Orbene riesco ad aggiornare di nuovo.
Questo
capitolo ancora una volta si mostra demenziale ma questa volta quasi
allo stremo.
Qui si parla di Starrk e Nnoitra; oltre che di
Kira e Harribel; e di tutto il loro rapporto burrascoso.
Ora, leggendo vi chiederete del perchè appare
Izuru al posto di Tesla... Ma era per esigenze di trama e comunque
non disparate, quest'ultimo ci sarà eccome.
Per Starrk invece, credo di essermi presa qualche
libertà in più, quindi forse potreste trovarlo un
po' OOC.
Nel manga mi ha sempre dato l'idea di un
intellettuale e/o di un pensatore oltre che di semplice uomo pigro e
annoiato. Ce lo vedo, almeno in un contesto AU, capace di fare
battutine apparentemente
stupide.
Per il resto, ringrazio di cuore Sparta Legacy e
mangagirlfan per aver recensito lo scorso capitolo ^^
Spero possiate fare buona lettura! Ditemi cosa ne
pensate!
Desire
number 3 “Stay
at Home alone”
(Starrk-Nnoitra-Harribel and Izuru)
Una incommensurabile
fatica ad aprire gli occhi, misto ad uno strano sapore all'interno
del palato, erano alla base del faticoso risveglio di Coyote Starrk.
Non riusciva ad aprirli.
Tanto erano pesanti quelle sue palpebre, che per riuscire a guardare
il cielo, dovette per forza di cose fare uno sforzo immane fino a
ritrovarsi con il fiatone.
“Mmm...”
Dalle sue labbra
screpolate fuoriuscì a più riprese un lamento di
sorpresa mista a
fatica, mentre constatava da li a poco che i suoi occhi scuri stavano
osservando quello che era un soffitto dai colori caldi in abbinato ad
un elegante lampadario.
Con una incommensurabile
fatica tipica di un post sbornia colossale, il giovane uomo si
ricordò con lenta calma dove si trovava.
A casa di un amico. E più
precisamente nella dimora del suo ex compagno di università,
Nnoitra
Jilga.
Erano passati ben dieci
anni dall'ultima volta che i due si erano visti, però
nonostante
quel piccolo dettaglio, il giovane giornalista
doveva
constatare un paio di cose.
Che Nnoitra a studiare e
lavorare come dentista – si era sempre giustificato che adorava
il suono del trapano e le facce terrorizzate dei pazienti
sotto i
ferri – aveva fatto un mucchio di soldi ma che, nonostante la
vita
agiata che conduceva, lo dimostrava la sua dimora immensa, era e
continuava ad essere il metallaro che conosceva. Avere
come
cliente fisso quel milionario di Sosuke Aizen e tutti i suoi soci non
lo avevano tramutato in un gentleman.
“Uff...”
Con una certa seccatura,
l'uomo ormai desto si portò una mano sul volto per poterselo
così
massaggiare meglio, constatando che forse quella sera lui e il suo
vecchio amico si erano decisamente divertiti troppo. O altre
sì
vero, avevano bevuto come due spugne per
festeggiare la
vecchia rimpatriata tra amici.
Si massaggiò con
insistenza le palpebre e la fronte, passando poi per l'attaccatura
del naso fino a sfregarsi energicamente la bocca e il mento coperto
da una lieve barba incolta.
E con calma, oltre ad
accorgersi che non solo il suo alito puzzava di alcool ma anche la
moquette rosso scuro sotto di lui, ne era chiazzata fino a sembrare
una spugna da tanto che era zuppa, si accorse di non essere da solo
su quel pavimento.
Un mix di alcoolici di
alto grado misto ad uno strano odore di cloro, che portarono il
giornalista a mettersi a sedere confuso su di quella superficie
praticamente ignota.
Nell'esatto momento in cui
Starrk si portava le mani al petto nudo per sentire che era ancora
umido e puzzolente di cloro, un lamento al suo fianco gli
ricordò
che pure Nnoitra si stava risvegliando e in modo decisamente pessimo.
“Ohh... Ohh merda...”
gli occhi del primo
rinvenuto si spostarono stretti dalla fatica verso la figura che
giaceva a suo fianco e che, con una certa goffaggine, stava tentando
di mettersi a sedere emettendo svariati mormorii e imprecazioni.
Forse fu l'altezza
notevole a farlo faticare dal provare a sistemarsi meglio, oppure
dagli ancora tanti ettolitri di alcool che gli giravano in corpo,
fattostà che finalmente il padrone di casa riuscì
a mettersi seduto
e a guardare con noia il suo ospite.
“Ehilà...”
“Stronzetto, buon salve”
“Siamo sempre molto
accomodanti, eh Nnoitra?”
Non vi era vera polemica
nella voce dell'amico, quanto solo una noia evidente accompagnata da
un vistoso sbadiglio. L'interpellato di tutta risposta,
borbottò un
sarcastico “spiritoso” mentre a fatica si scostava
dalla fronte i
lunghi capelli unti di quell'insolita sostanza
puzzolente di
vodka e cloro.
Ma fu quando scostò le
ciocche dall'unico occhio che possedeva, che al posto dei consueti
pantaloni e camicia vide...
“Si... Come no... E...
Acc...! Ma siamo nudi?!!”
Il nulla.
O meglio, vedeva solo i
suoi gioielli di famiglia e quelli di Starrk seduto accanto a lui.
Esclamazione stupita
quella, che portò curiosità nel volto del
giornalista, che fino a
quel momento si era solo accorto di essere a petto nudo.
Per essere arrivati li,
ossia nudi e ubriachi come due barboni nell'ingresso di casa
–
quello che dava al giardino interno – doveva voler dire che
si
erano divertiti fin troppo.
“Ah cavolo... Eh si, mi
sa che hai ragione...”
“Eh si che ho ragione
pezzo di idiota! Questo non va b-bene cazzo! Non va affatto
bene!”
“Dolcezza, calmati...
Hai una voce quando urli che è straziante per chi ascol...”
“Non
chiamarmi
dolcezza, coglione!!”
Sorprendentemente, Nnoitra
Jilga riuscì – anche se inizialmente in modo assai
goffo e stupido
– a tirarsi su in piedi barcollando sulle lunghe gambe
malferme.
Barcollò come una
marionetta senza fili, prima di raggiungere un imponente
comò di
legno e li poggiandoci le mani sulla superficie levigata per non
cadere su quel pavimento sudicio.
Di tutta risposta a
quell'isteria forse ancora dovuta all'ubriacatura colossale, Starrk
si stiracchiò optando per rialzarsi con più calma.
Pur non perdendo note
sarcastiche – con una punta di verità –
nelle sue parole.
“Mmm... – con uno
sforzo si mise in ginocchio tentando subito di sollevare una gamba
–
lo sai che non mi ricordavo che avevi un pisello
così grosso?
Cioè voglio dire... come fai a...”
“Smettila
di parlare
di piselli...
Brutto
idiota!! Ti rendi conto di quel che è successo?! Ah no! Sei
troppo
impegnato a guardarmelo per pensare!!”
Era isterico.
Talmente tanto da essere a
dir poco ridicolo. Starrk non si ricordava più che la sua
voce
diventava così acuta quando perdeva le staffe. Ma
ciò non toglieva
che affatto capiva quello che stava strillando.
Confuso e decisamente
stanco, l'uomo reduce da una sbornia incredibile finalmente
riuscì a
mettersi in piedi con meno rischio del collega pazzo.
“Ma cosa sarebbe dovuto
succedere?! – si massaggiò le palpebre per darsi
la giusta
“carica” – A parte aver bevuto come
spugne ed essere
completamente bagnati non...”
“Siamo sudati testa di
cazzo!! Abbiamo bevuto come due idrovore e abbiamo scopato
come due ricci!!”
Cosa?
Come?
Prego?!
Ok, non era sotto gli
effetti di un post sbronza ma era ancora effettivamente ubriaco. Lo
stesso sguardo di Starrk rimase di stucco a quelle parole strillate,
perdendo per alcuni secondi certi un paio di battiti.
Tuttavia, con il respiro
ritrovato da una accelerata improvvisa del cuore, la ragione si fece
largo nella testa del giovane uomo che decise di parlare. Ma non
prima di essersi massaggiato ripetutamente la fronte per scacciare
via un profondo mal di testa.
“No senti... Credo che
tu stia sbagliando. Se avessimo fatto sesso me lo ricorderei”
“E allora perchè mi hai
chiamato dolcezza? Perchè siamo sudati?! E perchè
cazzo siamo
nudi??!”
Nnoitra parlò a raffica
scostandosi con violenza e teatralità, i lunghi capelli
d'ebano che
gli si erano incollati al viso.
Il gesto rivelò il volto
di un uomo che andava verso la quarantina, carente dell'occhio
sinistro ben coperto però da una benda nera.
Uno sguardo isterico e un
ghigno perennemente incastonati in un viso ovale, che ora era
sconvolto da un possibile svolgimento della serata a cui,
però,
Starrk affatto credeva.
Infatti, portandosi un
braccio all'altezza del naso, studiò attentamente l'odore di
quel
presunto sudore.
E come constatava, c'era
qualcosa di stano.
“Ti ho sempre chiamato
dolcezza all'università... Lo sai. E poi
questo sudore come
lo chiami tu, puzza di cloro”
Spremendo con forza le
stanche meningi, il giornalista iniziava a rimembrare che forse
Nnoitra possedeva una piscina nel cortile interno.
Tuttavia, una volta che
riportò lo sguardo verso l'allampanato compagno, lo vide
frugare in
un cassetto del comò precedentemente raggiunto, alla ricerca
di un
arnese argentato.
“V-vaffanculo...
Io
un ricordo del genere non lo voglio!”
Tra le mani tremanti di
ebbra follia, per sommo stupore congelato di Starrk, Jilga aveva tra
le mani un grosso revolver.
E nonostante suddette mani gli
tremassero di rabbia e nervosismo, ci impiegò davvero, troppi, pochi
secondi per caricarlo – alcuni proiettili caddero pure a
terra –
e puntarselo dentro la bocca aperta.
Un gesto estremo.
Un gesto totalmente
disperato che portarono le gambe dell'amico a tremare sconvolte un
attimo prima di scattare dolorosamente verso il suicida.
“Nnoitra!
NO!!”
I muscoli ancora
intorpiditi per la scomoda dormita, letteralmente gridarono quando si
tesero per lo scatto del loro padrone, deciso a fermare quel folle
del suo amico.
Ed infine il rumore sordo
del cuore di Starrk che letteralmente tuonava nelle sue orecchie, si
sostituì ad un rombo di tuono partito da un revolver
scintillante.
[…]
“Ohh...
Kira kun! Ma
come sei fortunato a lavorare qui...”
una voce forzatamente
femminea fuoriuscì con sarcasmo – in modo
però sussurrato –
dalle labbra di un uomo intento con noia a sfogliare un vecchio
registro contabile.
Sospirò un singhiozzo
sconsolato, prima di auto rispondersi.
“Oh... Grazie
Hinamori... Dovresti passare più spesso a
vedere che bel
posto è... E... Uff!”
Diamine, non riusciva ad
auto convincersi neppure lui.
Quindi per l'ennesima
volta in quella prima serata, Izuru Kira si lasciò sfuggire
un altro
sospiro/singhiozzo mentre si staccava dal leggere quelle vecchie
cartacce e appoggiava la schiena sulla sua poltrona d'ufficio.
Pareva che la sua unica
vera consolazione fosse la tazza di tè bollente che aveva
nella mano
destra.
E si che in tanti,
Hinamori compresa, gli avevano detto che era stato fortunato a
trovare un cliente così facoltoso che addirittura lo avesse
ospitato
nella sua “umile” dimora.
Non che l'immensa villa
dallo stile inglese rurale – tipo quella villa presente nel
gioco
Tomb Rider giocabile come livello training e che lui prontamente non
riusciva a sbloccare mai un segreto – fosse brutto. Ma era
vivere
con Nnoitra Jilga che non era bello.
In principio Kira aveva
una casa tutta sua e lavorava in uno degli alberghi più
lussuosi di
tutta la città.
Si era distrutto il
cervello per studiare come avvocato, i suoi stessi genitori avevano
puntato molto su di lui, quindi per non deludere le sue aspettative
–
e quelle degli altri – lavorò sodo per arrivare
sin dove era
arrivato.
A fianco di Gin Ichimaru
sembrava andare tutto bene. Ma non aveva calcolato quanta influenza
quell'uomo avesse su di lui. Forse Ichimaru si era approfittato del
gravoso lutto nella famiglia di Izuru – l'anziano padre era
morto
di infarto – e aveva quindi fatto pressioni psicologiche su
di una
mente comunque provata. Fattostà che lo sfruttò
per bene per i suoi
discutibili scopi, fino a che una volta
“inutilizzabile” gli
scaricò addosso il peso di colpe che non gli appartenevano e
lo
licenziò. Perdendo in breve tempo quasi tutto. Persino la
faccia da
avvocato per lo sconforto che quell'uomo gli aveva fatto venire.
Pareva quasi che Kira
fosse un ottimo esempio di capro espiatorio – compromettendo
che
questa credenza finì col portarlo, appunto, quasi alla
depressione –
tuttavia ciò non toglieva che era bravo come avvocato.
Quindi quale occasione
migliore per Nnoitra Jilga, geneticamente propenso
a cacciarsi
in situazioni scomode, quella di avere sempre a disposizione un
avvocato sottopagato ospitato in casa?!
Una comodità per lui così
da avere qualcuno che gli togliesse le castagne dal fuoco, ed una
comunque comodità per Izuru giusto per non disonorare la
propria
famiglia.
Ma davvero, quell'uomo gli
faceva fare di più lo sguattero che l'avvocato. E si fermava
a
quell'epiteto di “sguattero” poiché di
elencare tutte le
faccende che giornalmente svolgeva, non ne aveva voglia e gli veniva
la nausea a ricordarsele.
Andarsene? Ci aveva
pensato più di una volta ma da solo aveva sempre avuto il
timore di
non riuscire a cavarsela. Non dopo ciò che era successo con
Ichimaru
– uomo che rispettava terribilmente
all'epoca – che lo
aveva sfruttato senza remore.
Per cui, sospirò
rumorosamente guardando per un attimo il soffitto a cassettoni e
finemente intarsiato, prima di portarsi la tazza alle labbra per
sorseggiare un po' di tè fumante.
Tuttavia quella tazza finì
il suo viaggio prima. Nel mentre di tutti i suoi pensieri non si era
accorto che al piano di sotto qualcuno stava facendo rumore, rumori
di tafferugli probabilmente, ne che quel rumore era provocato dal suo
padrone di casa in lotta con l'amico ospitato.
No, si accorse della
drammatica vicenda quando la tazza che aveva nella mano e a pochi
centimetri dal viso, esplose in una moltitudine di
pezzi
riversando il suo bollente liquido sul cavallo dei suoi pantaloni.
“Oooh?!!
M-ma che...
Ooh! Scotta!!”
Kira scattò in piedi
nell'esatto momento in cui il tè bollente gli
finì addosso
scottandogli le gambe e i gioielli, gridando di sorpresa misto a
dolorante panico per ciò che era appena successo.
Il cuore, che dentro il
petto stava pompando incessantemente preda della adrenalina, gli
stava chiaramente dicendo di indagare su cosa diavolo fosse successo.
“Ahh... Ma cosa è
successo...?!” piagnucolò.
Più dispiaciuto per la
tazza regalatagli da Hinamori che per aver salvato la pellaccia da un
proiettile vagante che aveva sfondato il pavimento
il legno,
fermandosi poi sul soffitto sopra la sua testa bionda.
Restandone poi in
silenzio, notò nuovamente un botto attutito, lo stesso che
aveva
sentito prima ma a cui non aveva prestato importanza, seguito poi da
un sibilo del proiettile che sfondava il pavimento in legno ma
stavolta stando lontano da lui.
Di sotto si stavano
sparando, quindi i due dovevano essere ancora ubriachi oppure, molto
peggio, lucidi e consapevoli di aver commesso cazzate.
Per tal motivo Kira Izuru,
roteò gli occhi esasperato preparandosi a scendere di sotto.
[…]
“Nnoitra...
M-molla
quest'affare!”
L'interpellato rispose con
un ringhio frustrato alla tenacia di Starrk, che stava mettendo tutte
le sue forze per strappargli di dosso quella pistola.
Era una colluttazione
iniziata da pochi minuti ma sembrava se le stessero dando di santa
ragione per ore.
Ma alla fine l'ospite ebbe
la meglio sul padrone di casa, strappandogli di mano l'arma –
dopo
una breve e concitata lotta in cui partirono un paio di colpi
–
gettandola lontano e fuori dalla portata di Jilga.
Il gesto portò il padrone
di casa a gridare rabbioso verso un amico che, eccetto una
espressione severa in volto, non riuscì a proferire parola a
causa
di una terza entrata in scena, che sorprese entrambi i due uomini
preda di una forte emicrania.
“Si può sapere che cosa
avete da gridare? Non avete ancora finito di salutarvi per
caso?!”
Tia Harribel, saranno
passati una decina d'anni dall'ultima volta che Starrk l'aveva vista,
non pareva essere affatto cambiata. Certo il volto forse si era fatto
ancor più maturo, tuttavia restava esattamente la
promettente
studentessa che aveva conosciuto. Solo che ora era una donna in
carriera e lavorava al fianco di un pezzo grosso come Sosuke Aizen.
Individuo che lui,
guarda un po', doveva intervistare.
Ma Harribel, donna
brillante e... Poco propensa alle buffonate, sbuffò
lievemente
esasperata per quel piccolo scenario di pura demolizione.
“Cosa è successo qui?!”
Incrociò le braccia al
petto - petto rivestito da un sobrio taglieur – e
guardò i due
molto attentamente. E in quel mentre, da dietro le sue spalle apparve
una bambina vestita di un elegante abito rosso e dallo sguardo truce.
Se Nnoitra se ne restava
zitto (seppur guardandola di sbieco) sia perchè non sapeva
che dire,
sia perchè non si ricordava più il nome della
ragazzina, Starrk per
ovvie ragioni la riconobbe subito.
“Lilynette...
Ecco...”
“Non aggiungere altro!
Ho visto tutto! E come adulti siete entrambi disgustosi!”
Si aggrappò salda e
contrariata alla gonna della donna dalla pelle d'ebano, giusto per
sottolineare al meglio la sua indignazione.
Indignazione più che
giusta dato che, i due uomini sempre più lucidi, nulla
facevano per
coprire le loro vergogne e il loro aspetto dinnanzi alle due donne.
Solo Nnoitra si coprì, incrociando però le
braccia al petto con una
punta di fastidio non appena notò qualcosa di sconveniente
sul suo petto.
“Quindi...?” incitò
sottilmente spazientita Harribel.
Senza cambiare espressione
facciale – apparentemente pacata e tranquilla –
portando comunque
un certo disagio nei due.
“Uff... Che seccatura.
Comunque, Nnoitra pensa che noi due abbiam...”
“Sta zitto dannato
cretino di un giornalista!! Non è vero niente!”
“Ah... Ma non eri tu a
dire che avevamo fatto sesso?!”
“Oh
cazzo, taci!!”
L'unico occhio di Jilga
quasi uscì fuori dall'orbita nel tentativo disperato di
contestare
l'amico. A quanto pare più la sbornia gli passava e
più
consapevolezza acquistava. Compreso il fatto di aver commesso una
gran cazzata come quella del suicidio.
Tuttavia, nonostante il
clima di tensione e panico che si era fatto, Tia Harribel si
limitò
a chinare la testa e sbuffare con una punta di sarcasmo.
“Uhmpf, apprezzo i
vostri sforzi comunicativi. Ma non è così che
è andata...”
Sorrise lievemente ai due,
che ancora non si degnavano di coprirsi le vergogne peggio di due
cafoni campagnoli.
“Ah... no?!” chiesero
entrambi contemporaneamente.
“No... È andata molto
peggio!”
Commentò in risposta –
e con sarcasmo seccato – la piccola Lilynette. Staccandosi
finalmente dalla gonna della donna e guardandoli truce. Doveva sempre
ritrovarsi ad avere qualcosa di cui lamentarsi verso Starrk. E si che
la prospettiva di una serata di gala dopo il trauma
di un
trasferimento da una città all'altra pareva qualcosa di
eccezionale.
“È andata... – iniziò
una Harribel in procinto di incamminarsi per un corridoio seguita
lentamente dalla bimba e dai due ceffi – che voi vi siete
ubriacati
di brutto per festeggiare. Poi ebbri avete indossato i miei vestiti
deformandoli del tutto – calcò
ben bene su quella parola
infilandosi in una stanza seguita a ruota dagli altri tre –
… Per
finire poi a nuotare in piscina completamente nudi. Ecco come sono
andate le cose. E se non mi credete ci sono le riprese della
videosorveglianza”
No, non c'era bisogno di
altre conferme se non le parole delle due donne. E tanto bastavano
gli sguardi dei due per comprendere che avevano capito le schifezze
commesse.
Per tanto, compiaciuta di
quelle reazioni che era riuscita ad estrapolare ai due, Harribel si
sedette soddisfatta alla macchina da cucire presente nella stanza e
ritornò a confezionare l'abito precedentemente abbandonato.
Sotto lo sguardo attonito
di due ex ubriaconi.
“Cosa... Cosa stai
cucendo li...?!”
Ancora perplesso, il
dentista con le mani nascoste sotto le ascelle volle avvicinarsi per
vedere cosa la donna si stesse confezionando. Gli si sgranò
ancora
un volta l'unico occhio nel constatare che ciò che la donna
stava
mutilando era...
“Oh cazzo! Ma quelli
sono i nostri vestiti buoni!”
“Quelli che dovevate
indossare alla festa di stasera, esatto. E ora saranno la base per il
mio nuovo taglieur... Un piccolo prezzo da pagare per aver rovinato i
miei abiti firmati. Non credete?!”
Sorprendente come sempre,
Harribel non aveva bisogno di strillare come una isterica o menar le
mani per punire dei maschi indisciplinati. Per quei due, bastava
semplicemente prenderli per il verso giusto. E lei li conosceva fin
troppo bene per sapere dove e come toccare i loro punti deboli.
Per questo, Coyote Starrk
non si sorprese più di tanto. Massaggiandosi le tempie con
sarcasmo
e accettando sportivamente la sconfitta.
“Dannata donna... E noi
cosa indossiamo?!”
“Oh...
Sono sicura
che troverete qualcosa di decente da indossare... In dieci minuti
dovreste farcela no?”
Concisa, di poche parole,
e lievemente compiaciuta nella sua fredda spietatezza, Harribel non
lasciò altro da aggiungere nel suo discorso che quasi
– anzi,
senza il “quasi” – puzzava quanto una
minaccia.
Una piccola vendetta che
portò il giornalista a borbottare annoiato –
mentre una Lilynette
gli lanciava addosso i suoi veri vestiti precedentemente abbandonati
come se fossero stati coltelli e strillando
“vestiti!” con quanto
fiato le permettevano i piccoli polmoni – e lasciò
Nnoitra in
principio di stucco e poi irritato.
Irritato senza darglielo a
vedere, questo era bene precisarlo.
Quindi iniziò pure lui a
cercare per la stanza qualcosa da indossare, anche se era improbabile
riuscire a prepararsi e partire in dieci minuti esatti.
“Hm? Serve una mano?!
Perchè tieni ancora le braccia incrociate?!”
Incuriosita per l'avanzare
incerto e un po' goffo dell'uomo in cerca dei suoi averi, Tia si
fermò nel cucire a macchina e lo osservò
attentamente nell'atto di
contenere un certo imbarazzo.
“Ah ecco, io... – si
guardò in giro e notando che Starrk era nel corridoio che si
rimetteva i pantaloni con fare ridicolo, ebbe coraggio di confessarsi
– ho i capezzoli turgidi... Sono
sensibili”
“Mmm... Sexy” lo
canzonò lei.
Tornandosene alla macchina
da cucire e sistemando il bordo di un colletto.
Non era con cattiveria che
lo provocava, tuttavia andava sempre a stuzzicare quel suo lato
infantile a dir poco obeso, che la portava il
più delle volte
a prendere decisioni ancor più drastiche di quelle
già prese.
“A-ah... Che spiritosa –
agguantò un asciugamano e se lo legò attorno alla
vita – sono
così perchè mi sono fatto i percing da ubriaco...
E credo di aver
usato i tuoi orecchi... Ni”
Le parole gli morirono in
bocca nell'atto di essersi accorto di aver parlato troppo e
soprattutto senza pensare, trovandosi a sudare freddo per una
misteriosa ragione, mentre – con molta lentezza –
si voltava vero
una donna che ora non sorrideva più.
Ma che anzi finalmente
vedeva che fine avevano fatto i suoi piccoli orecchini argentati.
Oggetti di discreto valore che si erano misteriosamente persi dentro
la sua borsetta.
“Nnoitra...?!”
“Che vuoi?!”
Non gli piaceva sentirsi
inferiore ad una donna. Ma quando era lei a guardarlo in quel modo
che non aveva descrizioni, non poteva fare a meno di sentirsi
immensamente piccolo. E aveva tutte le motivazioni per sentirsi
così.
“Ora
tu e Starrk
avete cinque minuti per prepararvi”
[…]
“Oh...
Wow – la sua voce trasudava sarcasmo con un misto di veleno
malcelato – non sapevo che in questi dieci anni tu ti fossi
riprodotto”
Appena
fuori casa i due uomini con indosso le peggio espressioni da funerali
per la fatica di ricomporsi e rendersi presentabili, si stavano
allegramente scambiando un paio di battute prima che
Kira
Izuru portasse – dal garage fino al piccolo piazzale
– il van su
cui sarebbero saliti.
Distrutti,
erano riusciti a preparasi in fretta e furia, anche ora non avevano
perfettamente le camice all'interno dei pantaloni e per Nnoitra fu
dura darsi una strigliata velocemente.
Grazie
al cielo Kira aveva preparato loro del caffè in ampi
bicchieri di
carta – a dir la verità mister Jilga gli aveva
berciato addosso di
preparargli una bevanda decente sennò si ritrovava in strada
–
quindi come mosche avide nel miele, i due succhiavano via tramite le
cannucce quel nettare amaro.
“Non
mi sono riprodotto – Starrk sbuffò stanco
massaggiandosi
l'attaccatura del naso con il pollice e l'indice – Lilynette
è la
figlia della mia ultima compagna e...”
“Che
ti ha piantato in asso?!”
“No...
Lei è morta cinque anni fa... Ora siamo
solo io e lei”
Nnoitra
si lasciò scappare una espressione stupita alle parole
rilasciaste
dal compagno che gli era di fianco, con una semplicità e
schiettezza
tali da risultare quasi agghiaccianti.
Starrk
non era uomo da piangersi addosso per la sofferenza di essere spesso
e volentieri solo a causa di un fato insolito. Che assieme a Jilga si
era fatto fin dall'infanzia una vita da orfano e disadattato, questo
era da ricordare, quindi ad un certo “stile” di
vita ci era
drammaticamente abituato.
Ma
quella perdita improvvisa, Starrk l'aveva trovata profondamente
ingiusta.
Sia
per lui che per Lilynette, che data l'iniziale diffidenza per il
nuovo compagno della madre, si era ritrovata inaspettatamente ad
avere un affiatamento unico con lui.
Sfociando
quasi nel morboso quando la donna morì, lasciandoli
dannatamente
soli. Starrk per l'ennesima volta nella sua vita, Lilynette per la
prima.
Ovunque
l'uomo andasse, la bimba lo seguiva. Per quanto lo spostarsi di
città
in città di lui per motivi di lavoro fosse alquanto
frustrante, era
il loro tenore di vita quello di vivere assieme e in solitudine.
Ma
tutta questa triste storia non poteva toccare in modo convenzionale
Nnoitra Jilga.
Non
era uomo da lasciarsi andare facilmente a stupide moine e facili
consolazioni. Non era insomma, uno che diceva “mi
dispiace” con
tanta abusatissima facilità come per il fatidico
“ti amo” ad una
persona amata.
Semplicemente,
si limitò a scrollare le spalle succhiando via le ultime
gocce di
amaro caffè – provocando un rumore assai
fastidioso –
borbottando solo semplici parole.
“Ah...
Che sfiga!”
E
sorprendentemente, Starrk gliene fu grato.
[…]
Il
viaggio di andata non fu molto tranquillo.
Non
con Harribel che si premurava con le sue dolci parole
che i
componenti maschili del gruppo non combinassero guai alla festa.
Tutti,
nel bene o nel male, avevano a che fare con Sosuke Aizen. Tutti,
sempre nel bene o nel male, dovevano mostrarsi sicuri ma rispettosi
di un uomo così potente.
E la
donna, persino una volta giunti all'albergo e all'entrata della sala
ricevimenti, volle fare di nuovo quel discorsetto
ad un branco
di uomini con facce tutt'altro che convinte e/o annoiate.
“Intesi
signori miei? Voglio che per stasera facciate i bravi.
Quindi
ora io andrò direttamente da Aizen sama per informarlo della
vostra
venuta... E spero di ritrovarvi qui al mio ritorno”
Ossia
che se anche fossero trascorse tre ore, loro sarebbero dovuti
rimanere li come baccalà appesi ad una trave.
Tuttavia
non si stava parlando di bravi ometti, oh no.
Perchè
neanche il tempo che la donna sparisse soddisfatta in mezzo alla
folla – forse speranzosa e ottimista per aver consigliato
loro di
rimanere li immobili – i tre uomini si dileguarono in tutta
fretta.
Kira
Izuru, come colto da un malore improvviso, si allontanò con
gambe
tremanti dai due uomini per agguantare il primo calice di vino
gentilmente offerto da un cameriere e dileguarsi nella folta folla.
Mentre
Starrk e Nnoitra, seguiti a ruota da una dubbiosa Lilynette, si
incamminarono assieme e annoiati verso il centro della grande sala.
Proprio dove era presente il tavolo da buffet sfarzosamente
allestito. I due uomini ignorarono volutamente la domanda della
piccola che chiedeva se forse non era meglio rispettare quel che
aveva detto Harribel.
Ma
nonostante quella sua lieve polemica, neppure lei poteva resistere
dall'abbuffarsi bellamente davanti a quelle meraviglie.
“Oh...
Wow! Tartine al caviale... Le tue preferite vero?!”
“Bah...
Non sono così snob da mettermi a mangiare uova di
pesce...”
Jilga
prese con noia una tartina piccante e se la mise in bocca, seguito a
ruota dall'amico che, svogliato, ci impiegò qualche secondo
di più
per scegliere quella che gli ispirava meno aristocrazia.
Parlò solo
dopo un mezzo minuto buono di silenzio, mandando giù quelle
delizie
salate con una alzata di sopracciglio.
“No?
Non ti piace? E cosa gli dai da mangiare al tuo pisellone
per
averlo così grosso?!”
“Oh
ma vuoi stare
zitto?!”
Un
breve scambio di battute che portò Jilga ad arrossire
incazzato e
Starrk a sorridere lievemente nell'atto di pulirsi i denti con uno
stuzzicadenti. Con lui non si capiva mai dove finiva la
sincerità
e iniziava la provocazione voluta.
Ma
comunque, avevano appena iniziato a divorare qualche tartina salata,
che già la bambina era scomparsa totalmente ignorata dai due
intenti
a sparare buffonate. Alla faccia degli adulti attenti e responsabili,
si limitarono a ignorare quella sua piccola mancanza per fare
stronzate.
Anche
per Lilynette alla fine, era priorità ignorare gli ordini se
si
trattava di divertirsi.
“Comunque,
vediamo di fare i bravi per un po'. Eh, Starrk?!”
Accantonate
le provocazioni, il dentista prese con un cucchiaio un po' di nero
caviale da una coppa d'argento, per posarlo nell'unico tramezzino
presente nel vassoio di fianco a lui.
Ma
nell'esatto momento in cui il caviale si posò sulla soffice
superficie, una forchetta andò a cozzare contro il suo
cucchiaio
cesellato.
Un
rumore sottile ed elegante, che però alle orecchie dei due
contendenti era pressoché assordante come una chiamata alla
guerra.
“Ehi...
– ringhiò lui voltandosi di scatto per osservare
meglio chi ci
stesse provando – l'ho vista prima io!”
il suo
sguardo si posò su di una figura minuta avvolta in un abito
sfarzoso
e ricco. Lo sguardo della ragazza tuttavia, invece di essere
intimorita della sua risposta, parve indisposta nel lasciargli quella
fetta di pane.
Anzi,
con uno sguardo di rimando serio e stizzito, affondò
maggiormente la
forchetta in quel morbido impasto.
“Sono
una signora... Non sa che bisognerebbe accontentarmi in questo?
È
una questione di galanteria che non dovrebbe mai mancare a serate di
questo livello”
Come a
dire: Ma che ci fa un pezzente in mezzo alla crema della
città?!
La
tizia tra l'altro, possedeva una voce piuttosto bassa e forte
nonostante il suo scarso metro e cinquanta di altezza. Un discreto
figurino rispetto ai due metri di Jilga, questo il giornalista
–
che guardava la scena con discreta curiosità mentre
sorseggiava
dell'aranciata – lo doveva ammettere.
Ma
quell'aspetto minuto e apparentemente fragile non colpì
più di
tanto il gigante arrogante. Che anzi, sogghignò malevolo
scrutandola
attentamente e fissando il suo misero decoltè.
“Tzè!
Signore? Non vedo nessunissima signora...”
il suo
smagliante sorriso si allargò malevolo sino alle orecchie,
scatenando una silenziosa indignazione nella donna. Che seppur
piccola, era orgogliosa del proprio aspetto fisico.
Per
questo stizzita, la giovane Kuchiki Rukia
iniziò ad
avvicinare lentamente quel pezzo di pane verso di sé,
provocando un
rumore fastidioso quando la forchetta andò a stridere contro
il
vassoio.
“Ho
una forchetta e lei un cucchiaio... Sa cosa può fare una
signora con
una forchetta in mano?!”
Minacce
sussurrate. L'atmosfera stava iniziando a farsi tesa tra i due
sconosciuti, attirandosi comunque l'interesse di un uomo che di
professione faceva il giornalista.
Starrk
era lievemente incuriosito nell'osservare discretamente tutta quella
scenetta. E conoscendo Nnoitra sapeva che razza di galantuomo
fosse.
E
difatti, la sua rispottaccia non tardò ad arrivare.
“...
A mettersela in un posto dove batte il sole? Ti serve una mano in
questo dolcezza?!”
Che
classe che possedeva. Coyote Starrk non poteva non alzare un
sopracciglio con sarcasmo indifferente mentre si scolava un secondo
bicchierino di aranciata (per quella sera con gli alcoolici era
meglio chiudere, doveva ancora riprendersi).
“Che
cos'è questa...? Una molestia?!”
uno
sguardo cupo si delineò sul volto della giovane nobildonna.
E in
risposta il rivale sogghignò con più
malvagità.
“Sono
un uomo sposato io...”
“Che
strano, avrei giurato di non aver visto nessuna fede al dito”
Sexual tension.
O per
lo meno, così avrebbe sbuffato con sincerità
divertita ad un
Nnoitra incazzato nero, se non fosse stato che i due più che
volersi
saltare addosso in quel senso, erano pronti a sbranarsi la faccia per
una misera fetta di pane.
Quindi
decise di dileguarsi da quel quadretto pieno di tensione, imitando
Kira Izuru nel suo dileguarsi tra la folla ricca e gioiosa per
scordarsi di essere li controvoglia.
Ma sia
lui, che Nnoitra e Izuru, dovevano restare li e affrontare magagne
ben peggiori quali erano i rapporti con nuovi, attuali, ed ex capi di
lavoro.
Qual era il desiderio
nascosto dei tre uomini in quel momento? Restarsene ben volentieri a
casa da soli.