CAPITOLO 21
Alla fine del pranzo, mi
sento decisamente meglio. L’omino e la sua scuola di
ballo, hanno chiuso i battenti, per la gioia mia e del mio
povero e tartassato pancino.
Vado dritto in direzione
dell’entrata principale, e mi soffermo sotto di essa,
ad osservare meglio il panorama.
- Bel posto, eh? –
domanda Yuffie, sopraggiungendo poco dopo, ed
affiancandosi a me.
- L’aria pulita, niente traffico, nessun malvivente… Un posticino perfetto, per
farci crescere i propri pargoli!
- Pargoli? Non venirmi a dire che, un criminale come te, vorrebbe averne…!
- L’idea mi mette i
brividi solo a pensarci ma… anche i criminali incalliti, prima
o poi decidono di mettere su famiglia.
La nana mi scruta
dubbiosa:
- Tu, che fai da balia a una mezza dozzina di marmocchi? Naaa!
Impossibile!
- Chi ha mai parlato di
una mezza dozzina?! – Mi vuoi vedere
morto, forse?- Io detesto i mocciosi, zo to!
- Eppure…
con la piccola Ririn…
- Ferma lì, e non
aggiungere altro! – Tappo repentinamente con il palmo della mano, quella sua
candida ma loquace bocca, fino a zittirla del tutto. – E’ stata Ririn ad appiccicarsi a me, e non il contrario, zo to! Figuriamoci… zo to!
- Eppure…-
incalza ancora una volta la pestifera e chiacchierona ragazzina, riuscendo a
liberarsi il becco – Lei parla tanto di te!
La curiosa rivelazione
m’incanta:
- Davvero?
Yuffie
annuisce semplicemente. Torno alla carica: - E… cosa dice?
- Che
sei divertente, gentile e buffo! Ma in senso positivo,
però! – S’intende!
Mi tocco il mento, e
rifletto. E’ una mocciosa, infondo. E
si sa, i mocciosi sono alquanto volubili. Oggi gli piace il giallo, e domani il
rosso. Vogliono a tutti i costi quel giocattolo, lo ottengono, e dopo diversi
giorni non ci giocano più, e lo gettano via. E’ una mocciosa! Non devo
illudermi! Prima o poi non si ricorderà neppure di me,
sicuro!
- Non ti vedo convinto…-
mormora Yuffie, con un’espressione perplessa.
Scuoto il capo: - E’ una
mocciosa! Prima o poi mi cancellerà del tutto dalla sua
piccola e fervida testolina. Funziona sempre così, in quei casi.
- Non credo, sai? Ririn è una bambina che non parla quasi mai con nessuno.
Eccetto che te! Tu le hai in un certo senso ridato la parola, ecco!
- Ha
fatto tutto da sola… io non ho alzato neanche un dito per spronarla…!
Ricordo ancora quel suo
pianto fragoroso… Poveri timpani! Quanto ho patito,
quel giorno!
Per non parlare delle mie
povere spalle… e di quel lecca lecca…
E poi… poi basta.
Ricordo ancora le parole
della barista mora, la Lockheart.
“Ha perso i genitori tre anni fa, ai tempi di Sephiroth”
Sephiroth.
Il soldato perfetto.
Ne ha combinate davvero
tante, quello sciagurato.
Voleva
la sua mamma, ma alla fine di tutto, ha finito col privare a centinaia e
centinaia di bambini, la loro.
Anche
quella della piccola Ririn. E pensare che quell’essere così perfetto e
potente, era di proprietà della Shin-Ra.
Adesso lo capisco, quel
machiavellico del Presidente! Si sente in debito con il pianeta per tutto ciò
che ha combinato, e cerca in qualche modo di riscattarsi finanziando la WRO.
I soldi però, non
potranno di certo ridare la vita a tutte quelle migliaia di persone che l’hanno
persa a causa degli strafalcioni commessi dagli Shin-Ra.
Guardo il paesaggio
tranquillo e solitario davanti a me.
Ajit.
Qui c’è tanta di quella storia, che vale la pena trascorrere del tempo in un
simile luogo, e pensare. Pensare tanto.
Soprattutto per non
dimenticare.
- Ririn
è una mocciosa ma… non appena la rivedi, salutamela! –
esclamo facendo un piccolo sorriso.
Sento una
forte stretta che accerchia repentina il mio bacino.
- Lo sapevo che anche tu
le vuoi tanto bene, Reno! – enuncia allegra la ninja di Wutai, stringendomi
sempre più forte.
- Yuffie!
– ammonisco io, cercando in tutti i modi di non arrossire. – Piuttosto… - mi
guardo rapido attorno, teso ed impacciato come un misero novellino, e subito
dopo replico- Ti va di mettere porte e finestre a questa baracca?
- E
come?
Rido perfidamente in
riposta alla sua domanda.
Yuffie
piega leggermente la testa. Mi fissa scettica: - Non abbiamo né attrezzi e né
materiale… è impossibile!
Se
un Turk vuole, automaticamente può!
Corro verso la cesta
delle provviste, mi fletto appena sulle ginocchia, ed afferro il canovaccio
rattoppato che, poco prima di pranzare, la ricopriva.
- Ne hai altri, di questi
stracci? – domando sventolando l’oggetto in questione.
Le palpebre di Yuffie si infittiscono, come se
stesse cercando di ricordare qualcosa.
- Mmh…
- mugugna pensierosa- Aspetta qui! – esclama frettolosamente, correndo spedita
su per le scale, verso il soppalco.
Io mi trovo proprio sotto
di esso. Sento dei pesanti passi, scattare rapidi per
poi fermarsi molto probabilmente nei pressi del letto.
- Trovati! – esclama il
turbolento ninja, esultando.
Mi porto nel centro del
piccolo foyer, e sollevo la testa in direzione del
soppalco.
- Affacciati un po’, e fa
vedere! – le ordino curioso, nella speranza di vedere l’oggetto. Yuffie non perde tempo e… tac! Eccola spuntare dal bordo di
quel solaio senza parapetto, tutta raggiante.
- Eccoli
qui! – dice sventolando un paio di canovacci piuttosto lunghi, di un colore
giallastro, simile ad un ocra pastello, tutt’altro che carico.
- Perfetti! Lancia un po’
qua…!
Vedo le dita della mano
di Yuffie, dischiudersi. I due pezzi di stoffa volano
giù, verso terra, dritti dritti
sulla mia testa.
Sollevo una mano sopra il
capo, e lì blocco agguantandoli con una sola mossa.
Al tatto, il tessuto è
leggero, molto simile al cotone, ma leggermente trasparente. Ci passo una mano
sotto, e vedo quest’ultima trasparire un pochino
dall’altra parte.
Davvero perfetti!
- Ti occorre altro? –
domanda Yuffie, sporgendosi da quel parapetto in
maniera avventata.
La vedo, ed
improvvisamente comincia a contorcersi lo stomaco.
- Sì! – dico deciso- Che
tu scenda da lì!
- Agli ordini!
Detto fatto. L’abile ninja ritorna al pian terreno, rapida
come un falco. Poi, portandosi le mani sui fianchi, esclama altezzosa: - Adesso
tocca a te! Fammi vedere cosa sai fare, Turk!
Il “detto fatto”, adesso
spetta a me! Posso, d’altronde, rifiutarmi?
L’onore dei Turks, va mantenuto alto!
Tutto ciò che mi occorre,
è un coltellino e dei bastoni da usare come asticelle per sorreggere i
canovacci colorati, come se fossero tendine.
Esco fuori, in
perlustrazione. Per il coltello, nessun problema. Un pezzo di pietra piuttosto
appuntito, andrà benone.
Percorro giusto una
ventina di passi, e ne avvisto subito uno. Mi chino a
raccoglierlo, e lo infilo poi nella tasca posteriore del
jeans color ocra, quasi come le tendine.
Fin qui, tutto apposto.
Il difficile però, viene adesso!
Occorrono due, o tre
asticelle di legno, piuttosto solide, da infilare come sostengo, tra i passaggi
dell’abitazione.
Mi do
qualche occhiata in giro, ahimé, senza nessun risultato soddisfacente.
L’ideale sarebbe cercare un albero, anche senza foglie, ma con i rami sani e
resistenti.
Ancora una volta lo cerco
con lo sguardo, in questa landa inabitata ma splendida.
Il tempo passa in fretta,
minuto dopo minuto, quel sole che pochi attimi fa
regnava alto nel cielo, sta calando. Un tramonto sensazionale. Ci sono
sfumature qui, che incanterebbero un pittore a prima
vista! Una miscela di tinte che va dall’arancio
carico, al celestino tenue, passando poi per un timido blu, appena sbocciato.
Si perdono
veramente un sacco di cose, quando il lavoro e le solite oziosità, ti tengono
lontano dal resto del mondo.
La quiete contemplativa ci distoglie dal clamore di ogni giorno consentendoci di udire l’impercettibile che è
nella nostra vita.
Quanto pagherebbe quell’acida di una Elena, per
assistere a cotanta bellezza, in compagnia del suo amato Tseng?
E’ scientificamente
provato: un capitale!
Dopo un’incessante
girovagare, adocchio un arbusto in lontananza, ai piedi di una parete rocciosa.
Corro spedito in quella
direzione, e col fiatone che mi fa poi flettere appena sulle ginocchia,
raccolgo ciò che mi serve. Tre stecchettini belli
dritti e solidi. Che fortuna!
Ritorno alla deliziosa
baracca, mettendomi poi subito all’opera.
Faccio cinque fori ad
un’estremità del telo ocra pallido, facendo attenzione
a non sfilacciarli troppo con la pietra tagliente. Chiedo in seguito alla
scettica Yuffie, di passarmi uno di quei ramoscelli
che ho raccattato poc’anzi, con estrema delicatezza.
Non vorrei mai che si spezzassero! Sono sì robusti ma,
tra le sue delicate manine, neppure il sottoscritto si sentirebbe al sicuro…!
La ninja
ubbidisce senza neppure fiatare, pur continuando ad assumere un atteggiamento tutt’altro che ottimista.
Afferro lo stecchino, e
lo faccio passare tra un foro e l’altro del tessuto, finché non ottengo il
risultato sperato. Una perfetta tendina, che può
tranquillamente fungere anche da porta.
Vado ad incastrarla tra
un pezzo e l’altro dei muri di pietra che formano l’apertura. Poco sotto il
muro portante. Il canovaccio semi-trasparente scende dritto, fino a fermarsi
appena dieci centimetri dal suolo. Una porta perfetta!
- Allora? – chiedo con un
timbro fiero, volgendo l’attenzione su di Yuffie. –
Non dici niente, scettica piccina?
Lei non ribatte, al
contrario. Resta lì, impalata, a fissare di sottecchi quel drappo che sventola
giusto un pochino, perché mosso dal vento.
- Non fermerà i ladri ma… è già qualcosa! – ribatte con una punta di invidia, giocando a fare l’indifferente. E’ proprio un tipetto dispettoso!
Mi stringo nelle spalle,
dirigendomi poi in direzione dell’altra entrata, quella sul retro.
Stessa procedura. Foro le
estremità del drappo, infilo lo stecchino di legno, e lo incastro tra le due
pareti che compongono l’entrata.
I centimetri che separano
il tessuto dal suolo, sono meno di dieci. Tutto sommato, il drappo trasparente cade dritto, perfetto
come l’altro gemello.
Sorrido, e sono fiero di
me.
Un ottimo lavoro,
davvero!
Peccato solo che quella
pestifera ninja, non mi dia la meritata
soddisfazione!
Mi giro proprio verso di
lei:
- Tu resta pure lì, a
farti rosicare dall’invidia! Io intanto vado a coprire la finestra che c’è di
sopra.
- Quella no! – sento
dirmi all’improvviso da lei. Yuffie mi fissa tutta
agiata.
- No? E
perché? – domando così, reso curioso dal suo strano comportamento.
- Se
la copri, poi non potrò più vedere le stelle! – si affanna a dirmi.
- Si vedono le stelle da
lì?
- La sera, quando cala la
notte, è uno spettacolo!
Resto lì, rimbambito come
non lo sono mai stato in tutta la vita, a sciogliermi come un ghiacciolo sotto
il caldo sole d’agosto.
Quelle stelle che lei
stessa si affanna a decantare con talmente tanto impegno, hanno
iniziato a riempirle gli occhi.
Più li osservo da dietro
il verde delle lenti che porto, e più mi sento mancare. Si può vedere qualsiasi
cosa, attraverso un paio di occhi così espressivi e
limpidi. L’entusiasmo di Yuffie non ha eguali. E’
impareggiabile. Sono poche le persone che, dopo guerre e tremende battaglie,
riescono ancora ad entusiasmarsi per qualcosa. E la
principessina qui presente, è proprio una di queste.
Come si fa, per la
miseria, a non perdere la testa per lei?!
Quasi mi vergogno, di ciò
che in questo momento sto provando.
- In te rivedo la
spensieratezza che avrei potuto vivere, e che invece
non ho vissuto. – dico inaspettatamente, senza neppure rendermene conto.
Yuffie
come sempre si dimostra adorabile, facendosi amare ancora di più grazie alla
sua risposta spontanea:
- Puoi sempre recuperare
il terreno perduto, no? – fa con un grande sorriso,
pieno, schietto, ma semplice. – Ahimé - prosegue dopo, con strana intonazione-
per smettere di fare lo zotico, migliaia di miliardi di anni
non basterebbero!
Ok.
E’ adorabile ma… se non la smette di chiamarmi in quel modo così orrendo e poco
chic, la strozzo!
Faccio spallucce: - Te
l’ho detto con le buone, ma evidentemente non ci siamo capiti, zo to… - dico sospirando. Un attimo dopo, le sono già addosso.
Yuffie
si agitata, tenta di divincolarsi dalla mia stretta che la tiene ben ancorata
al suolo, ma tutte le sue mosse sono praticamente
inutili.
- Non vale! Io sono più
piccola di te! – erompe corrucciando la fronte.
- Se
ti riferisci all’età, sei anni di differenza non sono un distacco enorme…! Ma se si tratta della stazza… allora hai ragione! Ti supero
di almeno un metro, zo to!
- Esagerato! Sono ancora
in fase di crescita, io!
Vedo la ninja andare totalmente in collera. Le
parte spontanea una linguaccia che la fa assomigliare in tutto e per
tutto ad una pestifera poppante.
Rispondo a tono anch’io,
con un’altrettanta linguaccia.
Yuffie
s’intestardisce, impuntandosi:
- E’ inutile! Sarai
sempre uno zotico!
- E
tu una nanerottola machiavellica, e pure un po’ maschiaccia!
Parte la sua gamba
destra, come una molla, in su, dritta come una
freccia, in mezzo alle mie gambe. Una ginocchiata secca, che
mi lascia senza fiato. L’espressione sorridente va via per lasciare
posto ad una smorfia di dolore. Un dolore tremendo, ed atroce.
Arrossisco in un botto,
cercando poi di reprimere la terribile sofferenza fisica, con un lamento
sommesso. Non è per niente facile. Mi accascio su di un fianco, a terra, per
poi contorcermi tutto.
- Piccolo… diavolo…! –
cerco di mandar fuori a stento, con voce rauca e soffocata.
Yuffie
nel frattempo sghignazza a più non posso, riversa
anch’essa su di un fianco, a tenersi la pancia con le braccia.
- Un Turk
messo K.O. da una semplice ginocchiata! Somiglia a una
barzelletta! – strepita lei, ridendo a più riprese.
Vorrei rialzarmi, e
fargliela pagare ma… il dolore pare quasi ammonirmi tassativo: “non ci provare!”, sembra che dica…!
- Vedo le stelle…- sibilo
tra un lamento e l’altro, tenendomi le parti basse ed avvampando dal bruciore.
La fastidiosa risata di Yuffie, s’interrompe in un lampo.
- Che
ore sono? – chiede tutta agitata, portandosi in posizione seduta, con un rapido
scatto.
Io sto qui a soffrire
come un facocero che è stato da poco castrato, e lei ha l’ardire di chiedermi
l’ora? E’ il colmo, diamine!
Sospiro, e tento di
scuotermi un po’. Racimolo un po’ di energia per
allontanare momentaneamente il dolore, e guardare così l’orologio allacciato al
polso. Adocchio appena le lancette.
- Le ventuno e dieci. –
rispondo accidioso. – C’è un programma alla tv, forse? – dico successivamente ironico. Non c’è uno
strabenedettissimo sputo di water, qui dentro, figuriamoci una
televisione! E a dirla tutta, se pure ci fosse, non
potrebbe mai e poi mai funzionare. Nella baracca, come molto probabilmente in
tutto il ridente paesino dimenticato, la corrente non c’è.
Che
mondo sarebbe, senza tv?
Il pensiero mi fa
rabbrividire in un nano secondo.
- Le stelle! Le stelle! –
Il continuo dimenarsi di Yuffie, interrompe
drasticamente tutte le riflessioni che si stanno manifestando all’interno della
mia mente affaticata. – Andiamo, andiamo, poltrone! –
Poltrone? Se me ne sto qui, riverso al suolo, non è perché l’ho deciso
io! Non sto facendo di certo una siesta…!
L’allegria e la foga
della piccola Kisaragi, alla fine trascina anche me.
Mi sollevo da terra, un po’ per volta, poi, subito su, rapidamente, grazie allo
strattone brusco di una Yuffie burrascosa.
- Vacci piano, demonio! O ti prendo a pugni nelle gengive!
L’incendio nel bel mezzo
delle gambe, non mi si è ancora del tutto spento!
Yuffie
è distratta. Dannatamente distratta. E’ lì, tutta agitata come una tempesta di
neve, che mi strascica a suon di spintoni su per le scale.
Un simile uragano, non lo
ferma neppure l’intera Shin-Ra!
Accorriamo lesti, verso
il confortevole giaciglio, saliamo e ci allunghiamo diretti verso la finestra.
La frenesia della giovane
wutaiana, è al massimo. Volendoci scherzare su, direi
alle stelle!
- Le stelle! – strepita
estasiata, lasciandosi deliziare dalla volta celeste. La guardo, e successivamente, alzo anche io la testa all’insù.
Le mie sopracciglia si piegano ad arco, la bocca si spalanca. Levo gli occhialini
dalle lenti verdi alla svelta.
- Wow! – riesco solamente
ad esclamare.
Un oceano smisurato di
tante piccole stelle, copre il cielo di Ajit e la sua landa sconfinata.
E’ una cupola
punteggiata, un cappello che ricopre esattamente questo magico e misterioso
luogo.
L’ultima volta che ho
visto così tante stelle, è stato a Midgar. Subito
dopo la disfatta di Omega.
E’ raro che se ne vedano
in quantità così abnormi, nel resto del pianeta.
Che sia
Kalm Town, Nibelheim, o
ancora, Mideel… la volte celeste non cambia. Sono
sempre poche, le stelle che rivestono i tetti di queste città.
- Adesso capisco, dov’è
che vanno a finire tutti i corpi celesti, non appena cala la sera! – esclamo
senza distogliere lo sguardo dal firmamento.
- Dove? – domanda Yuffie, da brava bambina curiosa. Come lo sono anche io,
del resto!
- Ad Ajit!
Si rifugiano tutte qui,
nell’arcana capitale.
- Secondo te, lo fanno
perché sono timide?
Alzo le spalle: - Chissà…
Un incantesimo pare
avvolgere questo posto.
Tutta la magia sembra
partire da qui. Perfino l’aria ne è satura.
L’atmosfera rilassante,
questo tiepido e mite venticello che sfiora fuggevolmente la mia frangia, mi
rasserena. Piego le braccia stendendole sul bordo della
finestrella rettangolare, in seguito ci adagio il capo.
Osservo di sottecchi la
piccola ragazzina fare altrettanto. I suoi occhi ad un tratto incrociano i
miei.
Sbatto una, due, tre volte le palpebre. Poi me le stropiccio con le
dita. Se non ho più quegli occhialini verdi, allora
perché il colore degli occhi di Yuffie mi sembra così
diverso?
- Che
c’è? – mi domanda la ninja, perplessa nel vedermi più
perplesso di lei.
Mi avvicino di più al suo
viso con un rapido scatto, e sbatto ancora una volta le palpebre.
Non starò mica perdendo
la vista? Ci tengo molto alle mie diottrie!
- I tuoi occhi… -
pronuncio appena. Non so proprio cos’altro aggiungere.
- I miei occhi?
- Sì, sono… - faccio una
pausa piccola, poi replico d’un botto – Sono diversi!
- Eeh?!
- Sono spenti! Sono… - mi faccio ancora più avanti. Pochi centimetri
separano la mia fronte da quella di Yuffie. Sbatto
sempre di più le palpebre, ed infine ho la conferma: - Grigi!
Yuffie
storce sia muso che sopracciglia: - E con questo?
- Che fine ha fatto quel
bel nocciola caldo ed intenso che avevi un paio di
mesi fa?!
Lei fa spallucce.
- Mmh…
Non so!
Retrocedo meccanicamente
di mezzo metro:
- Non scherzare con me,
mostro! Guarda che non sono un pivello…! Da quando in qua porti le lenti a
contatto? E poi questo grigio così freddo non ti dona
per niente, zo to! – commento sbuffando.
La pestifera ragazzetta
fa la misteriosa.
- E
se fosse questo il mio colore naturale?
Scuoto il capo. Questa
volta non ci casco. Non posso cadere in una rete così evidente.
- Ti conosco da quando avevi dieci o forse undici anni. Me li ricordo
bene, i tuoi occhietti vispi! – A dire il vero è una delle poche cose che
ricordo di lei, quand’era ancora un’impertinente poppante.
- Ho iniziato a mettere
le lentine all’età di nove anni! – mi fa presto,
allungandomi un sorriso superbo e soddisfatto, e sbigottendo me, ovviamente!
- Un momento… - prendo
fiato e cerco di mantenere la calma. La guardo bene negli occhi. In effetti non si riesce a distinguere granché. Se Yuffie stesse davvero indossando
delle lentine, allora sarebbero così perfette da
sembrare naturali. Ammesso che non sia il grigio, il suo vero colore naturale!
Detesto le situazioni complicate! Ho già perso la voglia di risolvere questo
rompicapo, e così, proprio come farebbe un assiduo lettore di giornali
enigmistici in difficoltà, mi appresto a guardare le soluzioni nelle ultime
pagine – Allora si può sapere qual è il tuo colore? Il tuo vero colore,
intendo. – preciso.
In quel momento però,
capisco che Yuffie è uno di quei giornalini che
riportano le soluzioni solo nel prossimo numero. La piccolina fa spallucce: -
Chissà! – Si burla di me, in pratica.
Io però non cedo:
- Lo chiederò in giro,
allora! Qualcuno saprà dirmelo, no?
- Mah… io ne dubito.
Sai…- comincia a premettermi. Chissà perché, ma rabbrividisco. - C’è chi
sostiene che io li abbia viola, c’è chi dice blu, c’è chi dice verde… In
pratica hanno tutti le idee un po’ confuse. Forse
perché mi diverto sempre a cambiare!
Un macabro pensiero mi
sfiora la mente.
Vorrei strozzarla e…
cavarle gli occhi. Diventerei senz’altro il beniamino di tutti. Colui che ha scoperto il colore delle iridi di Yuffie!
Ovviamente, il mio è solo
un macabro pensiero, eh!
Sospiro, faccio spallucce anche se la faccenda mi rode parecchio, e rimetto
le braccia e il capo sul davanzale. Un giorno o l’altro dovrò
pur coglierla in fragrante, no?
Spero solo che prima di
quel giorno, io non le abbia veramente cavato già gli
occhi…!
Stiamo in quella
posizione diversi minuti, finché le braccia non cominciano ad informicolirsi a
causa della sistemazione non tanto consona.
Osservo per l’ennesima
volta Yuffie mentre si stacca dal bordo della finestra, per poi
lasciarsi cadere sul soffice materasso del letto, e stendersi come un gatto si
allunga sulla moquette.
Resta in silenzio per un
po’, e poi eccola là, scattante, mettersi a pancia all’aria e fissare il vuoto,
o fare finta di fissarlo.
- Avevo paura di
ritornare a Wutai, perché temevo che al mio ritorno
Tifa mi dicesse che tu ti eri trovato una ragazza. –
mi afferma spontanea, tutta franca.
Sono così sorpreso da
queste parole, che la storia degli occhi passa in secondo piano. Infatti, la accantono in un nano secondo, e mi pizzico la
guancia destra.
No, non sto dormendo.
- Non è
che quella miriade di stelle, ha su di te uno strano effetto? – domando con una punta di scetticismo, che poi si tramuta in
stupore vero e proprio. – Non posso crederci che tu alla fine ti sia
arresa! Dunque… - proseguo completamente soddisfatto,
con un atteggiamento stracolmo di baldanza – Avevo ragione, eh?
In fin dei conti, potevo
non averne?
- E’ mostruoso convivere
con l’ansia addosso! – mi dice lei, presa dall’argomento, intrecciando le mani
sul pancino scoperto.
- Proprio a me lo vieni a
dire?! Ti sei forse dimenticata di essere sparita per
ben tre mesi, dopo quella fatidica sera alla Healin Lodge? Sapessi
l’ansia che ho provato io, in quel periodo…! – Altro che queste tue ridicole
paure infondate…! – E poi… non sono di certo il tipo
che si mette così, seriamente, con una ragazza!
- Certo…! – sbotta lei,
con una vocina acuta e sdegnosa che nasconde qualcosa di provocatorio.
Crucciato, la colpisco
con uno sguardo:
- So a che cosa stai
pensando, demonio di una ragazzina!
- Sentiamo… Turk! – mi incita furba, affinché io
la risponda a tono.
Lo faccio al volo, senza
futili indugi: - Non sono un’immorale donnaiolo, zo to!
- Ma
io non l’ho detto!
- Però
lo hai pensato! Come volevasi dimostrare… - dico
sospirando e scuotendo la testa tutto affranto, preparandomi in seguito a
gettare un portentoso amo – Sei machiavellica!
Yuffie
abbocca e cade vittima del subdolo inganno di un Turk.
Essere
sleali, a volte, si può rivelare veramente interessante…!
- E
tu sei uno zotico!
Proprio quello che volevo
sentirmi dire!
Colgo la balla al balzo,
e parto con una vivace controffensiva: - Tu continua pure imperterrita a darmi
dello “zotico”, se ti rende la vita più rosea! Ma sappi che io farò
altrettanto, con quella parolina che detesti con così tanto
ardore…! - Devo ammetterlo: il machiavellico, in questo caso, sono io!
Incrocio le braccia al
petto, con un sorriso di trionfo, fissando appagato come non mai, la collerica
espressione di Yuffie.
- Mi stai forse chiedendo
di scendere a compromessi? – replica lei, sollevando la schiena e mettendosi
dritta, seduta sul letto.
- Perché
no? Mi sembra equo da parte mia, non credi?
- Da parte di un Turk, anche troppo! – Yuffie fa
come me, incrocia le sue esili braccine,
e mi osserva diretta. – Qua la mano, allora! Ok? –
esclama tendendomi un arto, abbindolata dalle mie movenze.
Lo sguardo mi si posa
dapprima su quella mano, e subito dopo sulla sua faccina vispa ed attenta.
Il lato destro della mia
bocca si leva all’insù, in una ghignata.
Afferro alla svelta la
mano della ninja curiosa, e la spingo a me come se
fosse una graziosa bambolina. La chiudo forte tra le braccia, in una vivace
stretta, passandole rapido una mano tra i capelli, fino a metterli in
disordine.
- Ok,
giovane ninja dal nasino buffo!
- Mi freghi sempre, tu! –
borbotta, dimostrando però di gradire quelle dolci moine.
- Toglimi una curiosità…-
chiedo tutto a un tratto - hai imparato a cucinare per
farti bella ai miei occhi?
- Più o
meno…
- E’ più, o meno?
Deciditi, zo to!
- Tutte e due! – replica
furbetta, sorridendo gaia. – Sia più, che meno!
Divento tentennante:
- Niente più?
- I più lasciali a me, tu tieniti i meno!
Ma
davvero?
- E
tu, invece, dividiti i pregi e moltiplicati i difetti! – butto lì, dimostrando
ancora una volta un maggiore senso dell’humour. - E dopo aver parlato del più e
del meno, dimmi, ma tu più o meno, sei un buon
calcolatore, eh?
- Spiritoso! – schernisce
stizzita, tirandomi il lungo codino di capelli, un po’ per gioco.
Lascio
in sospeso la questione dell’addizione e della sottrazione, e parto in quarta
con un nuovissimo quesito: - Tornando a me… Dì la verita,
tu mi hai seguito spesso in questi ultimi mesi, non è vero?
- Beh… a dirla tutta, è da quando avevo dieci anni che ti tallono! – Yuffie ha finalmente gettato la maschera, confessando così,
come se nulla fosse, il misfatto. Per giunta con un sorriso a quarantadue
denti, che non trasmette nulla di buono.
E
infatti… dapprima sono scettico, dubbioso. Non reagisco subito alla sua
improvvisa rivelazione. Prima ci rifletto su, rimugino.
E poi… tutto cambia in appena due miseri secondi.
Sulla mia faccia, appare un’espressione sconvolta.
- CHE COSA?! – strillo sull’orlo di una crisi di nervi. Una crisi che mi sta lentamente asserragliando.
- Turk!
– mi ammonisce repentina la ladruncola, tappandosi le
orecchie con le mai – I miei timpani funzionano benissimo! E comunque… non ti stavo sempre e perennemente dietro… non
t’illudere! – si tutela spocchiosa, sicura di sé. In seguito precisa più
accuratamente - Ogni tanto, così, quando incrociavo per puro caso il cammino di
voi agenti in divisa, finivo sempre per seguirvi di
nascosto.
Cerco con tutta la buona
volontà, di restare calmo, e magari di chiedere delucidazioni. Dopo una scottante rivelazione però, non è facile come pettinare una
bambola!
- Potrei sapere il
perché? Se non è troppo, ovvio!
- Vedevo la tua strana e
coloratissima testa e… puff! Come per magia
cominciavo a seguirti! Semplicemente mi incuriosivi. E poi ero una piccola bambina desiderosa di sapere!
- Come lo sei tuttora, zo
to! In ogni caso… non ero solo io quello ad
incuriosirti, vero?
- Eh? Cosa
vorresti insinuare?
- Le
Materia! Lo hai detto tu stessa… Noi Turks ne siamo pieni fino al collo!
- Oh beh… quello è un
dettaglio trascurabile! Suvvia! – Yuffie sventola la
mano, con un’andatura semplice, naturale.
Semplice un corno!
Naturale un corno!
- Dettaglio trascurabile
un corno! Tu pensi solo ed esclusivamente alle tue amatissime
Materia! Mi hai fatto compagnia e da crocerossina
semina panico, solo per un tuo tornaconto generale! Confessa! – la
sprono a dichiararsi colpevole, con un atteggiamento duro, deciso ed
incalzante. Yuffie è incerta, titubante. Nessun
problema! Un energico e serrato abbraccio, fa cantare anche un gallo con la
raucedine!
- Va
bene va bene va bene va bene va bene! – reagisce celere, con la voce
strozzata, fronte grinzosa, cercando di opporre resistenza allo stringimento
soffocante, mentre la faccia le si tinge di viola. –
Non era solo per il dentifricio, se mi sono introdotta nel tuo bagno! Cercavo le Materia di voi Turks!
Mollo la presa all’istante.
Yuffie respira rilasciandosi tutta,
il viso le ritorna normale, e la fronte si spiana.
L’argomento è interessante.
Assai interessante. Se riguarda i Turks,
poi, ancora meglio!
- Tana per Yuffie! – esclamo pienamente soddisfatto. – Come pensavo…! Dopotutto, sei pur sempre una ladra… - sospiro appena, ma appagato
da quella rivelazione. Come un bravo detective che ha da poco scoperto
colpevole e movente, in un sol botto, vado avanti – E’
per questo che mi venivi spesso a trovare?
- Speravo che tu ti
tradissi, o più semplicemente mi dicessi qualcosa a riguardo…
Però sei più furbo di mio padre e dei suoi Wusheng…
accidenti! Con te non la si fa tanto franca! – sbotta
mettendo il broncio. – Quando ti ho chiesto di avere
una Materia… beh, in realtà l’ho fatto solo perché volevo seguirti di soppiatto
per scoprire il vostro famoso forziere pieno di rare e costosissime sfere! Poi
tu…
Comprendo al volo il
significato delle sue parole, e così l’anticipo: - Poi io non te ne ho dato il
tempo, vero?
- Già! Sei stato un
falco!
- Ne avevo
una in tasca. Guarda caso…!
- Fortunato di un Turk! – sbotta ancora la pestifera ninja,
corrucciando la fronte. Tutta invidia, la sua!
- Rubare a noi Turks, è un reato grave. Lo sapevi questo, vero? – Certo
che no! Ci ha derubati così tante volte, che alla fine ci si fa l’abitudine.
-Turks, Turks! Sempre
voi Turks! Wutai si
è impoverita…
- A causa nostra! Di noi
subdoli Turks! Non serve che tu me lo ripeta ogni benedetto istante, zo to!
- Così te lo ricorderai
per tutta la vita, per sempre! Ogni istante, giorno, anno, secolo! Nel tempo! –
La ragazzina chiacchierona, di chiacchiere ne ha da vendere!
Tuttavia, quelle parole
mi fanno ricordare qualcosa.
- A proposito di tempo…
Si è fatto tardi… - annoto sconsolato, gettando un’occhiata al quadrante
rotondo del mio orologio da polso.
- Dobbiamo andare? –
replica la piccola Kisaragi, con voce mogia e spenta,
staccandosi appena dal mio torace.
- Se
partissimo a quest’ora, arriveremmo molto tardi a Midgar… Non posso suonare il campanello dell’orfanotrofio
alle tre di notte, per riaccompagnarti lì! E comunque…
io devo ritornare a Junon, e l’idea di svegliare Rude
e famiglia, nel pieno del sonno, mi crea una certa agitazione…
Yuffie
come sempre è scattante:
- Allora restiamo qui!
Tanto sei in ferie, giusto? E poi… non vedo l’ora di
vederti domattina, con la testa tutta arruffata!
- Eeh?!
– sibilo io, a stento. Che significa adesso codesta cosa?!
Cerco di ottenere una risposta, facendomi vedere con un
espressione tutt’altro che serena.
- Mi piaci di più con la
solita zazzera rabbuffata, che con questo liscio appiattito e serioso. Troppo
ordinario per te! Troppo! – O forse lo è per te,
piccolo diavolo?
- Se la metti così… -
premetto al volo, senza lasciarmi sfuggire la preziosa
occasione che mi è stata messa da poco tra le mani- Per vedermi arruffato, non
ci sarà bisogno di aspettare domattina!
Mi stringo forte a Yuffie, e le schiocco un lungo quanto intenso bacino sulla
guancia: - Puoi sempre ovviare tu, al problema! Ti do
il permesso di scompigliarmi i capelli!
Yuffie
si mette pensierosa: - Mmh… - mugugna corrucciando le
labbra – L’effetto non sarebbe lo stesso… Preferisco aspettare domattina!
- Allora sei proprio
decisa a voler restare? – domando, per ottenere una conferma definitiva.
- Perché?
Tu no? – La figlia di Godo Kisaragi
è in allarme. L’espressione tesa, gli occhi tremolanti, mi fissa piena di ansia e trepidazione, come se io non amassi stare con
lei. Come se restare lì, in quella baracca senza wc, ma accogliente, mi
facesse ribrezzo.
- Non ho detto questo,
bimba!
- Però
lo hai pensato! Avevo ragione… - sospira tutta sconsolata, ma
con un evidente tono da recita - Il machiavellico sei tu!
- Vuoi che ti dia della
zotica, forse? – Non si saranno invertiti i ruoli?
Yuffie
fa cenno di no scuotendo la testa buffa a più riprese.
- Comunque
– riprende dopo poco, con il faccino affranto e svigorito – Se proprio dobbiamo
andar via, facciamolo ora! Più tempo passa, e più si fa buio… E’ pericoloso guidare
di notte, lo sai?
L’ingenuità della
ragazzina dagli occhi nocciola, mi fa sorridere di gusto. – Cos’ho detto? – cerca presto di capire, vedendomi ridere
soddisfatto.
- E’ inutile: sei proprio
una bambina! E… tanto per precisare…- mi guardo
attorno, in quel minuscolo e stretto soppalco, poi riprendo- non è che non
voglia restare ma… tu, piuttosto?
- Io? – si domanda
confusa, fissandomi con tenacia.
- Yuffie Yuffie…!
– esclamo a più riprese, scuotendo la testa e sospirando bonariamente. – C’è un
solo letto. – Ed io non mi sacrifico a dormire di
sotto, per terra, su qualche sacco, o peggio ancora, in uno scomodo sedile
ribaltabile!
La ninja
mi osserva tutt’altro che convinta, per poi replicare
all’istante:
- E
allora?
E allora ?!
Ok.
Le cose qui sono due: o
mi sta deliziosamente invitando a saltarle addosso, oppure è davvero un ingenuo
diavoletto!
- E’ un invito bello e
buono, il tuo, zo to? – domando così, sorridendoci
nervosamente su. Sono un uomo, mica un innocuo coniglietto di peluche…?!
- Un… invito?
Annuisco secco, per poi
replicare brutale:
- A salarti addosso, zo to!
Yuffie
arrossisce all’istante, come previsto. Vedo il suo corpo minuto farsi indietro,
molto indietro.
Mi
mordicchio nervosamente il labbro, piegando poi leggermente la testa verso
sinistra.
Prima tiri la pietra, e
poi nascondi la mano?
Eh no! Non mi piacciono
questi giochetti infantili!
- Allora? – La incito a
darmi una risposta, mentre attendo con pazienza, seduto a gambe e braccia
incrociate, sul comodo lettino.
Yuffie
esita, solleva il capo all’insù dalla vergogna, e subito dopo il suono della
sua flebile vocina, si appresta a venir fuori: - Anche se dormiamo entrambi
qui, l’importante è avere la coscienza pulita!
- Che cosa ci restiamo a
fare qui, se poi dobbiamo avere la coscienza pulita?!
– Si è mai visto un Turk, che dorme con una donna e
non ci combina niente? – Inoltre non penso che la mia coscienza voglia restare
pulita stanotte… - alludo senza macchia, netto.
- Se dormiamo schiena a schiena, la tua coscienza resterà più che pulita!
Sicuro! – Sicurissimo! – Tu ti giri verso il bordo del letto, ed io in
direzione del muro! Semplice! – Semplicissimo!
- Tu… mi vuoi vedere
morto! – esclamo al colmo dell’esasperazione, pur mantenendo tutto
sommato una certa fermezza. – E poi… quella mattina, quando ti sei presentata da me dopo ben tre mesi di distanza, in quel
prato, non mi era parso che tu facessi tanto la schizzinosa… o no?
Le mie parole mettono Yuffie in difficoltà. Il viso che si avvampa, le mani che
stringono di nascosto un lembo della coperta, gli occhi abbassati proprio su essa, tutto ciò, mi fa sospirare.
Lei è la classica
ragazzina che si lascia completamente catturare da un qualcosa di nuovo e che
l’affascina, ma che poi finisce con lo spaventarla irrimediabilmente.
Lo stesso tira e molla me
lo ha fatto anche la prima volta che l’ho baciata, sotto quel tremendo
acquazzone. Dapprima era rigida, spaventata, poi, puff!
Si è sciolta. Facendo me, illudere come un’idiota, ovvio! E
poi, ancora rigida, peggio di prima.
L’ho detto io: è un tira e molla continuo!
Tuttavia…
l’osservo in silenzio, rannicchiata in quella posizione ferma, a fissare il
lenzuolo bianco, e sospiro.
Se
lei non vuole, pazienza! Non posso di certo obbligarla… oltretutto, finirei per
essere veramente uno zotico.
Sospiro, e poi esclamo
sconsolato:
- Non posso di certo
prometterti di starmene buono, ma… ci proverò, zo to!
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