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Autore: Yuuki_Shinsengumi    02/12/2010    3 recensioni
[Hakuouki Shinsengumi Kitan]
Sapeva che sarebbe accaduto in quel posto, lo aveva visto.
Ed aveva deciso che avrebbe fatto di tutto per salvargli la vita.
Sapeva che suo fratello lo avrebbe raggiunto: aveva ricevuto l'ordine di uccidere tutti i Rasetsu di quel pazzo di Koudou-san.
E lei aveva deciso di seguirlo.
Si erano separati solo per far sì che lei rimanesse al di fuori dello scontro, seduta sul ramo più alto dell'albero più alto, sotto cui sapeva che si sarebbe conclusa la vita di Harada.
Ma lei era intenzionata a cambiarne il destino.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Anche gli Oni3

Harada era ormai in piedi da una settimana, periodo durante il quale si era sempre rifiutato di lasciare la stanza assegnatagli dai fratelli Shiranui. Gin, che non gli aveva ancora rivolto la parola, si limitava a portargli i pasti ed a controllare che mangiasse; Kyo si recava da lui ogni mattina e sera nel tentativo di convincerlo a fare un giro del tempio presso cui dimoravano.

L'uomo voleva tagliare ogni contatto con l'esterno, trasformandosi di fatto in un prigioniero il cui carceriere era egli stesso. Voleva dimenticare il suo ruolo all'interno della Shinsengumi, certo che, se avesse eradicato dal suo essere tutto ciò che era stato un tempo, avrebbe finito per spegnersi anche come Rasetsu.

Ma l'istinto di sopravvivenza di un uomo è fortissimo, che sia umano oppure Oni.

Non sfuggiva alla tentazione costituita da quella apertura che gli consentiva di vedere l'esterno attraverso una cornice. Assisteva impassibile al trascorrere del tempo: alba, mattina, mezzodì, pomeriggio, sera, tramonto, notte. Così come assisteva all'allenamento a cui Kyo, Amagiri e Kazama sottoponevano giornalmente il piccolo Gin.

Questi aveva sorpreso non poco Harada, sopportando la fatica e le ferite derivanti dai continui assalti del gigantesco Kyuujyu, imparando a difendersi un minimo dai colpi di Kazama ma dimostrando soprattutto di possedere la medesima dote di suo fratello nel maneggiare le pistole. Si sarebbe sorpreso ancora di più se avesse saputo che tutto ciò che Gin sapeva fare in quel campo lo aveva appreso in pochi mesi, spinta dalla disperazione per non essere stata in grado di difendersi: aveva giurato a sé stessa che non avrebbe più permesso che l'aggressione di cui era stata vittima si verificasse di nuovo, non ai suoi danni, né tanto meno ai danni delle altre donne del clan. E poi, voleva imparare a difendere le persone che amava. Harada incluso. Ma questo lui non avrebbe mai dovuto saperlo.

Quella mattina, attirato dal vociare di Kyuujyu che riprendeva bruscamente il ragazzino ogni qualvolta non evitava il suo colpo, mandandolo a sbattere a destra e manca, Harada uscì dalla propria stanza, andando a sedersi sulla veranda, da cui poteva avere un'ottima visuale dell'angolo del giardino in cui il ragazzino ed il gigante si allenavano.

  • Posso sedermi? - la voce di Kyo gli confermò l'identità della persona che aveva sentito avvicinarsi alle sue spalle.

  • E' casa vostra. Io sono il prigioniero. Chiedo venia... l'ospite – rispose con sarcasmo, senza togliere gli occhi dai due che si stavano allenando.

  • Sei proprio un testone. Quella è l'unica cosa che il sangue di Gin non è riuscito a curarti: la testardaggine.

Seguirono alcuni minuti di silenzio, in cui Harada fissò il ragazzino, che in quel momento si stava allenando nel combattimento con il bastone, riprendendolo mentalmente per gli errori che commetteva.

  • Perché non vai ad aiutarlo?

  • Perché dovrei?

  • Perché, nonostante tutto, muori dalla voglia di farlo. Anche se ci consideri mostri. E Gin lo consideri il peggiore di tutti noi. Non ti sei soffermato neanche a chiederti perché lo abbia fatto. A quali rischi si sia esposto e si esponga tuttora per te.

  • Nessuno glielo ha chiesto, maledizione! Io non glielo ho chiesto! - gli rispose con tono rabbioso – Doveva lasciarmi morire.

  • Doveva saldare un debito. - replicò l'altro, calmo.

Harada si voltò di scatto verso Shiranui, fissandolo sorpreso.

  • Che vuoi dire? Che debito può avere con me?

  • Di riconoscenza. E di stima.

Kyo era consapevole di esporsi con quelle parole, ma sebbene avesse giurato alla sorella di non rivelare ad Harada quale fosse la sua vera natura, non le aveva promesso niente circa il fatto di seminare indizi che consentissero all'uomo di arrivare alla verità da solo.

  • Io... non mi ricordo...

  • Ne sei sicuro?

L'immagine della fanciulla dagli occhi grigi tornò a sovrapporsi a quella del ragazzino.

  • Era...?

  • Mia sorella... - e per evitare di scoprirsi troppo, aggiunse – Sua gemella.

  • Capisco.

Trascorsero minuti in silenzio, mentre i due, Gin e Amagiri, continuavano a darsele di santa ragione.

  • Shiranui... lei... dov'è adesso?

Sapeva che quella domanda sarebbe arrivata. Ed iniziava il terreno scivoloso.

  • Se ne è andata.

Attimo di silenzio.

  • Credevo voi Oni foste immortali. - fu il commento di Harada, sorpreso di sentire quel dolore sordo al petto.

  • Si può morire in molti modi – fu la risposta ambigua dell'altro.

Altro attimo di silenzio.

  • Come è successo?

Kyo si passò una mano sul volto, pizzicandosi l'attaccatura del naso con le dita.

Ancora adesso, a distanza di mesi, l'immagine di sua sorella nel momento del suo ritrovamento, lo colpiva al petto con una violenza inaudita. Continuava a chiedersi se avrebbe potuto evitarle quella sorte. Era frustrante sentirsi inutili in quel modo. Era doloroso dover convivere con la consapevolezza di non essere stato in grado di proteggerla, proprio lei che era la ragazza più dolce ed innocente che il clan Oni avesse mai visto nascere.

  • Una mattina è uscita per andare al mercato. Io ero fuori con Amagiri e Kazama. Siamo tornati solo a notte fonda e lei non era ancora rientrata. L'abbiamo trovata dopo alcune ore. In una pozza di sangue. Aveva... aveva gli abiti strappati, le gambe graffiate e piene di segni. Le avevano... morso un seno... - la respirazione di Kyo iniziò a farsi affrettata, mentre Harada chiuse gli occhi nel tentativo di scacciare l'immagine che gli si stava formando nella mente.

  • Kazama voleva mettere a ferro e fuoco il villaggio. Io... volevo solo riaverla come era prima... Ma se ne era andata. E non tornerà mai più.

Harada non ebbe il coraggio di dire niente, sorprendendosi a provare un dolore ed una rabbia incontrollabili.

Lo sguardo di Harada fu catturato dal ragazzino e si chiese se l'espressione dei suoi occhi fosse la conseguenza del dolore per la perdita della gemella.

  • Gin... - chiese infatti, lasciando la domanda in sospeso.

  • Non parla più da allora. E ha delle visioni. Gin le chiama visioni di morte. Vede il momento in cui le persone muoiono: dove, quando, come... tutto. E' così che ha potuto salvarti. Oltre che grazie a quel sangue che condivideva con nostra sorella.

Kyo si voltò verso Harada per la prima volta, mostrando all'uomo gli occhi viola lucidi per le lacrime.

  • Harada... non odiare Gin. Lei... l'ha fatto per lei. Sei... Eri importante per lei. L'hai fatta sentire umana. L'hai trattata da umana. Non trattare Gin da mostro. - gli disse alzandosi stancamente per poi dirigersi verso i due che in quel momento avevano smesso di combattere.

Harada si passò una mano tra i capelli, espirando tutta l'aria piena di veleno che aveva trattenuto nei polmoni al solo scopo di non mettersi ad urlare per la rabbia.

Sollevando gli occhi, scorse lo sguardo triste del ragazzino fisso su di sé e si ritrovò ad indirizzargli un sorriso, mentre dentro si sentiva dilaniare.

***

Gin entrò nella propria stanza lasciandosi cadere sul tatami, distrutta dall'allenamento con Amagiri, ma rilassata per il bagno fatto nella pozza termale nel bosco dietro il Tempio.

Sentiva gli occhi farsi pesanti per il sonno, ma, non appena pensò di andare a dormire rinunciando alla cena, lo stomaco protestò sonoramente.

  • Ehi, piccoletto. Non avrai intenzione di saltare la cena, vero?

La voce di Harada la fece sobbalzare per la sorpresa, tanto che con uno scatto si ritrovò seduta.

La figura dell'uomo si stagliava nel quadro dello shoji, che lei aveva dimenticato aperto.

Fissò gli occhi in quelli di Harada, sentendosi arrossire.

  • Allora, ragazzino? Vuoi veramente saltare il pasto?

Gin gli rispose negativamente con un semplice movimento della testa, stupita nel ritrovarselo davanti sorridente.

  • Allora andiamo – le disse tendendole una mano per invitarla ad alzarsi.

  • Ragazzino, guarda che non mordo – le disse sorridendo sornione.

Gin si riscosse da quella specie di stato catatonico in cui era scivolata, sollevando la mano istintivamente per posarla sul palmo assai più grande di quella dell'uomo, che, con uno scatto, l'attirò verso di sé.

Gin si ritrovò a sbattergli contro il petto, contro cui puntò rapidamente le mani per spingerlo via, mentre il terrore l'assaliva.

  • Ehi! Tutto bene? - le chiese Harada, stupito per lo spintone e preoccupato per il pallore del volto di Gin.

Gin prese due respiri profondi, cercando di calmare il tremore che la stava scuotendo, certa che, se avesse ceduto al panico, Harada non avrebbe tardato a capire come stavano le cose. Sapeva infatti ciò che Kyo gli aveva rivelato e sebbene fosse arrabbiata con suo fratello non poteva negare che lo avesse fatto perché le voleva bene.

Con uno sforzo incredibile riuscì a tornare padrona della situazione, ma Harada...

Harada aveva visto il terrore in quei profondi occhi grigi e si chiese cosa spaventasse tanto quel ragazzino che sembrava fidarsi pienamente solo di suo fratello, Kyuujyu e Chikage. A pensarci bene, questi tre erano i soli rappresentati di sesso maschile di cui si fidava. Non aveva nessun tipo di problema con donne e bambini del clan. Harada socchiuse gli occhi soppesando la constatazione appena fatta, allarmando così Gin che, con un immenso sforzo di volontà ed un sorriso tirato, si ritrovò costretta a prenderlo sottobraccio, come aveva fatto tante volte con Kazama ed Amagiri, trascinandolo nella sala da pranzo.

Quando vi fecero il loro ingresso, Harada incrociò lo sguardo stranamente sereno di Kyo, sentendosi trapassare da quello di Kazama, teso sino allo spasmo, pronto a saltargli addosso se solo avesse fatto una qualche mossa sbagliata.

Quando sentì le mani di Gin scivolare via dal suo braccio, abbassò gli occhi a guardarlo, incuriosito, sorprendendosi ancora una volta di quanto somigliasse la gemella: stessi occhi, capelli, stessa bocca e addirittura stessa corporatura, quasi fossero intercambiabili. Si chiese se, abbigliato da donna, sarebbe assomigliato alla sorella morta come una goccia d'acqua.

Sempre in preda a questi pensieri, Harada lo osservò dirigersi verso Chikage, fermarsi dinanzi a lui e prendere a guardarlo come se gli parlasse con un linguaggio muto, con i soli occhi.

E si trovò ad invidiare al biondo Oni quel rapporto speciale che aveva con il ragazzino.

  • [Kazama...]

  • Non mi piace

  • [Per favore... ne abbiamo già parlato]

  • Lo so, ma continua a non piacermi

Harada si rese conto che i due stavano parlando davvero e, se non riusciva a sentire ciò che diceva Chikage a causa del volume ridotto con cui parlava al ragazzo, si chiese incuriosito come Gin potesse comunicare con l'altro. Cercò quindi di concentrarsi ulteriormente sui loro discorsi, arrivando a captare chiaramente le parole di Kazama.

  • [Ormai ho deciso ed andrò avanti per la mia strada]

  • Ricordati chi sei. Sei un' Oni e devi mantenere alto il buon nome del clan. Non ti permetterò di disonorarlo. - la riprese secco.

  • [L'ho già fatto. O preferisci non tenerne conto?] - gli chiese Gin, agitando le mani ed allarmando Harada.

  • Non è stata colpa tua. Quei mostri...

Harada realizzò appieno solo in quel momento di riuscire a sentire ciò che Chikage diceva al ragazzino nonostante il tono simile ad un sibilo e, allarmato, si guardò attorno, dissimulando la sorpresa per quella sua nuova capacità. Per un attimo incrociò gli occhi di Kyo il quale gli sorrise lievemente, come se avesse compreso cosa stava accadendogli. Per tutta risposta, Harada distolse velocemente lo sguardo, tornando a drizzare le orecchie in direzione di Gin e di Kazama.

  • [Vero, non gli ho chiesto io di violentarmi. Ma lo hanno fatto. E la mia esistenza è una macchia per la reputazione immacolata del clan].

  • Non dire cazzate, Gin. Tu sei la vittima, non il colpevole.

  • [Non fa differenza. E comunque sai benissimo che ben presto il problema sarà risolto]

  • Non ti permetterò di continuare... Non puoi pretendere che io ti lasci gettare via la tua vita in questo modo assurdo.

  • [E' l'unica ragione di vita che mi è rimasta]

  • Te ne priverò – gli rispose Kazama alzando il tono della voce, mentre con una mossa rapida estraeva la katana dal fodero e, scartando Gin, si muoveva in direzione di Harada.

Quest'ultimo comprese che stava per accadere qualcosa di grave e si stupì nel constatare l'assoluta immobilità di Kyo e Amagiri.

Improvvisamente, Gin sembrò dissolversi nel niente, scomparendo da dove si trovava per riapparire immediatamente dinanzi a Harada, le braccia aperte, tese come a fargli da scudo.

  • [Se vuoi farlo dovrai prima uccidere me]

  • Scostati, Gin. - fu l'ordine secco di Chikage mentre la fissava negli occhi, soppesandola.

  • [No] – rispose Gin, accompagnando la sillaba con un gesto del capo.

  • Gin... - intervenne Harada, a cui era ormai chiaro che i due stavano litigando a causa sua.

Gin scosse il capo, senza togliere gli occhi da Kazama.

  • [Uccidimi, avanti. Così l'onta che pende sul nome del clan sarà mondata]

  • Stronzate. L'onta non pende sul nome del clan. L'onta l'hai subita tu! Dannazione, Gin! E' vero che ti hanno stuprata, che ti hanno privata della tua dignità ma non puoi scegliere di morire per salvare un umano, con i suoi compari, solo perché...

Lo schiaffo risuonò improvviso, spezzandogli la frase in bocca. La stanza sprofondò nel silenzio, mentre Harada vide il velo di dubbi squarciarsi difronte ai suoi occhi. E comprese ciò che, forse, si era rifiutato di vedere sino ad allora.

Gin prese a tremare violentemente.

Harada fece un passo avanti per raggiungerla, ma lei con uno scatto fulmineo uscì dalla stanza e dal tempio, senza voltarsi indietro.

  • Bravo Kazama. Complimenti vivissimi. - furono le parole lapidarie di Amagiri, mentre Kyo ed Harada correvano dietro alla ragazza.



   
 
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