Anche gli Oni3
Harada
era ormai in piedi da una settimana, periodo durante il quale si era
sempre rifiutato di lasciare la stanza assegnatagli dai fratelli
Shiranui. Gin, che non gli aveva ancora rivolto la parola, si
limitava a portargli i pasti ed a controllare che mangiasse; Kyo si
recava da lui ogni mattina e sera nel tentativo di convincerlo a fare
un giro del tempio presso cui dimoravano.
L'uomo
voleva tagliare ogni contatto con l'esterno, trasformandosi di fatto
in un prigioniero il cui carceriere era egli stesso. Voleva
dimenticare il suo ruolo all'interno della Shinsengumi, certo che, se
avesse eradicato dal suo essere tutto ciò che era stato un tempo,
avrebbe finito per spegnersi anche come Rasetsu.
Ma
l'istinto di sopravvivenza di un uomo è fortissimo, che sia umano
oppure Oni.
Non
sfuggiva alla tentazione costituita da quella apertura che gli
consentiva di vedere l'esterno attraverso una cornice. Assisteva
impassibile al trascorrere del tempo: alba, mattina, mezzodì,
pomeriggio, sera, tramonto, notte. Così come assisteva
all'allenamento a cui Kyo, Amagiri e Kazama sottoponevano
giornalmente il piccolo Gin.
Questi
aveva sorpreso non poco Harada, sopportando la fatica e le ferite
derivanti dai continui assalti del gigantesco Kyuujyu,
imparando a difendersi un minimo dai colpi di Kazama ma dimostrando
soprattutto di possedere la medesima dote di suo fratello nel
maneggiare le pistole. Si sarebbe sorpreso ancora di più se avesse
saputo che tutto ciò che Gin sapeva fare in quel campo lo aveva
appreso in pochi mesi, spinta dalla disperazione per non essere stata
in grado di difendersi: aveva giurato a sé stessa che non avrebbe
più permesso che l'aggressione di cui era stata vittima si
verificasse di nuovo, non ai suoi danni, né tanto meno ai danni
delle altre donne del clan. E poi, voleva imparare a difendere le
persone che amava. Harada incluso. Ma questo lui non avrebbe mai
dovuto saperlo.
Quella
mattina, attirato dal vociare di Kyuujyu
che riprendeva bruscamente il ragazzino ogni qualvolta non evitava il
suo colpo, mandandolo a sbattere a destra e manca, Harada uscì dalla
propria stanza, andando a sedersi sulla veranda, da cui poteva avere
un'ottima visuale dell'angolo del giardino in cui il ragazzino ed il
gigante si allenavano.
-
Posso sedermi? - la voce di Kyo gli confermò
l'identità della persona che aveva sentito avvicinarsi alle sue
spalle.
-
E' casa vostra. Io sono il prigioniero. Chiedo venia...
l'ospite – rispose con sarcasmo, senza togliere gli occhi dai due
che si stavano allenando.
-
Sei proprio un testone. Quella è l'unica cosa che il
sangue di Gin non è riuscito a curarti: la testardaggine.
Seguirono
alcuni minuti di silenzio, in cui Harada fissò il ragazzino, che in
quel momento si stava allenando nel combattimento con il bastone,
riprendendolo mentalmente per gli errori che commetteva.
-
Perché non vai ad aiutarlo?
-
Perché dovrei?
-
Perché, nonostante tutto, muori dalla voglia di
farlo. Anche se ci consideri mostri. E Gin lo consideri il peggiore
di tutti noi. Non ti sei soffermato neanche a chiederti perché lo
abbia fatto. A quali rischi si sia esposto e si esponga tuttora per
te.
-
Nessuno glielo ha chiesto, maledizione! Io non glielo
ho chiesto! - gli rispose con tono rabbioso – Doveva lasciarmi
morire.
-
Doveva saldare un debito. - replicò l'altro, calmo.
Harada si voltò di scatto verso Shiranui, fissandolo
sorpreso.
Kyo era consapevole di esporsi con quelle parole, ma
sebbene avesse giurato alla sorella di non rivelare ad Harada quale
fosse la sua vera natura, non le aveva promesso niente circa il fatto
di seminare indizi che consentissero all'uomo di arrivare alla verità
da solo.
-
Io... non mi ricordo...
-
Ne sei sicuro?
L'immagine della fanciulla dagli occhi grigi tornò a
sovrapporsi a quella del ragazzino.
Trascorsero minuti in silenzio, mentre i due, Gin e
Amagiri, continuavano a darsele di santa ragione.
Sapeva che quella domanda sarebbe arrivata. Ed iniziava
il terreno scivoloso.
Attimo di silenzio.
-
Credevo voi Oni foste immortali. - fu il commento di
Harada, sorpreso di sentire quel dolore sordo al petto.
-
Si può morire in molti modi – fu la risposta ambigua
dell'altro.
Altro attimo di silenzio.
Kyo si passò una mano sul volto, pizzicandosi
l'attaccatura del naso con le dita.
Ancora
adesso, a distanza di mesi, l'immagine di sua sorella nel momento del
suo ritrovamento, lo colpiva al petto con una violenza inaudita.
Continuava a chiedersi se avrebbe potuto evitarle quella sorte. Era
frustrante sentirsi inutili in quel modo. Era doloroso dover
convivere con la consapevolezza di non essere stato in grado di
proteggerla, proprio lei che era la ragazza più dolce ed innocente
che il clan Oni avesse mai visto nascere.
-
Una mattina è uscita per andare al mercato. Io ero
fuori con Amagiri e Kazama. Siamo tornati solo a notte fonda e lei
non era ancora rientrata. L'abbiamo trovata dopo alcune ore. In una
pozza di sangue. Aveva... aveva gli abiti strappati, le gambe
graffiate e piene di segni. Le avevano... morso un seno... - la
respirazione di Kyo iniziò a farsi affrettata, mentre Harada chiuse
gli occhi nel tentativo di scacciare l'immagine che gli si stava
formando nella mente.
-
Kazama voleva mettere a ferro e fuoco il villaggio.
Io... volevo solo riaverla come era prima... Ma se ne era andata. E
non tornerà mai più.
Harada non ebbe il coraggio di dire niente,
sorprendendosi a provare un dolore ed una rabbia incontrollabili.
Lo sguardo di Harada fu catturato dal ragazzino e si
chiese se l'espressione dei suoi occhi fosse la conseguenza del
dolore per la perdita della gemella.
-
Gin... - chiese infatti, lasciando la domanda in
sospeso.
-
Non parla più da allora. E ha delle visioni. Gin le
chiama visioni di morte. Vede il momento in cui le persone muoiono:
dove, quando, come... tutto. E' così che ha potuto salvarti. Oltre
che grazie a quel sangue che condivideva con nostra sorella.
Kyo si voltò verso Harada per la prima volta, mostrando
all'uomo gli occhi viola lucidi per le lacrime.
Harada si passò una mano tra i capelli, espirando tutta
l'aria piena di veleno che aveva trattenuto nei polmoni al solo scopo
di non mettersi ad urlare per la rabbia.
Sollevando gli occhi, scorse lo sguardo triste del
ragazzino fisso su di sé e si ritrovò ad indirizzargli un sorriso,
mentre dentro si sentiva dilaniare.
***
Gin entrò nella propria stanza lasciandosi cadere sul
tatami, distrutta dall'allenamento con Amagiri, ma rilassata per il
bagno fatto nella pozza termale nel bosco dietro il Tempio.
Sentiva gli occhi farsi pesanti per il sonno, ma, non
appena pensò di andare a dormire rinunciando alla cena, lo stomaco
protestò sonoramente.
La voce di Harada la fece sobbalzare per la sorpresa,
tanto che con uno scatto si ritrovò seduta.
La figura dell'uomo si stagliava nel quadro dello shoji,
che lei aveva dimenticato aperto.
Fissò gli occhi in quelli di Harada, sentendosi
arrossire.
Gin gli rispose negativamente con un semplice movimento
della testa, stupita nel ritrovarselo davanti sorridente.
-
Allora andiamo – le disse tendendole una mano per
invitarla ad alzarsi.
-
Ragazzino, guarda che non mordo – le disse sorridendo
sornione.
Gin si riscosse da quella specie di stato catatonico in
cui era scivolata, sollevando la mano istintivamente per posarla sul
palmo assai più grande di quella dell'uomo, che, con uno scatto,
l'attirò verso di sé.
Gin si ritrovò a sbattergli contro il petto, contro cui
puntò rapidamente le mani per spingerlo via, mentre il terrore
l'assaliva.
Gin prese due respiri profondi, cercando di calmare il
tremore che la stava scuotendo, certa che, se avesse ceduto al
panico, Harada non avrebbe tardato a capire come stavano le cose.
Sapeva infatti ciò che Kyo gli aveva rivelato e sebbene fosse
arrabbiata con suo fratello non poteva negare che lo avesse fatto
perché le voleva bene.
Con uno sforzo incredibile riuscì a tornare padrona
della situazione, ma Harada...
Harada aveva visto il terrore in quei profondi occhi
grigi e si chiese cosa spaventasse tanto quel ragazzino che sembrava
fidarsi pienamente solo di suo fratello, Kyuujyu e Chikage. A
pensarci bene, questi tre erano i soli rappresentati di sesso
maschile di cui si fidava. Non aveva nessun tipo di problema con
donne e bambini del clan. Harada socchiuse gli occhi soppesando la
constatazione appena fatta, allarmando così Gin che, con un immenso
sforzo di volontà ed un sorriso tirato, si ritrovò costretta a
prenderlo sottobraccio, come aveva fatto tante volte con Kazama ed
Amagiri, trascinandolo nella sala da pranzo.
Quando vi fecero il loro ingresso, Harada incrociò lo
sguardo stranamente sereno di Kyo, sentendosi trapassare da quello di
Kazama, teso sino allo spasmo, pronto a saltargli addosso se solo
avesse fatto una qualche mossa sbagliata.
Quando sentì le mani di Gin scivolare via dal suo
braccio, abbassò gli occhi a guardarlo, incuriosito, sorprendendosi
ancora una volta di quanto somigliasse la gemella: stessi occhi,
capelli, stessa bocca e addirittura stessa corporatura, quasi fossero
intercambiabili. Si chiese se, abbigliato da donna, sarebbe
assomigliato alla sorella morta come una goccia d'acqua.
Sempre in preda a questi pensieri, Harada lo osservò
dirigersi verso Chikage, fermarsi dinanzi a lui e prendere a
guardarlo come se gli parlasse con un linguaggio muto, con i soli
occhi.
E si trovò ad invidiare al biondo Oni quel rapporto
speciale che aveva con il ragazzino.
Harada si rese conto che i due stavano parlando davvero
e, se non riusciva a sentire ciò che diceva Chikage a causa del
volume ridotto con cui parlava al ragazzo, si chiese incuriosito come
Gin potesse comunicare con l'altro. Cercò quindi di concentrarsi
ulteriormente sui loro discorsi, arrivando a captare chiaramente le
parole di Kazama.
-
[Ormai ho deciso ed andrò avanti per la mia strada]
-
Ricordati chi sei. Sei un' Oni e devi mantenere alto il
buon nome del clan. Non ti permetterò di disonorarlo. - la riprese
secco.
-
[L'ho già fatto. O preferisci non tenerne conto?] -
gli chiese Gin, agitando le mani ed allarmando Harada.
-
Non è stata colpa tua. Quei mostri...
Harada realizzò appieno solo in quel momento di
riuscire a sentire ciò che Chikage diceva al ragazzino nonostante il
tono simile ad un sibilo e, allarmato, si guardò attorno,
dissimulando la sorpresa per quella sua nuova capacità. Per un
attimo incrociò gli occhi di Kyo il quale gli sorrise lievemente,
come se avesse compreso cosa stava accadendogli. Per tutta risposta,
Harada distolse velocemente lo sguardo, tornando a drizzare le
orecchie in direzione di Gin e di Kazama.
-
[Vero, non gli ho chiesto io di violentarmi. Ma lo
hanno fatto. E la mia esistenza è una macchia per la reputazione
immacolata del clan].
-
Non dire cazzate, Gin. Tu sei la vittima, non il
colpevole.
-
[Non fa differenza. E comunque sai benissimo che ben
presto il problema sarà risolto]
-
Non ti permetterò di continuare... Non puoi pretendere
che io ti lasci gettare via la tua vita in questo modo assurdo.
-
[E' l'unica ragione di vita che mi è rimasta]
-
Te ne priverò – gli rispose Kazama alzando il tono
della voce, mentre con una mossa rapida estraeva la katana dal
fodero e, scartando Gin, si muoveva in direzione di Harada.
Quest'ultimo comprese che stava per accadere qualcosa di
grave e si stupì nel constatare l'assoluta immobilità di Kyo e
Amagiri.
Improvvisamente, Gin sembrò dissolversi nel niente,
scomparendo da dove si trovava per riapparire immediatamente dinanzi
a Harada, le braccia aperte, tese come a fargli da scudo.
-
[Se vuoi farlo dovrai prima uccidere me]
-
Scostati, Gin. - fu l'ordine secco di Chikage mentre la
fissava negli occhi, soppesandola.
-
[No] – rispose Gin, accompagnando la sillaba con un
gesto del capo.
-
Gin... - intervenne Harada, a cui era ormai chiaro che
i due stavano litigando a causa sua.
Gin scosse il capo, senza togliere gli occhi da Kazama.
-
[Uccidimi, avanti. Così l'onta che pende sul nome del
clan sarà mondata]
-
Stronzate. L'onta non pende sul nome del clan. L'onta
l'hai subita tu! Dannazione, Gin! E' vero che ti hanno stuprata, che
ti hanno privata della tua dignità ma non puoi scegliere di morire
per salvare un umano, con i suoi compari, solo perché...
Lo schiaffo risuonò improvviso, spezzandogli la frase
in bocca. La stanza sprofondò nel silenzio, mentre Harada vide il
velo di dubbi squarciarsi difronte ai suoi occhi. E comprese ciò
che, forse, si era rifiutato di vedere sino ad allora.
Gin prese a tremare violentemente.
Harada fece un passo avanti per raggiungerla, ma lei con
uno scatto fulmineo uscì dalla stanza e dal tempio, senza voltarsi
indietro.
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