EPILOGO
Per
fortuna Mairead, Edmund e Laughlin non avevano da pensare agli esami
quell'anno, perché durante gli ultimi giorni di scuola,
avevano tutti e tre la testa persa altrove. Laughlin passò
alcuni giorni in infermeria, ma alla fine riuscì a rimettersi
abbastanza alla svelta.
Quando
Mairead raccontò ai suoi amici quello che le aveva detto il
professor Saiminiu, quasi non ci credevano: era la storia più
assurda che avessero mai sentito. Almeno, Edmund ebbe il buon gusto
di non dire che lui aveva sospettato di Priscilla fin dall'inizio. Ci
aveva visto giusto, come al solito, ma anche aver salvato la vita di
tutti loro non sarebbe bastato a risparmiargli un bel cazzotto da
parte di Mairead, se solo avesse osato far notare che aveva da sempre
ragione.
L'ultimo
giorno di scuola arrivò in un baleno. Con somma soddisfazione
di Laughlin, furono i Nagard a conquistarsi l'Arpa Celtica.
Anche
per quell'anno i tre amici ne avevano combinate di grosse, ma questa
volta si trattava di una storia privata, quindi Captatio non poté
rimproverarli durante il suo discorso al banchetto finale. Si limitò
a lanciare numerose occhiatacce nella loro direzione, ma tutti e tre
erano convinti che sotto i suoi enormi baffoni stesse ridendo.
Il
viaggio in treno fu assolutamente tranquillo, ma la presenza di
Dominique nello scompartimento impedì ai tre amici di
commentare ciò che era successo durante quella fatidica sera.
A
metà pomeriggio il treno abbandonò l'uggiosa campagna
irlandese per penetrare in città, fino alla stazione di
Dublino. I ragazzi presero i loro bagagli e si avviarono pensierosi
verso la banchina.
Come
al solito ad aspettarli c'era Reammon con la sua aria svampita e la
famiglia Maleficium al completo, con tanto di esagitato Bearach che
saltellava come un matto, trattenuto a stento dalla presa salda del
padre.
«Bentornati,
ragazzi. Passato bene quest'anno?» domandò cordiale il
signor Maleficium.
I
tre amici si scambiarono uno sguardo eloquente.
«Assolutamente
sì, papà» rispose Laughlin con un sorriso.
Reammon
lanciò un'occhiata di sbieco alla figlia: forse era l'unico
che poteva sapere qualcosa di quello che era successo, ma ebbe il
buon gusto di non commentare la faccenda in pubblico.
«Ciao,
Ed! Ciao, Ed! Ehi, quest'estate c'è la coppa del mondo di
Quidditch! Gioca anche l'Irlanda! Devi assolutamente venire, Ed!»
esclamò esagitato Bearach.
Edmund
fece un mezzo sorrisetto, senza specificare che non ci trovava nessun
gusto nel vedere quattordici giocatori inseguire quattro palle a
cavallo di scope da corsa.
Laughlin
invece batté le mani, per una volta condividendo l'entusiasmo
del fratellino. «Giusto, devi assolutamente venire. Papà
riuscirà a trovare i biglietti almeno per una partita
dell'Irlanda, vero?» chiese, con una faccina angelica rivolta
verso il padre.
Eoin
fece un mezzo sorrisetto. «Vedremo» rispose in tono
sibillino.
Laughlin
allora strizzò l'occhio a Edmund e gli sussurrò
all'orecchio: «Questo è un sì».
I
tre amici attraversarono insieme il passaggio verso la stazione di
Dublino e poi si salutarono, certi che con la scusa della Coppa del
Mondo di Quidditch si sarebbero rivisti presto.
Edmund
si avviò sconsolato verso la direttrice, che per l'occasione
era scortata dalla signorina Quinn. La donna osservava con occhio
critico il tait con tanto di coda di Eoin e il lungo abito irlandese
di Daire, ma soprattutto squadrava Reammon, forse ricordandosi della
scenetta avvenuta lo scorso agosto, quando lui aveva estratto da una
tasca un quadro e un corno di animale non meglio identificato.
Mairead
salutò tutti e si affrettò a seguire il padre, che per
una volta sembrava aver dimenticato la sua spensieratezza da
archeologo, per assumente quel poco di rigidità adatta ad un
padre che ha appena scoperto come la figlia abbia tentato di farsi
ammazzare per il terzo anno di fila.
Quando
furono sufficientemente lontani da orecchie indiscrete, si voltò
verso la ragazza. Aveva uno sguardo tagliente che non gli si addiceva
proprio. «Captatio mi ha mandato una lettera e mi ha raccontato
quello che hai combinato. Che hai da dire a tua discolpa?»
«Professor
Saiminiu!» esclamò Mairead, sorpresa.
Reammon
la guardò perplesso. «Non è una buona scusa...»
cominciò a dire, ma la ragazza lo interruppe, tirandolo per la
manica e costringendolo a voltarsi: Septimius Saiminiu li stava
raggiungendo. Reammon si irrigidì e aspettò che fosse
l'altro a fare la prima mossa.
Saiminiu
si stropicciò le mani, ma non abbassò lo sguardo.
«Reammon, scusami» disse tutto d'un fiato. Quelle
semplici parole dovevano costargli molto care: va bene chiedere
perdono, ma il suo orgoglio gli impediva di abbassare gli occhi a
terra.
Reammon
digrignò i denti. «Dopo tutti questi anni è
l'unica cosa che sai dire?»
Calò
un silenzio teso, mentre i due maghi si scrutarono a fondo. Mairead
temeva il peggio, ma poi Reammon disse una sola parola:
«Inglesofilo».
Mairead
aggrottò la fronte, perplessa: quello di solito era un insulto
e non le sembrava proprio la cosa migliore da dire in quel momento.
Invece
Saiminiu sorrise. «Sangiunista» gli rispose.
Fu
un attimo e poi i due vecchi amici si abbracciarono, come se non
fosse mai successo niente tra di loro.
Mairead
stava osservando la foto di Reg, la stessa che Edmund aveva trovato
in soffitta quasi un anno prima. La fissava da parecchi minuti, come
se il ragazzetto sorridente avesse qualcosa da comunicarle, un
messaggio di forza, di coraggio. Era seduta a gambe incrociate
davanti allo scatolone dei ricordi, in soffitta. Quando la sua
bacchetta si era rotta, aveva deciso di non comprarne una nuova,
ricordandosi che a casa sua era ancora conservata quella di suo zio
Reg: quando l'aveva provata, si era trovata abbastanza bene e aveva
preferito tenere quella. Era come se avesse un significato profondo
per lei, una memoria che non doveva mai essere dimenticata.
Avrebbe
voluto scoprire tante altre cose su Reg, ma non conosceva nessuno che
potesse raccontargliele. I suoi nonni materni non li vedeva da anni
ed era convinta che non sarebbe stata una buona idea presentarsi da
loro e chiedere del secondogenito morto in giovane età.
L'unica possibilità che aveva era quella di contattare Arthur
Weasley, lo stesso che aveva scritto quelle vecchie lettere a Reg:
era il cugino inglese di sua mamma. L'aveva già sentito
nominare un paio di volte dai suoi genitori, ma non l'aveva mai
visto. Chissà se le avrebbe risposto, nel caso in cui avesse
ricevuto un suo gufo.
Mentre
stava osservando la grafia infantile dello zio che aveva
scarabocchiato degli appunti su in vecchio libro di incantesimi,
l'occhio le cadde su un grosso rotolo di pergamena chiuso da un
nastro di velluto, seminascosto da vecchi cimeli e cianfrusaglie. Si
allungò verso l'oggetto del suo interesse e cercò di
estrarlo da quel caos senza far crollare l'equilibrio precario della
soffitta. Era ricoperto da uno strato di polvere, ma la carta con cui
era stato fatto sembrava essere molto preziosa. Mairead lo srotolò
lentamente, facendo attenzione a non strappare la costosa pergamena.
Era un albero genealogico.
In
alto stava lo stemma di famiglia, uno scudo bianco con una torre
rossa al centro, e sotto di esso il motto “etiam periunt
ruinae”, anche le rovine muoiono. Il cognome principale era
O'Brian, quello di sua nonna Joey. Doveva essere l'albero genealogico
degli O'Brian di Mael Duib. Mairead fece scivolare il dito sulla
pergamena pregiata fino al fondo della pagina, alla ricerca del suo
nome. Quando lo trovò, lo contemplò per qualche
secondo, poi risalì ai suoi genitori: Reammon e Mary. Sotto il
nome di sua madre c'era, oltre all'anno di nascita, anche quello di
morte. Sopra stavano i nonni materni, Leopold e Grymill, e proprio in
parte a Mary compariva l'etichetta “Reginald Weasley”,
accompagnata dalle date 1961-1973. Mairead accarezzò quel
nome, come se in quel modo potesse consolare lo zio morto troppo
giovane.
Dopo
qualche secondo, sposò lo sguardo sui nonni Aaron e Joey: i
genitori di Aaron, in quanto Babbani, non erano stati inseriti
nell'albero genealogico della famiglia nobile. In fianco a Josephine
era riportato il nome di sua sorella, Evangeline, con il marito.
Mairead ci impiegò qualche secondo a realizzare quello che
stava leggendo: Cassian Deamundi. La ragazza alzò lo sguardo
dalla pergamena e prese a fissare il vuoto.
Per
tutti i folletti, Deamundi! I Conti di Con Cetchthach! Era
imparentata con i Deamundi!
Sotto
i nomi di Evangeline e Cassian c'era quello dell'attuale Conte,
Meccorin Deamundi. Il Conte di Con Cetchthach era il cugino diretto
di suo padre. Quella storia era davvero assurda! Ma ciò che
era ancora più assurdo era il fatto che Eibhean Deamundi,
l'ultimo dei sette figli di Meccorin era suo cugino. Quel
sanguinista altezzoso con la puzza sotto il naso era imparentato con
lei!
«Mairead,
dove sei?»
La
voce di suo padre la riportò bruscamente alla realtà.
«Quassù, in soffitta» rispose buttando un'occhiata
alla botola dietro di lei.
Poco
dovo vide comparire il volto sorridente di Reammon. «Che stai
facendo, tesoro?» le chiese, sedendosi al suo fianco.
Come
unica risposta Mairead gli mostrò l'albero genealogico della
famiglia O'Brian: al vedere la vecchia pergamena, il sorriso di
Reammon si congelò. Mairead aveva uno sguardo tagliente.
«Perché non me ne hai mai parlato, papà? Della
famiglia, dei Deamundi... di Reg?» domandò con amarezza.
Avrebbe preferito se fosse stato suo padre a raccontarle tutto,
invece di venirlo a sapere dal professor Saiminiu e da un vecchio
albero genealogico. Non sapeva assolutamente niente della sua
famiglia perché nessuno gliene aveva mai parlato.
Reammon
si stropicciò le mani a disagio; i suoi occhi guizzavano
lontani, come a cercare una via di fuga, o forse le parole più
giuste da dire. «Di Reg, io...mi vergognavo» rispose con
un filo di voce.
«Ti
vergognavi? E perché?» gli domandò la figlia,
senza capire.
E
Reammon esplose. «Mairead, io ho passato gli ultimi vent'anni
della mia vita convinto di aver ucciso una persona, e non una
qualunque, ma la sorella del mio migliore amico! Pensi forse che
sarebbe stato divertente per me rievocare quella notte, confessare
quello che avevo fatto, tornare con la mente a quei...» la voce
gli morì in gola e Reammon fu costretto a distogliere lo
sguardo dalla figlia.
Mairead
si pentì immediatamente di averlo aggredito a quel modo: aveva
pensato soltanto a se stessa, dimenticandosi che per suo padre doveva
essere stato penoso vivere con quel senso di colpa per tutti quegli
anni. «Oh, papà» sussurrò rattristata. «Mi
dispiace».
«No,
scusami tu. Sono stato un po' sgarbato, è che...»
cominciò Reammon. Poi sorrise. «...è difficile».
Mairead
rispose al sorriso con sincerità. Dopodiché gli gettò
le braccia al collo con uno slancio ed esclamò: «Ti
voglio bene, papà. Non ti cambierei per nulla al mondo».
Reammon
la strinse a sé in un abbraccio. «Anche io ti voglio
bene, piccolina. Anche io».
Ebbene,
eccoci giunti alla fine di questo terzo racconto della saga. A me un
po' dispiace, ma se sono riuscita con le mie parole a regalarvi un
sorriso o a strapparvi una lacrima di commozione (anche figurata!)
sono più che soddisfatta. Grazie a tutti quelli che hanno
commentato, che hanno seguito o anche solo leggiucchiato qualche
riga.
Un
abbraccio a tutti!
Beatrix
Bonnie
Per
passare a questioni più pratiche, non pensiate che mi sia
dimenticata del sondaggio! La maggioranza ha votato per “Il
coraggio di scegliere”, che quindi sarà pubblicato per
primo a partire dal secondo sabato di gennaio, probabilmente con
scadenza settimanale.
Inoltre,
visto che non avevo un'immagine per questo epilogo, vi metto i
disegni degli stemmi di alcune tra le più importanti famiglie
nobili purosangue. Il mio preferito è quello dei Maleficium,
perché mi piace come famiglia, ma anche quello degli O'Brian
ha il suo perché!
Famiglia
Daemundi, motto “O domhain na bunn” (dal profondo delle
fondamenta)
Famiglia
Maleficium, motto “Pax ordum pax orbis” (pace degli
ordini sociali, pace del mondo)
Famiglia
O'Brian, motto “Etiam pereunt ruinae” (anche le rovine
muoiono)
Famiglia
Saiminiu, motto “Faoi sciath na Firinne” (sotto lo scudo
della Verità)
Famiglia
Allen (quella di Cecelia Allen, la portiera dei Llapac... eh, sì
è bella e pure nobile! Certa gente ha tutte le fortune),
motto”In bono semper” (sempre nel bene).
EDIT:
si conclude anche per questo racconto il mio infinito lavoro di
risistemazione dei dialoghi! Ce la farò prima o poi a finire
tutto, abbiate fede! ^^
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