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Autore: ElderClaud    30/11/2010    3 recensioni
Cosa può succedere in una sola notte? Può semplicemente limitarsi ad una serata di festa fatta di luci, suoni, ed emozioni? Può semplicemente trattarsi di una serata di gala con tanti scheletri nell'armadio?! No, non questa notte, e non con loro.
Una raccolta che è nata in un momento improvviso, diversi episodi e diversi momenti (da situazioni comiche a drammatiche), tutti ambientati in una sola notte.
~ Desire 1 [IchiHime]
~ Desire 2 [Shinigami e Vizard]
~ Desire 3 [???]
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Arrancar, Espada
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Orbene riesco ad aggiornare di nuovo. Questo capitolo ancora una volta si mostra demenziale ma questa volta quasi allo stremo.
Qui si parla di Starrk e Nnoitra; oltre che di Kira e Harribel; e di tutto il loro rapporto burrascoso.
Ora, leggendo vi chiederete del perchè appare Izuru al posto di Tesla... Ma era per esigenze di trama e comunque non disparate, quest'ultimo ci sarà eccome.
Per Starrk invece, credo di essermi presa qualche libertà in più, quindi forse potreste trovarlo un po' OOC.
Nel manga mi ha sempre dato l'idea di un intellettuale e/o di un pensatore oltre che di semplice uomo pigro e annoiato. Ce lo vedo, almeno in un contesto AU, capace di fare battutine
apparentemente stupide.
Per il resto, ringrazio di cuore Sparta Legacy e mangagirlfan per aver recensito lo scorso capitolo ^^
Spero possiate fare buona lettura! Ditemi cosa ne pensate!


Desire number 3 “Stay at Home alone” (Starrk-Nnoitra-Harribel and Izuru)


Una incommensurabile fatica ad aprire gli occhi, misto ad uno strano sapore all'interno del palato, erano alla base del faticoso risveglio di Coyote Starrk.

Non riusciva ad aprirli. Tanto erano pesanti quelle sue palpebre, che per riuscire a guardare il cielo, dovette per forza di cose fare uno sforzo immane fino a ritrovarsi con il fiatone.
“Mmm...”
Dalle sue labbra screpolate fuoriuscì a più riprese un lamento di sorpresa mista a fatica, mentre constatava da li a poco che i suoi occhi scuri stavano osservando quello che era un soffitto dai colori caldi in abbinato ad un elegante lampadario.
Con una incommensurabile fatica tipica di un post sbornia colossale, il giovane uomo si ricordò con lenta calma dove si trovava.
A casa di un amico. E più precisamente nella dimora del suo ex compagno di università, Nnoitra Jilga.
Erano passati ben dieci anni dall'ultima volta che i due si erano visti, però nonostante quel piccolo dettaglio, il giovane giornalista doveva constatare un paio di cose.
Che Nnoitra a studiare e lavorare come dentista – si era sempre giustificato che adorava il suono del trapano e le facce terrorizzate dei pazienti sotto i ferri – aveva fatto un mucchio di soldi ma che, nonostante la vita agiata che conduceva, lo dimostrava la sua dimora immensa, era e continuava ad essere il metallaro che conosceva. Avere come cliente fisso quel milionario di Sosuke Aizen e tutti i suoi soci non lo avevano tramutato in un gentleman.
“Uff...”
Con una certa seccatura, l'uomo ormai desto si portò una mano sul volto per poterselo così massaggiare meglio, constatando che forse quella sera lui e il suo vecchio amico si erano decisamente divertiti troppo. O altre sì vero, avevano bevuto come due spugne per festeggiare la vecchia rimpatriata tra amici.
Si massaggiò con insistenza le palpebre e la fronte, passando poi per l'attaccatura del naso fino a sfregarsi energicamente la bocca e il mento coperto da una lieve barba incolta.
E con calma, oltre ad accorgersi che non solo il suo alito puzzava di alcool ma anche la moquette rosso scuro sotto di lui, ne era chiazzata fino a sembrare una spugna da tanto che era zuppa, si accorse di non essere da solo su quel pavimento.
Un mix di alcoolici di alto grado misto ad uno strano odore di cloro, che portarono il giornalista a mettersi a sedere confuso su di quella superficie praticamente ignota.
Nell'esatto momento in cui Starrk si portava le mani al petto nudo per sentire che era ancora umido e puzzolente di cloro, un lamento al suo fianco gli ricordò che pure Nnoitra si stava risvegliando e in modo decisamente pessimo.
“Ohh... Ohh merda...”
gli occhi del primo rinvenuto si spostarono stretti dalla fatica verso la figura che giaceva a suo fianco e che, con una certa goffaggine, stava tentando di mettersi a sedere emettendo svariati mormorii e imprecazioni.
Forse fu l'altezza notevole a farlo faticare dal provare a sistemarsi meglio, oppure dagli ancora tanti ettolitri di alcool che gli giravano in corpo, fattostà che finalmente il padrone di casa riuscì a mettersi seduto e a guardare con noia il suo ospite.
“Ehilà...”
“Stronzetto, buon salve”
“Siamo sempre molto accomodanti, eh Nnoitra?”
Non vi era vera polemica nella voce dell'amico, quanto solo una noia evidente accompagnata da un vistoso sbadiglio. L'interpellato di tutta risposta, borbottò un sarcastico “spiritoso” mentre a fatica si scostava dalla fronte i lunghi capelli unti di quell'insolita sostanza puzzolente di vodka e cloro.
Ma fu quando scostò le ciocche dall'unico occhio che possedeva, che al posto dei consueti pantaloni e camicia vide...
“Si... Come no... E... Acc...! Ma siamo nudi?!!”
Il nulla.
O meglio, vedeva solo i suoi gioielli di famiglia e quelli di Starrk seduto accanto a lui.
Esclamazione stupita quella, che portò curiosità nel volto del giornalista, che fino a quel momento si era solo accorto di essere a petto nudo.
Per essere arrivati li, ossia nudi e ubriachi come due barboni nell'ingresso di casa – quello che dava al giardino interno – doveva voler dire che si erano divertiti fin troppo.
“Ah cavolo... Eh si, mi sa che hai ragione...”
“Eh si che ho ragione pezzo di idiota! Questo non va b-bene cazzo! Non va affatto bene!”
“Dolcezza, calmati... Hai una voce quando urli che è straziante per chi ascol...”
Non chiamarmi dolcezza, coglione!!”
Sorprendentemente, Nnoitra Jilga riuscì – anche se inizialmente in modo assai goffo e stupido – a tirarsi su in piedi barcollando sulle lunghe gambe malferme.
Barcollò come una marionetta senza fili, prima di raggiungere un imponente comò di legno e li poggiandoci le mani sulla superficie levigata per non cadere su quel pavimento sudicio.
Di tutta risposta a quell'isteria forse ancora dovuta all'ubriacatura colossale, Starrk si stiracchiò optando per rialzarsi con più calma.
Pur non perdendo note sarcastiche – con una punta di verità – nelle sue parole.
“Mmm... – con uno sforzo si mise in ginocchio tentando subito di sollevare una gamba – lo sai che non mi ricordavo che avevi un pisello così grosso? Cioè voglio dire... come fai a...”
Smettila di parlare di piselli... Brutto idiota!! Ti rendi conto di quel che è successo?! Ah no! Sei troppo impegnato a guardarmelo per pensare!!”
Era isterico.
Talmente tanto da essere a dir poco ridicolo. Starrk non si ricordava più che la sua voce diventava così acuta quando perdeva le staffe. Ma ciò non toglieva che affatto capiva quello che stava strillando.
Confuso e decisamente stanco, l'uomo reduce da una sbornia incredibile finalmente riuscì a mettersi in piedi con meno rischio del collega pazzo.
“Ma cosa sarebbe dovuto succedere?! – si massaggiò le palpebre per darsi la giusta “carica” – A parte aver bevuto come spugne ed essere completamente bagnati non...”
“Siamo sudati testa di cazzo!! Abbiamo bevuto come due idrovore e abbiamo scopato come due ricci!!”

Cosa?
Come?
Prego?!

Ok, non era sotto gli effetti di un post sbronza ma era ancora effettivamente ubriaco. Lo stesso sguardo di Starrk rimase di stucco a quelle parole strillate, perdendo per alcuni secondi certi un paio di battiti.
Tuttavia, con il respiro ritrovato da una accelerata improvvisa del cuore, la ragione si fece largo nella testa del giovane uomo che decise di parlare. Ma non prima di essersi massaggiato ripetutamente la fronte per scacciare via un profondo mal di testa.
“No senti... Credo che tu stia sbagliando. Se avessimo fatto sesso me lo ricorderei”
“E allora perchè mi hai chiamato dolcezza? Perchè siamo sudati?! E perchè cazzo siamo nudi??!”
Nnoitra parlò a raffica scostandosi con violenza e teatralità, i lunghi capelli d'ebano che gli si erano incollati al viso.
Il gesto rivelò il volto di un uomo che andava verso la quarantina, carente dell'occhio sinistro ben coperto però da una benda nera.
Uno sguardo isterico e un ghigno perennemente incastonati in un viso ovale, che ora era sconvolto da un possibile svolgimento della serata a cui, però, Starrk affatto credeva.
Infatti, portandosi un braccio all'altezza del naso, studiò attentamente l'odore di quel presunto sudore.
E come constatava, c'era qualcosa di stano.
“Ti ho sempre chiamato dolcezza all'università... Lo sai. E poi questo sudore come lo chiami tu, puzza di cloro”
Spremendo con forza le stanche meningi, il giornalista iniziava a rimembrare che forse Nnoitra possedeva una piscina nel cortile interno.
Tuttavia, una volta che riportò lo sguardo verso l'allampanato compagno, lo vide frugare in un cassetto del comò precedentemente raggiunto, alla ricerca di un arnese argentato.
V-vaffanculo... Io un ricordo del genere non lo voglio!”
Tra le mani tremanti di ebbra follia, per sommo stupore congelato di Starrk, Jilga aveva tra le mani un grosso revolver.
E nonostante suddette mani gli tremassero di rabbia e nervosismo, ci impiegò davvero, troppi, pochi secondi per caricarlo – alcuni proiettili caddero pure a terra – e puntarselo dentro la bocca aperta.
Un gesto estremo.
Un gesto totalmente disperato che portarono le gambe dell'amico a tremare sconvolte un attimo prima di scattare dolorosamente verso il suicida.
Nnoitra! NO!!”
I muscoli ancora intorpiditi per la scomoda dormita, letteralmente gridarono quando si tesero per lo scatto del loro padrone, deciso a fermare quel folle del suo amico.
Ed infine il rumore sordo del cuore di Starrk che letteralmente tuonava nelle sue orecchie, si sostituì ad un rombo di tuono partito da un revolver scintillante.

[…]

Ohh... Kira kun! Ma come sei fortunato a lavorare qui...”
una voce forzatamente femminea fuoriuscì con sarcasmo – in modo però sussurrato – dalle labbra di un uomo intento con noia a sfogliare un vecchio registro contabile.
Sospirò un singhiozzo sconsolato, prima di auto rispondersi.
“Oh... Grazie Hinamori... Dovresti passare più spesso a vedere che bel posto è... E... Uff!”
Diamine, non riusciva ad auto convincersi neppure lui.
Quindi per l'ennesima volta in quella prima serata, Izuru Kira si lasciò sfuggire un altro sospiro/singhiozzo mentre si staccava dal leggere quelle vecchie cartacce e appoggiava la schiena sulla sua poltrona d'ufficio.
Pareva che la sua unica vera consolazione fosse la tazza di tè bollente che aveva nella mano destra.
E si che in tanti, Hinamori compresa, gli avevano detto che era stato fortunato a trovare un cliente così facoltoso che addirittura lo avesse ospitato nella sua “umile” dimora.
Non che l'immensa villa dallo stile inglese rurale – tipo quella villa presente nel gioco Tomb Rider giocabile come livello training e che lui prontamente non riusciva a sbloccare mai un segreto – fosse brutto. Ma era vivere con Nnoitra Jilga che non era bello.
In principio Kira aveva una casa tutta sua e lavorava in uno degli alberghi più lussuosi di tutta la città.
Si era distrutto il cervello per studiare come avvocato, i suoi stessi genitori avevano puntato molto su di lui, quindi per non deludere le sue aspettative – e quelle degli altri – lavorò sodo per arrivare sin dove era arrivato.
A fianco di Gin Ichimaru sembrava andare tutto bene. Ma non aveva calcolato quanta influenza quell'uomo avesse su di lui. Forse Ichimaru si era approfittato del gravoso lutto nella famiglia di Izuru – l'anziano padre era morto di infarto – e aveva quindi fatto pressioni psicologiche su di una mente comunque provata. Fattostà che lo sfruttò per bene per i suoi discutibili scopi, fino a che una volta “inutilizzabile” gli scaricò addosso il peso di colpe che non gli appartenevano e lo licenziò. Perdendo in breve tempo quasi tutto. Persino la faccia da avvocato per lo sconforto che quell'uomo gli aveva fatto venire.

Pareva quasi che Kira fosse un ottimo esempio di capro espiatorio – compromettendo che questa credenza finì col portarlo, appunto, quasi alla depressione – tuttavia ciò non toglieva che era bravo come avvocato.
Quindi quale occasione migliore per Nnoitra Jilga, geneticamente propenso a cacciarsi in situazioni scomode, quella di avere sempre a disposizione un avvocato sottopagato ospitato in casa?!
Una comodità per lui così da avere qualcuno che gli togliesse le castagne dal fuoco, ed una comunque comodità per Izuru giusto per non disonorare la propria famiglia.
Ma davvero, quell'uomo gli faceva fare di più lo sguattero che l'avvocato. E si fermava a quell'epiteto di “sguattero” poiché di elencare tutte le faccende che giornalmente svolgeva, non ne aveva voglia e gli veniva la nausea a ricordarsele.

Andarsene? Ci aveva pensato più di una volta ma da solo aveva sempre avuto il timore di non riuscire a cavarsela. Non dopo ciò che era successo con Ichimaru – uomo che rispettava terribilmente all'epoca – che lo aveva sfruttato senza remore.
Per cui, sospirò rumorosamente guardando per un attimo il soffitto a cassettoni e finemente intarsiato, prima di portarsi la tazza alle labbra per sorseggiare un po' di tè fumante.
Tuttavia quella tazza finì il suo viaggio prima. Nel mentre di tutti i suoi pensieri non si era accorto che al piano di sotto qualcuno stava facendo rumore, rumori di tafferugli probabilmente, ne che quel rumore era provocato dal suo padrone di casa in lotta con l'amico ospitato.
No, si accorse della drammatica vicenda quando la tazza che aveva nella mano e a pochi centimetri dal viso, esplose in una moltitudine di pezzi riversando il suo bollente liquido sul cavallo dei suoi pantaloni.
Oooh?!! M-ma che... Ooh! Scotta!!”
Kira scattò in piedi nell'esatto momento in cui il tè bollente gli finì addosso scottandogli le gambe e i gioielli, gridando di sorpresa misto a dolorante panico per ciò che era appena successo.
Il cuore, che dentro il petto stava pompando incessantemente preda della adrenalina, gli stava chiaramente dicendo di indagare su cosa diavolo fosse successo.
“Ahh... Ma cosa è successo...?!” piagnucolò.
Più dispiaciuto per la tazza regalatagli da Hinamori che per aver salvato la pellaccia da un proiettile vagante che aveva sfondato il pavimento il legno, fermandosi poi sul soffitto sopra la sua testa bionda.
Restandone poi in silenzio, notò nuovamente un botto attutito, lo stesso che aveva sentito prima ma a cui non aveva prestato importanza, seguito poi da un sibilo del proiettile che sfondava il pavimento in legno ma stavolta stando lontano da lui.
Di sotto si stavano sparando, quindi i due dovevano essere ancora ubriachi oppure, molto peggio, lucidi e consapevoli di aver commesso cazzate.
Per tal motivo Kira Izuru, roteò gli occhi esasperato preparandosi a scendere di sotto.

[…]

Nnoitra... M-molla quest'affare!”
L'interpellato rispose con un ringhio frustrato alla tenacia di Starrk, che stava mettendo tutte le sue forze per strappargli di dosso quella pistola.
Era una colluttazione iniziata da pochi minuti ma sembrava se le stessero dando di santa ragione per ore.
Ma alla fine l'ospite ebbe la meglio sul padrone di casa, strappandogli di mano l'arma – dopo una breve e concitata lotta in cui partirono un paio di colpi – gettandola lontano e fuori dalla portata di Jilga.
Il gesto portò il padrone di casa a gridare rabbioso verso un amico che, eccetto una espressione severa in volto, non riuscì a proferire parola a causa di una terza entrata in scena, che sorprese entrambi i due uomini preda di una forte emicrania.
“Si può sapere che cosa avete da gridare? Non avete ancora finito di salutarvi per caso?!”
Tia Harribel, saranno passati una decina d'anni dall'ultima volta che Starrk l'aveva vista, non pareva essere affatto cambiata. Certo il volto forse si era fatto ancor più maturo, tuttavia restava esattamente la promettente studentessa che aveva conosciuto. Solo che ora era una donna in carriera e lavorava al fianco di un pezzo grosso come Sosuke Aizen.
Individuo che lui, guarda un po', doveva intervistare.
Ma Harribel, donna brillante e... Poco propensa alle buffonate, sbuffò lievemente esasperata per quel piccolo scenario di pura demolizione.
“Cosa è successo qui?!”
Incrociò le braccia al petto - petto rivestito da un sobrio taglieur – e guardò i due molto attentamente. E in quel mentre, da dietro le sue spalle apparve una bambina vestita di un elegante abito rosso e dallo sguardo truce.
Se Nnoitra se ne restava zitto (seppur guardandola di sbieco) sia perchè non sapeva che dire, sia perchè non si ricordava più il nome della ragazzina, Starrk per ovvie ragioni la riconobbe subito.
Lilynette... Ecco...”
“Non aggiungere altro! Ho visto tutto! E come adulti siete entrambi disgustosi!”
Si aggrappò salda e contrariata alla gonna della donna dalla pelle d'ebano, giusto per sottolineare al meglio la sua indignazione.
Indignazione più che giusta dato che, i due uomini sempre più lucidi, nulla facevano per coprire le loro vergogne e il loro aspetto dinnanzi alle due donne. Solo Nnoitra si coprì, incrociando però le braccia al petto con una punta di fastidio non appena notò qualcosa di sconveniente sul suo petto.
“Quindi...?” incitò sottilmente spazientita Harribel.
Senza cambiare espressione facciale – apparentemente pacata e tranquilla – portando comunque un certo disagio nei due.
“Uff... Che seccatura. Comunque, Nnoitra pensa che noi due abbiam...”
“Sta zitto dannato cretino di un giornalista!! Non è vero niente!”
“Ah... Ma non eri tu a dire che avevamo fatto sesso?!”
Oh cazzo, taci!!”
L'unico occhio di Jilga quasi uscì fuori dall'orbita nel tentativo disperato di contestare l'amico. A quanto pare più la sbornia gli passava e più consapevolezza acquistava. Compreso il fatto di aver commesso una gran cazzata come quella del suicidio.
Tuttavia, nonostante il clima di tensione e panico che si era fatto, Tia Harribel si limitò a chinare la testa e sbuffare con una punta di sarcasmo.
“Uhmpf, apprezzo i vostri sforzi comunicativi. Ma non è così che è andata...”
Sorrise lievemente ai due, che ancora non si degnavano di coprirsi le vergogne peggio di due cafoni campagnoli.
“Ah... no?!” chiesero entrambi contemporaneamente.
“No... È andata molto peggio!”
Commentò in risposta – e con sarcasmo seccato – la piccola Lilynette. Staccandosi finalmente dalla gonna della donna e guardandoli truce. Doveva sempre ritrovarsi ad avere qualcosa di cui lamentarsi verso Starrk. E si che la prospettiva di una serata di gala dopo il trauma di un trasferimento da una città all'altra pareva qualcosa di eccezionale.
“È andata... – iniziò una Harribel in procinto di incamminarsi per un corridoio seguita lentamente dalla bimba e dai due ceffi – che voi vi siete ubriacati di brutto per festeggiare. Poi ebbri avete indossato i miei vestiti deformandoli del tutto – calcò ben bene su quella parola infilandosi in una stanza seguita a ruota dagli altri tre – … Per finire poi a nuotare in piscina completamente nudi. Ecco come sono andate le cose. E se non mi credete ci sono le riprese della videosorveglianza”
No, non c'era bisogno di altre conferme se non le parole delle due donne. E tanto bastavano gli sguardi dei due per comprendere che avevano capito le schifezze commesse.
Per tanto, compiaciuta di quelle reazioni che era riuscita ad estrapolare ai due, Harribel si sedette soddisfatta alla macchina da cucire presente nella stanza e ritornò a confezionare l'abito precedentemente abbandonato.
Sotto lo sguardo attonito di due ex ubriaconi.
“Cosa... Cosa stai cucendo li...?!”
Ancora perplesso, il dentista con le mani nascoste sotto le ascelle volle avvicinarsi per vedere cosa la donna si stesse confezionando. Gli si sgranò ancora un volta l'unico occhio nel constatare che ciò che la donna stava mutilando era...
“Oh cazzo! Ma quelli sono i nostri vestiti buoni!”
“Quelli che dovevate indossare alla festa di stasera, esatto. E ora saranno la base per il mio nuovo taglieur... Un piccolo prezzo da pagare per aver rovinato i miei abiti firmati. Non credete?!”
Sorprendente come sempre, Harribel non aveva bisogno di strillare come una isterica o menar le mani per punire dei maschi indisciplinati. Per quei due, bastava semplicemente prenderli per il verso giusto. E lei li conosceva fin troppo bene per sapere dove e come toccare i loro punti deboli.
Per questo, Coyote Starrk non si sorprese più di tanto. Massaggiandosi le tempie con sarcasmo e accettando sportivamente la sconfitta.
“Dannata donna... E noi cosa indossiamo?!”
Oh... Sono sicura che troverete qualcosa di decente da indossare... In dieci minuti dovreste farcela no?”
Concisa, di poche parole, e lievemente compiaciuta nella sua fredda spietatezza, Harribel non lasciò altro da aggiungere nel suo discorso che quasi – anzi, senza il “quasi” – puzzava quanto una minaccia.
Una piccola vendetta che portò il giornalista a borbottare annoiato – mentre una Lilynette gli lanciava addosso i suoi veri vestiti precedentemente abbandonati come se fossero stati coltelli e strillando “vestiti!” con quanto fiato le permettevano i piccoli polmoni – e lasciò Nnoitra in principio di stucco e poi irritato.
Irritato senza darglielo a vedere, questo era bene precisarlo.
Quindi iniziò pure lui a cercare per la stanza qualcosa da indossare, anche se era improbabile riuscire a prepararsi e partire in dieci minuti esatti.

“Hm? Serve una mano?! Perchè tieni ancora le braccia incrociate?!”
Incuriosita per l'avanzare incerto e un po' goffo dell'uomo in cerca dei suoi averi, Tia si fermò nel cucire a macchina e lo osservò attentamente nell'atto di contenere un certo imbarazzo.
“Ah ecco, io... – si guardò in giro e notando che Starrk era nel corridoio che si rimetteva i pantaloni con fare ridicolo, ebbe coraggio di confessarsi – ho i capezzoli turgidi... Sono sensibili”
“Mmm... Sexy” lo canzonò lei.
Tornandosene alla macchina da cucire e sistemando il bordo di un colletto.
Non era con cattiveria che lo provocava, tuttavia andava sempre a stuzzicare quel suo lato infantile a dir poco obeso, che la portava il più delle volte a prendere decisioni ancor più drastiche di quelle già prese.
“A-ah... Che spiritosa – agguantò un asciugamano e se lo legò attorno alla vita – sono così perchè mi sono fatto i percing da ubriaco... E credo di aver usato i tuoi orecchi... Ni
Le parole gli morirono in bocca nell'atto di essersi accorto di aver parlato troppo e soprattutto senza pensare, trovandosi a sudare freddo per una misteriosa ragione, mentre – con molta lentezza – si voltava vero una donna che ora non sorrideva più.
Ma che anzi finalmente vedeva che fine avevano fatto i suoi piccoli orecchini argentati. Oggetti di discreto valore che si erano misteriosamente persi dentro la sua borsetta.
“Nnoitra...?!”
“Che vuoi?!”
Non gli piaceva sentirsi inferiore ad una donna. Ma quando era lei a guardarlo in quel modo che non aveva descrizioni, non poteva fare a meno di sentirsi immensamente piccolo. E aveva tutte le motivazioni per sentirsi così.
Ora tu e Starrk avete cinque minuti per prepararvi”

[…]

“Oh... Wow – la sua voce trasudava sarcasmo con un misto di veleno malcelato – non sapevo che in questi dieci anni tu ti fossi riprodotto
Appena fuori casa i due uomini con indosso le peggio espressioni da funerali per la fatica di ricomporsi e rendersi presentabili, si stavano allegramente scambiando un paio di battute prima che Kira Izuru portasse – dal garage fino al piccolo piazzale – il van su cui sarebbero saliti.
Distrutti, erano riusciti a preparasi in fretta e furia, anche ora non avevano perfettamente le camice all'interno dei pantaloni e per Nnoitra fu dura darsi una strigliata velocemente.
Grazie al cielo Kira aveva preparato loro del caffè in ampi bicchieri di carta – a dir la verità mister Jilga gli aveva berciato addosso di preparargli una bevanda decente sennò si ritrovava in strada – quindi come mosche avide nel miele, i due succhiavano via tramite le cannucce quel nettare amaro.
“Non mi sono riprodotto – Starrk sbuffò stanco massaggiandosi l'attaccatura del naso con il pollice e l'indice – Lilynette è la figlia della mia ultima compagna e...”
“Che ti ha piantato in asso?!”
“No... Lei è morta cinque anni fa... Ora siamo solo io e lei”
Nnoitra si lasciò scappare una espressione stupita alle parole rilasciaste dal compagno che gli era di fianco, con una semplicità e schiettezza tali da risultare quasi agghiaccianti.
Starrk non era uomo da piangersi addosso per la sofferenza di essere spesso e volentieri solo a causa di un fato insolito. Che assieme a Jilga si era fatto fin dall'infanzia una vita da orfano e disadattato, questo era da ricordare, quindi ad un certo “stile” di vita ci era drammaticamente abituato.
Ma quella perdita improvvisa, Starrk l'aveva trovata profondamente ingiusta.
Sia per lui che per Lilynette, che data l'iniziale diffidenza per il nuovo compagno della madre, si era ritrovata inaspettatamente ad avere un affiatamento unico con lui.
Sfociando quasi nel morboso quando la donna morì, lasciandoli dannatamente soli. Starrk per l'ennesima volta nella sua vita, Lilynette per la prima.
Ovunque l'uomo andasse, la bimba lo seguiva. Per quanto lo spostarsi di città in città di lui per motivi di lavoro fosse alquanto frustrante, era il loro tenore di vita quello di vivere assieme e in solitudine.

Ma tutta questa triste storia non poteva toccare in modo convenzionale Nnoitra Jilga.
Non era uomo da lasciarsi andare facilmente a stupide moine e facili consolazioni. Non era insomma, uno che diceva “mi dispiace” con tanta abusatissima facilità come per il fatidico “ti amo” ad una persona amata.
Semplicemente, si limitò a scrollare le spalle succhiando via le ultime gocce di amaro caffè – provocando un rumore assai fastidioso – borbottando solo semplici parole.
“Ah... Che sfiga!”
E sorprendentemente, Starrk gliene fu grato.

[…]

Il viaggio di andata non fu molto tranquillo.
Non con Harribel che si premurava con le sue dolci parole che i componenti maschili del gruppo non combinassero guai alla festa.
Tutti, nel bene o nel male, avevano a che fare con Sosuke Aizen. Tutti, sempre nel bene o nel male, dovevano mostrarsi sicuri ma rispettosi di un uomo così potente.
E la donna, persino una volta giunti all'albergo e all'entrata della sala ricevimenti, volle fare di nuovo quel discorsetto ad un branco di uomini con facce tutt'altro che convinte e/o annoiate.
“Intesi signori miei? Voglio che per stasera facciate i bravi. Quindi ora io andrò direttamente da Aizen sama per informarlo della vostra venuta... E spero di ritrovarvi qui al mio ritorno”
Ossia che se anche fossero trascorse tre ore, loro sarebbero dovuti rimanere li come baccalà appesi ad una trave.
Tuttavia non si stava parlando di bravi ometti, oh no.
Perchè neanche il tempo che la donna sparisse soddisfatta in mezzo alla folla – forse speranzosa e ottimista per aver consigliato loro di rimanere li immobili – i tre uomini si dileguarono in tutta fretta.
Kira Izuru, come colto da un malore improvviso, si allontanò con gambe tremanti dai due uomini per agguantare il primo calice di vino gentilmente offerto da un cameriere e dileguarsi nella folta folla.
Mentre Starrk e Nnoitra, seguiti a ruota da una dubbiosa Lilynette, si incamminarono assieme e annoiati verso il centro della grande sala. Proprio dove era presente il tavolo da buffet sfarzosamente allestito. I due uomini ignorarono volutamente la domanda della piccola che chiedeva se forse non era meglio rispettare quel che aveva detto Harribel.
Ma nonostante quella sua lieve polemica, neppure lei poteva resistere dall'abbuffarsi bellamente davanti a quelle meraviglie.
“Oh... Wow! Tartine al caviale... Le tue preferite vero?!”
“Bah... Non sono così snob da mettermi a mangiare uova di pesce...”
Jilga prese con noia una tartina piccante e se la mise in bocca, seguito a ruota dall'amico che, svogliato, ci impiegò qualche secondo di più per scegliere quella che gli ispirava meno aristocrazia. Parlò solo dopo un mezzo minuto buono di silenzio, mandando giù quelle delizie salate con una alzata di sopracciglio.
“No? Non ti piace? E cosa gli dai da mangiare al tuo pisellone per averlo così grosso?!”
Oh ma vuoi stare zitto?!”
Un breve scambio di battute che portò Jilga ad arrossire incazzato e Starrk a sorridere lievemente nell'atto di pulirsi i denti con uno stuzzicadenti. Con lui non si capiva mai dove finiva la sincerità e iniziava la provocazione voluta.
Ma comunque, avevano appena iniziato a divorare qualche tartina salata, che già la bambina era scomparsa totalmente ignorata dai due intenti a sparare buffonate. Alla faccia degli adulti attenti e responsabili, si limitarono a ignorare quella sua piccola mancanza per fare stronzate.
Anche per Lilynette alla fine, era priorità ignorare gli ordini se si trattava di divertirsi.
“Comunque, vediamo di fare i bravi per un po'. Eh, Starrk?!”
Accantonate le provocazioni, il dentista prese con un cucchiaio un po' di nero caviale da una coppa d'argento, per posarlo nell'unico tramezzino presente nel vassoio di fianco a lui.
Ma nell'esatto momento in cui il caviale si posò sulla soffice superficie, una forchetta andò a cozzare contro il suo cucchiaio cesellato.
Un rumore sottile ed elegante, che però alle orecchie dei due contendenti era pressoché assordante come una chiamata alla guerra.
“Ehi... – ringhiò lui voltandosi di scatto per osservare meglio chi ci stesse provando – l'ho vista prima io!”
il suo sguardo si posò su di una figura minuta avvolta in un abito sfarzoso e ricco. Lo sguardo della ragazza tuttavia, invece di essere intimorita della sua risposta, parve indisposta nel lasciargli quella fetta di pane.
Anzi, con uno sguardo di rimando serio e stizzito, affondò maggiormente la forchetta in quel morbido impasto.
“Sono una signora... Non sa che bisognerebbe accontentarmi in questo? È una questione di galanteria che non dovrebbe mai mancare a serate di questo livello”
Come a dire: Ma che ci fa un pezzente in mezzo alla crema della città?!
La tizia tra l'altro, possedeva una voce piuttosto bassa e forte nonostante il suo scarso metro e cinquanta di altezza. Un discreto figurino rispetto ai due metri di Jilga, questo il giornalista – che guardava la scena con discreta curiosità mentre sorseggiava dell'aranciata – lo doveva ammettere.
Ma quell'aspetto minuto e apparentemente fragile non colpì più di tanto il gigante arrogante. Che anzi, sogghignò malevolo scrutandola attentamente e fissando il suo misero decoltè.
“Tzè! Signore? Non vedo nessunissima signora...”
il suo smagliante sorriso si allargò malevolo sino alle orecchie, scatenando una silenziosa indignazione nella donna. Che seppur piccola, era orgogliosa del proprio aspetto fisico.

Per questo stizzita, la giovane Kuchiki Rukia iniziò ad avvicinare lentamente quel pezzo di pane verso di sé, provocando un rumore fastidioso quando la forchetta andò a stridere contro il vassoio.
“Ho una forchetta e lei un cucchiaio... Sa cosa può fare una signora con una forchetta in mano?!”
Minacce sussurrate. L'atmosfera stava iniziando a farsi tesa tra i due sconosciuti, attirandosi comunque l'interesse di un uomo che di professione faceva il giornalista.
Starrk era lievemente incuriosito nell'osservare discretamente tutta quella scenetta. E conoscendo Nnoitra sapeva che razza di galantuomo fosse.
E difatti, la sua rispottaccia non tardò ad arrivare.
“... A mettersela in un posto dove batte il sole? Ti serve una mano in questo dolcezza?!”
Che classe che possedeva. Coyote Starrk non poteva non alzare un sopracciglio con sarcasmo indifferente mentre si scolava un secondo bicchierino di aranciata (per quella sera con gli alcoolici era meglio chiudere, doveva ancora riprendersi).
“Che cos'è questa...? Una molestia?!”
uno sguardo cupo si delineò sul volto della giovane nobildonna. E in risposta il rivale sogghignò con più malvagità.
“Sono un uomo sposato io...”
“Che strano, avrei giurato di non aver visto nessuna fede al dito”
Sexual tension.
O per lo meno, così avrebbe sbuffato con sincerità divertita ad un Nnoitra incazzato nero, se non fosse stato che i due più che volersi saltare addosso in quel senso, erano pronti a sbranarsi la faccia per una misera fetta di pane.

Quindi decise di dileguarsi da quel quadretto pieno di tensione, imitando Kira Izuru nel suo dileguarsi tra la folla ricca e gioiosa per scordarsi di essere li controvoglia.
Ma sia lui, che Nnoitra e Izuru, dovevano restare li e affrontare magagne ben peggiori quali erano i rapporti con nuovi, attuali, ed ex capi di lavoro.


Qual era il desiderio nascosto dei tre uomini in quel momento? Restarsene ben volentieri a casa da soli.

   
 
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