniero ed usarmi come merce di scambio con lo Shinsengumi.
- fu la risposta rabbiosa dell'uomo che, nel tentativo di sollevarsi,
ricadde pesantemente al suolo.
Il
ragazzino corse al suo fianco aiutandolo a mettersi seduto.
Un
semplice gesto del capo fu la risposta che ottenne dal ragazzo.
-
Non sei prigioniero. Piuttosto ospite,
direi. - riprese Shiranui.
-
Ospite?!
-
Certo. Adesso porta pazienza, Gin
penserà a medicarti le ferite.
Harada
riportò lo sguardo sul giovane seduto accanto a lui,
notandone il
tremito delle mani affusolate.
Sollevò
quindi gli occhi sul suo volto, osservandolo mentre un lieve rossore
gli coloriva le guance.
Resosi
conto di avere imbarazzato, se non spaventato, il cucciolo di Oni,
decise di riprendere il discorso con Shiranui.
-
Da quanto tempo sono qui?
-
Una settimana. Hai dormito per la maggior
parte del tempo, ma questo ha fatto sì che ti riprendessi
più rapidamente.
Nel
frattempo Gin si trovava in estrema difficoltà: era vero che
in quei
giorni si era occupata lei di Harada, ma toccarlo mentre dormiva era
una cosa... in quel momento, invece, l'uomo era sveglio e seminudo
davanti a lei. E Gin sprofondava sempre più nell'imbarazzo e
nel
terrore: era Harada, ma rimaneva un uomo. Inoltre era attanagliata
anche dall'ansia che scoprisse l'inganno atto a celare la sua natura
femminile.
Ci fu
un attimo di silenzio, interrotto dal rumore della bacinella che,
scivolando via dalle mani di Gin, cadeva a terra rovesciando tutto il
contenuto, per poi rotolare fino ai piedi di Shiranui.
-
Sangue? - domandò Harada,
portando lo sguardo su Gin, che intanto si era alzata, indietreggiando
leggermente per allontanarsi da lui.
-
Sangue?! - ripeté Harada, urlando
quasi, mentre la consapevolezza iniziava a farsi strada dentro di lui.
Abbassò
gli occhi sulle proprie ferite, strappando le bende con forza, fino a
mettere a nudo una striscia sottilissima e lievemente rosata laddove
avrebbe dovuto esserci uno squarcio.
-
Cosa mi avete fatto? Mi avete trasformato in
Rasetsu, vero? - urlò in preda ad una rabbia cieca,
sollevandosi in piedi, il corpo pronto a scattare.
-
No... o meglio, sarebbe giusto definirti un
Rasetsu perfetto, per quanto preferisca la definizione di Oni
imperfetto.
-
Oni... imperfetto? - chiese allora con voce
strozzata.
-
Certamente. Gli Oni sono tali solo per
nascita. Tu lo sei diventato grazie al suo sangue che Gin ti ha fatto
bere in punto di morte.
Lo
scatto di Harada colse alla sprovvista entrambi i fratelli.
Gin si
ritrovò spalle al muro, la mano destra di Harada stretta
attorno al
collo.
Kyo
balzò in avanti pronto ad intervenire in difesa della
sorella, ma fu
prontamente bloccato proprio da questa con un cenno del capo.
-
Tu, piccolo stronzo. Mi hai trasformato,
costringendomi a diventare un essere mostruoso, proprio come te.
L'uomo
scrutava con odio il volto di Gin, la cui espressione non
mutò di
una virgola.
Solo
gli occhi tradirono il turbamento provocato da quelle parole,
perdendo la loro luminosità e lasciando leggere la
sofferenza che
cercava di nascondere dietro quella facciata di indifferenza.
Harada
ebbe una sensazione di déjà vu: quegli occhi era
certo di averli
visti altrove ed improvvisamente gli si riaffacciò alla
mente quella
ragazzina che aveva salvato tempo prima dai Rasetsu.
Il
volto della giovane andò a sovrapporsi a quello del ragazzo.
Non
potevano essere la stessa persona: il sorriso solare della ragazzina
cozzava con l'espressione tirata e sofferente del ragazzo, ma
l'effetto di quella somiglianza su di lui funzionò da
calmante.
Gin lo
osservò mentre si lasciava scivolare a terra, sprofondando
la testa
tra le braccia poggiate sui gomiti.
I due
fratelli uscirono dalla stanza, dirigendosi in giardino, lontano da
orecchie indiscrete.
-
Gin, sai di aver rischiato troppo?
-
[La sua rabbia è giustificata.
Inizio a credere di aver peccato di egoismo.]
-
Non è così... e
ciò che hai fatto per salvarlo ti ha indebolita molto... non
ti sei ancora ripresa...
Non
ottenendo risposta da parte di sua sorella Kyo le sollevò il
volto
per poterne scrutare gli occhi, arrivando a comprendere quale idea
fosse maturata nella sua testa.
-
No, Gin... non puoi farlo. E' troppo
pericoloso per te. Potresti...
-
[Morire?] - gli chiese dandogli le spalle.
-
[Sono morta quando quelli...] - la solita
sensazione di orrore e disgusto la costrinse ad interrompere la frase.
-
Pagheranno per questo. Kazama e Amagiri sono
sulle loro tracce e...
-
[Qualunque sia la loro sorte, non mi
sarà restituito ciò che mi hanno preso]
– lo interruppe bruscamente, tornando a guardarlo.
-
Sorellina...
-
[Ormai ho deciso. Ciò che mi
è rimasto è la possibilità di fare uso
del mio dono per salvare i soli esseri umani degni di stima e fiducia
che io conosca]
-
Gin, se...
-
[Kyo, mi hanno privata della mia
dignità, della facoltà di parlare, condannandomi
a visioni di morte. Mi hanno sporcata in un modo che nessuno uomo
sarebbe disposto ad accettare...]
-
Ma il tuo spirito...
-
[Fratello...] - riprese lei avvicinandosi a
lui ed afferrandogli le mani – [Avrò sempre il
rimpianto di ciò che sarebbe potuto essere e che non
sarà. Forse avrei avuto una qualche possibilità
con lui... forse avrebbe potuto amarmi... nonostante la mia natura
mostruosa. Ma quello che mi è accaduto mi ha resa come un
oggetto difettoso, uno scarto da accantonare. Per garantirmi un po' di
felicità non mi resta che assicurarmi che sia felice almeno
lui.]
-
Gin...
-
[Ho deciso, ormai.] - gli disse avviandosi
verso la propria stanza – [Non lo lascerò solo: il
prossimo sarà Okita Souji]
*Gin
significa argento.
Sganciata la bomba, Yuuki se ne va ^__________^ |