Anche gli Oni hanno sentimenti umani cap 3
CAPITOLO 4
-
Dove diavolo
può essersi rintanata?
-
Ehi, Harada!
Se lo sapessi, non credi l'avremmo già trovata?
-
Idiota di un
Oni! E' tua sorella! DEVI sapere dove può essersi nascosta!
Un posto che per lei sia un rifugio, che le dia sicurezza...
Shiranui si voltò a guardarlo
dandosi mentalmente
dell'idiota.
-
La radura...
la pozza termale... va sempre la quando vuole stare sola...
-
E allora
andiamo, coglione!
-
No –
disse Shiranui, interrompendo la corsa che avevano entrambi portato
avanti fino a quel momento.
-
No?! - gli
chiese Harada tra l'adirato ed il sorpreso.
-
No. -
ripeté l'altro – Se è andata
lì è perché vuole stare da sola. Io
non...
-
Ci vado io.
-
Non puoi,
Harada. Lei non... non voleva tu scoprissi la sua vera
identità. Anche gli uomini al tempio non sanno chi sia
realmente. Ma solo perché ha paura degli uomini. Puoi
capirla... ma...
-
Continua...
-
Con te
è... diverso. Ti teme in quanto uomo, è vero... -
si interruppe notando il brivido che scosse l'altro.
-
Però...
però ciò che teme maggiormente è la
tua pietà... ed il tuo disgusto.
-
Di..
disgusto?! E per cosa? - gli chiese urlando.
-
Per
ciò che è sempre stata...
-
La ricordo
come una ragazza dolcissima e gentile, oltre che bellissima...
-
Per
ciò che è diventata
-
E cosa sarebbe
diventata?
Shiranui lo guardò per un attimo
in silenzio,
indicandogli poi, con il cenno del capo, la strada da seguire.
Harada in quel momento avrebbe tanto voluto
tagliarsi la
lingua.
-
Sì...
e non me ne rammaricherò mai abbastanza.
-
Vedi...
Sano... - lo chiamo per nome per la prima volta e l'altro comprese che
il rapporto con quell'Oni stava cambiando e tutto solo grazie a sua
sorella.
-
Mia sorella...
si reputa un mostro... ma non per ciò che è... ma
per ciò in cui la violenza subita l'ha trasformata: ha perso
l'uso della parola, parla utilizzando quella che chiamiamo voce
interiore, ovvero riesce a comunicare tramite il pensiero, ma solo con
coloro a cui è più affezionata... io, Amagiri e
Kazama.
-
E poi ci sono
quelle visioni di morte...
-
Già...
ma non solo...
-
… ?
-
Si sente
menomata come donna. Non ha più niente da offrire alla
persona amata e se ne fa un cruccio.
-
Non...
può essere... ha sé stessa, il suo cuore...
-
Ma
nient'altro... si sente contaminata ed il terrore per gli uomini le
impedisce di guarire da questo male.
-
Chi
è stato? - chiese Harada dopo che avevano percorso in
silenzio un centinaio di metri.
-
Mostri... di
quelli veri... e non per la loro natura... erano esseri umani, proprio
come lo eri tu... ma di umano hanno solo la natura, non i sentimenti.
Harada strinse i pugni con forza
conficcandosi le unghie
nei palmi delle mani, facendoli sanguinare.
L'Oni continuò a camminare al
suo fianco in
silenzio, silenzio che venne interrotto dalla voce stentorea di
Harada.
-
Vado io da
lei...
-
Non... forse
è il caso...
-
No... Hai
detto che ero... sono importante per lei... mi hai pregato di non
trattarla da mostro... vado io da lei. Io so cosa... chi è
realmente... l'ho conosciuta, se così si può
dire, quando era una ragazza deliziosa... l'ho apprezzata, nonostante
tutto, nonostante ciò in cui mi ha trasformato, sotto le
spoglie di un ragazzo. So' cosa sta passando... sebbene io non lo abbia
mai provato e non potrò mai provarlo, so cosa sta
passando... lo sento... diciamo che è il richiamo del sangue
– concluse sorridendo all'indirizzo dell'Oni, sorriso che non
raggiunse gli occhi color ambra, ammantati di tristezza e
preoccupazione sincera.
Shiranui lo
guardò per un attimo in silenzio, cercando di capire fino a
che punto potesse fidarsi di lui. Poi, con un sorriso triste, lo rese
depositario di una pacca sulle spalle.
-
Prosegui
dritto per altri tre-quattrocento metri in direzione del fiume. Se non
è alla pozza termale è al fiume.
A quelle parole, Harada riprese la propria
corsa,
sperando in cuor suo che Gin non commettesse qualche sciocchezza.
***
Si
avvicinò alla pozza ancora correndo, per poi fermarsi non
appena si rese conto che Gin non si trovava là: non solo non
la vedeva, ma non ne sentiva la presenza. Decise allora di dirigersi
verso il fiume, immaginandosi vari scenari, tutti dall'esito tragico:
il fatto che fosse una Oni, e quindi pressoché immortale,
non gli passava neanche per la testa.
Il rumore di
acqua schizzata con violenza, lo portò verso verso destra,
dove il fitto degli alberi si allargava, lasciando intravedere il corso
del fiume, in quel momento circondato da centinaia di lucciole.
Si
avvicinò lentamente alla riva, gli occhi catturati
dell'immagine della ragazza che, immersa fino alla vita, aveva aperto i
lembi della camicia di foggia occidentale che aveva indosso per
strapparsi le bende con cui teneva fasciato il seno. I movimenti delle
braccia erano rabbiosi e violenti: le fasce, ormai fradice, non
volevano saperne di sciogliersi, liberandola dalla loro morsa. Gin,
ormai esasperata, prese allora a sfregarsi con foga, con l'ausilio di
una pietra ruvida, le braccia e la porzione di petto lasciata scoperta
dalla stoffa. Harada comprese immediatamente il perché delle
azioni della giovane e dopo un attimo di smarrimento, dovuto al sangue
che aveva preso a scorrerle fuori dalle lacerazioni provocatele dalla
pietra, scese nel fiume, raggiungendola.
Gin da parte
sua non lo aveva ancora individuato, completamente concentrata in
quell'azione di pulizia profonda con cui sperava di togliersi per
sempre dalla mente il ricordo di quelle mani che la frugavano ovunque,
di quell'odore di sake forte che le avevano lasciato addosso.
Il sussurro di Harada passò
inascoltato.
La ragazza era sorda, immersa nella tortura
che si stava
auto-infliggendo, lo sguardo fisso sulla propria pelle che sfregava
con sempre più vigore.
La ragazza sollevò sorpresa gli
occhi su Harada,
scuotendo poi la testa in segno di diniego e riprendendo a
scorticarsi come se ne andasse della sua vita
Harada le immobilizzò allora
entrambe le braccia,
allontanandogliele dal corpo ed impedendole di continuare
ciò
che stava facendo.
La ragazza, immobilizzata, prese a
fissarlo, senza
vederlo, lo sguardo vuoto, gli occhi spalancati e asciutti.
Il tono basso e calmo dell'uomo
iniziò a farsi
strada nella spessa cortina che avvolgeva la mente di Gin, la quale
si ritrovò a perdersi nei suoi occhi ambrati, mentre le
lacrime iniziavano a bagnarle le guance.
Fu un attimo. Si ritrovò stretta
contro il petto
di Harada, una mano dell'uomo infilata tra i suoi capelli, a
spingerle la testa contro il proprio torace.
In effetti si aspettava una spinta, non
certo che le
braccia della giovane gli cingessero la vita, né che le sue
mani gli artigliassero la camicia sulla schiena. La sentì
prendere due respiri profondi, mentre con il naso sprofondato contro
i pettorali, Gin ne respirava il profumo a pieni polmoni, certa che
avrebbe così dimenticato quella puzza mostruosa.
L'uomo la tenne stretta a sé per
un tempo che gli
parve interminabile, poi, con una mossa fluida, la prese tra le
braccia e la condusse sulla riva.
Solo in quel momento, Harada fu acutamente
consapevole
del busto quasi interamente denudato che la ragazza gli premeva
contro. La lasciò scivolare a terra, sempre sostenendola. La
scostò lievemente da sé per guardarla in volto e
fu
così che noto che quella poca stoffa rimasta a coprirla era
divenuta trasparente a causa dell'acqua, lasciando poco
all'immaginazione. Si affrettò quindi a togliersi la giacca,
facendola indossare alla ragazza, che poi riprese tra le braccia per
dirigersi verso il tempio.
***
-
E' sanguinante
– disse Harada, secco, portando gli occhi sul volto della
giovane, che sembrava essersi addormentata.
-
Cosa
è accaduto? - chiese Kazama, avvicinandosi lentamente.
-
Voleva
togliersi di dosso la sporcizia immonda che le hanno lasciato addosso
quei bastardi - fu la risposta atona dell'uomo.
-
Cosa...?
-
Kazama, lascia
stare... adesso mi occupo io di lei – intervenne Kyo.
Harada seguì l'Oni nella stanza
della ragazza,
adagiandola delicatamente sul futon.
L'uomo portò gli occhi sulla
giovane, il cui
volto era stravolto da un'espressione piena di dolore. Fece per
allontanarsi, oppresso dal peso di quel volto bellissimo contratto in
una smorfia di sofferenza, ma la mano della ragazza, artigliata alla
sua camicia non gli consentì di allontanarsi. Sollevando
lievemente il capo, gli occhi ambrati dello Shinsengumi incontrarono
quelli argentati di Gin.
Harada le sorrise, portandosi una mano di
lei alle
labbra sotto lo sguardo sbigottito di Kyo, Kazama ed Amagiri.
-
Esco solo per
far si che ti medichino le ferite. - disse alzandosi lentamente,
liberandosi dalla sua presa.
-
[NO!!!... Ti
prego... Voglio lo faccia tu...]
Harada la fisso stupito, gratificandola poi
con un
sorriso luminoso, tornando a sedersi accanto a lei.
I tre Oni uscirono dalla stanza lasciandoli
soli.
Harada aiutò la giovane a
liberarsi della giacca
e poi, posizionandosi alle sue spalle, della camicia e delle fasce
attorno al torace.
Le passò una pezza di cotone,
portatagli da Kyo
assieme ad una bacinella ed una brocca piena di acqua.
Gin iniziò a strofinarla
lentamente sul petto,
per poi asciugare il tutto prima di indossare la camicia pulita
portagli da Harada.
A quel punto l'uomo si portò
dinanzi a lei, e,
afferrata la pezza umida, iniziò a lavarle le braccia, le
mani
ed il collo, laddove i graffi facevano ancora bella mostra di
sé.
-
Posso...
chiederti cosa credevi di fare?
-
[Togliermi il
loro marchio di dosso] – fu la risposta di Gin, il capo
chinato sotto il peso della vergogna.
-
Non sei sporca.
-
[Lo sono,
invece. Sono...]
-
La creatura
più bella e pura che io abbia mai conosciuto – la
interruppe l'uomo, senza sollevare lo sguardo da ciò che
stava facendo.
-
[Non nutrire
pietà nei miei confronti...] - fu la supplica accorata di
Gin.
-
Non sono
quelli i sentimenti che provo per te.
-
[Cosa...?]
-
Non lo so...
ma non è pietà – concluse l'uomo
guardandola in volto, osservandola per la prima volta come un uomo
osserva una donna.
Fu questione di un attimo. Si protese verso
di lei,
senza toccarla, sfiorandole le labbra con le proprie.
La sorpresa lasciò Gin senza
parole, incapace di
reagire, mentre Harada con un movimento fluido si alzava e, raccolto
l'occorrente per la medicazione, usciva dalla stanza, lasciandola
sola.
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